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Full text of "La fiorentina primaverile; prima esposizione nazionale dell'opera e del lavora d'arte nel Palazzo del Parco di San Gallo a Firenze. Catalogo delle opere esposte con cenni biografici e critici; Firenze 8 aprile-31 luglio 1921 [i.e. 1922"

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LA 
FIORENTINA 
PRIMAVERILE 


PRIMA  ESPOSIZIONE  NAZIO- 
NALE DELL'OPERA  E  DEL 
LAVORO  D'ARTE  NEL  PA- 
LAZZO DELLE  ESPOSIZIONI 
AL    PARCO    DI    S.   GALLO 


CATALOGO 


FIRENZE 
1  922 


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FROM  THE  COLLECTION 

OF 

JOSHUA  C.  TAYLOR 

DIRECTOR 

NATIONAL  MUSEUM 
OF  AMERICAN  ART 

1970  -   1981 

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^'^''SOCIETA'  DELLE  BELLE  ARTI  DI  FIRENZE 


LA 
FIORENTINA  PRIMAVERILE 

PRIMA  ESPOSIZIONE  NAZIONALE 
DELL'  OPERA  E  DEL  L;AVORO 
D'ARTE  NEL  PALAZZO  DEL 
PARCO  DI  SAN  GALLO  A  FIRENZE 


CATALOGO 

DELLE  OPERE  ESPOSTE  CON 
CENNI  BIOGRAFICI  E  CRITICI  E 
112  RIPRODUZIONI  IN  FOTOTIPIA 


0H  i^^ti  lìuà4^ 
'  C;  FEB  <?  1963    i 

FIRENZE 

8  APRILE  -  31  LUGLIO  1921 


Per  acquisti  di  opere  rivolgersi  alla  Segreteria. 

"  //  compratore  dovrà  pagare  metà  della  somma  convenuta 

allatto   dell'acquisto  e  l'altra  metà  alla  chiusura  della 

mostra  „  (Regolamento  generale). 


Vietate  a  norma  di  legge  qualsiasi 
riproduzione  o  contraffazione  del 
presente  Catalogo. 

Stampato  a  cura  della  Casa  Editrice 
d'  Arte  Valori  Plastici  -  Roma. 


PATRONI  ONORARI 

DELLA 

"  ESPOSIZIONE  FIORENTINA  PRIMAVERILE 

PRINCIPE  DON  ANDREA  CORSINI 

BARONESSA  GIULIANA  RICASOLI 

CONTE  GIULIO  CORSI  SALVIATI  GUICCIARDINI 

R.  W.  SPRANGER 

GERARDO  KRAFT 

MARIO  MASETTI  FEDI 

CIRCOLO  BORGHESI 

CONSIGLIO  DIRETTIVO 
DELLA   SOCIETÀ   DELLE   BELLE   ARTI 

Presidente 
SEM    BENELLI 

V.  Presidente 
CONTE  PIER  CAPPONI 

Segretario  artistico 
ARCH.  RODOLFO  SABATINI 

Consiglieri 
GENEROSO  CATERINI,  tesoriere 
PASQUALE  SGANDURRA,  provveditore 
CORRADO  CAPEZZUOLI 
GALILEO  CHINI 
ATTILIO   FAGIOLI 
ROBERTO  PIO  GATTESCHI 
CONTE  GIUSEPPE  DELLA  GHERARDESCA 
LUIGI  GIGLI 
LUDOVICO  TOMMASI 
MARCHESE  ROBERTO  VENTURI  GINORI. 


COMMISSIONE    CHE   INVITÒ    LE   OPERE 

SEM  BENELLI 
CONTE  PIERO  CAPPONI  RODOLFO  SABATINI 

COMMISSIONE    CHE    SCELSE   LE    OPERE 

DEGLI  ARTISTI  FIORENTINI  I  QUALI 

FECERO  RICHIESTA  DI  VISITA  ALLO  STUDIO 

SEM  BENELLI 
ARTURO  DAZZl  NICOLAS  DE  CORSI 

MEMBRI  DELLA  GIURIA  DI  ACCETTAZIONE 

LIBERO  ANDREOTTI  ARTURO  DAZZI 

RAFFAELLO  BRIZZI  NICOLAS  DE  CORSI 

EZIO  CECCARELLI  GIUSEPPE  GRAZIOSI 

ALFREDO  MULLER  RODOLFO  SABATINI 

LODOVICO  TOMMASI  SIRIO  TOFANARI 

COMMISSIONE    D'ORDINAMENTO 

GALILEO  CHINI 
ATTILIO  FAGIOLI  LODOVICO  TOMMASI 

IL  SEGRETARIO  DELL'  ESPOSIZIONE 

LUIGI  BONELLI 


VI 


Manifesto  di  SEM  BENELLI  per  il  giorno  dell'Inaugurazione 

Italiani,  Toscani,  Fiorentini, 

L'otto  di  aprile  un  nuovo  Tempio  deWArie,  dell* Arte 
che  è  nata  e  che  vive  con  noi,  per  testimoniare  di  noi  nel 
futuro,  un  nuovo  tempio,  finito  di  costruire  dopo  la  guerra, 
per  Vimpulso  della  mia  tenacità,  per  l'amore  dei  volen- 
terosi che  si  unirono  a  me  e  per  aiuto  magnifico  del  Co- 
mune e  della  Camera  del  Commercio,  sarà  inaugurato 
nel  Parco  di  S.  Gallo.  E  sia  lode  a  chi  lo  iniziò. 

Sarà  grande  impresa  di  fede,  di  lavoro,  di  armonia  : 
certo  sarà  il  più  bel  segno,  nelVarte  italiana,  dalla  guerra 
in  poi. 

E  la  sorte  ha  voluto  che  con  alcuni  miei  cooperatori, 
io  potessi  per  primo  raccorgliervi  dentro  quanto  di  più 
espressivo  può  offrire,  oggi,  alla  nozione  ed  al  mondo,  l'arte 
italiana  nella  Pittura,  nella  Scultura,  nell'Ornamento, 

Se  avrò  ben  fatto,  non  avrò  aperta  solamente  una 
Esposizione,  opera  di  tutti  i  giorni,  ma  avrò  indicata,  da 
questa  Firenze,  la  più  luminosa  strada  della  nostra  gloria, 
del  nostro  lavoro  e  della  nostra  sorte,  perché,  da  questa 
Rassegna  del  Bello,  da  questa  raccolta  di  opere  concepite 
e  compiute  da  uomini  eletti  e  maestri  e  da  giovani  an- 
siosi, bramosi  di  nuove  ricerche,  anelanti  allo  scopo  su- 
premo, opere  composte  col  più  disinteressato  amore,  con 
esemplare  virtù  quasi  ignorata,  con  dedizione  pienissima, 
col  sacrificio  sacro  alimentato  soltanto  dalla  febbre  della 
creazione,  verrà  luce,  ammonimento,  insegnamento,  nu- 
trimento al  lavoro  di  tutti. 

Ed  allora  forse,  non  solamente  nelle  Arti  Maggiori^ 
noi  vedremo,  in  questa  Firenze,  Madre  della  Bellezza, 
Creatrice  della  Grazia,  risvegliarsi  il  Genio  dormiente; 

VII 


ma  anche  nelle  Arli  Minori^  che  ci  fecero^  un  tempo^  nel 
laooro  dei  popoli,  i  primi  del  mondo,  poi  che  la  nostra 
gente  è  nata  per  dare  al  mondo  Armonia  e  Bellezza. 

E  se  nessun  governo  scopri  mai  la  vera  missione  del- 
ritalia  nel  lavoro  e,  se  si  ordirono  molti  intrighi  di  ban- 
che e  di  politicanti  per  costringere  il  popolo  nostro  a  lavori 
mastodontici,  a  mestieri  che  chiamerei  di  ghisa,  togliendolo 
ai  campi,  alle  botteghe,  agli  studi,  per  poi  abbandonarlo, 
gregge  scompaiato  e  desolato;  voi  mi  avete  sentito  più  volte 
ripetere  che  V Italia  ha  due  possenti  inesauribili  miniere 
di  quelle  materie  prime  che  taitl  fallaci  argomenti  det- 
tero agli  ingannatori  :  e  queste  sono  il  genio  dei  nostri 
maestri  d'ogni  arte  e  la  mano  e  V intelligenza  dei  nostri 
artefici  ed  artigiani. 

Per  questo,  l'iniziare  in  Firenze  una  serie  di  rasse- 
gne delle  arti  figurative  parve  a  me  un  impresa  di-  mi- 
rabile italianità  e  non  esitai  a  sacrificarmi  in  un  lavoro 
nuovo,  penoso,  diverso,  difficile,  che  tutta  volle  la  mia 
diligenza  e  la  mia  tenacità  e  V abbandono  quasi  intero 
della  mia  poesia  perchè  io  diventassi  ancora  una  volta 
animatore,  costruttore,  operaio  del  più  grande  tempio 
della  nostra  grandezza. 

Fo  voti  dunque  che  questa  sia  la  prima  serie  di 
Esposizioni  ammonitrici  e  feconde,  italiane  sempre  più, 
e  che  altri  ripeterà,  continuerà,  migliorerà.  Sia  questo 
Vinizio  della  Rinascita. 

E  valga  il  nostro  ardore  ad  alimentare  la  fiamma 
novella  che  sarà  luce  al  nostro  Genio  Risorto,  e  che  illu- 
minerà la  gara  degli  uomini  liberi,  onesti,  bramosi  di 
procedere,  senza  pastoie  e  senza  catene^  nella  via  del  bello 
e  del  bene. 

SEM  BENELLI 
Firenze,  aprile  1922. 

viu 


IL   PALAZZO 

Firenze,  capitale  dell'Arte,  mancava  completamente  di  un  locale 
adatto  per  le  Esposizioni  Artistiche.  Per  iniziativa  della  Società  delle 
Belle  Arti  e  di  altri  enti  artistici  ed  economici,  il  Comune  di  Firenze 
affidò,  alcuni  anni  or  sono,  al  Comm.  Ing.  Vittorio  Tognetti  e  al- 
l'Architetto Prof.  Dante  Fantappiè,  lo  studio  del  progetto  per  un 
edificio  destinato  alle  Mostre  d'Arte,  sullo  schema  tecnico  elaborato 
da  un'apposita  Commissione. 

Fu  la  Giunta  presieduta  dal  compianto  Orazio  Bacci  che  decise 
'inizio  dei  lavori,  stabilendo  di  eseguire,  intanto,  la  sola  parte  di 
edificio  destinata  esclusivamente  alle  Mostre  d'Arte,  mentre  l'ala 
laterale,  ove  gli  autori  avevano  progettato  un  vasto  salone  da  Con- 
certi con  gallerie  annesse,  poteva  essere  costrutta  in  miglior  tempo. 
Alla  spesa  il  Comune  fece  fronte  specialmente  con  un  mutuo  con- 
cesso a  interesse  di  favore  dalla  benemerita  Cassa  di  Risparmio. 

Sopraggiunta  la  guerra  furono  sospesi  i  lavori,  e  date  le  condi- 
zioni finanziare  della  città,  non  si  sarebbe  più  parlato  di  condurre 
a  termine  l'opera  se  il  nuovo  Consiglio  della  Società  delle  Belle 
Arti,  presieduto  da  Sem  Benelli,  non  avesse  riconosciuto  che  il  suo 
primo  dovere  consisteva  nel  trovare  i  mezzi  per  finire  il  Palazzo. 
Benelli  e  i  suoi  collaboratori  si  misero  con  grande  impegno  alla 
risoluzione  del  difficile  problema  e  trovarono  nella  presente  Ammi- 
strazìone  Comunale,  nel  Sindaco  Garbasso,  e  nell'Assessore  anziano 
Del  Beccaro,  il  più  vivo,  appassionato  ed  efficace  aiuto. 

Ancora  una  volta  la  Camera  di  Commercio,  presieduta  dal  Mar- 
chese Giorgio  Niccolini,  dette  il  buon  esempio  e  stanziò  duecento- 
mila lire  per  il  nobilissimo  scopo. 

L'edificio,  di  carattere  semplice  e  severo,  ha  l'asse  in  corrispon- 
denza dell'Arco  di  trionfo  granducale  e  dell'  antica  Porta  di  San 
(lallo.  Esso,  oltre  il  vestibolo,  contiene,  nel  piano  superiore,  due 
grandi  saloni  centrali  e  sette  sale  laterali,  oltre  gli  uffici  e  gli  altri 
locali  di  servizio;  il  piano  inferiore,  illuminato,  secondo  i  sistemi 
moderni,  a  luce  artificiale,  ha  i  vani  corrispondenti.  Sul  portico  e 
sul  vestibolo  si  eleva  un  ammezzato  da  adibirsi,  anch'esso,  ad  uso 
di  uffici. 

Il  Parco  è  stato  riassestato  e  abbellito  d'aiuole  a  cura  dell'Asses- 
sessorato  dei  Giardini  retto  dal  Conte  Lionello  De  Nobili. 


IX 


INDICE 


Patroni  onorari Pag.        v 

Consiglio  Direttivo  della  Società  delle  Belle  Arti    .        .  »           v 

Commissioni  e  Giuria >          m 

Manifesto  di  Sem  Benelli  per  Y  Inaugurazione.        .        .  *  vii-viii 

Il  Palazzo »          IX 

Elenco  degli    espositori  per  ordine   alfabetico,  con   note 
biografiche  e  critiche  e  con  T  indicazione  delle  opere 

esposte         .        .        .        .    ^ »    1-243 

Appendice »        243 

112  illustrazioni. 


NOTA  BENE:  -  Le  opere  di  ciascun  artista  sono  esposte  in 
gruppo  con  l'indicazione  del  nome  dell'Autore. 

In  alcune  sale  è  esposta  la"  lista  delle  opere  che  vi  sono  con- 
tenute. 

Al  presente  volume  è  unito  un  fascicolo  contenente  il  Catalogo 
della  Mostra  del  Lavoro  d'  arte. 


ELENCO  DEGLI  ESPOSITORI 
PER  ORDINE  ALFABETICO, 
CON  NOTE  BIOGRAFICHE  E 
CRITICHE  E  CON  L' INDICAZIONE 
DELLE     OPERE     ESPOSTE 


Stab.  Tipogr.    Riccardo  Garroni  -  Roma   -  Piazza  Mign  inelli,  23. 


Fausto  AGNELLI 

E'  nato  da  famiglia  patrizia  a  Lugano  nel  Cantone  Ti- 
cino. 

Egli  è  della  giovane  avanguardia  di  quel  piccolo  ma  si- 
gnificativo nucleo  di  artisti  Ticinesi  che  oltre  le  Alpi,  nei 
Cantoni  della  Confederazione  Elvetica,  affermano  la  loro  ita- 
lianità. 

Artista  d'eccezione,  di  signorile  sensibilità,  l'opera  sua 
vivacemente  discussa,  s'impose  alla  più  notevole  critica 
Svizzera  e  L'  «  Art  Gazzette  »  di  Londra  gli  dedicò  un  en- 
tusiastico studio  critico. 

Espose  alle  Internazionali  di  Monaco  e  di  Lipsia,  alle 
ultime  Nazionali  Svizzere  e  ripetutamente  in  mostre  perso- 
nali. 

Le  opere  sue  sono  sparse  n^lle  principali  città  della 
Confederazione,  a  Monaco,  a  Parigi  ed  a  Londra. 

In  Italia  S.  E.  il  marchese  Paolucci  de'  Calboli  possiede 
una  collezione  dì  «  fantasie  macabre  »  e  di  «  visioni  e  poe- 
metti carnevaleschi  »,  e  Toepliz  de  Grand  Ry  «  Lo  specchio 
Macabro  ». 

Esponendo  alla  presente  Fiorentina  Primaverile,  Fausto 
Agnelli  inizia  la  sua  partecipazione  alle  mostre  Italiane. 

1.  Le  Maschere. 
Nello  ALESSANDRINI 

È  nato  a  Empoli  nel  1885  ;  studiò  all'Accademia  di  Belle 
Arti  di  Firenze.  Attualmente  è  professore  di  disegno  alla 
Scuola  Tecnica  di  Empoli. 

1.  Germoglio  (olio). 
1 


Giuseppe  AMISANI 

Giuseppe  Amisani  è  nato  a  Mede  Lomellina  nell'anno 
1881.  Egli  non  vanta  nessuna  precocità.  Venne  a  Milano 
quattordicenne  e  si  mise  a  frequentare  l'Accademia  con  as- 
siduità, senza  ricevere  troppi  insegnamenti  dai  maestri,  che 
finirono  poi  per  trascurarlo,  e  d'alti  a  parte  senza  far  gran 
conto  di  quel  che  gli  venivano  insegnando.  Esordì  giovanis- 
simo, a  19  anni,  con  il  quadro  Cleopatra  lussuriosa,  che  a 
quei  tempi  costituì  una  ribellione  alla  pittura  tradizionale 
imperante.  Il  dipinto  destò  l'ira  dei  vecchi  ed  ebbe  in  com- 
penso successo  fra  i  giovani.  L'artista  attraversò,  dopo  una 
lunga  crisi,  ritirandosi  al  suo  paese  e  rimanendovi  per  cinque 
anni  in  inspiegabile  inerzia.  Ritornò  a  Milano  per  presentare 
al  concorso  Mylius  dell'anno  1910  il  suo  'Ottore,  magnifico 
dipinto,  solido  vibrante  e  ricchissimo  di  pittura,  il  quale 
suscitò  discussioni  e  biasimi,  ma  però  anche  l'ammirazione 
di  artisti  di  alto  valore,  fra  i  quali  Emilio  Gola.  L'Amisani 
incoraggiato  riprese  a  lavorare  di  gran  lena  senza  interrom- 
persi più.  Il  successo  gli  venne  presto  col  ritratto  di  Lyda 
Borelli  che  conseguì  il  premio  Fumagalli  dell'anno  1912. 
Dopo,  attraverso  numerosissima  serie  di  ritratti^  egli  acquistò 
fama  sicura,  distinguendosi  sovrattutto  per  la  sua  acuta  in- 
tuizione della  femminilità  moderna. 

Egli  è  un  pittore  d'istinto:  egli  ha  il  dono.  Questa  sua 
dote  fondamentale  di  pittore  immedìalo  lo  ha  sempre  tenuto 
lontano  da  teorie  e  da  deviazioni  intellettualistiche.  Egli  è 
rimasto  quello  che  era  :  un  artista  che  deve  dipingere  quello 
che  vede  pur  sapendo  cogliere  la  realtà  e  tradurla  pronta- 
mente secondo  la  sua  interna  visione  La  sua  pittura  larga 
succosa  e  -sgranata  modella  e  definisce  tutto  a  piani  ed  a 
macchie:  è  di  un  realismo  sciolto  e  immediato  che  s'innesta, 
in  fondo,  con  più  solidità,  sul  vecchio  tronco  dell'impres- 
sionismo lombardo  che  va  da  Cremona  a  Gola. 

Accanto  al  ritrattista,  più  conosciuto,  vi  è  poi  l'Amisani 


intimo  che  dipinge  scene  all'aperto,  gruppi  famigliari,  studi 
di  paese,  nature  morte  e  segnatamente  certi  ultimi  nudi 
femminili,  creati  nei  migliori  momenti  di  libertà  e  d'emo- 
zione, dove  il  suo  dipingere,  liberandosi  da  taluni  difetti 
giovanili,  acquista  ampiezza  e  fusione,  e  dove  la  sua  sen- 
sualità, che  talvolta  era,  prima,  perfino  un  pò  morbosa  e 
traboccante,  scorre  più  serena  e  più  matura.  E  qui  l'artista 
non  si  tormenta  e  non  si  sforza;  ma  canta  s'abbandona  :  e 
la  sua  libertà  sboccia  e  fiorisce  con  pienezza  gioconda  e 
sensuale. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Ritratto  di  signora.  6.  Nuda. 

2.  Figura  muliebre.  7.  Fiori. 

3.  Autoritratto.  8.  Fiori, 

^.  Bimba  al  sole.  9.  Sestri  Levante. 

5.  Nuda  al  sole.  10.  Rocca  di  Papa. 

Libero  ANDREOTTI 

E'  uno  dei  pochi  artisti  che  in  mezzo  alla  piatta  volga- 
rità e  alla  facile  millanteria  della  scultura  contemporanea 
lasceranno  una  impronta  di  serena  e  nobile  bellezza. 

L'Andreotti,  nato  nel  1877  a  Poscia  da  una  famiglia  di 
artigiani  campagnoli,  appartiene  a  quella  gente  lucchese  che 
è  fra  le  più  agili  e  duttili,  intellettualmente,  della  Toscana 
ed  ha  la  virtù  sopra  a  tutte  più  propria  al  successo  :  la 
tenacia. 

E  tenacia  ne  è  occorsa  molta  all'Andreotti  per  conqui- 
stare prima  l'espressione  definitiva  della  propria  arte,  eppoi 
per  imporre  questa  espressione  al  riconoscimento  del  no- 
stro pubblico  e  di  certa  nostra. . .  critica,  assuefatti  alle 
forme  della  retorica  più  sbracata  o  del  più  pedestre  rea- 
lismo. Mi  ricorderò  sempre  l'accoglienza  ostile,  e  la  stizza 
con    cui    qualcuno    accolse  le  prime    opere  che,   di  ritorno 

3 


da  Parigi,  l'artista  esponeva  a  Firenze  nel  1914  L'Andreotti 
sorrideva,  allora,  non  so  se  più  amareggiato    o    divertito. 

Perchè  l'Andreotti  ha  sempre  sorriso,  per  istìda  e  per 
ironia,  in  faccia  alle  avversità  degli  uomini  e  a  quelle  della 
sorte.  Anche  contro  quest'ultime  ha  dovuto  lottare  non  poco! 
Nella  sua  prima  giovinezza  ha  fatto  il  fabbro,  il  tornitore 
meccanico,  poi,  obbedendo  ad  un  bisogno  istintivo  di  ele- 
vazione intellettuale,  si  preparò  per  divenire  maestro  ele- 
mentare^ ma  «  al  momento  dell'esame  —  scrive  l'Ojetti  che 
all'Andreotti  ha  dedicato  recentemente  un  incisivo  «  profilo  » 
su  «  Dedalo  »  —  la  paura  aveva  potuto  più  deirambizione  ». 
Comunque,  una  volontà  oscura,  indefinibile  di  evadere  dalla 
condizione  umile  nella  quale  il  destino  lo  aveva  fatto  na- 
scere, lo  sospingeva,  lo  confortava  a  prendere  il  largo  della 
vita,  le  vie  del  mondo. . . . 

«  Se  n'era  venuto  a  Lucca  —  narra  l'Ojetti  —  dove  aveva 
conosciuto  Alfredo  Caselli,  il  droghiere  poeta  e  l'amico 
fidato  di  Pascoli,  e  Vito  Fiaschi  di  Sarzana,  avvocato  an- 
ch'egli  e  poeta.  Questi  buoni  lo  avevano  incoraggiato  insie:ì;e 
alle  lettere  e  all'arte,  e  la  conclusione  era  stata  che,  sapendo 
ormai  a  mente  tutte  le  Myrìcae  e  volendo  almeno  vivere 
vicino  alla  carta  stampata,  Andreotti  aveva  accettato  un 
posto  nella  libreria  Sandron  nientemeno  che  a  Palermo,  ai 
Quattro  Canti,  e  vi  era  rimasto  due  anni  disegnando  nelle 
ore  libere  le  caricature  del  giornale  «  La  Battaglia  »  di 
Alessandro  Tasca  di  Cutò  e  mandando  di  nascosto  qualche 
sonetto  al  Pascoli  che  gli  restituiva  il  dono  mandandogli 
anch'egli  i  suoi  versi  manoscritti  e  inediti:  tesori  che  il 
giovane  ramingo  si  custodiva  sul  cuore  ». 

Ma  la  Toscana  col  sorriso  mite  della  sua  arte  e  della 
sua  natura  gli  cennava  da  lontano  di  ritornare  a  lei.  E 
nel  1899  viene  a  Firenze.  Qui  conosce  Adolfo  De  Carolis, 
Enrico  Sacchetti,  Sem  Benelli,  Oscar  Chiglia,  Galileo  Chini 
tutti,  allora,  valorosi  e  giocondi  combattenti  in  prima  linea 
contro  la  miseria,  per  l'arte.  E,  fra    il   bozzetto    per  la   co- 


perlina,  la  illustrazione  o  il  manifesto,  fra  l'amore  per  Do- 
natello e  la  bocciatura  all'esame  della  Scuola  libera  del 
Nudo,  all'Accademia,  Andreotti  s' incammina  definitivamente 
pel  suo  necessario  sentiero:  quello  dell'arte  —  della  scul- 
tura. Periodo  atroce  di  lotte,  cotesto,  ma  che  pure  valse  ad 
affinare  e  temprare  lo  spirito   dell'artista. 

Nel  1905  espone  a  Venezia.  Le  sue  cose  piacciono  ad 
Alberto  Grubicy,  il  negoziante  d'arte  milanese,  che  le  porta 
e  le  espone  a  Parigi.  E  a  Parigi  va  allora  anche  l'Andreotti, 
Nell'accogliente  porto  di  tutta  la  intelligenza  del  mondo, 
il  talento  dell'Andreotti  viene  riconosciuto  e,  come  si  dice, 
valorizzato,  e  colà  esso  dà  i  primi  frutti  della  sua  maturità. 

Sarà  provvidenziale,  tuttavia,  che  una  diecina  d'anni 
dopo,  alla  vigilia  della  nostra  guerra,  l'Andreotti  ritorni  in 
Italia  e  a  Firenze;  perchè  qui  —  dov'egli  ormai  ha  preso 
stabile  dimora  —  la  sua  arte  ritroverà  il  proprio  ambiente 
naturale  e  l'atmosfera  più  confacevole  al  suo  sviluppo  de- 
finitivo. 

L'arte  dell'Andreotti  è  come  quei  figlioli  d'emigrati  che 
cresciuti  all'estero,  pur  fra  le  influenze  delle  abitudini  e 
delle  apparenze  esotiche,  serbano  spiriti  e  istinli  italiani, 
e  non  perdono  mai  d'occhio  il  bel  campanile  del  proprio 
paese. 

In^^Francia  —  dove  fino  ad  ieri  (èra  cosmopolita)  si  ela- 
borarono le  forme,  se  non  l'anima  dell'arte  moderna  di 
tutto  il  mondo  —  dopo  la  disgregazione  impressionista  che, 
recidendo  ogni  nesso  storico,  aveva  confinato  l'arte  nel  re- 
gime della  pura  sensibilità  e  della  scussa  veduta  oculare  — 
la  scultura  in  due  riprese  si' cimentò  a  riconquistare  i  suoi 
originali  caratteri  plastici-decorativi.  In  un  primo  tem}>o, 
attraverso  Rodin.  Ma  Rodin,  massime  nel  suo  ultimo  pe- 
riodo, influenzato  da  Medardo  Rosso,  è  ancora  un  impres- 
sionista, modellatore  più  di  larve  fantastiche  campeggiar. ti 
nello  sfondo  di  liriche  amplificazioni  Vittorughiane,  che  di 
visioni  essenzialmente  plastiche. 


Il  secondo  e  più  vigoroso  impulso  per  ritornare  alla 
propria  fisonomia  decorativa,  la  scultura  lo  riceverà  dal- 
l'arte di  Cézanne,  che  prima  riaffaccia  l'accezione  della  figura 
umana  come  pura  armonia  volumetrica,  ossia  essenzial- 
mente plastica.  (Processo  del  tutto  opposto  a  quello  che  si 
verificò  nel  '500  in  cui  la  plastica  Mich  langiolesca  creò  ]e 
forme  della  nuova  pittura).  Questa  derivazione  dalla  pittura 
è  evidente  in  tutta  la  scultura  dei  nostri  ultimi  tempi,  i  cui 
piani  larghi  ma  scabrosi,  verr-ioosi,  off"rono  al  giuoco  delle 
luci  le  più  ricche  possibilità  del  «  colore  ». 

L'arte  dell' Andreotti  in  cotesta  rigenerazione  della  scul- 
tura addusse  il  tesoro  di  un  dono  tutto  italiano  ed  oggi  suo  in 
special  modo  :  il  senso  della  musicalità  e  della  grazia,  della 
«  felicità  »  estetica,  della  bellezza  integrale  —  la  quale  non 
è  soltanto  espressione,  come  predicava  il  barbaro  anar- 
chismo «  naturalista  *  —  :  l'armonia,  insomma, 

Non  invano  lo  scultore  aveva  accarezzato  con  sguardo 
ammirato  e  devoto  a  Palermo  i  capolavori  dell'arte  ellenica 
(li  aveva  anche  disegnati)  e,  in  Toscana.  Donatello  e  Iacopo 
della  Quercia,  Benedetto  da  Majano  e  Rossellino.  Tornando 
in  Italia  —  a  Firenze  !  —  misurò  tutta  la  inanità  di  certo 
individualismo  estetico  di  marca  francese  e  comprese  che 
anche  in  arte  non  si  può  essere  qualcosa  di  veramente  si- 
gnificativo e  duraturo  che  a  costo  di  riallacciarsi  ~  spiri- 
tualmente —  alla  storia  del  proprio  paese. 

Il  senso  architettonico  e  l'armonia  della  composizione, 
lo  stile  inteso  come  sintesi  emotiva,  le  risorse  di  una  mo- 
dellazione ampia  e  solida  accoppiata  a  quelli  effetti  colo- 
ristici cui  accennavo,  la  nobiltà  e  insieme  la  semplicità  e 
vivacità  talvolta  arguta  dei  soggetti,  fanno  dell'arte  del- 
l'Andreotti  un'espressione  viva  e  moderna,  In  quanto  a  spi- 
rito; ma  che  tuttavia,  nella  prospettiva  storica  della  nostra 
arte,  troverà  un  suo  posto  ben  determinato  e  notevolissimo 

Mario  Tinti. 


Bronzi  a  cera  perduta. 

1.  Baccante.  5.  La  Donna  sul  sacco. 

2.  //  Pettine  spagnuolo.         6.  La  Donna  che  saluta. 

3.  La  Donna  dal  ventaglio.     7.  La  madre. 

4.  Popolana  che  si  stira.       8,  Nudo. 

Hanni  C.   ANGIOLINI 

Hanni  Calé-Angiolini  ha  studiato  a  Monaco  di  Baviera 
col  pittore  Antan  Aszbé.  La  Calé-Angiolini  non  è  da  confon- 
dere con  le  tante  «  signore  o  signorine  che  dipingono  »  :  ha 
dell'artista  la  serietà,  la  costanza  del  lavoro  e  la  passione 
della  ricerca.  Predilige  il  ritratto  e  la  natura  -  morta,  ponen- 
do anche  in  questo  genere,  tanto  abusato  e  diffamato  dal 
dilettantismo,  una  severità  dì  gusto  connessa  alla  soluzione 
d' interessanti  problemi  pittorici. 

Nella  sua  arte  si  propone,  in  special  modo  di  realizzare 
l'emozione  coloristica  congiuntamente  alla  evidenza  e  sal- 
dezza dei  volumi  e  ciò  attraverso  ad  un  impressionismo  più 
statico  e  più  corposo. 

Se  per  il  passato  la  ricerca  troppo  intellettiva  e  i  pre- 
concetti teorici  l'avevano  indotta  a  suddividere  e  scomporre 
i  toni  come  nelle  sfaccettature  di  un  prisma  -  ciò  che  nuo- 
ceva alla  chiarezza  e  all'unità  dell'assieme  -  nelle  sue  ultime 
cose  il  colore  -  colore  spontaneo  nel  suo  acceso  lirismo  - 
appare  più  omogeneo,  maggiormente  fuso,  meglio  aderente 
all'evidenza  plastica  dei  corpi.  Cimento  di  volontà  non 
meno  che  d'intelligenza.  Mario  Tinti. 

1.  Ritratto  del  Dott.  H.  2.  Zinnie  {natura  morta), 

3.  Natura  morta. 

Giuseppe  APREA 

Giuseppe  Aprea,  nato  a  Napoli  il  22  gennaio  1876,  è  uno 
dei  più  valorosi  insegnanti  dell'Istituto  di  Belle  Arti  parte- 
nopeo, del  quale  fu  allievo  ai  tempi  del  Palazzi  e  del  Morelli. 


Appena  venliseenne,  nel  1902,  vinse  il  concorso  del  Pen- 
sionato artistico  nazionale,  collocandosi  fra  i  migliori  artisti 
di   allora. 

Con  aite  dislii  ta  e  serena,  sfoggiando  una  calda  tavo- 
lo zza.  tratta  figura  e  paesaggio.  Gode  m(  ritata  fama  di  ca- 
pace decoratore.  Federico  Petriccione. 

1.  Luce. 
Lina  ARPESANI 

E'  nata  a  alitano,  dove  studiò  all'Accademia  di  Brera. 
Ha  partecipato  per  quattro  volte  alla  mostra  nazionale  di  Brera 
e  all'ultima  Internazionale  di  Venezia;  è  stata  «  invitata  »  alle 
ultime  Biennali  di  Roma  e  di  Napoli.  Alla  Esposizione  di 
Torino  guadagnò  una  medaglia  d'argento  e  alle  esposizioni 
di  Bergamo  e  di  Padova  la  medaglia  d'oro.  E'  socia  onora- 
ria alla  R.  Accademia  di  Brera. 

Marmo. 

1.  Nostalgica  2.  Crisalide 

Antonio  Mario  ASPETTATI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1882.  Ha  frequentato  l'Accademia 
di  B.  A.  di  Firenze.  Cominciò  ad  esporre  a  diciotto  anni  e 
da  allora  fino  ad  oggi  ha  partecipato  a  varie  mostre  locali 
e  di  fuori.  Fu  premiato  alla  «Mostra  del  Soldato»  a  Firenze 
e  venne  invitato  alla  ultima  «Biennale»  di  Roma.  Si  è  spe- 
cializzato in  «interni»  di  chiese. 

/.  Interno  della  chiesa  di  Santa  Triiìilà   folio). 

Libero  AUGENTI 

E'  nato  a  Taranto  nel  1901.  Studiò  all'Accademia  di  B. 
A.  di  Roma  e  alla  Scuola  Superiore  d'arte  industriale  a  Ve- 
nezia col   Bressanin. 

Quindici  Disegni. 
8 


Baccio  Mapja   BACCI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1888  da  Adolfo  Bacci,  un  pittore 
il  quale  in  quelle  poche  opere  che  ha  lasciato  mostrava  un 
genuino  istinto  pittorico.  AI  Bacci  la  pittura,  come  tutto  ciò 
che  si  ama  ardentemente,  ha  dato  accanto  alle  gioie  anche 
assai  pene.  A  16  anni,  nel  1904,  siccome  in  famiglia  contra- 
stavano la  sua  vocazione,  per  potere  studiare  e  dipingere 
liberamente  scappò  in  Germania.  E  li  visse  per  un  anno, 
vendendo  i  bozzetti  che  faceva,  finché  nel  1905,  avendogli 
i  suoi  accordato  il  nulla  osta,  a  condizione  che  s'iscrivesse 
ai  corsi  regolari  dell'Accademia,  fece  ritorno  a  Firenze.  È 
da  credere  clie  alcuni  dei  chiarissimi  professori  che  inse- 
gnavano a  quel  tempo  nella  veneranda  Accademia  fiorentina 
si  sieno  ricordati  per  un  pezzo  e  si  ricordino  tuttora  del 
Bacci,  come  del  più  balzano  e  del....  meno  tranquillo  dei 
loro  scolari.  Trascorsi  i  tre  anni  di  tirocinio,  si  era  alla  vi- 
gilia degli  esìmi  di  licenza  —  sarà  mancata  forse  una  set- 
timana —  quando  il  Bacci  scappò  «  disperato  »  —  come  dice 
lui  —  dinnanzi  alla  idea  di  ricevere  il  sacro  crisma  acca- 
demico. 

La  prima  mostra  personale  la  fece  nel  1910  —  a  22  anni  — 
nel  Palazzo  Gondi  qui  a  Firenze.  L'anno  dopo  espose  alia 
Regionale  Toscana  un  ritratto  e  un  «  Pomeriggio  sull'Agro  » 
—  quadro  che  si  trova  nella  collezione  del  Gecconi  (Thomas 
Neal). 

La  sua  pittura  era  allora  ispirata  ai  modi  di  un  impres- 
sionismo un  po'  impacciato,  se  si  vuole,  ma  schietto,  suc- 
coso, robusto,  con  un  fare  e  un  accento  schiettamente  pae- 
sano, dettato  ad  ogni  modo,  da  una  visione  più  acuta  e 
più  commossa  che  non  quella,  dosata  a  once  o  sfarfallata 
alla  brava,  di  certi  epigoni  del  Macchiaiolismo. 

Nel  1912  (il  Bacci  era  allora  un  giovanotto  pieno  d' im- 
pazienza e  di  una  quasi  spavalda  voglia  di  cimentarsi)  fé  e 
un'altra  mostra  personale  ed  espose  nello  stesso   anno  alla 


Promotrice  alcuni  quadri,  fra  i  quali  «  Un  temporale  sulle 
Alpi  Apuane  »  che  fu  premiato  e  si  trova  anch'esso  nella 
collezione  Gecconi. 

Chi  veda  oggi  quelle  tele,  pur  osservandone  le  molte 
mende,  vi  sente  come  il  pullular  latente  e  urgivo  di  una 
volontà  e  di  un  calore  che  stanno  a  disagio  in  forme  troppo 
anguste  e  precarie;  le  quali,  purtuttavia,  per  altri  avrebbero 
costituito  un  notevole  resultato,  forse  il  punto  di  arrivo. 

x\nche  il  Bacci  nel  1912  fece  il  suo  bravo  viaggio  a  Pa- 
rigi. Ma  siccome  egli  è  temperamento  ben  saldo,  né  l'aria 
del  «  Lussemburgo  »  né  quella  di  Montmartre  gli  fecero  per- 
dere la  tramontana.  Soltanto,  la  sua  tavolozza  divenne  più 
nervosa,  più  duttile  e  insieme  più  consapevole.  E  se  pur 
lui  ebbe,  più  tardi,  il  suo  quarto  d'ora  futurista,  il  futurismo 
non  fu  per  il  Bacci  un  punto  d'ai  rivo,  né  una  forma  d'arte, 
ma  un  modo  di  ricognizione  di  alcune  plaghe  estetiche  per- 
dute di  vista,  un'esperienza,  i  cui  resultati  non  si  sognò 
mai  di  portare  fuor  dallo  studio. 

Difatti,  nel  1919,  dopo  la  guerra  (durante  quei  quattro 
anni,  se  gli  eran  seccati  ben  bene  i  tubetti  dentro  la  cas- 
setta dei  colori,  il  suo  spirito  aveva  seguitato  a  lavorare) 
il  Bacci,  tornato  a  Fiesole  e  al  suo  lavoro,  pensò  che  men- 
tre fino  ad  allora  aveva  fatto  della  pittura  (pittura,  sia 
pure,  convinta  e  commossa)  era  venuto  il  momento  di  far 
dell'arte:  —  dell'arte  in  un  senso  totale  e  complesso,  quale 
era  reclinato  dall'indole  sua  d'italiano  e  dalla  propria  con- 
sapevolezza, matura  ormai,  ne'  riguardi  della  storia  artistica 
e  spirituale  del  suo  paese. 

Uno  scrittore  d'arte  che  non  importa  nominare,  fin  dal 
1917  aveva  scritto  :  «  Si,  si  abbiamo  capito  :  sensibilità  (oh, 
se  abbiamo  capito  !).  Ma  il  mondo,  cari  signori,  è  più  vasto 
di  quanto  non  possa  capire  nelle  vostre  rètine,  nelle  vostre 
narici,  nelle  vostre  papille.  La  natura-morta  é  l'unità  tipica 
della  pittura  moderna.  E  la  natura  morta  è  l'esclusione  com- 
pleta dell'umanità  nella  pittura  —  dell'umanità  come  storia 

10 


e  come  romanzo.  Oggi  il  paesaggio,  il  ritratto  tendono  an- 
ch'essi a  divenire  natura-raorta  ». 

E  tre  anni  dopo,  nel  1920  :  «  Un  altro  elemento  deve  riaf- 
fermarsi  nell'arte:  la  volontà;  ossia  il  predominio  deciso 
dell'intelletto  sulla  sensività.  Fu  cotesto  il  principio  anima- 
tore dell'arte  nelle  epoche  più  mature  di  esperienza  storica 
e  di  pensiero.  La  volontà  riconduce  nel  quadro  la  compo- 
sizione --  direi  quasi  la  sintassi  grafica  e  plastica  —  la  co- 
srruzione  decorativa  e  architettonica,  lo  stile,  insomma,  nella 
sua  forma  più  cosciente  e  più  imperativa  ». 

Anche  il  Bacci  —  per  conto  proprio  —  aveva  meditato 
su  cotesto  problema  dell'arte  e  aveva  provato  coteste  aspi- 
razioni. In  seguito  (ognuno  era  più  o  meno  stufo  dell'anar- 
chia impressionista)  altri  si  misero  su  cotesta  via.  Son  nati 
più  tardi  le  fisime  e  i  qui  pro-qiio  intorno  al  nuovo  auspi- 
cato classicismo. 

Bacci  è  un  toscano,  anzi,  un  fiorentino  e  per  quanto  la 
storia  della  propria  arte  la  conoscesse  a  menadito  non  fu 
proprio  di  li  che  attinse,  a  furia  di  spolveri  e  di  ricalchi, 
il  suo  classicismo.  Per  lui  il  classicismo  era  unSi  forma  mentis, 
una  maturità  spirituale,  qualcosa  che  aveva  bevuto  alle  sor- 
genti natie,  e  gli  era  entrato  nell'anima  per  gli  occhi  a  veder 
Luca,  Masaccio,  Donato  —  gente  che,  fra  parentesi,  a  voler 
esser  classici  non  ci  aveva  mai  pensato  • 

Ed  egli,  il  Bacci,  non  voile  fare  del  classicismo,  volle 
fare  dell'arte;  dell'arte  umana  e  al  tempo  stesso  euforica, 
armoniosa  e  possibilmente  monumentale;  il  cui  motivo,  vale 
a  dire,  non  s'abbia  a  immaginare  tagliato  nel  gesto  a  squadra 
da  marionetta....  sensibile^  delle  due  mani  —  come  si  usa  dai 
«  Kodacchisti  »  della  pittura,  ma  incorniciato  fra  le  colonne 
e  gii  archi  di  una  nuova  gloria  e  di  una  nuova  grandezza 
che  gl'Italiani  migliori  oggi  augurano  ardentemente  per  il 
domani  della  Patria.  (Da  non  confondersi,  per  carità,  con  la 
retorica  patriottarda  che  tappezza  le  due  Camere  ed  altre 
consimili  aule  magne). 

11 


Nel  crogiuolo  del  suo  recente  travaglio  artistico,  il  Bacci 
ha  gettato  anche  le  proprie  esperienze  e  ricerche  recenti  e 
remote  (ed  altresì  i  suoi  disinganni  e  le  sue  resipiscenze) 
e  ne  è  uscito  una  specie  di  purificato  naturalismo;  ossia  il 
naturai  modo  di  vedere  e  di  fare  nell'arte,  non  già  di  un 
parigino  villeggiante  appena  nella  banlieue,  o  di  un  bar- 
baro cosmopolita  onnivoro,  ma  di  un  italiano  consapevole, 
che  sa  trascegliere  il  proprio  cibo  spirituale,  cojnniosso, 
s])ontaneo,  individuale,  ma  benanche  ossequiente  alia  disci- 
plina di  una  grande  tradizione.  Della  tradizione  non  accat- 
tata per  via  di  elucubrazioni  culturali,  ma  sùbita  come 
legge  del  proprio  sangue  e  del  proprio  cielo. 

Ho  la  coscienza  di  non  esagerare  dicendo  che  con  le  più 
definitive  delle  opere  esposte  nella  <' Primaverile»,  il  Bacci 
segna  il  principio  di  un  ristauramento  dell'arte  italiana,  in- 
tesa come  l'espressione  di  una  civiltà  e  di  una  razza  in  cui 
le  facoltà  emotive  si  equilibrarono  sempre  con  quelle  razio- 
nali e  il  motto  della  cui  legge  e  della  cui  gloria  fu  in  ogni 
tempo  :  «  Costruire  ».  ^j^^^^^  Tinti. 


1.  Il  taglio  dei  boschi  a  Viri- 
cigliata  (1919). 

2.  La   piena    dell'  Arno    a 

Compiobbi  (1920). 

3.  Pioggia  di  primavera  su 
Monte  Ceceri  (1920). 

4.  La  Valle  del  Mensola  da 

Monte  Ceceri  f  1920). 

5.  La  casa  del  Mulino  nella 

ValU^  del  Mensola  (1921) 
(appar.  alla  collezione 
del  doti.  Slaehelin). 

6.  I  Carciofi  (studio  di  stile» 
{1921). 


8 

9. 

10. 
IL 


12 
jS. 
1/f. 
lo. 


7.  //  vaso  bianco  (studio 
distile)  (1921). 

Le  pesche  nel  foglio 
(studio  di  stile)  (^20). 

Le   pesche    (studio    di 

stile;  (1920). 

Il  temporale  (1921). 

La  madre  [1921)  [ap- 
par. alla  Collezione 
Vallecchi). 

Il  traghetto  (1921). 

I  vagabondi  (1921). 

La  sosta  (1921). 

Sull'argine  (J921). 


12 


Arturo  BACIO-TERRACINA 

Arturo  Bacio  -  Terracina  —  nato  in  Napoli  il  5  settembre 
1882  —  ha  intenti  modernissimi.  Alle  sue  belle  doti  egli 
accoppia  i  due  difetti  che  son  propri  dei  temperamenti  in- 
tellettivi e  sensibili  :  la  timidezza  e  l'eccessiva  modestia. 
Difetti  che,  ne  siamo  sicuri,  egli  riuscirà  a  debellare,  allor- 
ché Ì3  sua  maturità  artistica  sarà  divenuta  più  piena  e  de- 
finitiva. 

Tratta,  con  spiccata  predilezione  per  le  tinte  piatte,  il  pae- 
saggio, interpretandolo  con  spirito  graziosamente  decorativo, 
per  toni  sintetici,  senza  tuttavia,  sottrarsi  alla  necessità  del 
chiaro -scuro. 

Insieme  al  Viti  e  al  Curcio  —  fa  parte  del  battagliero 
gruppo  giovanile  partenopeo.         Federigo  Petriccione. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Mattino  azurro.  2.  Raggi  sul  castello. 

Guglielmo  BALDASSINI 

Nato  a  Genova  il  1885.  Ha  studiato  dai  17  anni  ai  20, 
all'Accademia  di  Brera.  Sospesi  gli  studi  per  il  modo  di  sen- 
tire indipendente,  studiò  per  conto  suo  dedicandosi  al  pae- 
saggio, ed  in  ispecial  modo  alla  marina.  Espose  a  varie 
mostre,  fra  le  quali  nel  1913  alla  Esposizione  per  il  qua- 
rantennio della  Famiglia  Artistica  di  Milano,  dove  un  suo 
quadro  venne  acquistato  da  S.  M.  il  Ee.  Nel  '14  cominciò 
ad  applicarsi  con  amore  all'acqueforte  e  nella  Mostra  del- 
l'incisione italiana  del  '915  espose  con  successo  le  sue  prime 
acqueforti.  Più  tardi,  nel  '916,  a  Londra  e  a  Tohio  (Giappone), 
dove  le  sue  acqueforti  furono  acquistate  per  il  Museo  Im- 
periale. ., j  ^iii  ^^    *;' 

Durante  il  suo  servizio  militare  1916-1919  fu  nominato 
socio  onorario  dell'Accademia  di  B.  A.  di  Brera.  In  questi 
ultimi  mesi  ha  ripreso  a  dedicarsi  all'acquaforte,  per  la  quale 

13 


nutre  una  grande  passione.  Espose  a  Napoli  nel  1920  e   re- 
centemente alla  Nazionale  di  Brera. 

1.  La  chiesetta  di  San  Biagio    "2.  La  vita  nel  porto  di  Ge- 
mi Friuli  (Acquaforte).  nova  (  Vernice  molle). 

Vittorio  Renzo  BALDI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1S81.  Studiò  con  Cesare  Zocchi. 
Ha  esposto  in  varie  Mostre. 

1.  Ritratto  del  dottor  Enrico  Grimelli  {bronzo). 

Armando  BARABINO 

E'  genovese,  nato  nel  1883,  cugino  del  celebre  pittore 
Nicolò  Barabino.  I  suoi  primi  passi  li  fece  copiando  e  pa- 
rafrasanlo  i  quadri  del  cugino.  Poi  si  mise  all'Accademia 
di  Belle  Arti  di  Genova,  dove  ebbe  a  maestro  Tullio  "Quinzio 
Fu  attratto  in  seguito  dalla  scultura,  che  studiò  sotto  la  di- 
rezione dell'artista  Scanzi. 

Ha  esposto  in  molte  mostre  nazionali. 

^,  2.  Xatura  morta. 

Augusto  BARACCHI 

È  di  Modena,  dove  nacque  nel  1878  e  studiò,  all'Istituto 
di  Belle  Arti,  sotto  la  direzione  del  pittore  Umberto  Ruini. 
Ha  esposto  in  molte  mostre  italiane  e  straniere.  Varie  gal- 
lerie posseggono  le  sue  acqueforti,  fra  le  altre  quella  di 
Tokio,  la  Galleria  d'Arte  Moderna  e  quella  Comunale  di  Roma. 

Cinque  acqueforti. 

Amerigo    BARTOLI    {Gruppo  «  Valori  Plastici  »). 

Allievo  d'^U'Istituto  di  Belle  Arti  a  Roma  prima  e  del  Sar- 
torio poi,  dotato  naturalmente  di  una  vena  facile    alle    im- 

14 


provvisazioni  eleganti  e  rapide,  Amerigo  Bartoli  poteva 
sembrare  l'artista  meno  indifeso  di  fronte  al  pericolo  delle 
abitudini  e  della  manualità.  Invece  egli  ha  saputo  mortifi- 
care e  vincere  se  stesso  rinnegando  ie  virtù  secondarie  ed 
acquisite  della  sua  educazione  per  darci  la  prova  della  for- 
za e  degli  effetti  che  può  produrre  uno  spirito  sano  ed 
incorrotto. 

Ora  la  pittura  del  Bartoli  è  la  confessione  di  uno  stato  di  po- 
vertà e  di  debolezza  necessariamente  accettato:  ma  chi  sappia 
vedere  può  scorgere  in  esso  i  segni  di  una  segreta  e  calda  bel- 
lezza che  darà  sicuri  frutti  di  ^è.  Nel  Bartoli  c'è  l'aspira- 
zione e  il  sentimento  di  fare  che  la  pittura  si  lasci  sostan- 
ziare non  da  voglie  cieche  e  manuali  ma  da  un  filo  di  amore 
e  di  aflTetto  toccato  talvolta  di  ironia.  Purtroppo  Bartoli  è 
assai  inferiore  a  se  stesso  come  tutti  coloro  che  valgono 
molto  :  e  la  sua  pittura  potrebbe  far  cadere  in  inganno  chi 
sa  vedere  coi  soli  occhi.  Ma  in  mezzo  allo  stento  delle  sue 
ricerche^  talvolta  persino  restie  dinanzi  alle  difficoltà  mag- 
giori, un  germe  sano  feconda  una  sostanza  vivida  che  illu- 
mina e  convince  intimamente. 

Amerigo  Bartoli  può  essere  contato  fra  il  numero  dei 
giovani  artisti  italiani  insofferenti  di  restituire  alla  pittura 
la  sua  vera  funzione,  avvilita  da  miseri  istinti  e  da  usuali 
miraggi. 

M.  B. 

1.  Paese  2,  Paese 

3.  Paese 

Augusto  BASTIANINI 

Studiò  all'Accademia  fiorentina  di  Belle  Arti  e  cominciò 
ad  affermarsi  col  quadro  storico,  vincendo  un  concorso. 
Espose  in  seguito  a  diverse  mostre,  sempre  apprezzatissimo 
chiedendo  al  vero  il  segreto  della  luce. 

Modesto,  operoso,  i  suoi  quadri  si   distinguono  per   la 

15 


luminosità  e  la  candidezza  del  colore.    E'  insegnante  di  fi- 
gura allAccademia  di  Belle  Arti. 

Dipinti  a  olio 

1.  Sulla  spiaggia  ?.  Bovi 

3.  Alpi  apuane. 

Leonardo   BAZZARO 

Leonardo  Bazzaro  nacque  in  Milano  da  famiglia  varesina 
nel  1853.  Studiò  all'Accademia  di  Brera  sotto  il  Bertini,  che 
allora  i  giovani  preferivano  airHayez,  artista  più  severa- 
mente conservatore. 

Ma  neppure  il  Bertini  comprese  la  vera  inclinazione  del 
Bazzaro  verso  la  pittura  "di  paesaggio  e  lo  induceva  a  di- 
pingere degli  interni.  11  Duello,  soggetto  romantico  ispirato 
un  po' a  Delacroix,  gli  valse  nel  1878  il  premio  Fumagalli  e 
con  altri  quadri  dello  stesso  genere  —  La  Vestizione,  La 
sala  del  Consiglio  nel  Castello  d'Issogne,  Il  Saccheggio,  Il  Coro 
di  San  Vittore  —  procurò  al  giovanissimo  pittore  una  di- 
screta rinomanza.  A  venti  anni  il  famoso  negoziante  pari- 
gino Goupil  lo  impegnava  a  dipingere,  per  lui.  La  combi- 
nazione era  ottima  dal  lato  finanziario:  ma  un  bel  giorno 
il  Bazzaro  fu  sazio  di  dipingere  «  interni»;  V  «  aria  aperta  », 
che  costituiva  allora  l'aspirazione  di  tutti  i  più  audaci  no- 
vatori, lo  tentava  come  una  bella  d^.nna.  Ma  Goupil  non  era 
del  medesimo  avviso:  gì'  «  interni»  erano  allora  di  moda 
e  il  mercante  vedeva  l'arte  soprattutto  sotto  cotesto  aspetto. 
Fra  la  fortuna  e  l'arte  il  giovane  Bazzaro  optò  senza  in- 
dugio per  1'  arie. 

E  allora  si  operò  anche  nella  sua  tecnica,  nella  sua  vi- 
sione, nella  sua  tavolozza  un  profondo  mutamento:  il  soffio 
rinnovatore  dell'impressionismo  francese  animò  tutte  quelle 
aspirazioni,  quelle  preoccupazioni  e  quello  spirito  di  ri- 
cerca che  fecero  di  lui,  press'a  poco,  quel  pittore  colorista 
robusto,  immediato,  caldamente  lirico  che  noi  conosciamo. 

16 


Ma  Bazzaro  non  imitò  i  francesi;  si  rinnovò  senza  rinnegare 
la  legge  fondamentale  del  suo  temperamento  e  quindi  della 
tradizione  —  la  tradizione  lombarda  —  che,  sia  pure  in- 
consapevolmente, trova  in  alcuni  aspetti  della  sua  pittura 
una  logica  evoluzione. 

Nel  paesaggio  il  Bazzaro  trovò  lo  schema  più  conface- 
vole  alla  generosità  e  allo  sgorgante  empito  lirico  della 
sua  tavolozza, 

Nel  1878  l'artista  fece  un  viaggio  a  Venezia.  Questo  av- 
venimento, in  apparenza  assai  comune,  doveva  segnare  una 
nuova  stagione  della  sua  arte  —  una  stagione  fecondis- 
sima di  frutti  belli,  succolenti,  saporiti.  L'incanto  che  eser- 
citò su  lui  la  Laguna  e  la  profusione  varia  del  colore  nel 
golfo  veneziano  —  che  va  dai  toni  accesi  e  giocosi  ai  più 
tenui  e  illanguiditi,  come  pervasi  di  tenerezza,  e  di  malin- 
conia, —  decise  il  Bazzaro,  e  con  lui  Mosè  Bianchi,  a  stabi- 
lirsi a  Chioggia  per  dipingere. 

Il  periodo  chiozzotto  del  Bazzaro  è  uno  dei  più  mtensi 
e  felici  per  la  sua  arte.  Se  le  innumerevoli  tele  che  egli  di- 
pinse a  quel  tempo,  e  che  sono  oggi  disseminate  in  tutto  il 
m^ondo,  si  potessero  riunire,  esse  costituirebbero  un  vero  e 
proprio  poema  coloristico  celebrante  gli  aspetti  più  carat- 
teristici e  più  affascinanti  di  quel  mare,  di  quella  terra' e 
dei  suoi  abitanti. 

Anche  la  montagna  ha  di  poi  ispirato  a  più  riprese  l'ar- 
tista, la  montagna  intesa,  soprattutto,  come  l'ossatura  pos- 
sente di  un  organismo  crom.atico  ricco  vario  intenso,  nel- 
l'atmosfera pura  e  [sotto  la  luce  tagliente.  Le  verdissime 
vallate  Valdostane,  i  boschi  ricchi  come  velli  vegetali  del 
Motlarone,  il  Lago  Maggiore  dagli  aspetti  ora  languidamente 
sorridenti  ed  ora  corruschi  fu/ono  i  luoghi  che^  più  ispira- 
rono la  sua  arte  ricca  e  molteplice. 

Leonardo  Bazzaro  è  uno  dei  pochi  maestri  del  colore 
che  —  pur  nella  propria  spiccata  originalità  ed  avendo  sen- 
tito l'importanza  delle  correnti  rìnnovatrici  del  suo  tempo 

17 


—  meglio  si  riconnettono  alla  tradizione  sei-settecentesca 
della  sensuale  e  salutosa  pittura  italiana,  in  quella  acce- 
zione di  forma  —  colore,  di  cui  i  capilavori  dei  Veneziani 
del  Cinque  e  Seicento  furono  i  capisaldi  fondamentali.  Egli 
trova  un  riscontro  nel  nostro  tempo  in  altro  pittore  esube- 
rante, fruttuoso,  dalla  pennellata  generosa  e  potente,  insof- 
ferente anch'egli  d'indugi  grafici  e  di  compulsazioni  intel- 
lettuali: Antonio  Mancini.  Ma  dal  pittore  romano-napoletano, 
il  Bazzaro  si  diversifica  spiccatamente  per  gli  stessi  carat- 
teri etnografici-regionali  che  sono  alla  radice  dell'arte  dei 
due  artisti,  la  cui  fisiologia  e  psicologia  pittorica  —  per  cosi 
dire  —  è  così  saldamente  connessa  all'anima  e  agli  aspetti 
del  loro  ambiente  natio.  Più  ardentemente  sensuale  e  ma- 
terialistico il  coloris  no  del  romano;  più  coin penetrato, 
quello  del  milanesev  dall'ombra  tenuissima  e  diffusa,  che 
è  come  un  riflesso,  rasserenato  nella  gioia  del  sole,  della 
mestizia  romantica  del  Riccio  e  del  Ranzoni  —  antenati  spi- 
rituali del  Bazzaro. 

M.  T. 

Dipinti  a  olio 

i.  Mercato  di  C Moggia  4^.  Al  bagno 

2.  Pescheria  di  Chioggia         .5.  Rattoppando  le  vele 
2.  Mercato  della  Pescheria      6.  Nidiata 
7.  I  gemelli. 


Umberto  BENEDETTI 

E*  nato  a  Firenze  nel  1895.  Studiò  senza  maestri.  E'  uno 
dei  giovani  pittori  fiorentini  che  si  cimentano  nella  ricerca 
di  armonie  nuove.  Si  fece  conoscere  l'anno  scorso  con  una 
mostra  personale,  che  mise  in  luce  le  sue  buone  qualità 
—  una  delicata  sensibilità  di  colorista  unita  ad  un  gusto 
decorativo  non  comune. 

1.  *  Rificolone  »  -  folioj. 


18 


Teresa  BERRING 

E'  nata  a  Santiago  del  Cile  il  5  settembre  1895.  Ha 
esposto  già  alla  Promotrìce  di  Firenze,  dove  è  stata  pre- 
miata con  medaglia  d'argento;  all'esposizione  di  Forte  de' 
Marmi,  dove  una  sua  opera  è  stata  acquistata  dal  Re;  alla 
prima  Biennale  romana,  dove  un'altra  sua  opera,  finissima, 
è  stata  scelta  dal  municipio  di  Roma;  al  Salon  di  Parigi. 
Quanti  titoli  d'  onore  per  una  donna  cosi  giovane  ! 

Eppure,  non  e'  è  che  dire:  Teresa  Berring  è  un'autentica 
artista,  —  artista  per  la  fede  con  cui  studia,  per  la  sicura 
vocazione,  per  la  serietà  con  cui  lavora,  perle  qualità  tecni- 
che già  acquisite,  per  la  cultura  estetica  che  ne'  numerosi 
viaggi  si  è  potuta  formare. 

Due  anni  sono,  entrata  nello  studio  di  Arturo  Dazzi, 
Ella  si  è  messa  a  scolpire  con  [un  impegno  si  caldo  ed 
esclusivo,  con  una  così  ferma  intenzione  di  farci  dimenti- 
care e  la  fortunata  condizione  sociale  e.l'età  e  tutti  i  privilegi 
che  la  maschile  cavalleria  accorda  al  suo  sesso,  da  riuscire 
esempio  rarissimo  e  commovente  a  quante  donne  dell'arte 
abbiano  un  concetto  non  mondano  e  non  dilettantesco. 

La  statua  che  oggi  la  Berring  espone  a  Firenze,  per  ac- 
corta sapienza  di  modellazione,  per  la  sicurezza  con  cui  è 
reso  l'estivo  senso  di  abbandono  della  nuda  dormiente,  per 
la  sensibilità  sana  e  misurata  di  alcune  parti,  giustifica,  del 
resto,  sufficientemente  il  nostro  consenso,  la  nostra  serena 
e  fidente  aspettazione  di  altre  più  forti  e  più  piene  realiz- 
zazioni estetiche  a  venire.  Carlo  Tridenti. 

J.  Meriggio  (statua  in  marmo). 
Alberto  BERNINI 

E'  fiorentino;  nato  nel  1892.  Studiò  con  Domenico  Trèn- 
tacoste. 

1.  Ritratto  (bronzo), 
19 


Flavio  BERTELLI 

È  fìgiio  di  Giovanni  Bertelli,  il  grande  paesista  a  cui 
soltanto  la  morte  ha  reso  giustizia.  Anch'egli  si  è  dedicato 
quasi  esclusivamente  al  paesaggio,  dove  ha  raggiunto  una 
altezza  solamente  contrastata  dalla  sua  increUbile  modestia. 
Nato  nel  1865,  studiò  nella'Accademia  di  Belle  Arti  di  Bologna. 
Ha  esposto  più  volte  ;i  Torino,  a  Mila. io,  a  Bolo<^na,  a  Iloma, 
a  Trieste..  In  gioventù  seguì  il  divisionismo,  dipinse  gr.nndi 
quadri  con  una  tecnica  minuta  e  onesta  da  sbalordire;  poi, 
dopo  una  crisi  spirituale  che  lo  arrestò  per  qualche  anno, 
è  passato  recentemente  ad  una  tecnica  libera,  ampia.  ge:ie- 
rosa,  priva  di  preconcetti,  che  mira  a  tradurre  sulla  tela  le 
belle  cose  naturali  con  il  minimo  mezzo.  E'  un  sentimentale 
e  un'ingenuo;  cosi  i  suoi  paesaggi  sono  ricchi  di  emozione, 
e  sfoggiano  un  loro  colore  che  cerca  di  interpretare  con  «sin- 
cerità la  poesia  delle  cose.  «Prediligo  il  paese,  perchè  la 
mia  mente  spazia  nell'infinito;  rimango  balordito  davanti 
al  mare,  e  guardo  sbalordito  le  stelle  :  che  ci  sarà  al  di  là?  ». 

Giuseppe  Ltpparixt. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Primavera.  2.  In  Carpegna. 

3.  FioreVino  dei  campi. 


Renato  BERTELLI 

E'  nato  a  Lastra  a  Signa  nel  1900:  allievo   di  Domenico 
Trentacoste. 

1.  Piccola  danzatrice  (Gesso). 


Ada  bertoldi 

E'  di  Costabissara  (Vicenza). 

1.  Autunno  lungo  il  canale. 

20 


Alfredo  BIAGINI 

E'  nato  a  Roma  nel  1886.  Autodidatta.  Per  molti  anni 
coltivò,  soprattutto  all'estero,  lo  studio  degli  animali  e  quello 
della  scultura  architettonica  decorativa.  E'  uno  studioso'e 
cultore  versatile  di  arte  decorativa. 

Le  sue  maioliche  policromate  sono  quanto  di  meglio  si 
produce  nel  genere  in  Italia:  belle  come  resultato  tecnico 
e  come  effetto  decorativo.  Ha  esposto  in  tutte  le  migliori 
mostre  nazionali  e  straniere  ed  ha  ottenuto  vari  premi. 

4  Bronzi  :  Danzatrice,  Pan-        Diana    (Bassorilievo    in 

fera,  Leone,  Cervo.  gesso). 

7  Targhette  in  cesello.  2  Maschere  in  gesso. 

6.  Disegni  1  Motivo    decorativo     in 

gesso. 


Gaetano  BOCCIIETTI 

Gaetano  Bocchetti,  nato  in  Napoli  il  9  agosto  1888,  è  un 
fresco  e  vivace  colorista,  che  ritrae  con  fervore  egualmente 
appassionato  la  figura  umana  e  il  paesaggio,  in  una  calda 
vigorìa  di  accordi  cromatici. 

Concepisce  con  sicura  visione  e  con  ardore  le  grand 
composizioni  pittoriche,  nelle  quali  si  affatica  ad  esprimere 
la  vita  tumultuosa  e  vibrante  della  folla;  ed  è  ritrattista  di 
bella  forza,  oltre  che  efficace  riproduttore  di  interni.  Ha 
esposto,  —  trascelto  ed  apprezzato  dalle  più  severe  giurie 
—  nelle  principali  mostre  italiane  :  la  quadrenniale  di  Torino 
le  biennali  di  Venezia,  Roma  e  Napoli. 

Federico  Petriccione. 

1.  Piedigrotta.  3.  L'uomo  alla  cerca. 

2.  Il  mietitore.  k.  Ora  calda. 


21 


Amedeo  BOCCHI 

Amedeo  Bocchi  può  dirsi  per  eccellenza  il  pittore  della 
Palude  Pontina,  nonostante  sia  nato  a  Parma  e  viva  gran 
parte  dell'  anno  in   Roma. 

Anche  qui,  all'  infuori  d'  un  parco,  e  di  due  ritratti  fem- 
minili che  ci  conducono  dalle  note  delicate  della  perla  ai 
toni  scuri  del  piombo,  egli  non  espone  che  quadri  dipinti 
fra  Terracina  e  il   Circeo. 

Le  tele  pontine  del  Bocchi  suggeriscono  ed  esprimono 
di  preferenza  una  garbata  intimità  domenicale.  Non  che  egli 
sia  rimasto  estraneo  alla  profonda  tristezza  di  codesta  gente 
arsa  dalla  febbre  e  ormai  vuota  di  speranza;  piuttosto  si 
direbbe  che  voglia  vaticinare,  da  artista,  la  loro  resurre- 
zione. 

Non  hanno  anch'essi  diritto  alla  gioia?  La  maternità 
inebbria  le  sue  donne,  che  paiono  —  specie  nel  ricco  co- 
stume terellano  —  regine  dei  campi.  Guardate  la  famiglia 
dei  pescatori  riunita  attorno  alla  tavola,  all'aperto.  Mangiano: 
il  sole  vibra,  arde,  si  frange  sopra  di  essi,  vivace  e  pio  come 
una  benedizione;  ànima  i  bianchi  cangianti  della  tovaglia  e 
delle  vesti,  tra  i  diversi  riflessi  :  azzurri  maiolicati  del  cielo, 
verdi  dolci  del  prato,  caldi  dorati  della  sabbia;  s'irradia 
poi  nel  mistico  sfondo  luminoso. 

Nelle  ore  mattutine  .vanno  «  G//  abbandonati»  su  per 
l'erta  sparsa  d'  ulivi  cinerei,  mentre  il  Tirreno  in  basso  canta 
i  due  ritornelli  mutevoli  ed  eterni  del  turchese  e  dell'oltre- 
marino. 

Col  sole  radente,  una  capanna  di  stipa  e  un  cavallo  bianco 
si  riflettono  nel  canale  che  è  tutto  di  viola  diffuso,  tra  gli 
eucalipti  solenni,  i  grami  procoi  e  i  sambuchi  in  fiore. 

A  notte  alcuni  stanchi  pellegrini,  reduci  dalla  festa  an- 
nuale della  Madonna,  si  stendono  sulla  gradinata  della  Cat- 
tedrale di  Terracina,  e  paiono,  ai  piedi  dell'  antico  tempio 
romano,  antiche  scolture  palpitanti. 

22 


I  canali,  le  capanne,  i  bufali^  i  sughereti,  l'impalpabile 
altare  del  Circeo  nella  lontananza,  fanno  da  scenario  alle 
sue  figure,  viste  quasi  sempre  da  presso,  in  forti  pose  e 
arditi  scorci,  come  alla  ribalta  d'  un  teatro  fantastico,  dia- 
lettale. 

I  costumi  multicolori,  le  lunghe  boccole  complicate,  le 
fiezze  di  corallo,  i  corpetti  neri,  i  fazzolettoni  bianchi  delle 
donne,  splendono  intorno  ai  visi  cerei,  agli  occhi  profondi 
in  cui  la  febbre  attizza  voragini  di  fuoco. 

La  limpidità  tralucente  dell'aria,  il  gusto  deciso  di  farvi 
campeggiar  dentro  gli  abitanti  delle  lande,  la  purezza  osti- 
nata dei  colori  in  gara  con  la  natura,  sono  le  prime  battute 
dei  discorsi  pittorici  di  Amedeo  Bocchi,  i  quali  non  s' in- 
terrompono^ ma  procedono,  logici  e  chiari,  sino  alla  conclu- 
sione melodica  che  li  fa  belli.  Francesco  Sapori. 

1.  Ritratto  (1921 J.  6.  Terellana  Accovacciata 

2.  Abbandonati  (1919).  (1921). 

3.  La  Capanna  di    Badino  7.  La  sera  nel  giorno  della 
(1921).  Madonna  (1921). 

k.  Pescatori     delle    Paludi    8.  Il    racconto    della   cieca 

Pontine  (1920).  (1919). 

5.  Paesaggio  (1919).  9.  Ritratto  (1916). 

Emma  BONAZZI 

È,  meglio  ancora  che  una  pittrice,  una  decoratrice  squi- 
sita,  ricca  di  giocondità  e  di  fantasia,  con  un  colorito  vivace 
e  pieno  di  attrattiva  ;  tanto  che  nel  1920  vinse  il  concorso 
per  l'arte  applicata,  nell'Esposizione  di  Stoccolma,  con  un 
bozzetto  «  Salame  ».  Si  dedica  con  passione  a  questo  genere 
d'arte,  in  cui  sa  trovare  motivi  nuovi  e  squisiti.  E'  anche 
cartellonista  ;  cosa  rara,  se  non  unica,  in  una  donna.  Ma  an- 
che nell'arte  essa  è  molto  notevole;  ricordiamo  a  titolo 
d'onore  il  suo  quadro  «  La  Vita  »,  esposto  a  Venezia  (1920). 

23 


Un  suo  trittico  esposto  al  Concorso  Ussi  fu  giudicato  da  Vit- 
torio Pica  come  «di  un  simbolismo  un  po'  ingenuo,  ma  com- 
posto con  abilità  e  dipinto  con  savoroso  impeto  romantico». 
É,  infatti,  una  coloritrice  simpatica  e  piacevolissima. 

Giuseppe  Lipparini. 

Tre  quadri  folio)  Sei  acquerelli 

Dodici  applicazioni  in  pitiura  e  ricamo. 

EvARisTO  BONCINELLI 

Evaristo  Boncinelli  è  nato  nel  1883  a  Santa  Maria  a 
Mantignano,  in  riva  all'Arno.  La  sua  è  una  storia  di  lotte  e 
di  dolori. 

Il  Boncinelli  aveva  1'  anima  inquieta  e  ansiosa  delP  arti- 
sta e  gli  toccava  fare  1'  alabastrino.  Forse  un'  altra  circostan- 
za congiurava  a  suo  d  inno  :  era  un  semplice,  un  timido  un 
modesto. 

Espone  una  prima  volta  alla  Mostra  di  Brera  «  Il  ritratto 
del  fratello  ^;  ii  suo  lavoro  non  suscita  nessuna  eco^  cade 
nel  vuoto,  ed  egli  prova  il  primo  morso  della  delusione  e  del- 
lo scoramento.  ^la  ha  la  tenacia  dell'artista,  la  fede  che  gli 
nasce  dal  sentirsi  agitare  nell'  anima  qualcosa  che  egli  non 
può  placare  se  non  esprimendola. 

Rinunzia  anche  a  quel  minimo  di  agiatezze  che  ogni 
uomo  può  conquistarsi:  lavora  ancora  alla  propria  arte  che 
pure  gli  rende  più  amarezze  che  gioie  ;  studia  ;  ammira  le 
opere  dei  grandi  -  degli  antichi  e  dei  moderni  -  e  cerca  di 
approfondirne  lo  spirito  ;  si  tormenta  ;  di  nuovo  spera  ;  crede 
di  aver  trovato.  .  .  . 

Gli  arride  qualche  successo  :  espone  nel  1914  alla  «  Pro- 
motrice Invernale  di  Firenze  »,  poi  nel  1919  alla  «  Mostra  del 
Soldato  ».  Ma  siamo  ormai  in  piena  guerra  europea,  1'  «  ala- 
bastrino »  è  senza  lavoro  e  la  miseria  incalza  più  da  presso. 
Chiamato  sotto  le  armi,  lo  prende  uno  sgomento  un  terrore 
di  essere    succhiato  e  di  scomparire  nel   gorgo  tempestoso 

24 


che  sconvolge  il  mondo.  Non  teme  già  sé  stesso,  certo,  che 
la  sua  vita  è  ormai  grama  elsenza  gioia,  ma  di  quella  sua 
bambinella  —  la  sua  arte  —  ancora  troppo  gracile  e  stenta 
per  vivere  senza  di  lui  e  che  egli  vorrebbe  nutrire  ancora 
col  suo  tormento,  con  la  sua  illusione,  col  suo  sangue  ma- 
gari. Ecco  il  segreto  turbamento  della  sua  anima 

La  scultura  di  Evaristo  Boncinelli  è  la  più  fedele  imma- 
gine del  suo  dramma.  È  come  una  terra  vulcanica  sconvolta 
dallo  spasimo  del  fuoco  che  senza  una  via  d'  uscita,  ne  tor- 
menta le  viscere,  È 1'  emblema  di  uno  spirito  forse  incompleto 
come  quelli  che  si  dice  vaghino  nello  spazio  disperati  di 
non  potersi  incarnare;  ma  il  cui  martirio  sprigiona  la  luce 
di  una  bellezza  atroce  -  di  una  bellezza  brutta,  vorrei  dire. 
U Idiota  e  La  Cieca,  creature  doloranti  e  dannate  nei  più 
bassi  gironi  dell' inferno  sociale  e  tuttavia  non  abbastanza 
brute  per  essere  guardate  con  indifferenza,  sono  figlie  car- 
nali e  spirituali  dell'artista:  egli  se  l' è  strappate  dall'anima 
come  brandelli  informi  e  sanguinanti.  La  forma  qui  ha  quel- 
la balbuziente  eloquenza  -  se  si  può  dire  -  degli  innamo- 
rati troppo  ardenti  e  troppo  ingenui;  e  tuttavia  è  efficacis- 
sima, nel  suo  grezzo  e  impressionante  realismo  :  efficace 
come  quella  di  certe  sculture  barbariche,  opera  anch'esse 
di  spiriti  primitivi,  non  soccorsi  dai  benefìci  di  ciò  che  si 
chiama  la  cultura.  Vi  è  a  Pistoia,  infissa  nella  facciata  della 
Cattedrale,  una  testa  decapitata  alla  cui  terribile  evidenza 
non  la  cede  quella  de  U Idiota  modellato  dal  Boncinelli. 

M.  T. 

i.  Testa  di  vecchio  (marmo)    3.  La  cieca  (gesso) 

2.  L'idiota  (gesso)  4-.  Ritratto  del  suocero  (id,\ 

Franka  BORGHINI 

E'  nata  a  Arezzo  nel  1900  ;  studiò  senza  maestri. 
1.  L'ananasso. 

25 


Mario  BORGONI 

Mario  Borgoni  nato  in  Pesaro,  il  24  luglio  1869  la  cui  at- 
tività artistica  è  oggi  in  buona  parte  assorbita  dalla  com- 
posizione dei  cartelli-reclame,  alia  quale  dedica  la  maggior 
parte  del  suo  tempo,  è  un  piacevolissimo  figurista,  che  ama 
ritrarre  la  bellezza  muliebre,  e  specialmente  quella  delle  flo- 
ride ed  esuberanti  popolane  partenopee. 

Nella  sua  pittura  si  fanno  notare  in  particolar  modo  la 
schietta  espressività  delle  figure  e  la  vivace  e  calda  forza 
della  colorazione. 

P'u  allievo  d  eJ  grande  decoratore  Ignazio  Perricci, all'Isti- 
tuto di  Belle  Arti  a  Napoli,  ove  insegna  da  oltre  un  decen- 
nio nelle  scuole  di  ornato. 

Spensieratezza.  (Dipinto  a  olio). 
Agostino  BOSIA 

E'  nato  a  Torino  nel  1886.  il  suo  maestro  è  stato  Leo- 
nardo Bistolfi,  il  quale  meglio  che  la  tecnica  della  pittura 
—  egli  scultore  —  gli  apprese  lo  spirito  dell'arte,  il  modo 
col  quale  si  può  arrivare  alla  personalità  delTespressioLe. 
Il  Bosia  si  è  svolto  dipoi  obbedendo  alla  legge  del  suo 
temperamento,  indirizzandosi  per  tutt'altra  via  di  quella 
del  maestro.  Oltre  che  la  sua  arte,  il  suo  credo  artistico 
può  farcene  testimonianza:  «  Sogno  —  egli  scrive  —  di  fare 
un'arte  che  tragga  i  suoi  elementi  emotivi  direttamente  dalla 
vita  e  che  si  esplichi  con  una  tecnica  spregiudicata,  pur  nel 
rispetto  della  tradizione,  ispirata  dalla  natura  e  che  come 
questa  si  nasconda  il  più  possibile  ne' suoi  mezzi  e  ne'  suoi 
scopi  ». 

Il  Bosia  ama  di  rendere  nella  sintesi  delle  sue  composi- 
zioni —  nelle  quali  il  senso  della  vita  si  allea  con  un  origi- 
nale visione  decorativa  —  la  poesia  della  vita  moderna,  il  suo 
spirito  nascostamente  tragico,  la  sua  bellezza  dimessa  e 
rude,  la  sua  anima  nostalgica. 

26 


Il  Bosia  ha  esposto  assiduamente  dal  1909  al  '20  alle 
Biennali  veneziane,  a  tutte  le  Secessioni  romane,  spesso  a 
Milano  e  sempre  nelle  mostre  torinesi.  L'Internazionale  di 
Monaco  lo  premiò  con  medaglia  d'oro,  e  una  medaglia  d'ar- 
gento l'ebbe  a  San  Francisco;  un'altra  medaglia  d'oro  a  To- 
rino nel  1921.  Opere  sue  si  trovano  in  varie  importanti  col- 
lezioni: quella  di  Arturo  Toscanini  a  Milano,  quella  della 
Marchesa  Dufur  Berte  Balbi  a  Genova,  del  Conte  di  Roascio 
a  Dronero,  del  signor  Attilio  Vercelli  a  Milano.  Anche  le 
Gallerie  d'Arte  Moderna  di  Roma  e  di  Torino  hanno  accolto 
quadri  del  Bosia. 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Ritratto  di  Leonardo  Bi-        2,  L'Attesa, 
stolfi.  3.  Fiori, 

k.  Minaccia  sui  Nidi. 

Aurelio  BOSSI 

E'  nato  a  Monticelli  in  provincia  di  Pavia  nel  1884.  I  suoi 
esordi  furono  modesti:  fece  da  ragazzo  il  corniciaio  e 
il  decoratore.  E  gli  deriva  forse  da  quel  suo  noviziato, 
quando  l'artista  si  formava  nell'artiere,  la  grande  pratica  e 
l'amore  del  legno,  nel  quale  egli  di  preferenza  scolpisce. 
Farsi  innanzi  non  gli  fu  facile:  la  scultura  in  legno  eragià 
risorta  in  Germania;  ma  da  noi  la  bella  tradizione  italiana 
del  Seicento  e  del  Settecento  era  co^si  dimenticata,  che  non 
poche  giurie  fecero  sulle  prime  cattivo  viso  alle  sue  opere, 
le  quali  avevano  il  torto  di  non  essere  né  in  marmo,  né  in 
metallo.  Il  successo  gli  venne  finalmente  con  La  Croce, 
esposta  a  Venezia  ;  e  da  allora,  attraverso  le  Biennali  vene- 
ziane, le  mostre  milanesi,  torinesi,  romane,  fiorentine,  il 
Bossi  sempre  più  s'affermò.  Modellali  con  una  scarna  sem- 
plicità e  vigoria,  intensamente  espressivi,  i  suoi  «  legni  » 
colpiscono  sopratutto  per  la  passione  e  perizia,  che  traspare 
da  ogni  tocco,  intaglio  o  levigatura,  con  cui  l'artista  ama  e 

27 


domina  la  materia  nella    quale    lavora.    L'olivo,    l'ebano,  il 
mogano    gli   sono    famigliari,    ed    egli   è  maestro  nel  trarre 
partito  dalle  varie  fibre  legnose  e  dai  nodi  e  dalle  .t sperila 
stesse  del  legno.  La   mostra   personale   del   novembre   1920 
alla  Galleria  Pesaro  fu  quella  in  cui  si  potè  avere  della  sua 
arte  un'ampia    e   compiuta   idea.   Egli   vanta  una  medaglia 
d'oro    alla   Biennale   di   Milano   del  1914  e  un  Premio    Fu- 
magalli. Fra  le  sue   opere  migliori  e  più  note  ricordiamo: 
La  Preghiera,  acquistata  dal  Re,  L'Eroica,  Il  Serenello. 
(Da  un  profilo  di  Vinconzo  Bucci). 
(Sculture  in  legno) 
1.  U attrice  tragico.  2.  Bambino  che  ride. 

Giovanni  BRAGANTINI 

E'  veronese,  nato  nel  1800.  E'  allievo  di  Carlo  Donati, 
detto  «  il  Mistico  .>.  E  anche  il  Bragantini  è  pittore  di  una 
dolce  spiritualità,  dalle  tonalità  basse,  tenui,  come  imbevute 
di  mestizia.  Le  sue  visioni  predilette  sono  ispirate  ad  un 
simbolism©  religioso,  lutto  rivissuto  in  una  pacata  intimità. 

1.   Viatico.  ''2.  Avanzi  storici. 

S.  Poggio  romano. 

Angelo  BRANDO 

Napoletano,  nato  nel  1878,  fece  i  suoi  studi  nell'Istituto 
di  Belle  Arti  sotto  il  Morelli.  Espose  in  varie  mostre  napo- 
letane e  nelle  nazionali  di  Torino,  Milano,  Roma,  Rimini,  ecc. 
ì.  Bimba  (olio). 

Armando  BRASINI 

L'Architetto  Armando  Brasini,  nato  il  1879  a  Roma;  cre- 
sciuto ed  educato  nell'ambiente  romano,  è  uno  dei  più  ge- 
nuini continuatori  di  quella  nobile  tradizione  artistica^  no- 
strana, che  purtroppo  molti  hanno  dimenticata,  per  correre 

28 


dietro  a  delle  false  interpretazioni  di  arte,  camuffata  con 
l'crpello  della  novità. 

Il  Brasini,  che  sotto  molti  aspetti  fa  ricordare  qualcuno 
di  quegli  artisti  che  vivevano  all'epoca  del  Bernini,  è  un 
disegnatore  e  modellatore  di  un'abilità  non  comune,  che 
cercala  perfezione  in  ogni  particolare,  non  perdendo  di  vista 
la  grandiosità  della  linea  e  l'armonia  delle  proporzioni. 

Anche  in  mezzo  alle  astruserie  del  modernismo,  ha  sa- 
puto mantenersi  un  classico    dalla   più    sbrigliata   fantasia. 

Nei  suoi  progetti  di  trasformazione  della  città  di  Roma, 
egli  risolve  tutti  i  problemi  della   viabilità   e   dell'estetica. 

Nell'ampiamento  di  Piazza  Colonna  unita  a  Piazza  Mon- 
tecitorio e  Piazza  di  Pietra,  sa  far  rivivere  la  grandiosità 
dei  monumenti  della  Roma  antica,  con  la  pittoresca  sceno- 
grafìa dei  seicentisti. 

Nel  progetto  per  il  Monumento  a  Dante,  l'architettura 
del  Brasini  simboleggia  magnificamente  l'opera  del  grande 
Poeta  :  l'arte  latina  sorpassando  il  Medio  Evo  s'innesta  in 
quella  del  Rinascimento,  fino  a  Michelangelo  e  Bernini. 

1.  Progetto  per  la  sistema-  mento  a  Dante  (2  tavole). 
zioiie  dei  borghi  di  S.  Pie-  4-.  Palazzo  del  conte  Testa- 
tro  (2  tavole).  secca. 

2.  Progetto  per  la  sistema-  5.  Progetto  per  la  cupola 
zione  di  Piazza  Colonna.  di   Sant'Ignazio  a  Roma 

3.  Progetto  per    nn    mona-  (2  tavole). 

Archimede  BRESCIilNI  da  GAZOLDO 

Ha  quarantanni.  Studiò  a  Milano  col  Tallone,  ed  a  Mi- 
lano vive  e  lavora.  E'  artista  intellettuale,  ricercatore  di 
espressioni  nuove,  aderenti  all'anima  moderna.  Ha  esposto 
nelle  più  notevoli  m.ostre  italiane  e  anche  all'Estero. 

/.  La  madre  (olio). 
29 


Eenato  BROZZI 

Nato  a  Traversetolo  (Parma)  nel  1885.  A  sedici  anni  è 
iniziato  al  mestiere  di  cesellatore  in  una  piccola  fonderia 
di  bronzi  commerciali.  In  seguito,  ma  senza  una  sicura  guida  , 
egli  si  prova  a  sbalzar  lastre  e  a  cesellarle,  fornendo  oggetti 
ad  imitazione  dell'antico  ad  un  antiquario  della  natia  città . 
Spinto  dalla  sua  precoce  vocazione  si  mette  a  frequentare 
contemporaneamente,  l'Accademia  parmense  di  Belle  Arti, 
che  contava  allora  fra  i  suoi  insegnanti  Cecrope  Barilli,  ar- 
stista  di  molto  gusto.  Maestro  vero  di  Brozzi  è  però  stato 
Daniele  De  Strobel,  pittore  di  cavalli  e  di  scene  medioevali. 
Con  lui  il  giovine  Renato  incomincia  ad  amare  e  studiare 
gli  animali,  modelli...  economici  e  pazienti.  Compiuti  i  ven- 
t'anni,  finalmente,  il  Brozzi,  attratto  dal  desiderio  di  un 
ambiente  artistico  più  largo,  si  trasferisce  a  Roma,  dove 
inizia  quelle  ricerche  tecniche  che  dovevano  poi  condurlo 
all'odierna  perfezione. 

Egli  tenta  cioè  di  realizzare  le  sue  visioni  battendo  il 
metallo  sempre  al  rovescio.  Ottiene  cosi  una  maggiore  pla- 
sticità, una  più  costante  pittorica  dolcezza  d'ambiente  e  d'a- 
tmosfera, in  opposizione  a  quella  durezza  ed  a  quegli  im- 
provvisi arresti  che  sono  caratteristici  del  ferro. 

Incoraggiato  dai  primi  consensi  ottenuti  a  Venezia,  si 
mette  a  produrre  piatti,  vasi,  portasigarette,  coppe  decorate 
con  graziosi  motivi  tratti  dalla  fauna;  tutti  quegli  oggetti 
squisiti  che  nelle  esposizioni  italiane  ed  estere  abbiamo  sem- 
pre ammirato  e  che  hanno  fruttato  all'autore  premi  e  me- 
daglie e  l'onore,  inoltre,  d'essere  rappresentato  nelle  migliori 
Gallerie  pubbliche. 

La  Coppa  del  Benàco,  la  coppa  offerta  da  Gabriele  d'An- 
nunzio al  vincitore  delle  gare  aeree  del  Garda,  è  il  lavoro  che 
ha  più  attratto  sul  Brozzi  l'attenzione  dei  competenti.      C.  .1. 
Venti  disegni  a  pastello        Otto  disegni  a  matita 
Quattordici  piatti  d'argento  sbalzati. 

30 


Anselmo  BUCCI 

E'  ancora  assai  giovane,  specie  in  confronto  della  ma- 
turità della  sua  arte,  essendo  nato  a  Fossombrone,  nel  1887. 
Ha  vissuto  per  parecchio  tempo  a  Parigi,  dove  non  ha  mai 
rinunziato  a  tenere  un  pied  à  terre,  anche  dopo  il  suo  ri- 
torno in  Italia.  A  Parigi  capita  una  volta  Tanno  e  anche  più 
di  rado,  per  lavorare  in  pace  e  «  rifare  lo  spirito  e  la  mano  » 
—  dice  lui  —  all'atmosfera  parigina.  A  chi  lo  interroghi 
quali  sono  stati  i  suoi  maestri,  egli  col  suo  spirito  arguto  e 
pronto  risponde:  la  Vita!  E  realmente  Anselmo  Bucci  è  fra 
i  pittori  che  meglio  hanno  sentito  il  fascino  e  l'intimo  senso 
nervoso,  sensuale  della  vita  moderna.  Come  dal  flusso  in- 
costante, tormentato,  avido  di  forme  sempre  più  intense,  di 
essere,  di  sentire,  di  esprimere  della  vita  moderna  —  e  spe- 
cialmente di  quella  febbrile  della  metropoli  francese  —  il 
Bucci  ha  tratto  quel  carattere,  così  singolare  pur  nella  sua 
incostanza,  di  commentatore  acuto  e  di  poeta  sottile  del- 
l'anima moderna.  Gl'impressionisti  e  i  post-impressionisti 
francesi  dovevano  a  cotesto  proposito  dargli  suggerimenti  e 
ammaestramenti  preziosi.  «  Bai  1910  al  1920  —  egli  ebbe  a 
scrivere  di  sé  stesso  —  ho  fatto  dell'impressionismo  in  pit- 
tura e  del  virtuosismo  in  incisione  e  dell'allegria  sem- 
pre; dal  1920  in  poi  cerco  di  fare  di  più  e  meglio  e  vo- 
glio imparare  il  mestiere».  Tale  proposito  lo  ha  condotto 
ad  avvicinarsi  maggiormente  che  non  gli  accadesse  per  il 
passato  allo  spirito  e  alla  forma  dell'arte  italiana. 

B  ucci  debuttò  esponendo  —  strano  a  dirsi  —  nel  Salon 
des  Artìstes  frangais,  il  più  conservatore  dei  Salons.  Dipoi 
espose  ripetutamente  agli  « Indépendants»  e  al  «Salon  d'Au- 
tomne  »  dove  ottenne  una  menzione  onorevole.  Di  ritorno 
in  Italia,  nel  1914  espose  alla  «  Leonardo  da  Vìnci  »  di  Fi- 
renze, che  gli  conferi  una  medagha  d'argento;  e  nel  '15  alla 
<  Permanente»  milanese  dove  si  afìermò  come  brillante,  in- 
cisore. 

31 


Ritornò  di  nuovo  a  Parigi,  ma  un  bel  giorno,  sazio  della 
vita  parigina,  andò  con  pennelli,  tavolozza  e  tele,  in  Africa. 
Là  si  ubriacò  di  luce.  Per  vedere  "ancora  spettacoli  pitto- 
reschi fece  un  viaggio  in  Sardegna.  Poi  ritornò  a  Parigi, 
cosi  carico  di  studi  e  di  quadri  abbozzati^  che  ne  ha  ancora 
piena  la  sua  dimora  a  Montmartre. 

Ma  bisognava  fare  acqueforti  per  potersi  permettere  quel 
lusso  di  consumare  un  patrimonio  in  tubi  di  colori  :  e  Bucci 
andò  di  nuovo  ad  incidere  lastre  di  rame  a  Versailles,  a 
Chartres  e  nel  Belgio.  Per  lui,  riprodurre  in  pochi  palmi  di 
lastra  una  cattedrale  gotica^  il  Piccolo  Trianon  o  un  Bégui- 
nage  era  un  giuoco  da  nulla.  Certe  acqueforti  immense,  che 
gli  eran  costate  settimane  di  lavoro,  non  le  firmava  nem- 
meno. —  «  Le  ho  fatte  per  la  pappatoria  »,  diceva. 

Poi  scoppiò  la  guerra  e  Bucci,  anzi  «  il  soldato  Anselmo 
Bucci»,  ora  in  trincea,  ora  in  idrovolante,  ora  sulla  laguna, 
ora  fra  qualche  maceria,  disegnò  instancabilmente  quelle 
«impressioni  acerbe,  schiette  e  tumultuose»  che  vennero  in 
parte  riunite  dal  Ministero  della  Marina  in  un  grande  album, 
(Dipinti  a  olio) 

1.  L'Odèon  2.  Lo  spasimo 

3.  Le  Orchidee 

Bruno  BURATTINI 

È  di  Sizolo,  presso  Ancona  (1889).  Ha  studiato  all'Acca- 
demia di  Belle  Arti  di  Bologna  ;  ha  esposto  finora  alla  Se- 
cessione romana  e  alla  P  Biennale  romana.  Anima  di  sognatore, 
ha  pensato  molto  e  prodotto  poco;  ma  si  propone  assai  di 
più  per  l'avvenire.  E  un  ammiratore  e  un  seguace  di  Alfredo 
Protti,  dalle  pitture  del  quale  le  sue  si  distinguono  per  una 
grazia  timida.  G.  L. 

Dipinti  a  olio 

1.  Vestaglia  a  righe  2.   Fra   le  guglie 

3.  Le   figure 

32 


Sergio  BURZI 

É  nato  a  Bologna   il   17   ottobre  1901.    Fin    da    ragazzo 
prese  a  disegnare  senza  alcun  maestro.  Il  Prof.  Bagnini  di 
Bologna,  cui  mostrò  i  suoi  disegni,  gli  consigliò  di  non  stu- 
diare sotto  alcun  maestro,  ma  d'ispirarsi  sempre  al  vero.  E 
dal  vero  il  Buzzi  tolse  sempre  il  meglio  della  sua  arte.  Per 
un  paio  d'anni  non  fece  che  disegnare,  dovunque  si  trovasse, 
in  treno,  al  caffè,  per  istrada,  centinaia  e  centinaia  di  viva- 
cissimi schizzi,  che  lo  condussero  ad  una  grande  sicurezza 
ed  abilità.  Sicurezza  ed  abilità  che  egli  esplica  specialmente 
come  illustratore.  A  Bologna  espose  la  prima  volta  alla  Mo- 
stra di  Bianco  e  Nero  della  «  Francesco  Francia  »,  una  diecina 
di  disegni  acquarellati  che  valsero  a  molto  distinguerlo  e 
uno   dei  quali  «La  Piazzala  di   Bologna»   fu  premiato  dal 
Municipio   di  Bologna. 

Dodici  disegni. 


Guido  CADORIN 

S'è  parlato  molto  di  lui,  negli  ultimi  mesi  perchè  ha 
vinto  il  secondo  premio  nel  concorso  per  la  decorazione  ed 
affresco  della  Chiesa  di  S.  Francesco  di  Ravenna.  S'è  tornato 
a  parlare  di  lui  perchè  la  Presidenza  delle  Biennali  vene- 
ziane gli  ha  affidato  la  decorazione  di  una  veranda  di  pas- 
saggio nel  padiglione  centrale  della  Esposizione  del  1922. 
E'  veneziano,  figlio  di  uno  scultore,  fratello  di  scultori.  Deve 
avere  poco  più  di  trent'anni;  forse  non  li  ha  neppure.  Alto, 
grosso,  rosso,  rude,  imberbe,  altezzoso,  sorridente  dagli  oc- 
chi cilestrini,  studiò  con  Cesare  Laurenti  la  pittura,  ma  tiiò 
via  poi  per  la  sua  strada,  senza  cercar  lodi  dai  critici,  con- 
sensi dai  colleghi,  ricette  dai  maestii.  Secondo  la  ricetta  de- 
mussettiana  beve  soltanto  nel  suo  bicchiere,  anche  se,  per 
avventura,  il   suo  bicchiere  non  sia  grande.  Temperamento 

33 


elegante  di  decoratore,  ama  le  tinte  semplici,  piatte,  un  pò* 
esangui  ;  si  direbbe  abbia  trasfuso  qualche  cosa  del  preraf- 
faellismo  inglese  nelle  audacie  degli  innovatori  francesi  e 
russi  postimpressionisti.  In  principio  era  ineguale  ed  in- 
certo, poi  andò  inquadrandosi  ed  organizzandosi  entro  lo 
schema  della  sua  personalità  e  di  una  rigida  disciplina.  Ha 
fatto  delle  <  collettive  »  a  Ga'  Pesaro;  ha  partecipato  ai  gruppi 
e  alle  mostre  di  piccole  «  secessioni  » .  S'è  affermato  alle  Inter- 
nazionali veneziane.  Qualche  quadro  suo  fu  acquistato  da 
Gallerie  e  da  privati  insigni,  con  l'architetto  Del  Giudice  ha 
allestito  e  organizzato  l'interno  di  ville  ricchissime.  Chi  l'ha 
seguito  con  occhio  attento  e  spassionato  sul  suo  cammino, 
non  si  meraviglia  del  suo   successo.  G.  D. 

Dipinti  a  olio. 
i.  La  Samaritana  al  pozzo     h-.  Primavera  in  laguna 

2.  Bora  in  laguna.  Due  incisioni  in  legno 

3.  Le  solitudini  della  laguna     Alcune  stoffe  di  seta  e  tela 

Carlo  CAINELLI 

Carlo  Caìnelli  è  giovanissimo,  essendo  nato  a  Rovereto 
(  Trento  )  nel  1896.  Non  ebbe  maestri,  anzi,  a  sei  anni  mor- 
togli il  padre,  si  trovò  senza  alcuna  guida.  Progredì  nell'arte 
a  piccole  tappe,  tutto  chiedendo  alle  proprie  esperienze  per- 
sonali. Terminati  gli  studi  all'  Istituto  Tecnico  della  sua  città 
natale,  ne  usci  con  una  fervente.  .  .  vocazione  futurista.  Ma 
a  Firenze,  dove  si  trasferi  poco  dopo,  la  consuetudine  con 
le  opere  dei  classici  di  tutte  le  epoc  he  lo  dissuase  da  ogni 
preconcetto  teorico  e  lo  confortò  a  dipingere  esprimendo 
nella  forma  più  semplice  e  più  piana  il  proprio  entusiasmo 
in  cospetto  delle  forme  e  dei  colori. 

1.  Ritratto  di  un  nordico  (Dipìnto  n  olio) 

Acqueforti 

2.  La  fiera  di  San  Fre-    3.  Giorno  di  festa  alle  Cascine 
diano  ^Firenze)  4.  Paese 

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Luigi  CAINERO 

Nato  a  Trieste  nel  1893.  Studiò  a  Vienna   col  Caraman. 
1.  Testa  di  Michelangiolo 

Guido  CALORI 

Lo  scultore  Guido  Calori,  di  Roma,  è  nato  nel  1885.  È 
p  rofessore  presso  il  R.  Istituto  di  Belle  Arti  di  Firenze  e 
p  recedentemente  lo  fu  presso  la  R.  Scuola  Industriale  Luigi 
di  Savoia  in  Chieti  —  vinse  il  Pensionato  Nazionale  per  la 
scultura,  il  pensionato  di  S.  Luca  ecc. 

1.  Deposizione  2.  Rassegnazione 

Giuseppe  CANALI 

E'  veneziano,  nato  nel  1885.  Studiò  col  Milesi.  E'  ap- 
prezzatissimo  acquafortista,  noto  specialmente  con  lo  pseu- 
donimo «  Enrico  Alia». 

Acqiieforti 

1.    Ville  Veneziane  2,  Passando 

Domenico  CANDIA 

Domenico  Candia  è  nato  nel  1597  a  Rosario  di  Santa  Fé 
(Argentina)  da  genitori  calabresi;  si  ritiene,  perciò,  italiano, 
anzi,  addirittura  calabrese.  Venuto  in  Italia  scelse  per  pro- 
prio maestro  Giovanni  Costetti,  che  incoraggiò  e  coltivò  la 
sua   inclinazione   per   l'arte. 

Invece  di  guardare  dentro  il  chiuso  delle  teorie,  guarda 
con  amore  la  natura,  cercando  di  comprendere  e  di  pene- 
trarne l'intimo  spìrito. 

Dipinti  a  olio 

1.  Vaomo  dal  fiasco  3.  Ritratto 

2.  Garzone  dell'imbianchino        4.  Dietro  la  tenda 

35 


Vincenzo  CAPRILE 

Vincenzo  Caprile  finalmente,  a  delizia  dei  visitatori  di 
questa  mostra,  si  decide,  per  la  prima  volta,  ad  esporre  un  bel 
numero  di  quei  suoi  «studii»  di  Venezia  che  fin  qui  egli  ave  va 
gelosamente  riserbati  alla  gioia  dei  suoi  più  intimi  amici. 

Vincenzo  Caprile  è  un  profondo  osservatore  della  bel- 
lezza della  natura,  che  ha  riprodotta  con  una  efficacia  e 
una  serenità  non  facilmente  superabili. 

La  palpitante  e  schietta  vita  dei  campi  ha  spesso  ispi- 
rato le  sue  opere  luminose,  suggestive  per  l'armoniosa  co- 
lorazione e  per  la  soave  gentilezza,  con  le  quali  la  verità, 
a  volte  dura  e  brutale  è  resa  fedelmente  e  tuttavia  arricchita 
e  come  compenetrata  di  un  particolare  profumo    di  grazia. 

Gli  ammiratori  del  glorioso  artista,  che  sostando  innanz  1 
a  queste  «  impressioni  »  veneziane,  rimarranno  particolar- 
mente sorpresi  dalla  efficacia,  con  cui  son  riprodotte  le  feste 
e  le  processioni  della  città  unica  e  incantevole. 

Poche  pennellate  nervose  e  sapienti  bastano  al  pittore 
insigne  a  mostrare  il  brulicar  versicolore  della  folla;  un 
tratto  denso  e  nervoso  gli  è  sufficente  a  descrivere  la  gon- 
dola che  rapida  scivola  sulle  verdi  acque  di  un  canale.  La 
divina  poesia  lagunare  è  compresa  e  fermata  a  meraviglia 
in  ognuno  di  questi  dipinti  dall'arte  sana  e  sincera  di  chi 
nacque  tuttavia  sotto  altro  cielo,  al  bacio  di  un  clima  più 
dolce  e  di  una  natura  più  ardente  e  tumultuosa.  Lo  scrigno 
coloristico  della  città  incantata  trova  nella  pittura  di  questo 
partenopeo  fervido  e  sapiente  una  incastonatura  inusitata, 
piena  di  una  robustezza  e  di  un  ardore  ai  quali  le  consuete 
e  abusate  <  vedute  »  veneziane  ci  avevano  disabituato. 

Il  Caprile  è  nato  in  Napoli  il  24  giugno  1856. 

Federico  Petriccione. 

Tempere.  Dipinti  a  olio. 

DalVl  al  6  impressioni  della    7.  Rio  della  Canonica  a  Ve- 
festa  del  Redentore  nezia  -  (Proprietà   della 

Principessa  di  StrongoliJ, 

36 


8,  Studio:  Figurina  12.  Studio:  Porta  S.  Marco 

9.  Studio  :  Figurina  13.  Impressioni  di  una  rega- 
lo. Le  porte  di  S.  Marco.  ta  a  Venezia 

IL  Una  sagra  a  Venezia  lA.  Ultimi  raggi  al  Lido, 

Antonio  CARBONATI 

E'  nato  a  Mantova  il  3  giugno  del  1893.  Interrogato  da 
noi,  intorno  alle  sue  intenzioni,  ci  scrive  : 

Mio  padre  è  un  commerciante  e  mi  fece  studiare  ra- 
gioneria, ma,  sin  da  bambino,  io  sognavo  di  diventare  pit- 
tore. A  17  anni,  ottenuto  un  ottimo  diploma  di  ragioniere, 
vinsi  il  concorso  Franchetti  di  Mantova  per  studiare  pit- 
tura e,  con  60  lire  mensili,  lasciai  la  casa  paterna.  Studiai 
all'Accademia  di  Belle  Arti  di  Venezia  alla  scuola  di  figura 
di  Ettore  Tito  e  poi  al  E.  Istituto  di  Belle  Arti  di  Roma 
nella  classe  di  Aristide  Sartorio.  La  guerra  mi  sorprese  con 
la  testa  ancor  piena  di  sogai  e  visioni  pittoriche  poiché 
l'acquaforte,  che  però  già  coltivavo  ed  amavo,  non  mi  aveva 
ancor  preso  completamente  col  fascino  misterioso  e  pro- 
fondo della  sua  tecnica,  con  la  raffinata  eccellenza  dei  suoi 
difficili  mezzi  d'espressione.  Onorevolmente  congedato  ab- 
bandonai completamente  la  tavolozza  ed  i  colori  e  con  im- 
mutabile fede  e  tenacia  inflessibile  cominciai  le  mie  prime 
stampe  di  Eoma  Sognai  e  volli  riprendere  la  tradizione  in- 
terrotta in  Italia,  dopo  Piranesi,  della  vera  acquaforte  di 
creazione,  fatta  da  chi  sente  interamente  la  nobiltà  e  la  di- 
versità d'espressione  artistica  del  rame  inciso,  puramente 
corroso  dall'acido  stampato  senza  artifici  d'inchiostrazione, 
senza  preoccupazione  di  efifetti  pittorici  ai  quali  si  può  con 
più  facilità  e  libertà  arrivare  con  disegni  monocromi  sa- 
pientemente riprodotti  da  macchine  perfette. 

L'Italia  non  aveva  né  Editori  di  Stampe  né  un  pubblico 
educato  che  comprendesse  e  s' interessasse  alle  acquaforti, 
ne  appassionati  ed  accorti  collezionisti.  Andai  a  Parigi  dove 

37 


trovai  un  editore  inglese,  dove  mandando  le  mie  acqueforti 
ai  «  Salons  >  erano  giudicate  da  artisti  incisori,  cioè  dalla 
speciale  giuria  della  «  Section  de  Gravure  »  e  finalmente 
acquistai  la  coscienza  d'un  professionista,  potei  cioè  vivere 
con  la  sola  acquaforte  che  forma  1'  unica  mia  attività  di 
artista,  tutta  la  mia  vita.  E  con  l'esperienza  e  la  conoscenza 
del  mio  mestiere,  acquistate  nella  lunga  permanenza  a  Pa- 
rigi, ora  lavoro  nella  nostra  bella  Italia  compreso  e  finan- 
ziato dagli  Editori  Giorgio  e  Piero  Alinari  per  incidere  una 
serie  di  volumi  illustranti  le  città  italiane  che  serviranno 
a  gettar  le  basi  della  prima  casa  editrice  italiana  di  acque- 
forti  in  nero.  Cominciai  da  Firenze  ed  ora  mi  accingo  ad 
illustrare  coi  miei  rami  quel  meraviglioso  poema  che  è  Ve- 
nezia e  poi chi  vivrà  vedrà. 

Acqueforti  di  Roma  e  di  Parigi. 
Aldo  CARPI 

E'  nato  a  Milano  nel  1886. 

Togliamo  da  un  «profilo»  di  G.  U.  Arata  le  seguenti  note: 

In  mezzo  a  tante  ed  appassionate  ricerche,  e  tra  il  con- 
tinuo afifastellarsi  di  convenzionalismi  tecnologici  di  cui  è 
piena  l'arte  contemporanea,  l'esempio  di  Aldo  Carpi  è  dei 
più  confortanti.  Mai  artista  è  rimasto,  come  il  Carpi,  cosi 
nettamente  estraneo  all'attuale  movimento  che  ha  scon- 
volto l'arte  e  l'ha  trascinata  in  un  giuoco  dilettantistico  di 
ambigue  e  paradossali  ricerche,  le  quali  sono  spesso  inca- 
paci di  risolvere  il  più  elementare  problema  estetico  :  quello 
di  tradurre  in  linee,  colori  e  volumi  le  immagini  coordinate 
che,  partendo  dalla  realtà  oggettiva,  si  sviluppano  e  si  tra- 
sformano attraverso  le  emozioni  personali  dell'artista. 

Se  qualche  volta  il  Carpi  ha  ammirato  la  produzione 
audace  o  la  novità  attraente  venuta  in  nostro  contatto  me- 
diante le  esposizioni  internazionali,  la  sua  ammirazione  non 
è  mai  giunta  al  punto  da  fargli  amare  supinamente  questo 

38 


o  quell'artista  di  moda  o  quella  tendenza  quotata  solo  sui 
mercati  dello  snobismo.  Per  lui  le  novità  astruse  ed  astratte 
non  haano  avuto  se  non  l'aspetto  di  un  episodio  effimero. 
Nel  grande  quadro  scenografico  dell'evoluzione  dei  va- 
lori plastici  e  coloristici^  il  Carpi  ha  saputo  cercare  solo  la 
parte  sostanziale:  quella  che  ha  profondi  concatenamenti 
con  la  tradizione;  la  quale,  checché  se  ne  dica,  ha  tali  ca- 
ratteri peculiari  indistruttibili  che  non  si  lasciano  sopraf- 
fare da  nessun  contrasto  violento.  —  L'artificio  tecnico,  i 
volumi  sconnessi,  le  idee  peregrine,  la  ricerca  oziosa,  i  ge- 
roglifici pittorici  non  lo  colpirono  mai,  né  mai  fecero  breccia 
nella  sua  anima  di  ricercatore  e  di  suscitatore  di  immagini 
nuove,  proprie,  individuali. 

I  due  quadri  premiati  in  una  delle  ultime  Biennali  ve- 
neziane —  La  sera  ed  il  Dopo  cena  —  il  secondo  dei  quali 
si  trova  nella  Galleria  d'arte  moderna  di  Firenze,  lo  posero 
subito  tra  i  primi  della  giovine  scuola  italiana;  e,  sotto  certi 
rapporti,  queste  due  opere,  create  senza  ambiguità  e  senza 
incertezze,  dove  tutto  é  chiuso  in  una  sintesi  espressiva  di 
colore  e  di  forma,  rispondono  ad  un  concetto  di  vera  e  mo- 
derna forma  d'arte  cui  pochi  hanno  avuto  la  fortuna  di  rag- 
giungere. 

Ma  ancor  prima  di  arrivare  a  cosi  raffinate  sensazioni 
di  un  colore  sagacemente  avvolto  in  uno  stile  personale, 
aveva  mandato  a  Roma,  ad  uno  dei  concorsi  per  il  pensio- 
nato nazionale,  il  Battesimo:  cioè  a  dire  una  delle  opere 
più  interessanti  della  produzione  moderna  italiana. 

II  misticismo  del  Carpi,  che  fin  dall'inizio  lo  aveva  tra- 
sportato verso  rappresentazioni  immaginarie  di  fatti  gran- 
diosi ma  ancora  troppo  lontani  dal  vero  e  ancora  stretta- 
mente chiusi  in  un  campo  letterario,  trovò  modo  di  svilup- 
parsi durante  la  guerra;  e  la  sua  immaginazione,  a  contatto 
di  avvenimenti  quali  raramente  capita  di  vedere  nell'andazzo 
consuetudinario  della  vita,  doveva  incontrare  rapporti  di- 
retti con  quella  tragica  realtà  che  ancora  gli  era  ignota. 

39 


Infatti,  quel  senso  del  dolore  represso  in  uno  spasimo 
interiore  che  vediamo  nella  Crocifissione  (1912)  e  quei  con- 
torcimenti spasmodici  irreali  che  si  ammirano  con  un  certo 
raccapriccio  nel  quadro  che  ha  per  titolo  Le  madri  (1913) 
il  Carpi  li  ripetè  con  maggior  espressione  di  terrificante 
verismo  nel  volume  Serbia  Eroica  in  cui  il  giovane  pit- 
tore milanese  illustra  uno  dei  più  spaventosi  episodi  della 
conflagrazione  europea:  la  ritirata  dell'esercito  serbo  sulle 
coste  dell'Adriatico. 

Alla  Serbia  Eroica  fece  seguito  un  ciclo  biblico  e  mi- 
stico. 

Tra  tutta  quanta  la  produzione  di  questo  nostro  periodo 
evolutivo  e  di  non  facile  accontentatura,  essendo  che  il 
pubblico  mira  spesso  a  tirare  in  fretta  delle  conclusioni, 
l'arte  del  giovane  pittore  milanese  occupa  un  posto  che  cer- 
tamente non  si  perde  nella  valutazione  comune;  e  chi  os- 
serva con  senso  critico  un  suo  quadro  non  lo  dimentica 
tanto  facilmente. 

Davanti  ad  alcune  sue  tele  se  ne  trae  un'  impressione 
cosi  nuova  e  suggestiva  che  fa  rimanere  pensosi  e  preoc- 
cupati. Nell'ammirare  certe  sue  composizioni  si  prova  qual- 
che volta  un  senso  di  gioia  strana,  mista  a  sconforto  che 
poi  si  trasforma,  mano  mano  che  la  nostra  anima  si  avvi- 
cina a  quella  dell'artista,  in  ammirazione  viva  per  l'autore  : 
poiché  l'arte  di  Aldo  Carpii  cosi  umana  e  così  sincera,  vi 
parla  un  linguaggio  semplice  e  commovente,  che  è  il  lin- 
guaggio delle  anime  volte  alla  fede  e  al  sacrificio. 

{Da  un  profilo  di  G.  U.  Arata). 
(Dipinti  a   olio). 

1.  La  Sera.  4.  Fiorenzo  e  Pierin. 

2.  Al  mare.  5.  Il  bimbo  e  il  merlo. 

3.  Fiorenzo  lavora.  6.  Fiorenzo  ha  mangiato. 

7.  Bimbo  che  pensa. 

40 


Carlo    C ARRA    {Gruppo  «  Valori  plastici  »). 

Volgendo  imo  sguardo  d'insieme  allo  sviluppo  dell'atli- 
vita  pittorica  di  Carlo  Carrà,  la  sua  personalità  assume  subito 
un  rilievo  ed  una  fisionomia  particolare  per  questo  special- 
mente: che  nessun  artista  ha  forse  più  di  lui  profondamente 
partecipato  al  travaglio  spirituale  della  moderna  pittura 
mirando  ad  un  fine  sdegnoso  di  quelle  speculazioni  in  mar- 
gine alio  spirito  nelle  quali»  se  togli  V  irriducibile  Gézanne, 
hanno  trovato  un  brillante  rifugio  persino  coloro  che  sino  a 
ieri  formavano  per  la  nostra  buona  educazione  il  repertorio 
glorioso  della  moderna  storia  dell'  arte.  La  quale  conside- 
razione ci  porta  subito  a  giudicare  l'opera  di  Carlo  Carrà 
da  un  punto  di  vista  alquanto  imbarazzante  quando  si  vo- 
glia conciliare  la  nostra  con  1'  opinione  più  generica  che 
vuol  fare  di  lui  il  modernista  o  V  avanguardista  per  eccel- 
lenza. Perchè,  se  da  una  parte  Carrà  ci  consente  di  sco- 
prire la  sua  ambizione  in  un  ideale  di  schietta  contempo- 
raneità, dall'altra  l'essere  moderno  per  lui  non  vuole  signi- 
ficare affatto  la  complicità  in  quelle  teorie  o  in  quei  prin- 
cipi estetici  i  quali,  malgrado  la  grandezza  temporale  dei 
loro  esponenti  più  illustri,  finiscono  per  fare  che  la  moder- 
nità si  confonda  con  tutte  le  debolezze  e  tutte  le  miserie 
del  decadentismo  romantico,  anche  se  camuffato  dall'eroismo 
delle  rinnegazioni.  Al  contrario,  l'essere  moderno  per  il  Carrà 
trova  il  suo  primo  requisito  in  una  sincerità  perfino  teme- 
raria la  quale  sente  che  quanto  più  nuda  sa  rendere  la 
realtà  tanto  più  agevole  si  rende  il  compito  di  conoscerla 
e  di  servirsene:  una  sincerità  solitaria,  oggi,  che  in  mezzo  alla 
babele  degli  eretici  santificati  e  dei  diavoli  rabboniti  e  in- 
fidi rimane  tesa  verso  la  ricerca  del  vero  ;  una  volontà  che 
sulla  base  di  sentimenti  accertati  e  di  convinzioni  eroica- 
mente conquistate  tende  a  costruire  il  suo  mondo  fondato 
sopra  leggi  estetiche  che  hanno  sì  un  carattere  e  una  fun- 
zione rivoluzionaria  ma  solo  in  quanto  ristabiliscono  Por- 
dine  della  spiritualità  altrove  sovvertito. 

41 


Non  per  altro  che  per  questo  suo  puro  istinto  di  uomo 
radicale  intollerante  di  esplorare  il  sottosuolo  di  ogni  que- 
stione, egli  fu  uno  dei  fondatori  del  futurismo  e  di  esso 
pure  la  voce  per  noi  più  convincente.  Ma  fu  questo  un 
atto  di  fede  in  se  stesso,  intendiamoci  bene,  e  non  già 
l'oinaggio  o  il  riconoscimento  di  una  scuola  o  di  una  teorica 
alla  quale  egli  sentisse  veruna  vocazione  di  ricorrere.  Schivo 
di  ogni  genere  di  evasioni  capziose  intese  a  sorprendere 
e  a  pugnalare  alle  spalle,  secondo  l'uso,  la  mite  e  innocente 
natura;  fedele  al  suo  istinto  di  mantenere  saldi  e  stretti 
rapporti  con  la  terra,  egli  si  è  dimostrato  quanto  mai  indi- 
pendente alla  ortodossia  futuristica.  Che,  mentre  i  suoi 
compagni  di  fede  sacrificavano  Fugola  e  i  muscoìi  al  ma- 
linteso di  scambiare  la  speculuzione  critica  col  fatto  della 
creazione,  l'analisi  con  la  sintesi,  e  su  quella  occultarono  la 
loro  impotenza  organica  con  una  negazione  sistematica 
illijsa  di  poter  sostanziare  l'arte  con  dei  ritrovati  for- 
mali, il  Carrà,  autodidatta  e  sdegnoso  di  usare  regola  alcuna 
non  da  lui  creata,  svolgeva  la  sua  inchiesta  futuristica  isti- 
tuendo una  disperata  polemica  con  le  cose  dalle  quali,  se 
strappava  vani  segreti  otteneva  pure  il  vantaggio  di  morti- 
ficare e  preparare  se  stesso  a  ricevere  una  grazia.  Onde,  sa- 
rebbe ingiustizia  somma  rimproverare  a  lui  V  esercizio  di 
questo  periodo  di  eroismo  profano  durante  il  quale  se  af- 
frontò zone  non  battute  da  altri  prima,  e  si  calò  nelle  pro- 
fondità più  inaccessibili  lasciando  credere  di  perdersi  in  esse, 
era  pure  in  lui  l'intima  certezza  della  legge  che  lo  avrebbe 
riportato  alla  superfìcie.  E  cosi  fu.  Poiché  dopo  quelle  espe- 
rienze di  primo  grado,  polemiche  più  che  liriche,  per  cui 
la  natura  appare  come  una  cosa  diversa  che  occorre  magari 
attaccare,  offendere  per  venirne  in  possesso,  s'apre  a  Carrà, 
come  una  ricompensa  meritata  e  guadagnata  e  forse  anche 
dolorosamente  attesa,  un  più  fecondo  mistero  e  cioè  che 
questa  natura,  campo  delle  nostre  battaglie,  non  sempre 
vittoriose,  queste  cose  intorno  alle  quali  si  avvicendano  le 

42 


nostre  interrogazioni  incessanti,  debbono  essere  considerate 
e  sentite  come  una  parte  di  noi  stessi,  e  che  soltanto  sta- 
bilendo rapporti  di  pura  collaborazione  ispirati  ad  un  amore 
perfetto  e  grazioso  è  possibile  ottenere  la  loro  amicizia  ge- 
nerosa e  feconda.  Ecco  quindi  via  via  arricchirsi  la  pittura 
di  Garrà  di  una  benignità  confortante  in  forza  della  quale 
il  campo  delle  osservazioni  si  allarga  e  le  prove  si  fanno 
più  persuasive.  Ecco  infine  la  sua  pittura  assumere  quella 
fisionomia  ospitale^  ecco  riapparire  le  cose  negli  umani 
aspetti,  che  i  superficiali  della  critica  hanno  subito  voluto 
scambiare  per  il  risorgere  di  viete  immagini  solo  per- 
chè naturalmente  esse  stabilivano  rapporti  di  colleganza  vi- 
siva con  quello  stile  onde  si  giovano  tutte  le  immagini 
della  creazione.  Questo  passaggio  si  compie  attraverso  una 
serie  di  saggi,  alcuni  dei  quali  qui  esposti,  dove  si  fa  sen- 
tire la  poesia  da  cui  sono  animati  gli  oggetti  di  più  co- 
mune confidenza,  la  gerarchia  armonica  delle  loro  colora- 
zioni, infine  l'idealismo  del  disegno  sempre  restio  e  con- 
forme alla  volontà  estetica.  Ma  codesti  non  sono  che  espe- 
rimenti ai  quali  egli  si  abbandona  senza  abusO;,  che  Carrà 
non  è  artista  da  confondere  e  divagare  se  stesso  in  un  la- 
voro laterale  e  senza  necessità  pungente.  Al  contrario,  è 
forse  il  primo  che  fra  gli  artisti  moderni,  anche  di  fama 
più  accesa,  abborra  l'operare  per  vano  diletto;  il  primo  favo- 
rito dalla  vocazione  d'investigare  e  di  evocare  le  immagini 
della  presente  tragica,  vissuta  umanità;  il  primo,  insomma 
che  senta  l'eticità  che  si  deve  racchiudere  nella  funzione 
del  pittore  quando  essa  intenda  svincolarsi  dal  subalterno 
ideale  del  romanticismo  e  dell'imitazione.  Non  per  altro  quasi 
tutta  la  sua  opera  è  dominata  dalla  necessità  del  soggetto 
che  scaturisce  dal  suo  potere  di  osservare  e  sentire  le 
cose  con  quella  ironia  da  cui  nasce  il  fantasma  vero  del 
nostro  spirito.  Ma  questo  soggetto,  i  soggetti  della  pittura 
del  Carrà,  non  sono  gli  incidenti  nei  quali  si  esalta  la  sen- 
sibililà  naturale,  non  sono  frammenti  di  vita  allo  stato  grezzo, 

43 


inanimati,  che  il  pittore  utilizza  per  un  fine  ad  essi  estra- 
neo e  riflesso.  1  soggetti  della  pittura  del  Carrà  sono  la  con- 
cezione di  una  profonda  travagliata  umanità,  una  conce- 
zione che  si  va  elaborando  lentamente  in  pari  tempo  che 
le  sue  conoscenze  si  maturano  e  si  determinano.  Ne  con- 
segue che  le  sue  figurazioni  riescono  a  mantenersi  al  si- 
curo di  quell'anneddottica  cui  non  sanno  sottrarsi  altri  pit- 
tori moderni  che  vanno  per  la  maggiore,  come  ad  esempio 
il  Picasso,  mentre  sanno  attingere  direttamente  alle  sue  fa- 
coltà generatrici  quei  sensi  per  cui  1'  arte  sua  acquista  ca- 
ratteri di  una  vera  universalità.  Per  questo  il  Carrà  si  di- 
stingue da  ogni  altro  pittore  del  nostro  tempo  onde  non  cre- 
diamo di  esagerare  aff'ermando  che  in  talune  delle  sue 
creazioni,  come  //  Gentiluomo  briaco.  Il  Dio  Ermafrodito  e 
il  più  recente  dei  suoi  lavori,  //  figlio  del  Costruttore,  egli 
ha  saputo  generare  il  vero  mito  plastico  della  nostra  epoca. 
Soltanto  da  questo  sentire  eroico,  tragicamente  italiano, 
noi  crediamo  che  la  pittura  non  ha  completamente  smarrito 
il  senso  della  sua  funzione,  noi  sentiamo  una  voce  che  am- 
monisce la  facile  e  caduca  vaghe/.za  dei  tempi. 

(Da  uno  sdidio  (fi   prossima  pubblicazione).  M,   BROGLIO. 

Dipinti  a  olio 

1.  L'ovale  delle  apparizioni         7.  Solitudine 

2.  Finestra  e  paese  8.  Natura  morta 

3.  Penelope  9.  La  figlia  dell'ovest 

4.  La  casa  del  pescatore  10,  Veliero 
.>.  //  cavaliere  occidentale         IL  Paese 
6.  Natura  morta  L2.  Paese 

J3.  Disegni 

Giuseppe  CASCIARO 

Il  nuovo  palazzo  fiorentino  di  Belle  Arti  riserva  ai  suoi 
visitatori  una  sorpresa:  la  conoscenza  di  un  nuovo  Casciaro. 

44 


Che  r  insigne  paesista,  il  quale  sa  con  tanta  verità  e  tanta 
grazia  ritrarre  le  bellezze  della  terra  e  del  mare  d'Italia, 
si  presenta  stavolta  come  pittore  di  «  natura  morta  ». 

Giuseppe  Gasciaro,  il  vivace  e  sapiente  glorificatore  del 
paesaggio  italiano,  il  pastellista  di  delicata  sensibilità,  che 
ebbe,  anni  or  sono,  l'onore  di  essere  prescelto  a  dar  le- 
zioni di  pittura  alla  nostra  Sovrana,  abbandona  i  prediletti 
soggetti  per  dipingere  fiori,  frutta  ed  ortaggi. 

Se  muta  l'argomento  dei  dipinti,  non  mutano  però  le  qua- 
lità dell'artista. 

Queste  nuove  pitture  casciariane  sono  ricche  di  fre- 
schezza, sorridenti  di  luminosa  gaiezza:  sono,  avremmo 
voglia  di  dire,  nature  morte  calde  di  vita. 

Il  Gasciaro  è  nato  in  Ortelle,  prov.  di  Lecce,  il  9  marzo  1863t 

Federico  Petriccione. 

DaWl  al  4-:  Fiori  Dal  ^  al  8  :  Nature  morte. 

Tito   CAVAGNARO 

Non  è  stato,  in  pittura  quello  che  si  dice  un  «  fanciullo 
prodigio  ».  Quando  parecchi  dei  suoi  amici  del  gruppo  la- 
bronico avevano  già  acquistato  una  bella  rinomanza,  egli 
infatti  non  aveva  ancora  cominciato  a  dipingere  —  almeno  uf- 
ficialmente. Fu  suo  maestro  il  Romiti  al  quale  si  accosta  per 
finezza  di  temperamento  e  per  l'arte  di  cogliere,  senza  cadere 
nel  manierato,  la  delicatezza  cromatica  di  certi  paesaggi  to- 
scani. Guido  Vivarelli. 

1.  I  pesci  dorati  {dipinto  a  olio). 
Pietro  CECCARELLI 

È  nato  a  Montecatini  Val  di  Gecina  nel  1888.  Studiò  col 
Prof.  Ezio  Ceccarelli.  Ama  le  concezioni  semplici  e  piane  il 
cui  sentimento  sia  facilmente  comunicabile  all'anima  del 
pubblico. 

45 


Ha  esposto  in  varie  mostre  nazionali  dove  le  sue  opere 
furono  premiate  ed  acquistate  per  conto  della  Real  Casa. 
Ha  conseguito  un  premio  nel  concorso  per  la  medaglia  degli 
automobilisti  caduti  in  guerra  indetto  dall' «Unione  Eser- 
centi Industriali  e  Commercianti». 

1.  Il  ritratto  di  mia  madre  (marmo) 
Carlo  CECCHI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1890.  Dette  i  suoi  primi  colpi  di 
pennello  a  sei  anni  nello  studio  del  padre  Adriano  —  pit- 
tore anch'esso  —  copiando  alla  meglio  ciò  che  gli  capitava 
sotto  mano,  oppure  scarabocchiando  «impressioni»  di  colore 
«all'aria  aperta».  Segui  il  padre  a  Londra  dove  frequentò 
una  scuola  d'arte,  ciò  che  gli  valse  anche  a  perfezionarsi 
nella  lingua  inglese.  A  17  anni  consegui  due  premi  per  lo 
studio  della  figura  e  poco  dopo  fu  ammesso  alla  Reale  Ac- 
cademia di  Londra. 

Tornò  in  Italia  con  la  famiglia  per  adempiere  agli  ob- 
blighi di  leva.  Sopraggiunta  più  tardi  la  guerra,  fu  richia- 
mato e  conobbe  il  bello  e  il  brutto  della  trincea.  Poi,  con- 
gedato, si  dedicò  di  nuovo  con  volontà  e  con  amore  all'arte. 

1.  Il  giovane  poeta  folio). 
Leonetta  CECCHI-PIERACCINI 

E'  nata  a  Poggibonsi  nel  1883.  Studiò  all'Accademia  di 
Firenze.  Vive  a  Roma,  dove  è  assai  apprezzata  nell'ambiente 
artistico  di  avanguardia.  Ad  una  squisita  sensibilità  colori- 
stica /unisce  una  visione  larga  delle  masse  e  dei  volumi, 
intesi  in  un  senso  decorativo  ed  insieme  emotivo.  Ha  esposto 
nelle  più  notevoli  mostre  italiane. 

1  Fiori. 

46 


Elisabetta  CHAPLIN 

Nata  a  Parigi,  venne  a  1.0  anni  in  Italia,  e  a  Firenze  co- 
minciò subito  la  sua  carriera  artistica,  copiando  nella  Gal- 
leria degli  «  Uffizi  ». 

Non  ebbe  nessun  maestro. 

Espose  giovanissima  a  Firenze,  Roma,  Venezia,  —  otte- 
nendo ricompense  e  lodi  lusinghiere. 

Neil'  Esposizione  toscana  del  1911  il  Comune  di  Firenze 
le  acquistava  il  quadro  «Lettura»  attualmente  nella  Galleria 
d'Arte  Moderna  a  Firenze.  Nel  1916  Firenze  le  dava  la  medaglia 
d'oro  per  il  complesso  delle  opere  esposte  e  lo  Stato  aqui- 
stava  il  quadro  «  Mia  sorella,  »  attualmente  a  Roma. 

Dopo  il  1916  l'artista  svolgeva  la  sua  attività  a  Roma  e 
nella  primavera  del  1920  si  presentava  al  «  Salon  »  di  Pa- 
rigi. I  migJiori  giornali  e  i  critici  d'arte  più  colti  segnalarono 
le  sue  opere,  (in  special  modo  «  Les  Filles  da  pasteur  ■»)  e  il 
Giury  le  assegnava  a  pieni  voti  il  titolo  di  «Associée  au 
Salon  ». 

Nell'Esposizione  1921  la  «  Gazette  des  Beaux  Arts  >  ri- 
produceva uno  dei  suoi  quadri  e  cosi  si  esprimeva: 

<  Deux  jeunes  femmes,  M.lle  Gregoire  et  M.lle  Ghaplin 
«  ont  produit  quelques-uns  des  melile urs  tableaux  du  Salon  : 
«  l'une  coloriste  aimable,  l'autre  plus  volontaire,  plus  sa- 
«  vante,  plus  capable  de  composer   et   de   construire,    sans 

<  rien  perdre  pourtant  de  sa  gràce   naturelle.  Le    panneau 

<  occupò  par  les  quatres  peintures  de  M.lle  Ghaplin,  est 
«  pour  l'oeil  et  le  sentiment,  le  plus  agréable,  peut-étre  de 
«  tonte  l'exposition  ». 

Quest'anno  l'artista  si  presenta  alla  «Fiorentina  Prima- 
verile »  con  un  complesso  di  opere,  che  rappresentano  la 
sua  ultima  espressione  d'arte. 

1.  Gesù  da  Marta  e  Maria      3.  Le  figlie  del  pastore  evan- 

2.  San    Francesco    predica        gelico  (le  sorelle) 
agli  uccelli  ^.  Nenette  e  Trott 

47 


5.  Mia  sorella  sala   da  pranzo  del  prof. 

Quattro  decorazioni  per   la        doti.  G.  Daddi 

Arturo  CHECCHI 

Arturo  Checchi  è  nato  a  Fucecchio,  in  provincia  di  Pisa, 
nel  1886.  A  21  anno  si  dette  con  passione  a  studiare  il  di- 
segno. Studiò  qualche  anno  all'Accademia,  ma  si  accorse 
presto  che  lo  avevano  incamminato  sopra  un  falso  sentiero 
e  che  aveva  perduto  il  suo  tempo. 

«  Messomi  allora  allo  studio  amoroso  del  vero  »,  —  sono 
sue  parole  —  «  ho  disegnato  durante  dodici  anni  costante- 
mente ogni  giorno,  come  un  prete  legge  tutti  i  giorni  il 
breviario;  lavorando  però  la  notte  e  la  domenica,  perchè 
durante  il  giorno  facevo  il  decoratore  per  guadagnarmi  la 
vita.  Ma  debbo  alla  decorazione  la  conoscenza  dei  capola- 
vori e  delle  tecniche  ». 

Alla  pittura  si  dette  più  tardi,  verso  i  25  anni,  allorché 
a  Monaco  di  Baviera  vide  Segantini,  l'ammirazione  entu- 
siastica per  il  quale  gli  mise  addosso  una  gran  voglia  di 
dipingere.  Ma  anche  allora  non  poteva  dedicare  all'arte  che 
le  ore  che  gli  lasciava  libere  il  suo  duro  lavoro  quotidiano. 

Espose  per  la  prima  volta  alla  Promotrice  di  Firenze, 
nel  1913,  e  di  poi  sempre  a  Firenze  e  a  Roma  interessando 
la  critica  competente  e  il  pubblico  più  eletto.  Ha  un  quadro 
nella  Galleria  Moderna  di  Firenze  e  uno  in  quella  di  Roma. 

11  Checchi  possiede  un  indiscutibile  autentico  tempe- 
ramento di  pittore. 

È  un  sensuale  che  adora  la  bella  materialità  del  colore 
e  si  compiace  soprattutto,  riducendo  al  minimo  il  chiaro- 
scuro, di  far  cantare  le  superfici  cromatiche.  Al  pari  di 
certi  sinfonisti  moderni,  predilige  i  toni  forti,  prorompenti, 
ditirambici,  che  si  potrebbero  chiamare...  gli  ottoni  della 
tavolozza:  ma  è  capace  altresì  e  si  appaga^  taluna  volta,  di 
armonie  tenui  e  pacate,  pervase  di  mattutine  chiarità. 

48 


È  un  sintetista  o,  per  dire  più  precisamente,  un  sintetiz- 
zatore, poiché  in  quel  suo  semplificare  estremo  dei  piani 
—  che  può  anche  apparire  come  un'evoluzione  della 
«  macchia  »  alla  stregua  di  una  rinnovata  visione  decorativa- 
stilistica  —  lo  spirito  di  ricerca  s'identifica  con  la  neces- 
sità del  proprio  temperamento  fondamentalmente  rude  ed 
impulsivo. 

Tale  felice  impasto  di  sensuale  e  d'intellettivo  che  co- 
stituisce, appunto,  r  individualità  del  Checchi,  si  può  co- 
gliere più  spiccatamente  paragonando  i  suoi  dipinti  ai  suoi 
disegni  o  alle  sue  acqueforti. 

Mentre  l'empito  lirico  del  colore  sbotta  e  straripa,  nelle 
tele,  non  rattenuto  dagli  argini  delle  forme,  queste,  sotto  il 
segno  volontario  ed  energico  del  bulino,  del  lapis,  del  car- 
bone si  disciplinano  e  si  fissano  in  una  plasticità  sommaria, 
ma  precisa  ed  aderente,  e  tuttavia  ricca  di  suggerimenti 
emotivi. 

Con  questo  suo  vigoroso  bianco-e-nero  il  Checchi  si 
riconduce  nel  solco  aspro  e  fecondo  della  tradizione  toscana. 

Mario  Tinti. 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Ritratto  in  rosso  6.  La  sosta  dei  cavalli 

2.  Ritratto  di  Chicco  7.  Vecchia  che  lavora 

3.  Scena  popolare  8.  Il  barrocciaio 

4.  Galline  9.  Il  calessino 

5.  Il  barroccio  Disegni  e  Acqueforti 

Francesco  CHIAPPELLI 

E'  nato  a  Pistoia  nel  1890.  Dopo  aver  compiuti  gli  studi 
classici,  fu  per  due  anni  nello  studio  del  prof.  Raffaele 
Sorbi,  che  insegnava  con  grande  libertà  d'intendimenti; 
poi  fece  due  anni  nel  Corso  Speciale  di  Figura  all'Accademia 
di  Firenze  e  frequentò  con  entusiasmo   la  allora   nascente 

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scuola  di  acquaforte,  fondata  da  Celestino  Celestini  e  Ludo- 
vico Tominasi.  Ha  preso  parte  a  varie  esposizioni  italiane 
e  straniere.  La  «National  Gallery»  di  Londra,  il  Museo  di 
Torino,  il  Castello  Sforzesco,  il  Gabinetto  delle  Stampe  di 
Firenze  e  quello  della  Galleria  Corsini  di  Roma,  posseggono 
stampe  sue;  alcune  delle  quali  furono  acquistate  anche  da 
S.  M.  il  Re. 

1.  Vecchia  e  giovane  folio)    3.  Croce  fissione  {acquaforte  ) 

2.  San  Lorenzo  (acquaforte)    A.  Chiesa  naufragata    (id.) 

5.  S.  Maria  Xovella  (Acquaforte), 

Carlo  CHIARANDÀ 

Il  Barone  Carlo  Chiarandà,  cultore  di  arte  ed  appassio- 
nato raccoglitore  fino  dalla  sua  giovinezza  è  stato  l'ordina- 
tore del  gruppo  napoletano  per  incarico  della  Presidenza. 
Pittore  anch'egli  ed  amico  dei  maggiori  pittori  della  scuola 
napoletana,  egli  è  stimato  da  tutti,  in  Napoli,  dove  vive  in 
una  casa  tutta  adorna  di  maravigliose  opere  d'arte  moderna. 
Il  suo  giudizio  è  ricercato  sempre  da  tutti  ed  il  suo  con- 
siglio è  stimato  preziosissimo.  Egli  possiede  i  più  belli  esempì 
della  pittura  giovanile  di  Antonio  Mancini;  un  quadro  ma- 
raviglioso  del  Vetri:  «  Le  Mummie  »;  possiede  quadri  del  Mi- 
chetti  e  qualche  saggio  di  quasi  tutti  i  maggiori  italiani 
moderni.  Ha  dato  a  questa  Esposizione  tutta  l'opera  sua 
ardente  e  devota. 

Galileo   CHINI 

L'artista  fiorentino,  ormai  troppo  noto  perchè  occorra 
tesserne  qui  la  biografia,  il  decoratore  che  all'eleganza  e 
agilità  di  forma  natia  unisce  una  festevolezza  di  colore 
nella  quale  l'Oriente  non  ha  invano  addotto  i  suoi  doni,  si 
presenta  in  questa  mostra  sotto  un  aspetto  singolare  e  tut- 
tavia non  inusitato  per  lui.    Galileo    Chini   è   l'autore  della 

50 


decorazione  delle  sale  e  delia  collocazione  delle  opere. 
Questa  bisogna  delicata  e  irta  di  difficoltà  che  il  Chini  ha 
voluto  assumersi,  rinunziando  ad  esporre  opere  sue,  oltre 
ad  essere  essa  stessa  un'opera  d'arte,  è  altresì  un  atto  di 
fede  e  di  amore,  un  devoto  sacrifìcio  fatto  sull'altare  del- 
l'Arte. Galileo  Chini,  per  entro  sobri  ritmi  decorativi,  ha 
saputo  dare  all'insieme  numeroso  e  diverso  delle  opere 
una  collocazione,  non  solo  decorativamente  intonata  secondo 
le  dimensioni  e  le  tonalità  delle  opere,  ma  tanto  chiara- 
mente ragionevole,  che  ad  ogni  accento  e  ad  ogni  forma 
d'arte  ne  derivano  tutte  quelle  condizioni  favorevoli  di 
spazio  e  di  luce,  di  ambientazione  e  di  vicinanza,  che  sono 
le  più  atte  a  farne  risaltare  l'espressione  e  a  metterne  in 
evidenza  il  carattere.  La  collocazione  del  Chini  —  pur  ser- 
bando il  concetto,  che  è  la  caratteristica  più  alta  e  più  cri- 
tica dell'esposizione:  quella  di  raggruppare  le  opere  attorno 
ad  ogni  nome  —  è  di  per  sé  stessa  un'esegesi  ed  un  com- 
mento di  questa  esposizione;  ma  ciò  soltanto  a  condizione 
di  comprenderne  la  portata  veramente  estetica,  senza  arre- 
starsi alle  più  superficiali  apparenze.  Tutti  gli  espositori  e 
lutti  gli  amici  dell'arte  debbono  essergliene  grati. 

EvELiNA  CHIOSTEI 

È  nata  a  Firenze  nel  1896.  Studiò  da  sé  stessa. 
1.  Mattinata  in  montagna. 

Sofia  CHIOSTRI 

È  nata  a  Firenze  nel  1898.  Studiò  da  sé  stessa. 
1.  Natura  morta  (olio). 

Cesare   CIANI 

Nel  1878  Cesare  Ciani  —    fiorentino   —  aveva   24   anni, 
aveva  compiuto  già  gli  studi  tecnici,  aveva  assolto  ai    suoi 

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obblighi  militari,  ma  non  aveva  ancor  cominciato  a  studiare 
pittura.  Fu  in  quell'anno  che  s'iscrisse  all'Accademia  di  B.  A. 
Ma  l'insegnamento  del  Ciaranfì  non  faceva  per  il  suo  tem- 
peramento libero  e  aperto,  benché  mite.  La  natura,  l'aria 
aperta  lo  attraevano  troppo,  per  rint^hiudersi  nella  stia  ac- 
cademica. 

E  un  uomo  solo  fra  tanti  gli  pareva  degno  e  capace  d'in- 
segnargli qualcosa:  Giovanni  Fattori,  il  cui  insegnamento, 
d'altronde,  consisteva  nel...  nulla  insegnare,  teoricamente, 
ma  nel  porre  lo  scolaro  bene  in  faccia  al  vero  e  a  sé  stesso. 
Fu  così  che  nacque  nel  Giani  quella  maniera  tanto  libera  e 
personale  che  fa  di  lui  uno  dei  maestri  più  intimi  e  più 
tipici  della  scuola  toscana  venuta  dopo  i  Macchiaioli.  Il  Ciani 
è  un  modesto,  soltanto  innamorato  delia  propria  arte,  e  si 
è  preoccupato  sempre  assai  poco  di  andare  in  cerca  della 
gloriola  ufficiale.  Taciturno  per  natura,  si  direbbe  che  gli 
dispiaccia  parlare  perfino  della  propria  arte,  p  er  una  specie 
di  rilegno  e  di  gelosia  da  innamorato.  Egli  è  pittore;  si 
esprime  dipingendo:  chi  vuol  conoscere  quello  che  pensa, 
che  sente,  che  soffre,  guardi  dunque  i  suoi  quadri.  La  sua 
arte  d'altronde  si  è  fatta  posto  lo  stesso  presso  i  conosci- 
tori e  i  coli  zionisti. 

Nella  pittura  del  Giani  la  chiarezza  e  precisione  della 
«  macchia  »  toscana,  serratamente  grafica,  è  come  attenuata 
dalla  sordina  della  poesia  chiaroscurale  dei  lombardi  Ran- 
zoniani.  Connubio  di  tecniche  e  di  espressioni  che  non 
potrebbe  essere  più  felice. 

Arte  tenue  ed  elegiaca,  tutta  fatta  di  accenni  di  delica- 
tezze, di  sfumature^,  che  rispecchia  a  meraviglia  la  psico- 
logia del  suo  autore.  Colori  più  spesso  languidi  e  velati  clie 
non  vividi  e  gioiosi,  come  inzuppati  di  melanconia,  cerne 
visti  attraverso  il  velo  di  un  ricordo  nostalgico.  Forme  ac- 
carezzate con  la  punta  delle  dita,  con  affetto  timido  e  deli- 
cato. Bambini  e  donne  specialmente,  bambini  e  donne  umili, 
pallidi  spesso,  per  i  quali  la  carezza  del  pittore  è  quasi  un 

52 


atto  di  celebrazione  pietosa.  Paesaggi,  piccole  vedute  di  strade 
del  sobborgo  o  dei  quartieri  popolari,  in  cui  le  cose  e  gli 
aspetti  più  comuni,  sotto  la  pioggia  di  petali  sfogliati  della 
tecnica  fluida  e  nervosa,  si  circonfondono  dell'atmosfera  ne- 
bulosa di  ore  melanconiche  e  di  languide  stagioni,  più  im" 
maginarie  che  reali,  e  si  rivestono  del  nimbo  di  una  dolcezza 
delicata  e  ineffabile,  crepuscolare.  Cesare  Ciani  è  un'anima» 
oltre  che  una  tavolozza:  e  questo  spiega  anche  perchè  egli 
non  è  ancora  stato  baciato  dalla...  gloria  distributrice  di  com- 
mende e  di  cariche. 

Mario  Tinti. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Il  bambino  malato         3.  Donne  del  popolo 

2.  Stadio  di  bovi  4-.  Mercato 

5.  Donne  del  popolo. 

Beppe   CIARDI 

Nacque  a  Venezia  nel  1875  e  trovò  subito  il  maestro  nel 
proprio  padre,  Guglielmo,  uno  dei  più  delicati  e  espressivi 
pittori  italiani  del  secolo  scorso.  La  sua  vocazione  per  la 
pittura  la  dette  a  divedere  fin  da  bambino,  con  l'assiduità 
nello  studio  del  padre,  con  la  passione  che  prendeva  a  ve- 
derlo lavorare  e  a  tentare  i  primi  scarabocchi  ;  passione 
che  spesso  gli  faceva  trascurare  i  compiti  di  scuola.  Quando 
poi  ebbe  preso  maggior  dimestichezza  con  la  tavolozza  e 
coi  pennelli,  si  accorse  che  la  sua  via  nella  vita  era  quella 
in  cui  l'aveva  preceduto  il  padre,  dandogli  1^  esempio  dell'a- 
more e  della  costanza.  E  allora  mandando  al  diavolo  gli 
studi  di  scienze  naturali,  che  aveva  seguito  per  qualche 
anno  all'Università  di  Padova,  si  dette  corpo  e  anima  alla 
pittura. 

Le  sue  visioni  furono  dapprima  delicate,  idilliache,  ispi- 
rate da  aspetti  tenui  ed  espresse  con  colori  teneri  e  chiari. 
Ma  da  un  suo  soggiorno  sugli  Altipiani  di  Asiago  la  sua  ta- 

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volozza  trasse  ispirazione  a  opere  più  ampie  più  rudi  ed 
anche  la  sua  tecnica  si  fece,  a  riscontro,  più  robusta,  più 
solida  e  corposa.  Gli  aspetti  che  maggiormente  dominano 
nella  sua  arte  sono  quelli  della  Venezia  natia  che  egli  ha 
ritratto  in  tutti  gli  aspetti  e  in  tutte  le  ore  e  nel  cui 
scrigno  cromatico  ha  attinto  largamente,  i  tesori  più  appa- 
riscenti  e  quelli  più  rari,  delicati  e  dimessi. 

Il  Ciardi  si  è  sempre  tenuto  lontano  da  ogni  influenza 
di  cosmopolitismo  e  di  cerebralismo.  La  sua  arte  è  salda- 
mente legata  pei  vincoli  delle  razza  alla  tradizione  veneziana, 
coniè  deve  esserlo  la  pianta  feconda  alla  terra  madre.  Tra- 
dizione di  agilità  di  tocco,  di  festosità  e  di  sensualità  di  co- 
lorito e  spesso  di  una  felice,  dionisiaca  leggerezza.  In  que- 
sta tradizione,  specialmente  rialacciandosi  al  Guardi  e  ai 
Canaletto,  Beppe  Ciardi  ha  innestato  la  sua  modernità  fatta 
di  un  accento  di  elegia. 

i)al  1894  in  poi  il  Ciardi  ha  esposto  nelle  più  importanti 
mostre  italiane  e  straniere.  Opere  di  lui  sono  nella  Galleria 
d'Arte  Moderne  di  Venezia,  nel  Museo  di  Barcellona,  nella 
Galleria  d'Arte  Moderna  di  Roma  e  in  varie  collezioni  private. 

(Dipinti  a  olio) 
ì.  F asina  A.  Canale  di  Mazzorho 

2,  Estate  5.  Aratura 

3.  Santa  Maria  della  Salute    6.  Abbeveratoio. 

Emma   CIARDI 

Figlia  di  Guglielmo  e  sorella  di  Beppe,  Emma  completa 
il  terzetto  dei  Ciardi:  una  famiglia  tutta  di  pittori,  come  ce 
n'era  ai  bei  tempi  di  Venezia,  dove  la  nostra  artista  è  nata 
nel  1879.  Studiosa  del  Canali,  del  Bellotto,  del  Grandi  e  in- 
namorata del  Settecento  veneziano,  ella  lo  rievoca  nei  suoi 
quadri  con  un  gusto  e  una  leggiadria  inimitabili.  Quadretti 
deliziosi,  sul  cui  catalogo  —  come  dice  l'Ojetti  —  Emma 
Ciardi  potrebbe  scrivere,  a  modo  di   didascalia   scenica,  le 

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parole  di  Verlaine:  «La  scène  se  passe  dans  un   pare  de 
Watteau  vers  une  fin  d'après-midi  d'été  ». 

A  queste  evocazioni  piene  di  nostalgia  e  gentile  fantasia, 
Emma  Ciardi  alterna,  di  quando  in  quando,  qualche  veduta 
della  sua  Venezia,  delicate  armonie  di  colore,  cose  tutte 
finezza  e  buon  gusto  Delle  opere  che  meglio  la  rappresen- 
tano ricordiamo  «  San  Marco,  Alloro  trionfale,  Parole  anti- 
che^ Rondini  e  farfalle  »  (nella  Galleria  d'Arte  Moderna  di 
Roma),  //  giardino  delle  Muse  (al  «Lussemburgo»  di  Pa- 
rigi) e  «  Ca'  Rezzonigo  »  (al  Museo  di  Vienna). 

(Da  un  «  profilo  »  di  Vincenzo  Bucci). 

1.  Raggio  di  sole  (olio). 
Alberto   CIBRARIO 

Nato  a  Torino  nel  1877  appartiene  ad  antica  famiglia 
piemontese  che  vanta  tradizioni  schiette  di  cultura  e  di 
spiritualità.  Luigi  Gibrario,  l'insigne  storico,  statista  e  let- 
terato fu  suo  nonno.  Si  laureò,  anche  per  secondare  i  de- 
sideri della  propria  famiglia,  in  medicina  e  chirurgia  e  per 
alcuni  anni  esercitò  la  professione.  Ma  la  sua  aspirazione 
era  rivolta  ardentemente  verso  l'arte. 

Solo  molto  tardi  potè  dedicar  visi  interamente,  ma  attra- 
verso una  severa  disciplina,  fece  il  suo  noviziato  senza 
seguire  corsi  accademici,  sorretto  peraltro  dal  consiglio  di 
artisti  amici,  fra  i  quali  Giacomo  Grosso,  Leonardo  Bistolfi, 
Felice  Carena,  Carlo  Pollini. 

Ha  partecipato  alle  maggiori  esposizioni  torinesi,  a  mo- 
stre regionali  e  nazionali.  Ha  conseguito  vari  premi. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Quiete.  3.  Lo  stadio  del  pittore. 

2.  La  bimba  nel  vecchio  sa-    4    Visione. 

lotto.  5.  Il  cantiere  sotto  la  neve. 

6.  Pomeriggio  invernale. 

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Disegni. 

7.  La  neve  sai  tetti.        8.  Un  pagliaio. 
9.  Incisione. 

Nicola  CILETTI 

Nicola  Giletti,  nato  in  San  Giorgio  La  Molara,  prov.  di  Be- 
nevento l'anno  1885  è  un  autodidatta.  Deve  alla  tenace 
volontà  e  al  sincero  amore  che  nutre  per  l'arte  il  note- 
vole posto  che  s'è  guadagnato  nelle  più  recenti  competizioni 
artistiche  italiane. 

Ama  dipingere  i  vecchi  e  gli  umili,  e  ha  una  spiccata  pre- 
dilezione per  gli  effetti  di  notte,  specialmente  quando  gli 
riesca  di  poter  mostrare  il  contrasto  tra  la  luce  artificiale  e 
il  freddo  chiarore  delle  notti  lunari. 

È  paesista  di  bella  sensibilità  e  disegnatore    accurato  e 

sicuro. 

Federico  Petriccione. 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Posto  vuoto  4.  Triste  novembre 

2.  I  padroni  5.  Amici 

3.  Il  guardiano  di  porci         6,  Accanto  al  fuoco 

Mario  CINI 

E'  nato  a  Eoma  nel  1869.  Autodidatta. 
(Dipinti  a  olio) 

1.  Salita  in  Mugello  2.  Carro  romagnolo 

3.  Aratura  nell'alto  Mugello 

Giulio  CIPEIANI 

di  Firenze. 

1,  Alba  (bronzo). 

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Mario  COCCHI 

Espose  per  la  prima  volta  a  quattordici  anni  e  si  fece 
subito  notare.  Era  allora  un  ragazzo  :  ma  un  ragazzo  serio 
e  pensoso  che  già  rivelava  acute  qualità  di  penetrazione 
del  vero  e  un  sentimento  un  po'  accorato  e  melanconico,  che 
costituiva  la  maggiore  attrattiva  delle  sue  pitture . 

Mario  Cocchi  si  è  messo,  dunque,  in  cammino  assai  presto. 
E'  stato  un  precoce.  Ma  è  sfuggito  al  destino  che  spelta  inesor  a- 
bilmente  a  tutti,  o  quasi  tutti,  i  precoci  ;  quello,  cioè,  di  esau- 
rirsi nello  slancio  iniziale,  di  accasciarsi  su  se  stessi,  di  smarrirsi 
miseramente  nel  clamore  dei  primi  trionfi.  Mario  Cocchi  ha 
continuato  per  la  sua  strada  e  nel  costante  lavoro  la  sua 
arte  si  è  irrobustita  ;  ha  acquistato  un  sapore  e  un  caratter  e 
sempre  più  originali.  E'  certo  che  col  volgere  degli  anni  non 
ha  fatto  rimpiangere  davvero  ai  critici,  che  lo  tennero  a  bat- 
tesimo, il  tempo  speso  a  parlare  di  lui. 

Oggi  le  sue  opere,  che  senza  essere  completamente  divi- 
sioniste, si  valgono  di  elementi  derivati  dal  divisionism  o, 
s'impongono  per  una  singolare  solidità  di  struttura  e  per  un 
giusto  equilibrio  cromatico. 

Appartiene  al  «  Gruppo  Labronico  ». 

Guido  Vivarelli. 


1.  Interno   (olio) 


Primo  CONTI 


W^È  nato  a  Firenze  nel  1900.  Espose  per  la  prima  volta 
nella  sua  città  nel  1913  e  consecutivamente  a  Eoma  e  Milano , 
dove  fu  premiato.  Prese  parte  al  movimento  futurista  e  le 
sue  opere  apparvero  nel  1918  nella  1^  Esposizione  Futurista 
di  Milano.  Ultimamente  partecipò  alla  Esposizione  Interna- 
zionale d'Arte  di  Avanguardia  di  Ginevra  (1920).  Ha  scritto 
di  critica  e  di  poesia.  Opere  sue  sono  già  in  alcune  colle- 
zioni a  Firenze,  Roma,  Milano,  Berlino. 

57 


Conobbi  per  la  prima  volta  il  Conti  nel  1916,  all'Esposi- 
zione Invernale  Fiorentina  della  Società  delle  Belle  Arti  e 
la  sua  opera  mi  sorprese  e  m'interessò  molto,  come  quella 
di  un  enfant  prodige  per  cui  1'  avvenire  riservava  grandi 
doni:  —  il  Conti    aveva  allora  16  anni. 

«  Come  a  tutti  gli  artisti  precoci  —  scrivevo  allora  di  lui 
—  gli  manca  un  nucleo  sul  quale  dipanare,  per  cosi  dire, 
le  sue  doti  istintive.  Il  suo  istinto  pittorico  è  meraviglioso, 
ma  egli  lo  prodiga  invece  di  dominarlo.  La  sua  tavolozza 
è  stupenda.  Peccato  che  egli  ami  più  i  colori  della  sua  Ta- 
vola di  quelli  che  uno  studio  amoroso  delle  còse  potrebbe 
suggerirgli  ». 

Da  allora  il  Conti  —  che  è  tuttora  assai  giovane  —  ha 
fatto  parecchio  cammino.  La  sua  intelligenza,  vivacissima, 
curiosa,  alacre,  insieme  all'entusiasmo  proprio  dell'età  sua  e 
del  suo  particolare  carattere,  lo  indussero  in  seguito  ad  ab- 
bracciare il  futurismo  prima,  e  indi  il  post-impressionismo:  — 
fece  «scomposizioni»  e  nature- morte.  Ma  se  per  gli  artisti 
più  maturi  d'anni,  sul  cui  esempio  il  Conti  allungava  ed 
orientava  i  propri  passi,  cotesto  avventurarsi  e  smarrirsi 
nei  vicoli  ciechi  delle  novissime  accademie  poteva  essere 
impegnat'vo  e  compromettente,  alni  le  cui  giunture  erano 
ancor  agili,  tutto  serviva  di  ginnastica  e  da  ogni  impasse 
poteva  trarsi  a  tempo  con  un  bel  salto  e  con  una  fresca 
risata  —  rivolta  magari  a  burlare  chi  era  rimasto  nell'  imbro- 
glio. E  ad  ogni  buon  conto  ciò  che  permaneva  in  lui  era  quel 
suo  indiscutibile  istinto  pittorico  ch'io  avevo  già  segnalato. 
Non  soltanto  permaneva,  ma  si  disciplinava,  si  affinava, 
metteva  muscoli,  avvantaggiandosi  delle  esperienze  proprie 
e  delle  altrui. 

Nelle  tele  che  il  Conti  presenta  oggi  alla  Primaverile  lo 
spirito  di  ricerca  è  tuttavia  evidente,  ma  è  indubbiamente 
meglio  omogeneizzato  all'espressione  sincera  di  ritmi  e  di 
rispondenze  nella  composizione;  di  plasticità  in  forme  as- 
solute e  immobili;  di  colore  sublimato  al  lambicco  dell'e- 

58 


mozione  e  dell'  intelligenza,  anziché  grezzamente  espresso 
dalla  fisiologica  glandola  pittorica.  È  la  ulteriore  fase  e  certo 
la  più  interessante  —  e  speriamo  conclusiva  —  della  ce- 
rebrale pittura  moderna  verso  una  visione  classicamente 
totale.  Già  i  disegni  del  Conti  appaiono  quasi  del  tutto  mondi 
di  prerintenzione  :  in  essi  la  ricerca  è  quasi  perfettamente 
assimilata  all'espressione  e  l'intellettualità  non  traspare  che 
quale  una  immanenza  di  cui  le  forme  si  saturano  e  si  co- 
lorano. Essi  segnano  la  vigilia  di  quel  nuovo  classicismo  a 
cui  aspirano  oggi  —  pur  nella  confusione  d' idee  culturali 
—  gli  artisti  più  consapevoli,  e  che  non  potrà  essere  che 
una  specie  di  purificato  naturalismo. 

Mario  Tinti. 
Dipinti  a  olio 

1.  Ritratto  di  donna  (1920)        3.  Autoritratto 

2.  I  giocolieri  Disegni 

Mara  CORRADINI 

Nata  in  Napoli,  fece  i  suoi  primi  studi  sotto  la  guida 
del  pittore  Tommaso  Celentano,  dedicandosi  alla  figura  ed 
al  ritratto.  In  seguito  prese  la  via  dell'estero  ed  a  Monaco 
di  Baviera  frequentò  per  qualcha  tempo  lo  studio  di  Franz 
v.  Lenbach.  Da  Monaco  parti  per  Berlino,  dove  si  iscrisse 
alla  Real  Accademia  di  Belle  Arti  per  continuare  poi  i  suoi 
studi  a  Parigi  (Ècole  Julian)  ed  a  Anversa  nello  studio  di 
H.  Luyten.  In  quel  tempo  incominciò  a  mandare  i  suoi  la- 
vori alle  esposizioni  di  Londra,  Anversa,  Dresda,  Coirà, 
Zurigo,  ecc.  Nel  1910  si  iscrisse  nuovamente  all'Accademia 
di  Weimar,  dove  fu  premiata  con  due  diplomi  d'onore  di 
prima  classe;  per  il  disegno  dal  nudo  l'uno  e  per  la  pittu- 
ra dal  nudo  l'altro.  Ha  preso  parte  alle  esposizioni  inter- 
nazionali di  Bruxelles  (1907),  Anversa  (1908),  Gand  1909), 
Torino  (1910  e  1911),  Anversa  (1911),  Venezia  (1912),  Palazzo 
di  cristallo  a  Monaco  (1912),  Zurigo  nazionale  (1917),  Basilea 

59 


nazionale  (1919),   Napoli   nazionale  (1921),   Roma   nazionale 
(1921),  Venezia  (1920). 

1.  Ritratto  folio). 


Antonio  CORSI 

E'  nato  a  Valparaiso  (Chile)  nel  1892.  Studiò  con  Raffaello 
Romanelli. 


1.  Macchietta  (bronzo). 


Carlo  CORSI 

Nato  a  Nizza  nel  1879,  è  stato  allievo  di  Giacomo  Grosso, 
ma  nella  pratica  si  è  distaccato  assai  dal  maestro.  Ha  esposto 
tre  volte  a  Venezia;  tre  volte  alla  Secessione  romana,  dove 
Po5/o  vuoto  (IV  Mostra)  fu  acquistato  per  la  Galleria  d'Arte 
Moderna  ;  ha  esposto  pure  a  Monaco  (1913),  a  San  Francisco 
(1915;  medaglia  d'argento),  alla  Biennale  romana  (19^1),  alla 
Biennale  di  Brera,  ecc.  È  assiduo  nelle  mostre  annuali  della 
«FrancescoFrancia»bolognese.  La  sua  pittura,  dove  tutto  vive 
per  virtù  esclusiva  del  colore  e  dei  contrasti  d'ombra  e  di 
luce,  deriva  da  un  suo  concetto  teorico  per  cui  l'opera  d'arte, 
com'egli  si  esprime,  «  deve  vivere  non  di  ciò  che  descrive, 
ma  di  vita  propria*,  deVe  destare  nello  spettatore  l'emo- 
zione che  corrisponde  ad  ogni  momento  e  ad  ogni  fase  della 
realtà.  Questo  sforzo  di  essere  personale  lo  conduce  spesso 
a  risultati  soddisfacenti,  attraverso  una  tecnica  aristocratica 
che  gli  è  particolare. 

Giuseppe  Lipparini 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Profilo  3.  In  giardino 

2.  A  tavola  4.  Viola  scuro 

5.  Interno 


60 


Giovanni  COSTETTI 

Nato  a  Reggio  Emilia  nel  1878,  così  egli  scrive  di  sé  stesso 
e  della  recentissima  fase  della  propria  arte: 

Sono  un  autodidatta,  perchè  i  miei  studi  artistici  non 
subirono  influenza  di  Regie  Accademie  del  Regno.  Fatti  i 
corsi  di  una  scuola  di  disegno  per  gli  operai  a  Reggio 
Emilia,  io  andai  a  Torino  e  poi  in  Svizzera  ove  per  vivere 
feci  illustrazioni  e  copie  di  quadri  antichi  dalla  fotografìa, 
colorandole  arbitrariamente.  Ottenuta  una  horsa  dalla  città 
di  Reggio  Emilia,  venni  a  Firenze  a  22  anni  e  cominciai  da 
allora  la  mia  vera  e  seria  carriera  artistica  studiando  gli 
antichi.  Poi  andai  a  Parigi  con  Soff'ici  e  Brunelleschi,  e  ivi 
rimasi  pochi  mesi  senza  approfondire  il  movimento  artistico 
i  mpressionista.  Di  ritorno  a  Firenze  mi  rimisi  a  lottare  per 
l'arte  rifiutando  di  entrare  nel  commercio  artistico,  fonte  di 
guadagni  ma  di  corruzione.  E  piano  piano  arrivai,  dall'esame 
degli  antichi  fino  ai  moderni,  a  vedere  sempre  più  atlra- 
verso  Je  epoche  e  le  scuole,  la  ragione  intima  e  la  finalità 
dell'arte.  Esposi  a  Torino,  Venezia,  Monaco,  Roma,  Firenze. 
Ebbi  premi  in  alcune  mostre  e  concorsi;  fui  e  sono  uomo 
di  lotta  e  avversato  per  la  mia  onestà  fiera.  «  Internare 
l'esterno  o  esternare  l'interno  »  ecco  il  mio  credo  artistico. 

Bisogna  infatti  che  le  cose  in  arte  siano  anima  e  che 
l'anima  si  esprima  con  le  forme.  Nessun  altro  modo  io 
conosco  di  realizzazione  nell'arte,  ma  nessuna  menzogna 
può  pretendere  di  raggiungerlo. 

«  Il  modo  e  la  proporzione  dell'arte  è  dilemma  personale. 
O  gnuno  che  abbia  un'anima  sua  vedrà  e  sentirà  proporzio- 
nalm  ente.  Soltanto  chi  è  più  grande  raggiungerà  i  più  ignoti 
abissi  della  verità».  Questo  io  scrissi  molti  anni  addietro 
quando  ancora  la  contraddizione  fra  la  mia  credenza  e  la 
mia  magra  possibilità  erano  stridenti.  E  questo  io  oggi  ri- 
confermo con  più  armonia.  L'arte  non  è  la  fedele  rappre- 
sentazione   del    comune    perchè    dell'esterno  ha   apptna  la 

61 


forma  consueta  e  non  completa.  C'è  per  l'artista  vero  una 
forma  dello  spirito  più  aderente  ad  esso  della  forma  usata, 
e  che  solo  egli  vede  e  fa  vedere.  Creata  sulla  base  della 
forma  comune  essa  diventa  forma  straordinaria.  Ed  è  cosi 
che  essa  può  oltrepassare  il  sensibile  perchè  agisce  nei 
regni  dello  spirito. 

E  questa  è  l'arte  che  sentirono  principalmente  con  modi 
di  forma  e  di  idea  nazionali  o  personali  raggiungendo  l'uni- 
versale, gli  Egiziani,  i  Bizantini,!  primidvi,  Donatello,  Miche- 
langelo e  pochi  altri. 

L'abbandono  alla  sensualità  della  vita  e  della  natura 
deviò  più  tardi  l'arte.  E  parve  arte  il  cosidetto  puro  modo 
di  rappresentare,  e  fu  dimenticato  che  modo  non  esiste  che 
non  sia  di  adesione  e  di  sentire.  Decaduto  il  sentire,  deviate 
le  finalità  sijricorse  più  che  mai  alla  teatralità  della  maniera. 

Poiché  l'arte  è  una  finzione  che  tende  a  esternare,  molti 
credono  oggi  che  per  far  questo  bastino  le  vesti  delle  cose 
da  essa  trattate.  Ma  l'arte  non  è  imitazione,  non  è  mestiere 
non  è  artificio  e  non  è  giuoco.  Essendo  essa  Religione,  è 
cosa  o  sogno  d'amore  puro  che  richiede  altezza  di  concezione 
etica  e  artefici  devoti. 

Io  cerco  di  ritornare  alla  nativa  purezza  dell'arte  e  di 
esprimere  con  purità  sintetica.  Non  più  V impressione  o  il 
pressapoco  ma  l'assoluto  o  l'eterno  delle  cose  e  delle  visioni. 
Vorrei  giungere  a  un'arte  serena. 

Intanto  disimparo  i  giuochi,  le  abilità  e  detesto  gli  effetti 
impressionanti. 

La  mia  tecnica,  da  scoperta  e  pettegola  che  era  si  fa  chiusa 
ermetica  perchè  io  credo  che  il  pittore  deve  coltivare  il  mi- 
stero dell'arte  anche  nell'impenetrabile  espressione  tecnica . 

1.  La  donna  assorta.  A.  Il  pizzicagnolo   preoccu- 

2.  Ritratto  del  pittore  Batler.        capato. 

3.  Ritratto    della    signora    5.  Ritratto  del  signor  Vanni. 
Campacci.  6.  Autoritratto. 

62 


7.  La  pianista  Angelelli.        12.  Il  giardino  d'oro. 

8.  Solitudine.  i3.  L'ora  drammatica. 

9.  Il  poeta  Campana.  U.  Sera  perlacea. 

10.  L'uomo  in  bianco.  15.  U  Imperatrice  Eugenia. 

11.  Case  del  campo  di  Marte.    16.  Il  cocomeraio. 

Due  cornici  di  disegni. 

Romeo  COSTETTI 

E'  nato  a  Reggio  Emilia  nel  1874. 

Romeo  Gostetti  è  pittore  di  una  sensibilità  delicata,  ma 
sanissima.  Egli  accoppia  a  qualità  di  uno  stile  tutto  proprio, 
conquistato  passo  a  passo  con  un  processo  di  elaborazione 
interiore  e  non  seguendo  gli  andazzi  delle  mode,  una  acce- 
zione spontanea  e  commossa  della  vita.  E'  un  temperamento 
di  romagnolo  mite  e  pensoso  alla  Severino  Ferrari,  che,  pur 
attraverso  la  riflessione  e  lo  studio,  si  è  saputo  serbare  fe- 
dele alla  propria  legge.  In  certe  visioni  di  campagna  tosca- 
na come  quella  «  Terra  tasca  »  cui  a  torto  non  fu  assegnato 
il  premio  al  «  Concorso  Ussi  »  nel  1919,  il  Costetti  si  rial- 
laccia —  non  so  se  volontariamente  o  inconsapevolmen 
te  —  alla  visione  di  alcuni  Trecentisti  fiorentini,  riferen- 
dola alla  possibilità  e  alla  necessità  del  proprio  tempera- 
mento, senza  imitarne  né  contrafifarne  le  apparenze  formali. 
Egli  ha  trovato,  soprattutto,  quell'equilibrio  fra  l'accezione 
sensibile  e  obbiettiva  e  il  sentimento  decorativo  e  spiritua- 
lizzato delle  forme,  che  è  l'insegnamento  costante  e  più 
grande  che  ci  viene  da  quei  sommi  maestri.  Le  sue  visioni 
di  aspetti  della  campagna  e  del  borgo  toscano  non  sono  la 
riproduzione  grettamente  realistica,  né  superficialmente  im- 
pressionistica di  un  particolare  luogo,  ma  offrono  il  com- 
plesso resultato  stilistico  di  un  seguito  di  esperienze  emotive 
e  pittoriche.  La  visione  del  Costetti  vive  di  una  vita  intima, 
sottratta  alle  vicissitudini  effimere  e  fisiche  dell'aria  e  della 
luce,  e  dalla  realtà  coglie  solo  il  tipico  e  l'espressivo. 

63 


Ma  dove  i  caratteri  particolarmente  pittorici  di  Romeo 
Costetti  si  affermano  in  modo  più  succinto  ed  evidente  è 
nei  suoi  monotipi.  Il  Costetti  è  forse  il  solo  in  Italia  a  pos- 
sedere appieno  e  a  impiegare  in  modo  aderente  all'emo- 
zione pittorica  —  cioè  non  nel  senso  di  un  mèro  giuoco 
tecnico  —  questo  procedimento  che  ha  in  Inghilterra  e  in 
America  notevoli  cultori. 

Nelle  gamme  dei  suoi  monotipi  la  bellezza  sensuale  del 
colore  è  tutta  abitata  di  armonie  sensibili.  Esse  fan  pensare 
ora  alla  voce  grave  di  un  violoncello,  ora  alla  mollezza 
folta  di  una  felpa  Venezia,  ora  alla  tenerezza  di  petali  gra- 
cili contro  la  luce  di  un  sole  attenuato;  ma  v'è,  inoltre,  in 
queste  composizioni  fantastiche  di  maschere  o  in  queste 
visioni  emotive  di  paesaggio,  un  tenue  afflato  musicale  che 
si  connette  al  fatto  prettamente  decorativo  e  cromatico. 

Anche  i  «  soggetti  »  comuni  e  feriali,  quelli  che  il  pit- 
tore coglie  nella  vita  più  umile,  più  dimessa  e.  comune  at- 
torno di  sé,  tradotti  nei  suoi  squisiti  traslati  pittorici,  si 
trasfigurano  e  si  armonizzano  in  visioni  di  una  bellezza 
intellettuale  e  delicata. 

Mario  Tinti. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Vita  piana  3.  La  macelleria 

2.  Spacca  pietre  4-  Testa  del  pittore 

5.  Figure  nel  crepuscolo  (tempera) 

Monotipi:  Le  domestiche.  La  fantesca.  Macellai.  Le  ciane  . 
La  limonara.  Pescivendoli.  Il  vetturale.  Il  pesciven- 
dolo. Popolane.  Il  macellaio.  Il  pittore  e  V onorevole. 

Angelo  Mario  CREPET 

Nato  a  Mestre  (Venezia)  il  t885.  Allievo  dell'Accademia 
di  B.  A.  di  Venezia,  studiò  sotto  la  direzione  di  Ettore  Tito 
de  Augusto  Sezanne. 

64 


Cominciò  ad  esporre  a  Milano  nel  1906  e  da  allora  fi^ 
gurò  sempre  in  quasi  tutte  le  Mostre  nazionali  ed  interna- 
zionali. Fra  le  internazionali  :  Monaco  di  Baviera,  S.  Fran- 
cisco in  California,  Venezia  per  tre  volte,  Milano  ecc. 

Fra  le  nazionali:  Milano,  Roma,  Napoli,  Firenze,  Torino 
Genova  ecc. 

Vinse  nel  1914  il  Concorso  al  posto  di  insegnante  di 
Ornato  e  Decoraz.  presso  il  R.  Istituto  di  B.  A.  di  Lucca  e 
da  7  anni  colà  risiede.  Tratta  quasi  sempre  il  paese,  sce- 
gliendo l'ora  della  penombra  o  della  notte,  semplificando  e 
stilizzando  in  modo  da  renderlo  decorativo. 

Tempere 

1.  Notte  Veneziana  2.  I  cipressi  della  chiesetta 

3.  Interno. 

LiLi  CROUS 

Ha  studiato  a  Parigi  e  a  Berlino  dal  1903  al  1905.  L'anno 
di  poi  andò  a  Fiesole  dove  studiò  appassionatamente  il 
paesaggio. 

1,  Cappella  nei  pressi  del  Monte  Ceceri  folio). 

Domenico  CUCCHIARI 

E'  nato  a  Roma  nel  1^94.  Autodidatta.  Ha  preso  parte 
alla  prima  Biennale  Romana  e  alla  seconda  Biennale  Na- 
poletana. 

1.  Cava  di  marmo  a  Carrara  folio). 
Edgardo  CURCIO 

Edgardo  Curcio  —  nato  in  Napoli,  l'anno  1884  —  è  natural- 
menteldotato  di  un  talento  pittorico  francamente  moderno 
e  personale,  dall'accento  armoniosamente  decorativo.  Effica- 
cissimo negli  accordi  di  tinte    piatte,  reca  nelle  luminose 

65 


composizioni  una  sua  nota  schiettamente  individuale,  che 
denota  un  gusto  aristocratico  e  una  sicura  visione  cromatica. 
Ogni  movimento  artistico  giovanile  che  abbia  avuto  a 
campo  d'azione  Napoli  lo  ha  annoverato  nelle  sue  file,  come 
elemento  di  primissima  importanza. 

P^EDEHICO    PeTRICCIONE. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Elogio  della  luna  2.  Serena 

Federico   CUSIN 

E'  una  delle  figure  più  singolari  dell'  arte  \'eneziana. 
Maestro  nelle  scuole  elementari,  profondamente  innamorato 
della  divina  città  di  San  Marco,  studioso  della  sua  storia  e 
dei  suoi  antichi  costumi,  camminando  colli  e  campi  comin- 
ciò a  vedervi  immagini  d'altri  tempi  che  la  sua  erudizione 
suscitava  su  dal  suo  cuore.  Temperamento  elegante  e  nobile 
di  poeta  delle  stampe  popolari,  delle  xilografie, dei  rami  dei 
secoli  andati,  espresse  una  sua  maniera  pastosa  e  sicura  di 
disegnatore  a  penna,  che  adoperò  in  figurazioni  vaste  e  com- 
plesse. Ma  Federico  Cusin,  che  è  oggi  quasi  quarantenne,  la- 
vorò a  lungo  per  sé,  quasi  timoroso  di  presentarsi  in  pub- 
blico, finché  una  serie  di  disegni  inviati  timidamente  ad  una 
mostra  primaverile  di  Ca'  Pesaro  lo  rivelò  egli  dette  il  suc- 
cesso. Per  il  catalogo  di  una  successiva  mostra  di  Ca'  Pe- 
saro, la  prima  del  dopo  guerra,  disegnò  la  copertina,  su  cui 
rappresentò,  desumendolo  da  documenti  dell'epoca,  il  ponte 
di  Rialto  quattn  centesco  ;  compose  allegorie  piene  di  rac- 
coglimento drammatico,  ritrasse  giardini,  evocò  festevoli  fi- 
gurazioni di  putti^di  fontane  e  di  ghirlande;  il  tutto  con  una 
sobrietà  di  mezzi  ed  una  serietà  di  intenti  che  non  si  smen- 
tirono mai.  Ciò  spiega  il  crescente  favore  con  cui  la  sua 
opera  fu  accolta  nelle  ultime  mostre  di  (^a'  Pesaro,  alle  Bien- 
nali Veneziane,   alle  esposizioni  di  Roma    e  di  Milano,  ecc.. 

66 


Qualcuno  dei  suoi  disegni  è  già  entrato  nelle  maggiori  Gal- 
lerie pubbliche. 

Gino  Damerini. 

Diciotto  disegni  a  penna. 


Angiolo  D'ANDREA 

La  volontà  coordinatrice  di  Angiolo  D'Andrea  non  si 
limita  a  sfruttare  una  sola  delle  risorse  individuali:  il  suo 
ingegno  poliedrico  e  multiforme  e  la  sua  mentalità  nutrita 
di  saldi  studi,  lo  trasportarono  a  ricerche  che  rivelano 
quali  immagini  nuove  e  quali  risultati  inaspettati  sappia 
raggiungere  colui  che,  cautamente,  sa  insinuarsi  tra  le  re- 
condite bellezze  della  pittura. 

Perciò  del  paesaggio  vi  dà  con  colori  vivacissimi  tutte 
le  bellezze  incomparabili  e  le  più  tenui  vibrazioni  luminose, 
della  materia  inorganica,  il  balenio  fuggitivo  dei  riflessi  e 
le  caratteristiche  più  strane,  della  decorazione,  le  combina- 
zioni più  seducenti,  del  disegno  le  velature  più  ricercate 
e  le  sfumature  più  misteriose.  Tutto  si  trasforma  attraverso 
il  giuoco  della  sua  fantasia:  anche  le  cose  più  umili  si 
traducono  in  altrettante  immagini  pittoresche  e  acquistano, 
attraverso  la  di  lui  valorizzazione  oggettiva,  una  preziosità 
ch<i  la  natura  stessa  non  ha  saputo  dargli. 

Nonostante  però  tutta  un'attività  molteplice,  sparsa  in 
una  ricca  serie  di  lavori  eseguiti  in  questi  ultimi  anni,  il 
D'Andrea  è  maggiormente  noto  come  paesista. 

1  suoi  disegni  incisivi  e  morbidi  —  elaborati  pazien- 
temente come  preparazione  parziale  dei  quadri  —  e  le 
innumerevoli  impressioni,  diffìcili  a  descriversi  ad  una  ad 
una;  tanta  e  la  varietà  di  composizione,  di  forma  e  di  to- 
nalità che  in  esse  si  riscontrano,  sono  narrazioni  di  sottile 
poesia  e  si  ammirano  come  si  ammira  uno  strano  gioiello 
composto  di  pietre  rare  e  preziose. 

67 


L'alto  valore  di  questo  sensibilissimo  artista,  si  rivela 
appunto  nel  saper  cogliere  gli  effetti  pittorici  di  un  pae- 
saggio nelle  sue  alterazioni  fugaci  e  di  fissarlo  con  sintesi 
rapidissima  nei  suoi  contrasti  più  armonici.  Altipiani  ampi 
ed  ondulati,  rupi  squallide  ed  aspre,  chine  molli  cosparse 
di  ulivi,  pianure  vaste  tormentate  da  irridescenti  corsi 
d'acqua,  cieli  visti  attraverso  le  continue  sfumature,  nature 
morte,  curiosità  folkloristiche,  sono  temi  da  lui  svolti  con  una 
valutazione  acuta  e  misurata  e  con  una  cosi  curiosa  ricerca 
personale  che  rivelano  un  talento  di  primissimo  ordine. 

Questo  suo  studio  analitico,  e  questa  sua  valutazione  dei 
fenomeni  coloristici,  lo  hanno  portato  a  concepire  una  forma 
di  arte  decorativa  genialissima  che  ha  per  capisaldi  non  il 
solido  schema  classico,  basato  su  forinole  tradizionali;  ma  su 
una  intelaiatura  bizzarra  di  linee  tutte  cosparse  di  accosta- 
menti coloristici  strani  i  quali,  fondendosi  con  tutto  l'insieme, 
danno  un'unità  di  stile  espressivo,  nuovo  ed  originale.! 

Nato  a  San  Rauscedo  di  San  Giorgio  della  Richinvelda, 
èra  sceso,  giovanissimo,  dalle  pianure  friulane  con  la  febbre 
interiore  della  conquista,  come  quegli  antichi  artefici  che, 
inconsapevoli,  si  sentivano  attratti  verso  la  forza  irresistibile 
delle  grandi  personalità  allora  intente  a  ridare  all'Italia,  e 
per  la  seconda  volta,  una  nuova  arte. 

Angiolo  D'Andrea,  nato  in  un'epoca  in  cui  l'arte  era 
ancora  chiusa  nella  parentesi  di  flaccidi  formalismi  non  si 
senti  attratto  da  nessuna  di  quelle  personalità  che  altre 
volte  sapevano  rischiarare  di  nuova  luce  tutto  un  secolo, 
ma  a  poco  a  poco,  con  lo  studio  paziente  e  con  tenacia 
dell'autodidatta  seppe  conquistarsi,  tra  le  personalità  con- 
temporanee, uno  dei  primi  posti. 

(Da  un  profilo  di  G.  U.  Arata). 
Dipìnti  a  olio 

1.  Regine  4.  Scogliera 

2.  Ombre  di  nubi  5.  Primavera 

3.  Annunciazione  6.  Calceolarie 


Franco    DANI 

È  nato  a  Firenze  l'il  Agosto  1895.  Può  considerarsi  come 
un  autodidatta,  tranne  la  guida  e  il  consiglio  che  egli  si 
ebbe  da  Arturo  Checchi,  considerato  dal  Dani,  oltre  che 
suo  maggior  fratello  in  arte^  suo  unico  maestro.  Il  Dani 
espose  la  prima  volta  alla  Mostra  fiorentina  della  Società 
di  Belle  Arti,  nel  1914,  dove  un  suo  quadro  a  tempera  «  L'orto 
e  le  case  »,  ispirato  ad  una  sintesi  estrema  di  piani  e  di  toni 
in  tinte  piatte,  alludeva  chiaramente  alla  sua  aspirazione 
di  riallacciare,  in  certo  qual  modo  il  proprio  stile,  alla 
grande  affreschi stica  toscana  del  Trecento.  Quell'opera  valse 
a  distinguerlo,  ed  aveva  difalti  pregi  notevoli^  oltre  che 
nello  spirito  di  ricerca,  nella  pulitezza  e  probità  del  colore, 

Scoppiata  la  guerra,  il  Dani  rimase  separato  dall'arte 
per  il  lungo  periodo  di  quattro  anni,  durante  i  quali,  in 
compenso  guadagnò  sul  campo  la  medaglia  al  valore,  ripor- 
tando due  ferite.  Oggi  il  Dani  è  a  Firenze  fra  i  pochi  gio- 
vani che,  disdegnando  i  logori  schemi  impressionisti  su  cuj 
«  seggono  in  piume  »  i  mestieranti,  i  faciloni  e  gli  abitudi- 
nari, intendono  far  dell'arte  col  proposito  di  conquistare 
plaghe  nuove  —  o  piuttosto  obliate  —  di  verità  e  di  emo- 
zione. Questa  nobile  aspirazione,  che  distingue  le  epoche 
veramente  fattive,  degenerò  qualche  anno  fa,  in  atteggiamenti 
intellettualistici  più  riflessi  e  ostentati  che  interiormente  ac- 
quisiti e  convinti.  Per  il  Dani,  come  per  altri  giovani,  si 
trattava  di  evitare  il  pericolo  di  cadere  in  un  giuoco  troppo 
facile  di  stilizzamenti  geometrici  arbitrari  e  causali,  relegati 
oggimai  risolutamente,  nel  campo  delle  amenità  e  degli 
spassi  illustrativi  e  decorativi.  Vadala  lode  al  Dani  di  es- 
sere riuscito  ben  presto  a  sortire  da  cotesto  vicolo  cieco 
insidioso  e  vano,  accettando  quel  cimento  serio,  duro  e 
assiduo  col  vero,  dal  quale  soltanto  può  sortire  il  fiore 
intellettuale  ed  emotivo  dell'arte  -  lo  stile. 

In  questa  mostra  il  Dani,  accanto  a  opere  in    cui  per- 

69 


mangono  qualità  più  facili  e  divertenti  di  un  carattere  pitto- 
rico-narrativo  —  come  La  fiera  di  Fiesole  —  espone  i  risultati 
di  codesto  suo  conato  per  conquistare  un'espressione  colori- 
sticamente e  plasticamente  più  profonda.         Mario  Tinti. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Maschera  in  rosa  pallido.        4.  Vecchie  case 

2.  Fiera  a  Fiesole.  5.  Orvieto 

3.  Fanciulla  nuda  con  Vor-        6.  Autoritratto 
cino. 

Nicola  D'AXTINO 

E'  nato  a  Caramanico  (Abruzzo)  il  31  ottobre  1881.  Non 
ha  frequentato  nessuna  accademia  o  scuola.  E'  un  feno- 
meno di  autodidattismo  nella  vita  e  nell'arte. 

La  sua  prima  guida  spirituale  ed  artistica  è  stato  Mi- 
chetti.  La  città,  Napoli  o  Roma,  gli  uomini  della  città,  gli 
artisti,  le  esposizioni  della  città  hanno  fatto  il  resto:  hanno 
cioè  completato  l'educazione  estetica  e  affinato  il  gusto  del 
giovine  scultore. 

Il  quale  non  ha  al  suo  attivo  soltanto  i  conosciutissimi 
smilzi  e  aggraziati  nudi  di  adolescenti,  ma  anche  eleganti 
busti  di  signore  del  gran  mondo  e  quel  ritratto  di  Edoardo 
Scarfoglio.  che  appare  sempre  l'opera  sua  più  robusta  e 
più  costruita. 

Il  d'Antino  è  una  figura  interessante  e  riconoscibilissima 
d'artista,  anche  perchè,  a  differenza  di  troppi  altri,  rivela 
in  ogni  sua  creazione  una  proforida  perizia  tecnica,  una 
conoscenza  della  materia  e  delle  sue  necessità  davvero  rara. 
Vederlo  lavorare  con  amorosa  pazienza  attorno  ad  un 
marmo  è  un  piacere  ed  un  ammaestramento.  Perchè  molti 
al  loro  blocco,  metton  spesso  soltanto  la  firma....        C.  F. 

1.  Madonna  fbassorilievo)       3.  Fanciulla  al  mar e( bronzo) 

2.  Adolescente  (testa  in  mar-    ^.  Disegni  a  lapis 
moj 

70 


ArtUx-.o  DAZZI 

Ad  un  artista  vittorioso  si  possono  ricordare  anche  i  mo- 
menti d'incertezza  e  gli  errori  della  prima  giovinezza.  A 
Dazzi  vorremmo  però  rammentare  gli  anni  in  cui,  dopo  le 
clamorose  discussioni  seguite  al  concorso  per  V Altare  della 
Patria,  egli  andava  esponendo  nelle  pubbliche  mostre  e  i 
Profughi,  e  qualche  nudo  femminile  e  qualche  ritratto  d'uomo 
o  di  signora.  La  rude  plasticità  del  fregio  per  l'Altare  pareva 
ogni  volta  di  più  estenuarsi  in  continui  compromessi  pit- 
torici, in  certo  pernicioso  psicologismo,  in  una  diffusa  sen- 
sualità di  carnali  finezze  e  di  morbidezze  esteriori  —  incerta 
tra  l'impressionismo  dei  maestri  più  famosi  e  la  tenerezza 
dei  busti  di  Victor  Rousseau.  Questa  vaghezza  di  apparenze 
e  di  significati  ci  lasciava  molto  perplessi  ed  inquieti.  E 
scrivevamo  con  triste  severità:  «In  tutte  le  opere  che  espone, 
Dazzi  si  arresta  a  una  materia  tutta  mossa  e  alquanto  disos- 
sata, mèzza,  che  non  riesce  mai  a  rassodarsi  in  essenziali 
fissità.  Dall'impressionismo  egli  deriva  anche  talune  oppo- 
sizioni di  materie  grezze  e  di  materie  lavorate  e  persino 
una  scarsa  considerazione  delle  esigenze  della  materia. 
Questa  non  basta,  infatti,  che  si  fìssi  in  determinati  sposta- 
menti spaziali.  Il  sole  frangendosi  in  piani  di  luce  e  d'ombra 
compone  un'armonia  di  bianchi  e  di  neri  che  varia  con  la 
lucentezza  e  le  porosità,  l'assorbente  recettività  della  pietra 
o  del  marmo,  e  stende  un  velo  in  funzione  coloristica, 
schiografica,  che  resta  al  di  qua  di  essa,  ne  modifica  l'aspetto: 
non  dannoso  se  il  marmo  o  il  gesso  sia  accentuato  e  fer- 
mato su  piani  semplificati  e  col  dovuto  inasprimento  di 
salienze,  sicuro  garante  —  invece  —  di  illusorie  plasticità 
frantumate,  di  frappe  e  di  spume,  se  marmo  e  gesso  siano 
sottoposti  ad  un  doigté  più  o  meno  febbrile  e  artificioso. 
Una  chiusa  linea  esteriore,  se  ci  compensa  della  mancanza 
di  una  compatta  architettura  interna  e  dell'imperfetta  co- 
noscenza delle  necessità  della  materia,  non  è  sufficiente  ad 

71 


appagare  chi  si  augura  il  ritorno    della   scultura   al   rigore 
delle  sue  leggi  eterne  ». 

Arturo  Dazzi  a  sentirsi  dire  certe  cose  faceva  il  broncio. 
Ai  critici,  poi,  non  sapeva  perdonare  l'astrusità  di  linguaggio 
e...  l'ostinata  negazione. 

Sono  passati  parecchi  anni  e  la  chiarezza  che  si  è  fatta 
nelle  idee  e  nella  prosa  degli  scrittori  d'arte  si  è  fatta  anche 
nello  spirito  e  nelle  opere  di  lui.  Tra  codeste  idee  e  le 
ultime  statue  dell'artista  carrarese  si  è  stabilito,  anzi,  un 
perfetto  accordo.  Dazzi,  oggi,  quando  qualcuno  gli  rammenta 
1  rimproveri  parlati  e  scritti  di  un  tempo,  sorride,  scuote 
le  spalle  e  se  non  si  mette  a  gareggiare  d'inesorabilità  col 
suo  amichevole  interlocutore  è  proprio  perchè  ad  un  padre 
non  è  lecito  dir  male  dei  propri  figli  anche  più  disgra- 
ziati. . . . 

Oggi  egli  è,  infatti,  l'autore  del  Monumento  a  Toti  e  del 
Monumento  al  Ferroviere.  L'eroe  dalla  franta  stampella  e 
quello  che  nella  mostra  fiorentina  vediamo  vestito  dell'abito 
da  pioggia,  nella  loro  vigorosa  e  profonda  ed  eloquente 
umanità,  sono  troppo  ferrei  testimoni  della  bontà  di  certa 
predicazione,  esempì  troppo  sicuri  di  come  il  «rigore  delle 
leggi  eterne  »,  se  osservato,  possa  condurre  ad  opere  di  in- 
discutibile bellezza,  perchè  Dazzi,  l'autore  dei  Profughi,  non 
si  senta  disposto  ai  più  leali  riconoscimenti  e  desideroso, 
d'altra  parte,  di  rinnegare  concezioni  nate  dal  connubio  del- 
l'errore con  la  buona  fede. 

Questa  lealtà  in  un  artista  è  sempre  il  segno  della  rag- 
giunta maturità  e  spesso  coincide  con  la  realizzazione  dei 
sogni  più  ardui  e  più  alti. 

E'  il  caso  di  Arturo  Dazzi.  L'aspettativa  dei  molti  suoi 
estimatori  s'era  completamente  soddisfatta  dalla  rivelazione 
del  Toti.  Ma  ecco,  a  distanza  di  un  anno,  apparire  il  Fer- 
roviere,  compatto  e  fermo  sul  suo  basso  piedestallo.  Quella 
potenza  di  strutture,  quella  sanità  di  di  derma  plastico, 
quella  sintetica  larghezza  di  modellato,  quella  stasi  severa,. 

72 


quella  sdegnosa  semplicità  di  atteggiamento,  dopo  lo  sforzo 
enorme  occorso  per  far  respirare  la  statua  dell'eroe  traste- 
verino, da  quale  meraviglioso  fervore  d'anima  eran  state 
generate,  da  quale  misteriosa  e  risorgente  capacità  creativa 
avevan  tratto  copia  di  vitalità  e  impeto  di  lineamento  ? 

Il  popolo,  il  popolo  istesso  lo  domanderà  all'opera  pode- 
rosa. Può  darsi  che  dal  cuor  profondo  di  questa,  giunga 
finalmente  la  risposta  che  illumini,  che  consóli,  che  com- 
pensi anche  di  tutti  i  disincanti  malinconicamente  fioriti 
in  questi  ultimi  anni  nello  spirito  di  chi,  ricordando  l'an- 
tica gloria,  soffre  di  doverla  continuamente  confrontare  alla 
mediocrità  artistica  degli  ultimi  discendenti  di  Dèdalo. 

Carlo  Tridenti. 
1.  Monumento  al  Ferroviere  (bronzo). 

Deiva  de  ANGELIS 

È  romana  e  specialmente  nota  e  apprezzata  a  Roma  fra 
gli  artisti  di  «  avanguardia  ».  Espose  con  gli  «  Indipendenti»  al 
Casino  del  Pincio  nel  1919  alcune  nature  morie  e  «  paesi  ^ 
in  cui,  nella  visione  frammentaria  e  iperbolica,  dimostra 
già  un  temperamento  originale  e  squisito  di  colorista.  Oggi 
raccoglie  il  frutto  delle  sue  esperienze  e  delle  sue  ricerche 
in  un'arte  nella  quale  le  facoltà  sensibili  si  connettono  e 
si  equilibrano  con  quelle  emotive. 

1.  Ritratto  di  mia  madre  (olio). 

Giorgio    DE    CHIRICO   {Gruppo  «  Yalori  Plastici  »). 

Fra  i  giovani  pittori  che  hanno  saputo  svegliare  e  sanno 
mantenere  vive  le  più  bramose  esigenze  della  moderna  crì- 
tica non  v'ha,  crediamo,  pittore  più  tipico,  artista  più 
eccentrico  di  G.  De  Chirico.  Vogliono  che  anch' egli  fi- 
guri come  un  eroe  nella  schiera  dei  cosidetti  rinnovatori  e 
rivoluzionari  della  moderna  pittura:  e  non  pochi  sono  co* 

10  73 


loro  che,  dove  più  ferve  la  vanità  delle  rinnegazioni,  lo  eleg- 
gono ad  esempio  e  se  ne  professano  seguaci.  Ma  noi  vo- 
gliamo contestare  questa  attribuzione  generica  e  superfi- 
ciale assicurando  che  nessuna  preoccupazione,  di  carattere 
diciamo  cosi  temporale,  agitò  mai  il  nostro  artista  oltremodo 
indifferente  all'aspra  polemica  nella  quale  è  veramente  im- 
pegnata la  pittura  d'oggi.  Serafico  quanto  mai,  non  turbato 
da  dubbio  alcuno  sulla  condotta  che  deve  seguire  il  sur^ 
lavoro,  come  resistente  alle  insidie  della  bellezza  naturale, 
Giorgio  De  Chirico  è  un  artista  tutto  chiuso  nella  rocca 
forte  della  sua  misantropica  natura  cui  attinge  le  sorprese 
più  straordinarie  per  contribuire  con  una  originalità  iiiipre- 
veduta  a  generare  meraviglie  e  stupori:  In  suo  possesso  è 
certamente  la  magia  in  forza  della  quale  egli  gode  il  privi- 
legio di  produrre  l'incanto  di  un  mondo  inverosimile  e  se- 
duttore, dove  alcuni  sentimenti  suoi  peculiari  riescono  a 
trovarsi  riflessi  ed  anche  personificati  in  una  mitografìa  che 
costituisce  un  documento  eccezion  ile  di  jroiiismo  melan- 
conico e  tragico. 

Naturalmente  questa  sua  facoltà  di  creatore  fantastico 
ha  trovato  in  successo  di  tempo  modi  e  condizioni  diverse 
per  esprimersi  ed  evolversi.  In  un  primo  periodo  la  sua 
pittura  soffre  di  una  specie  di  romanticismo  sonnambo- 
lico  che  si  risolve  in  effetti  di  una  tragica  attesa,  di  una 
cupa  angoscia  che  agiscono  su  di  noi  come  un  presagio  di 
catastrofici  avvenimenti.  Ma  il  fondo  di  questa  sua  anima 
incline  alla  iperbole  e  alla  immaginazione  paradossale  ha 
trovato  la  sua  incarnazione  più  audace  e  più  tipica  nel  pe- 
riodo di  lavoro  cosidetto  metafisico.  Metafisici  sarebbero 
per  De  Chirico  certi  stati  d'animo  speciali,  più  spiritici 
che  propriamente  trascendentali  come  la  parola  vorrebbe 
suggerire:  stati  d'animo  alla  cui  concretazione  pittorica  con- 
corrono non  soltanto  le  forme  che  son  proprie  alle  cose 
che  si  vogliono  evocare  ma  elementi  eterogenei  e  persi- 
no fantasticamente    assurdi,  i  quali  con    un    getto   d' ironi- 

74 


smo  stranissimo  sanno  tuttavia  svegliare  alcuni  sentimenti 
caratteristici  di  un  romanticismo  eroico  e  nostalgico.  A 
parte  la  critica  di  cui  può  essere  oggetto  questa  singolare 
attitudine  creatrice  non  è  possibile  rifiutare  ad  alcune  di 
queste  magiche  materializzazioni  del  De  Chirico  generate 
in  fondo,  dal! 'incubo  di  una  sottile  sofferenza,  una  forza 
patetica  di  sommo  grado.  Gli  esponenti  più  felici  di  questo 
periodo  ci  sembrano  Ettore  e  Andromaca  ^  Il  Trovatore,  Na- 
tura Morta  evangelica,  Il  grande  metafisico. 

Ma  ora  l'opera  del  De  Chirico  volge  per  altra  via,  una 
strada  maestra  nella  quale  lo  hanno  fatto  felicemente  sboccare 
le  stesse  sue  consentite  virtù  di  grande  pittore  di  razza.  Ora 
le  sue  rappresentazioni  si  rassegnano  negli  aspetti  naturali 
delle  cose  cimentando  l'artista  nella  soluzione  di  necessità 
più  sostanziali  della  pittura  senza  che  per  questo  sia  in  lui 
sopita  l'ardente  immaginazione  e  il  sentimento  dominante 
di  subordinare  la  pittura  alla  vita  poetica  di  un  soggetto  • 
soggetti  che  ci  riportano  perfino  in  un  mondo  eroico,  mi- 
tologico e  storico. 

Esercitano  prestigio  di  grande  serietà  e  sapienza  alcuni 
suoi  ritratti  nei  quali  abbiamo  pure  scoperto  frauimenti  che 
riescono  veramente  a  brillare.  Fra  essi  ci  sembrano  acq  u  i 
stare  un  rilievo  singolare  il  ritratto  dell'artista  con  la  Madre 
ed  alcuni  Autoritratti. 

Ma  il  segno  più  evidente  delle  forze  imprevedute  e  re- 
condite che  si  nascondono  in  questo  pittore,  fra  i  giovani 
modernifistruito  tanto  dell'arte  sua  quanto  spregiudicato 
verso  la  propria  scienza  cui  non  concede  illusione  e  riposo, 
lo  possiamo  ritrovare  in  una  delle  sue  più  recenti  opere: 
Paesaggio  Romano .  Qui  assistiamo  finalmente  ad  una  superba 
conciliazione  della  natura  e  dell'idea  onde  lo  stile  si  fa 
caldo  e  ci  dà  segni  di  una  profonda  umanità.  Qui  l'artista 
sembra  aver  identificalo  nuovamente  se  stesso  in  un  cimento 
in  cui  la  giusta  misura  fa  della  sua  opera  un  termine  nel 
quale  si  possono   confrontare  i  sentimenti  più  larghi  e  gene- 

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rali.  Opera,  questa,  con  la  quale  il  De  Chirico  sembra  voler 
giudicare  come  passeggere  esperienze  ed  atteggiamenti  supe- 
rati quelli  del  passato  nel  tempo  stesso  che  la  sua  perso- 
nalità più  caratteristica  trova  in  essa,  secondo  noi,  la  sua 
definitiva  e  più  armoniosa  espressione. 

Su  questa  strada   noi  vediamo  che  il  cammino  del  gio- 
vane pittore    italiano  si  avvia  verso  una  sicura  meta  di  fe- 
licità. M.  Broglio 
Dipinti  a   oUo    e  a  tempera. 

1.  Ritratto  deliartista  col-  12.  Natura  morta  con  sala- 
la madre  me 

2.  La  caserma  dei  marinai  13.  U enigma  dell'ora 

3.  Il  trovatore  U.  Nióbe 

h-,   Ettore  e  Andromaca  lo.  La  partenza  degli  Ar- 

5.  I  pesci  sacri  gonauti 

6.  Il  grande  metafisico  16.  La  statua  che  si  è  mossa 

7.  Natura   morta    èva n gè-  17.  Le  rose  rosse 
lica  18.  Autoritratto 

8.  Interno  Metafisico  19.  Ritratto    della    signora 

9.  Interno  Metafisico  Bontempelli 

10.  Interno  Metafisico  20.  Paesaggio  romano 

11.  Interno  Metafisico  21.  Ritratto  di  signora 

Disegni 

Nicolas  DE  CORSI 

Nicolas  De  Corsi  è  di  origine  spagnuola  ed  è  nato  in 
Russia,  a  Odessa,  il  5  Agosto  1882.  Eppure  è  il  più  napole- 
tano dei   paesisti   della   giovane  scuola  partenopea. 

Che  la  sua  produzione  odierna  si  ricollega  a  quella  di 
un  maestro  autentico  dell'arte  napoletana,  a  Giacinto  Gi- 
gante: il  più  rappresentativo  tra  i  pittori  della  «  scuola  di 
Posillipo  >,  il  duce  vero  di  quel  movimento  pittorico  rivo- 
luzionario,  che,   abbattendo   le   convenzioni   di   un   freddo 

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accademismo,   bandiva   la    verità   di    una   pittura   sincera, 
alVaria  aperta. 

De  Corsi  è  un  acquarellista  di  non  comune  forza,  che 
unisce  a  una  deliziosa  grazia  di  sentimento  una  bella  effi- 
cacia di  colorazione  e  una  sicura  solidità  di  costruzione. 

E  giunto  all'acquarello  per  via,  oseremmo  dire,  inversa . 

La  sua  prima  attività  pittorica  fu  quasi  esclusivamente 
dedicata  ai  pastelli  e  ai  disegni  colorati,  che,  inviati  alle  più 
importanti  esposizioni,  furono  accettati  dalle  più  severe  giurie. 

Poi,  come  stanco  della  tecnica  del  pastello,  nella  quale 
aveva  acquistata  una  vera  maestria,  si  diede  a  dipingere 
ad  olio. 

È  questo  il  secondo  periodo  della  sua  arte  :  quello  che 
ne  ha  maggiormente  diffusa  la  produzione. 

I  competenti,  pur  apprezzandone  le  sicure  doti,  rim.- 
proverano  agli  «olii»  di  De  Corsi  una  soverchia  piacevolezza. 
È  egli,  difatti,  un  artista  che  si  compiace  di  una  ammira- 
zione immediata. 

Ma  nella  pittura  ad  acquarello,  alla  quale  ha  oggi  comple- 
tamente dedicata  la  sua  attività,  è  artista  schietto  e  nobile. 

Di  questa  sincerità  e  di  questa  nobiltà  documentano 
pienamente  i  luminosi  e  aristocratici  paesaggi  esposti  alla 
Primaverile,  che  danno  a  Nicolas  De  Corsi  un  posto  d'onore, 
collocandolo  definitivamente  nella  esigua  schiera  dei  grandi 
acquarellisti  italiani.  Federico  Petriccione. 

Acquarelli. 

i.  Amalfi  h-.  Strada  sul  mare 

2.  Piazza  di  Pozzuoli  5.  Amalfi  sotto  Varco 

3.  Barca  da  pesca  6.  Banchina  di  Pozzuoli 

Paolo  DE  GAUFRIDY 

Ha  quarant'anni  circa:  è  critico  d'arte  e  giornalista.  Ha 
scritto  molto  sul  Caffaro  di  Genova.  Sopratutto  è  disegna- 
tore sottile  e  profondo, 

77 


Ammiratore  del  grande  pittore  Rubaldo  ?>Ierello,  morta 
recentemente  a  Santa  Margherita  Ligure  e  che  è  stato  forse 
il  maggior  colorista  ligure  del  suo  tempo,  ha  imparato 
molto  da  lui. 

1.  Ritratto  del  Signor  Pater.    4.  Ritratto  della  Signorina 

2.  Ritratto  del  Signor   Leo         M.  Oberto. 

Rigoletto.  5.  Ritratto  della  Signorina 

3.  Ritratto  della   Signorina         A.  Morosini. 

Dora  Hawele.  6.  Ritratto  di  mia  madre. 

Raffaele  DE   GRADA 

E'  nato  a  Milano  nel  1885  e  studiò  all'Accademia  di 
Karlsruhe.  Per  circa  vent'anni  ha  vissuto  a  Zurigo,  in  Sviz- 
zera, dove  ha  preso  parte  a  tutte  le  esposizioni  ufficiali. 
Qualche  sua  tela  fu  acquistata  dal  governo  Svizzero.  Espose 
anche  alla  secessione  di  Monaco,  alla  Internazionale  di  Ve- 
nezia e  a  quella  di  Bruxelles,  dove  fu  eletto  membro  di  giuria 
per  la  Secessione  Svizzera.  Tornò  in  Italia  allo  scoppiare 
della  guerra  per  adempiere  al  suo  dovere  d'italiano. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Sotto  gli  ulivi  3.  Ulivi 

2.  Colli  toscani  4-.  Fine  di  autunno 

Francesco  DE   GREGORIO 

Francesco  De  Gregorio,  nato  in  Napoli,  il  18  ottobre  1862, 
deve  la  sua  scarsa  notorietà  all'assiduo  lavoro  della  pro- 
fessione di  restauratore  —  valentissimo  —  di  dipinti  antichi 
e  di  antiquario,  lavoro  che  non  gli  permette  di  dedicarsi, 
come  vorrebbe,  tutto  intero  alla  sua  arte.  Ma  è  tra  i  pittori 
napoletani   uno   dei  più  degni  di   considerazione. 

Colorista  di  magnifica  forza,  disegnatore  sicuro,  egli 
tratta  la  figura  con  gusto  e  con  maestria.  Ed  è  giustamente 

78 


considerato  dai  conoscitori  come  ritrattista  di  schietta  effi- 
cacia, oltre  che  come  decoratore  elegante  e  valoroso. 

1.  La  donna  del  mio  sogno  (olio) 
Beppe  DEL   CHIAPPA 

Beppe  Del  Chiappa  —  nato  a  Firenze  nel  1883  —  è  torinese 
d'adozione  dal  1908.  Non  è  un  giovane  prodigioso,  non  è  un 
artista  famoso.  Vive  solitario,  nella  sua  piccola  casa  ridente 
con  la  sua  sposa  e  con  la  sua  malinconia.  Il  quartierino  è 
al  quinto  piano  di  un  palazzone  di  via  Cernala.  La  stanza 
da  lavoro  al  sesto,  sopra  i  tetti.  Beppe  del  Chiappa  ama 
star  lontano  dalla  folla  e  in  alto.  A  guardarlo,  diritto  e 
cortese  e  corretto,  in  mezzo  al  suo  studio,  tra  le  sue 
opere  incorniciate  di  argento,  vien  di  pensare  a  un  altro 
mesto  e  diri  tto  e  cortese  uomo  che  l'avrebbe  amato,  per  la 
sua  anima  e  per  le  stranezze  della  sua  arte:  a  Guido  Gozzano. 
Beppe  del  Chiappa  è  pallido  come  Gozzano:  e,  sulle  sue 
labbra  erra,  co  me  su  quelle  cosi  esangui  del  nostro  sempre 
vivente  Morto,  un  indefinibile  sorriso.  Ma  gli  occhi  dell'artista 
—  come  quelli  di  Guido  —  sono  sinceri  e  vivi  e  pieni  di  bontà. 

Sembra  impossibile  che  il  bravo  allievo  della  R.  Acca- 
demia di  B.  A.  di  Firenze,  l'assiduo  degli  Uffizi,  l'innamo- 
rato del  periodo  raffaellesco  fiorentino  e  primaverile,  il 
venerabondo  di  Giotto,  di  Andrea  del  Castagno  e  di  Fattori 
si  sia  traviato  —  direbbe  un  professore  di  disegno  —  fino  a 
questo  punto. 

Beppe  Del  Chiappa  sa  quello  che  vuole.  Parla:  «Ho 
lavorato,  mi  sono  sfaticato,  ho  consumato  colori  e  tele  per 
dieci,  quindici  anni  alla  ricerca  del  bel  disegno,  del  bel 
colore,  del  bel  pezzo  di  vero  in  perfetta  luce,  secondo  tutte 
le  leggi  della  grammatica  e  della  sintassi  pittorica.  E  qual- 
cosa ho  fatto.  Paesaggi  prospetticamente  esatti,  con  le  loro 
ombre  postate  e  con  i  toni  a  posto;  ho  dipinto  ritratti  di 
belle  signore,  di  donne  eccentriche,  eleganti  e  pallide  di  una 

79 


rassomiglianza  fotografica. . .  Badi  che  io  rispetto  ed  ammiro 
Sargent  e  Boldini  e  Bianche  e  Whistler  e  Grosso  e  più  an- 
cora quei  formidabili  antichi  ritrattisti  dai  quali  questi  con- 
temporanei derivano  modi  e  forme.  Ma  tutte  le  volte  che 
firmavo  un'opera,  allora,  mi  sentivo  inquieto  e  disgustato, 
quasi  avvilito.  Nato  e  cresciuto  in  mezzo  ai  capilavori,  con 
negli  occhi  la  purezza  dei  Della  Robbia  e  di  Fra  Giovanni 
che  cosa  potevo  fare  io  schiacciato  da  cosi  epiche  grandezze? 
Io  mi  sentivo — fino  da  giovinetto  —  incline  al  fantasticare. 
Dipingendo  un  paese  o  una  persona  mi  astraevo,  invinci- 
bilmente, dalla  materialità  del  luogo,  dalla  carnalità,  dal 
fisico  dell'individuo. . .  Ero  straziato. . .  Oggi  dopo  tanta 
pena,  mi  sembra  di  aver  trovato  il  mio  viottolo.  Cerco  anime. 
Mi  par  di  trovarle. . .  E  dipingo,  con  la  coscienziosità  tecnica 
dei  miei  tempi  scolastici,  studio  sempre  l'anatomia,  studio 
le  pieghe,  cerco  gli  impasti  migliori.  Sono  lento,  al  lavoro, 
e  incontentabile. 

Beppe  del  Chiappa  non  è  un  pittore  mancato  che  di- 
pinga, per  illudersi  o  per  illudere,  stramberie  e  fantasticherie 
letterarie  di  seconda  o  di  terza  mano  e  non  è,  ci  pare,  neppure 
uno  di  quei  molti  artisti  che  non  avendo  niente  nel  cranio, 
tentano  di  tradurre  sulla  tela,  con  segni  volutamente  puerili, 
stiracchiati,  grotteschi  colorati.  È  semplicemente  un  onesto 
calmo  artista,  che  a  metà  ormai  del  cammino  della  vita,  ha 
trovato  attraverso  prove  e  riprove  il  suo  stile.  Esso  è  e  può 
essere  discutibile  come  tutti  gli  stili,  forse  è  una  mistura 
d'altre  scritture  pittoriche,  ma  è  certo  interessante. 

A  guardare  i  quadri  di  Beppe  del  Chiappa  si  pensa  alla 
verità  di  Gh.  Baudelaire:  '^ L'art  pur  e  est  créer  une  magie 
suggestive  contenant  à  la  fois  Vobjet  et  le  sujel,  le  monde 
extérieur  à  V artiste  et  Vartistelui  méme  />.  Il  pittore  del  Chiappa, 
che  è  un  toscano  spaesato,  tuffato  nell'indeterminatezza  grigia 
e  fredda  dei  cieli  e  delle  nebbie  del  nord,  è  paesista,  ri- 
trattista e  decoratore.  Decoratore  nel  più  buon  senso  della 
parola.  Degas    nelle  b  dlerine  dipingeva  con  superba  verità 

80 


di  segno  e  con  grassi  impasti  le  sudate,  estenuate,  volga- 
rissime  proletarie  della  grazia.  Tutta  la  carne.  Tutta  la  fatica. 
Degasle  vedeva  avvolte  nelle  garze,  nell'aria  rossa  e  pesante 
del  gaz.  Del  Chiappa  le  sue  ballerine  le  immagina  e  le  di- 
pinge invece  come  dipingerebbe  i  delicatissimi  fiori.  La 
carne,  l'abito,  la  posa  non  sono  che  mezzi  per  esprimere  il 
suo  sentimento  che  è  quasi  sempre  musicale,  su  tre  toni: 
il  roseo  della  carne,  il  rosso  o  il  nero  della  seta  e  del  vel- 
luto, il  grigio  dello  sfondo.  E  al  sentimento,  il  moderno 
ma  non  modernista  nostro  pittore,  aggiunge  il  tristo  e  triste 
segno  del  tempo,  la  tragica  passione  delle  nuove  generazioni, 
eroiche  e  malate,  operose  e  sognanti.  La  sua  pittura  è  di- 
sinteressata, cerebrale  e  voluttuosa.  L'inconfessata  ansia 
nostra  si  riflette  nelle  sue  figurazioni  languide,  malate,  arti- 
ficiose. La  donna  domina  i  suoi  sensi,  il  suo  spirito. 

La  pittura  non  è  per  Beppe  del  Chiappa  imitazione  e 
contraff'azione  del  vero  :  è  poesia.  Qualche  volta  umile  poesia, 
ma   sempre  poesia.  Ed  è  forma  e  luce.  Bella  forma  e  luce 

calma.  Lux  lucei. 

(Da  un  profilo  di  Emilio  Zanzi). 

1.  La  danza  del  cigno  4.  Fra  i  cuscini 

2.  Ritratto    del   pittore  5.  Riflettore  verde 
RiQCobaldi  6.  Il  tappeto  rosso 

5.  Armonia  abbozzata  7.  Danzatrice 

Brenno  del  giudice 

Architetto  di  riposante  modernità,  s'è  messo  in  evidenza 
a  Venezia  e  nel  Veneto  con  progetti  generali  di  ville  e  di 
chiese,  con  decorazioni  ed  abelUimenti  di  interni  pieni  di 
elegante  intimità;  e  col  partecipare  a  numerosi  concorsi,  dei 
quali  qualcuno  fu  da  lui  vinto  brillantemente.  Ha  esposto  a 
Cà  Pesaro,  alla  mostra  internazionale  d'arte  sacra  in  palazzo 
Reale,  ecc.  Ha  poco  più  di  trentacinque  anni. 

1.  Progetto  di  chiesa  per  campagna 
81 


Nino  DELLA   GATTA 

E*  nato  in  Sezze  presso  Roma  nel  1868.  E  a  Roma  si 
ebbe  i  primi  elementi  dell'arte  prima  da  Antonio  Fabrés, 
poi  dal  celebre  José  Vellegas,  entrambi  spagnoli.  Venuto  a 
Firenze  verso  i  16  anni,  studiò  con  Odoardo  Bonani  frequen- 
tando nello  stesso  tempo  la  Scuola  d^'l  nudo. 

Necessità  finan^.iare  lo  indussero  a  far  dell'arte  commer- 
ciale ;  dipinse  quadretti  di  genere;  ma  non  contentava  troppo 
i  negozianti.  Un  tedesco  gli  suggerì  di  mettere  della  cipria^ 
molta  cipria  sulla  faccia  dei  modelli! 

«  Feci  poi  l'acquarellista  —  scrive  egli  con  un  accento 
pieno  di  modestia  e  di  sincera  umanità  —  e  per  diversi 
anni  quello  fu  il  mio  pane.  Nella  buona  stagione  facevo 
molti  bozzetti  per  mia  soddisfazione,  tanto  che  gli  intitolai 
«uno  al  giorno».  Una  volta  fatti,  li  buttavo  nell'immondizia, 
ma  qualcuno  li  raccoglieva...  La  guerra  mi  inviò  in  una  trin- 
cea morale,  cioè  feci  per  cinqu'anni  l'impiegato  comunale 
a  Firenze.  Il  vero  e  la  sincerità  mi  guidano  nella  mia  po- 
chezza. 

Espone  poche  volte.  A  Livorno  una  giuria  composta  di 
P'attori,  Cannicci  e  Romanelli  gli  conferì  una  medaglia  d'ar- 
gento. 

i.  Via  di  Querceto  a  San  Gemignano  folio). 
Giovanni  DE   MARTINO 

Giovanni  De  Martino  nato  in  Napoli,  il  3  gennaio  1872,  è 
scultore  notevolissimo,  dotato  di  spiccati  caratteri  indi- 
viduali. 

La  nota  che  predomina  nella  sua  arte  è  una  fine  e  pensosa 
mestizia,  espressa  con  aristocratica  e  con  sincera  tenacia. 

La  sua  produzione,  non  troppo  numerosa,  ha  degnamente 
figurato  nelle  principali  esposizioni  moderne,  italiane  e 
straniere  procurandosi  una   seria  e  solida   fama. 

82 


Vive  ritirato  in  solitudine,  lungi  dal  vano  rumore  del 
mondo,  dedito  con  tenacia  al  suo  nobile  lavoro. 

1.  Appassionata  2.  Testa  di  donna 

Maria  DE  MATTEIS 

E'  fiorentina,  allieva  di  Galileo  Chini,  si  è  dedicata  quasi 
esclusivamente  all'illustrazione,  nei  cui  campo  ha  conqui- 
stato buon  nome.  Ha  gusto  decorativo  aristocratico  e  senso 
del  colore  squisito  e  insieme  vivace.  Le  sue  combinazioni 
fantasiose  sono  piene  di  armonia. 

(Mezzetempere) 

1.  Settecento  ^.  Sulla  spiaggia 

2.  Bautte  5.  L'uscita  dalla  messa 

3.  Cina  6.  Autunno 

Francesco  DE  NICOLA 

Francesco  De  Nicola,  nato  in  Musellaro-Majella,  prov. 
di  Chieti,  il  24  ottobre  1883,  ha  studiato  pittura  con  tre  valo- 
rosi maestri:  Cammarano,  Volpe  e  Vetri,  dai  quali  ha  ap- 
preso il  religioso  rispetto  che  nutre  per  l'arte. 

E  figurista  espressivo  e  sensibile,  e  predilige  come  sog- 
getto il  nudo  all'aria  aperta,  che  tratta  con  fervida  passione. 

Oltre  che  simpatico  colorista,  è  sicuro  e  corretto  dise- 
gnatore. Federico  Petriccione. 

1.  La  spina  (olio). 

(Disegni) 

2.  Lucia  3.  Ida 

Giuseppe  DE   SANCTIS 

Giuseppe  De  Sanctis  nato  a  Napoli,,  il  21  giugno  1858, 
è  uno  dei  gloriosi  artisti  napoletani  della  grande  scuola 
morelliana.  Ma  a  differenza  del  maestro,  che  amò  il  genere 

83 


storico,  ha  preferito  rappresentare  la  vita  moderna,  sia  in 
paesaggi  di  larga  fattura,  sia  in  delicate  composizioni,  sia 
in  aristocratici  ritratti  ed  espressive  mezze  figure  muliebri. 

Ha  partecipato  col  più  vivo  successo  a  oltre  sessanta 
esposizioni  nazionali  e  internazionali,  guadagnandosi  l'ami- 
cizia  di  insigni  artisti  stranieri,  come  Géròrae,  Oulees, 
Alma-Taderaa,  Dagnan-Bouveret. 

Oltre  che  pittore  di  molta  valentia,  è  uomo  di  vasta 
coltura  e  di  raro  spirito.  Federico  Petriccione. 

1.  Garofano  rosso  folio) 
2.  Studio  di  ritratto  della  Principessa  R.  (pastello) 

DoMExMco  DE  VANNA 

Nato  a  Terlizzi  (Bari)  nel  1893.  Autodidatta.  É  una  delle 
giovane  forze  della  pittura  napoletana. 

1,  Notte  chiara  (olio), 
Ettore  DI   GIORGIO 

È  nato  ad  Alessandria  d'Egitto  nel  1890,  da  genitori  ita- 
liani. Da  sé  stesso  studiò  la  pittura  e  particolarmente  la 
xilografia,  alla  quale  ha  saputo  conferire,  mediante  colora- 
zioni e  modulazioni  sapienti  di  chiaroscuro,  una  ricchezza 
tecnica  inusitata  od  accenti  espressivi  novissimi,  special- 
mente in  vista  dell'evidenza  plastica.  Sulla  trama  di  sog- 
getti spesso  letterari,  il  Di  Giorgio  tesse  armonie  decorative 
squisitamente  raffinate.  Stampe  del  Di  Giorgio  sono  posse- 
dute dalla  Galleria  degli  Uffizi  di  Firenze,  dalla  Moderna  di 
Roma,  di  Bologna,  di  Lucca  e  da  quella  Imperiale  di  Tokio. 
E  «  invitato  ^  alla  Biennale  di  Venezia.        Mario  Tinti. 

1.  Pappagalli  4.  Bevi^  creatura  di  Cristo 

2.  La  sposa  5.  Satiro 

3.  Il  vaso  doro  6.  La  Sfinge 


Antonio  DISCOVOLO 

Ha  lavorato  per  anni  ed  anni  nascosto  in  alcuni  paesetti 
della  Riviera  di  Levante.  E'  stato  a  Vernazza,  a  Gorniglia, 
a  Levante,  alla  Spezia.  Da  qualche  anno  abita  nella  sua 
bella  casetta  a  Bonassola.  Tutta  la  vita  ligure,  nel  suo  ciclo 
fragrante  e  luminoso  gli  sta  d'intorno  come  una  corona  di 
maraviglia  che  egli  indaga  e  cerca  fermare  con  l'arte  :  gli 
scogli  a  piombo  sul  mare,  i  pini  rossi  e  bronzei,  le  sassose 
erte  montane,  le  marine  smaglianti....  Alla  vita  dei  liguri  ha 
offerto  bellissimi  poemi  di  colori  e  di  forme:  La  raccolta 
delle  ulive  ;  La  raccolta  dei  limoni,  ecc.  Ora  egli,  preso  dal- 
l'amor grande  del  ritratto,  abbandona  frequentemente  il  mare 
per  andare  a  Milano  dove  compone  opera  di  gran  pregio. 
La  Fiorentina  Primaverile  espone  tre  saggi  dei  suoi  ritratti. 
Interrogato  da  noi,  egli  scrive:  «Ho  fatto  i  corsi  classici  a 
Pisa.  Nel  1890  entrai  all'Accademia  di  Belle  Arti  a  Firenze 
ed  ebbi  a  maestro  Giovanni  Fattori.  Nel  '92  compii  gli  studi 
all'Accademia  di  Lucca,  col  Prof.  Norfoni.  Mi  trasferii  a 
Roma  nel  1898.  Li  ebbi  l'amicizia  e  i  consigli  di  Nino  Costa, 
che  m' invitò  a  far  parte  del  gruppo  dell'  In  Arte  Liberias. 

«  Attratto  dalla  tecnica  divisionista,  iniziai  nel  Golfo  di 
Spezia  una  serie  di  marine  e  paesaggi  liguri  che  esposti  a 
Roma  ebbero  un  primo  acquisto  di  S.  M.  il  Ee:  Plenilunio 
nel  Golfo  di  Spezia,  e  molti  da  privati:  Le  addormentate. 
Contessa  dall'Oppio;  Mattino  a  Telaro,  Il  Viatico  in  mon- 
lagna,  ecc. 

«  Segui  una  serie  di  grandi  quadri  sempre  divisionisti 
esposti  afRoma,  Venezia,  Pietroburgo,  Saint-Louis,  ecc.,  e  poi 
venduti  a  gallerie  pubbliche  e  a  raccolte  private;  fra  questi: 
Le  \Yeechie,  all'ex  Ministro  di  Francia,  Hannotaux;  //  Silenzio, 
al  Dott.  Birgmann,  di  Santa  Fé;  Marosi  e  II  Giardiniere,  alla 
Galleria  del  Municipio  di  Arezzo;  La  Veglia,  a  Sem  Benelli. 

«  Abbandonata  la  tecnica  divisionista,  per  ritornare  alla 
bellezza  plastica  dell'impasto  concepito  però  con  una  visione 

85 


larga,  personale  e  moderna  iniziai  a  Bonassola  (Liguria) 
una  serie  di  «  notturni  *  con  pitture  mitologiche  e  fanta- 
stiche. Infine  dipinsi  quadri  in  pieno  sole  che  illustrano  la 
vita  agreste  dei  liguri-  Anche  di  questi  due  periodi  molti 
quadri  sono  in  gallerie  private  e  pubbliche,  in  Italia  e  al- 
l'Estero. In  questi  ultimi  tempi  mi  sono  dedicato  al  ritratto 
cercando  di  esprimere  in  esso  sopratuUo  il  carattere  della 
persona  e  del  suo  mondo.  F'ra.  queste  ultime  opere:  il 
Ritratto  di  mia  madre,  di  proprietà  di  Sem  Benelli,  i  ritratti 
di  Antonio  Bertramelli,  del  Prof.  Vigevani,  di  Donna  Angela 
Furari-Savatelli,  ecc.  ». 

1.  Ritratto  di  mia  madre  —    2.  Ritratto    della    Signora 
(Proprietà  Sem  BenelliJ.  Argia  Sarti. 

3.  Ritratto  di  Ettore  Cozzoni 

Benvenuto  DISERTORI 

E'  nato  a  Trento  nel  18S7.  Ha  studiato  a  Venezia,  con 
Guglielmo  Ciardi,  ei  a  Monaco  di  Baviera.  Gli  intelligenti 
d'arte  lo  considerano  come  uno  dei  più  raffinati  incisori 
che  vanti  l'Italia  d'oggi. 

Ingannati  dal  soggetto  di  talune  sue  acqueforti,  l'hanno 
definito:  r«  ironico»;  hanno  dimenticato  però  che  a  Bu- 
rano,  <t  r isola  orgiastica,  sconcia  e  variopinta»,  egli  non 
vide  i  frolli  costumi,  che'  pure  avrebbero  dovuto  offrire  ad 
un  ironista  copia  di  spunti  e  malizia  di  sorrisi,  ma  soltanto 
1  rami  di  un  <'  Fico  secco  »,  aridi,  precisi  e  duri,  contro  la 
lucente  vastità  del  cielo;  e  che  certo  apparente  decadentismo 
di  gusti  e  di  tendenze  male  avrebbe  potuto  accordarsi  con 
la  tersa  e  disperata  classicità  di  segno  che  è  propria  del 
Disertori.  11  quale  ha  sempre  amato  i  luoghi  antichi  ed  ermi, 
dove  è  possibile  che  una  lenta  cristallizzazione  dell'anima 
si  produca  entro  un  cerchio  di  silenzio,  di  soave  taciturnità. 
I  borghi  delle  città  toscane  ed  umbre,  —  di  Fiesole,  Gubbio, 
San  Gemignano  o  Perugia  —  lo  hanno  avuto  interprete  attento 

86 


del  carattere  impresso  dagli  uomini  e  dal  tempo  alla  fuga  delle 
1  oro  case,  dei  loro  campanili  verso  sfumate  lontananze  di  colli. 

Benvenuto  Disertori  ha  reso  i  paesaggi  preferiti  con  un 
ascetismo  di  linea  pieno  di  desolazione.  Può  darsi  che  nella 
sua  vita,  in  certe  sue  contraddittorie  tendenze  ai  «  bohemiens» 
colto  e  disordinate,  vi  siano  bizzarre  ed  [ironiche  fantasie. 
Certo  è  che  le  sue  acqueforti  e  i  suoi  disegni  son  come  reti 
sottili  dove  lo  spirito  si  placa  e  si  contiene,  senza  scosse  e 
senza  traccie  di  torture  leggere  —  in  dolce  penitenza.  E 
sembra  che  questa  paziente  rarefazione  sia  ottenuta  da  lui 
con  un  lavoro  stilistico  ostinato  e  minuzioso  che  stanchi 
ogni  passione,  ogni  febbre,  ogni  turbamento. 

Un  classico^,  ripetiamo:  e  un  classico  che  non  si  concede 
neppure  quella  innocente  comicità  formale  che  potrebbe 
nascere  dal  contrasto  tra  una  materia  fervida  di  maliziose 
allusioni  e  la  sicurezza  lapidaria  del  segno.  La  sua  forma 
è  ridotta  all'elemento  primo:  il  tratto,  il  contorno  ;  è  fissata 
in  stabili  ed  astratte  chiarità.  Con  un  processo  comune  a 
tutti  i  disegnatori  di  razza,  egli  se  ne  impadronisce,  sot- 
traendola all'  influenza  di  ogni  irradiazione,  di  ogni  riflesso. 

Ecco  perchè  nelle  sue  opere  s' ha  l' impressione  che  la 
realtà  sia  còlta  con  non  sappiamo  quale  freddezza,  senza 
avventurose  accidentalità.  Mentre  è  certo  che  l'eterna  bel- 
lezza di  certi  aspetti  naturali  trova  così  adeguate  rispon- 
denze nel  carattere  di  permanenza  che  i  mezzi  espressivi 
riescono  a  conferirle  nella  trasposizione  estetica. 

Benvenuto  Disertori  è  rappresentato  in  molte  gallerie 
pubbliche  italiane,  al  National  Museum  di  Stoccolma  e  al 
Museo  Nazionale  di  Tokio.  Carlo  Tridenti. 

Tre  acqueforti. 

Mario  DISERTORI 

Nato  a  Trento  nel  1896.  Studiò  senza  maestri. 
1.  Alle    Cascine. 


87 


Carlo  DONATI 

E'  veronese,  della  città  che  dette  i  natali  ad  un'altro 
pittore  anch'egli  soavemente  mistico  :  Stefano  di  Zevio.  Nacque 
nel  1874  e  studiò  con  Napoleone  Nani. 

Lo  chiamano  «  il  Mistico  »  nome  che  è  bene  appropriato, 
non  soltanto  all'arte,  ma  anche  alla  personalità,  all'indole 
del  Donati;  poiché  veramente  egli  -  uomo  la  cui  modestia, 
e  vorremmo  dire  umiltà,  è  pari  al  genuino,  intrinseco  va- 
lore -  può  paragonarsi  agli  antichi,  più  intimi  lirici  del 
pennello  —  uomini  quasi  sempre  modesti  e  semplici  —  che 
rivissero  con  intensità  e  schiettezza  di  spirito  il  Poema  cri- 
stiano e  ne  fecero  ripalpitare  nella  loro  arte  tutta  l'i'ssenza, 
insieme  di\ina  ed  umana. 

Vi  sono  gli  artisti  pseudo-mistici,  pseudo-religiosi,  per 
i  quali  l'arte  sacra  è  soltanto  una  illustrazione  iconografica, 
possibilmente  circonstanziata  di  precisi  riferimenti  storici 
e  archeologici  delle  Scritture  ;  nelle  loro  opere  manca, 
però,  ciò  che  è  l'intrinseco,  l'essenzaiale  dell'arte  religiosa: 
la  commozione  mistica,  quel  palpito  di  umanità  commossa  di 
sé  stessa,  del  proprio  destino  e  insieme  del  mistero  e  del 
dramma  della  vita,  senza  del  quale  i  perso)iaggi  sacri,  presi 
a  raffigurare,  non  sono  che  le  comparse  <\sose  e  scipite  di 
una  qualsiasi  messa  in  iscena. 

Anche  a  non  essere  panteisti,  si  sa  che  il  divino  può 
essere  in  ogni  cosa  in  ogni  forma,  se  viste  con  quello  spi- 
rito superlativamente  commosso  e  poetico  che  è  alla  radice 
di  ogni  eletta  arte:  per  il  pittore  vero  artista  ogni  pennel- 
lata è  un  atto  di  devozione  e  di  omaggio  reso  alla  vita  «  bella 
e  buona  »  —  come  diceva  Socrate:  —  alla  divinità  delia  vita. 
Solo  se  possiede  un  tale  tesoro  di  umanità,  l'artista  impren- 
dendo a  distinguere  storie  religiose  potrà  fare  arte  religiosa. 

Ora  cotesto  dono  il  Donatilo  possiede  indiscutibilmente. 
Ve  ne  sono  riprove  lampanti  nell'arte  sua:  quella  di  saper 
prestare  sentimento  religioso  anche  a  fatti  soltanto  umani; 

S8 


e,  a  riscontro,  quella  di  saper  trasportare  in  un'attualità  pal- 
pitante anche  fatti  sacri,  la  cui  trascendenza  e  solennità 
sembrerebbero  essere  remotissime,  ormai,  dallo  spirito  così 
avvelenato  di  positivismo  e  tanto  digiuno  di  sentimento  poe- 
tico e  favoloso  della  vita  moderna.  E  tutto  ciò  si  con  giunge 
nel  Donati  ad  una  facoltà  fuor  della  quale  non  esiste  vera 
arte:  reffìcacia  e  padronanza  dell'espressione,  l'evidenza  e 
l'armonia  della  forma. 

Egli  è  un  «  maestro  »  nel  senso  originario  e  più  vero  della 
parola  :  esperto  di  tutte  le  tecniche  —  specialmente  quella 
che  fu  un  tempo  vanto  glorioso  dell'arte  italiana  —  l'affre- 
sco; —  le  quali  egli  insegna,  insieme  ad  ogni  altra  norma 
dell'arte,  alla  Scuola  di  Arte  Applicata  di  Verona. 

Ha  affrescato  varie  chiese  e  cappelle  del  Veneto:  la 
«  Cappella  dei  Caduti  »  a  Verona,  quella  di  Santa  Croce  del 
Breggio  nel  Trentino,  e  quella  «  Cappella  della  Vittoria  » 
nel  Sant'Apollinare  di  Ravenna,  nella  quale  ha  saputo  ele- 
vare le  figurazioni  della  nostra  guerra  cosi  acerrimamente 
realistica  e  moderna  al  cielo  poetico  dell'epos  e  della  storia, 
senza  cadere  tuttavia  nel  retorico  e  nel  manierato,  tro- 
vando quel  diffìcile  quid  medium  fra  la  realtà  e  lo  stile  in 
che  consistono,  appunto,  il  segreto  e  la  misura  della  trasfi- 
gurazione artistica. 

Il  Donati  ha  esposto  altresì  nelle  principali  mostre  ita- 
liane ed  estere;  alla  Internazionale  di  Venezia  e  alla  recente 
Mostra  d'Arte  Sacra,  dove  una  sua  originale  «  Via  Crucis  » 
ottenne  la  medaglia  d'oro. 

1.  La  «  Crocerossina  »        3.  L'Abete 

2.  Idillio  4.  La  Madonna  del  Mulino 

5.  Notturno 

ILDE  DONATI  DELLA  PORTA 

È  veronese,  moglie  di  Carlo  Donati.  Seguì  prima  a  Fi- 
renze i  corsi  del  Magistero  Femminile,  poi,  tornata  a  Verona 


si  mise  a  studiare  pittura,  airAccademia  diretta  da  Napo- 
leone Nani.  Alia  miniatura  si  è  applicata  solo  di  recente,  i 
suoi  primi  lavori  furono  dei  quadretti  a  olio.  Studiò  a  Ve- 
rona ia  pittura  sull'avorio,  in  questi  ultimi  tempi  caduta 
in  disuso  o  praticata  solo  da  mestieranti,  ha  ricevuto  dalla 
sua  arte  sottile,  sensibile,  affettuosa  una  vera  riconsacrazione. 
Senza  varcare  i  limiti  che  sono  assegnati  alla  miniatura  dal 
suo  stesso  carattere  di  pittura  induj^iata  e  tenue,  la  Donati  ha 
saputo  trarla  dalla  meschinaggine  d'  un  mèro  giuoco  di  abi- 
lità manuale,  innalzandola  alla  nobiltà  e  alla  verità  dell'au- 
tentica arte.  Alla  squisitezza  del  colorito  ella  ha  unito  un  raf- 
finato senso  della  composizione  e  una  visione  stilistica  tutta 
intuitiva  e  piena  di  naturalezza,  accomunando  due  ele- 
menti che  cosi  difficilmente  si  armonizzano:  la  poesia  pit- 
torica e  la  fedeltà  al  soggetto. 

Le  due  fìgurette,  impaginate  deliziosamente,  per  entro 
i  toni  chiari  degli  interni  moderni,  suggeriscono  una  poe- 
sia affettuosa  un  po'  nostalgica  alla  Laforgue.  Sono  tal- 
volta delle  vere  e  proprie  liriche,  dei  poemetti  tenui  e 
squisiti,  come  /  due  cugini.  Vedendo  questi  quadri  mi- 
nimi, dipinti  con  una  sottigliezza  che  è  pari  al  senso 
ideale  delle  forme,  si  pensa  a  Carpaccio,  ai  più  intimi  «  in- 
ternisti» fiamminghi,  alle  miniature  persiane  e  cinesi  — 
eppure  essi  sono  essenzialmente  «moderni  »  e  al  tutto  liberi 
di  qualsiasi  preconcetto  culturale.  Il  segreto  di  questa  arte 
delicata  sta  tutto  nella  gentilezza  dell'animo  di  cui  è  l'espres- 
sione. A  questo  proposito  un  aneddoto.  Una  volta  Carlo 
Donati  disegnò  della  moglie  un  ritratto  nel  quale  ella  rav- 
visò una  tal  quale  idealizzazione  delle  sue  fattezze:  allora 
con  garbato  tratto  di  spirito,  pieno  di  amorevolezza,  ella 
scrisse  sotto  la  propria  immagine  questi  versi  nel  delizioso 
e  arguto  dialetto  veneto: 

Cosa  me  importa  a  mi  se  no'  so  bela 
se  go  el  marito  mio  che  fa  el  pitore, 

90 


el  m'à  disegna  qua  come  'na  stela; 
cosa  me  importa  a  mi  se  no  son  bela? 

M.  T. 

1.  Paola    Ojetti    (proprietà      3:  Ritratto  d'artista 

Ugo  Ojetti)  4.  La    Contessina    Andry 

2.  Cecilia  Buffoni 

Proprietà  del  Conte  Carlo  Palazzoli 
5.  I  due  cugini  6.  Le  mie  bambine 

Leonardo  DUDREYILLE 

Quando  si  scriverà  la  storia  della  nostra  giovine  arte, 
distinta  in  due  capitoli  corrispondenti  alle  sue  parti  — 
«  Iconoclasti  »  e  «  Convertiti  »  —  bisognerà  dare  a  Leonardo 
Dudreville  un  buon  posto  tanto  nel  primo  che  nel  secondo. 
Dudreville,  nato  a  Venezia  nel  1885,  ha  avuto  egli  pure  la 
sua  scarlattina  futurista  (ma  si  dice  che  certe  febbri  sono 
febbri  di  salute),  durata  forse  un  po'  più  del  necessario.  E 
siccome  ingegno  ne  ha  dalla  nascita,  scintille  ne  sprizza- 
vano anche  da  quella  sua  prima  maniera.  Certe  tele  erano, 
almeno  per  noi  profani,  della  stravagante  tappezzeria,  ma 
ricca  di  fantasia  e  di  colore. 

Ora  il  libro  della  sua  arte  è  aperto  ad  una  rubrica  la 
quale  dice  :  «  Incipit  vita  nova  ».  E  che  po'  po'  di  rivolu- 
zione sia  avvenuta  nella  mente  del  giovine  pittore  ce  lo 
dice  il  suo  nuovo  credo  :  «  Idee  chiare,  chiaramente  espresse  ». 

Il  Dudreville,  soggiorna  e  lavora  a  Milano. 

(Da  un  profilo  di  Vincenzo  Bucci) 
Dipinti  a  olio 

1.  Un  caduto  2.  Riviera  3.  Paese 

Nicola  FABBRICATORE 

Di  Napoli. 

i.  Studio  (Pastello). 

91 


Alberto   FALCHETTI 

E'  nato  a  Torino  da  padre  pittore  che  lasciò  degna  orma 
di  sé  nella  pittura  piemontese  di  nature  morte  e  paesaggi 
all'epoca  romantica. 

Seguì  dapprima  la  tecnica  paterna,  ma  avendo  con  quella 
iniziato  a  studiare  direttamente  dal  vero,  cominciò  presto 
a  dimostrare  una  sua  spiccata  personalità. 

Visse  allora  molto  in  montagna  ove  ebbe  rapporti  d'a- 
micizia col  Segantini,  alla  cui  arte  divisionista  si  sentiva 
portato  Poi  andò  in  Francia  ed  Inghilterra  ove  studiò  e  co- 
nobbe il  pittore  Solm  Sargent,  col  quale  viaggiò  e  dipinse 
in  Oriente.  Continuò  dopo  a  viaggiare  conoscendo-  le  mi- 
gliori gallerie  d'arte  d'Europa. 

Abbandonò  grado  grado  la  tecnica  divisionista  per  ser- 
virsi di  una  sua  tecnica  più  libera  e  più  larga  con  la  quale 
tradurre  più  immediatamente  la  vivacità  della   sensazione. 

Sono  della  prima  e  dell'ultima  epoca  le  sue  opere  più 
note  che  furono  acquistate  da  varie  Gallerie,  fra  le  quali 
quella  Nazionale  del  Lussemburgo  di  Parigi.  Ottenne  premi 
a  Torino,  Bruxelles  ecc. 

Attualmente  ama  dipingere  la  figura  umana  in  pien'  aria, 
aspirando  a  rendere  la  poesia  e  la  grandiosità  della  mon- 
tagna insieme  alla  intensa  e  sublime  emotività  della  natura 
umana  nelle  scene  piene  di  lirismo  della  vita  pastorale. 

1.  Donne  delle  Alpì^  n.  8  impressioni  (Dipinti  a  olio). 
Francesco  FANELLI 

E'  livornese  e  allievo  di  Giovanni  Fattori.  Visse  e  lavorò 
per  molto  tempo  a  Torre  del  Lago,  sulle  rive  del  Massa- 
ciaccoli,  e  le  sue  tele  ripeterono  il  molteplice  incanto  di 
quei  luoghi,  fra  monte,  lago  e  mare,  che  anche  il  Nomellini 
amò  e  dipinse.  Ora  abita  a  Viareggio,  in  solitudine,  da  sem- 
plice e  da  forte,   che   ama    assai   più   l'arte  sua  che  non  il 

92 


consenso  degli  uomini.  Dipinge  con  la  schiettezza  che  è 
propria  della  sua  scuola,  non  preoccupandosi  di  tecniche  e 
di  teorie.  Predilige  della  natura  gli  aspetti  tenui  e  malin- 
conici. 

1.  Ritratto  di  Tibarzi  2.  Tacchino 


NiNA  FEEEARI 

Frequentò  per  circa  due  anni  la  «  Scuola  di  Disegno  per 
gli  operai  »  di  Reggio  Emilia,  dove  è  nata  nel  1878.  Più  tardi 
studiò  a  Venezia  con  Luigi  Nono  e  quindi  a  Firenze  con 
Francesco  Gioii.  Si  dedicò  in  seguito  alle  acqueforti  fre- 
quentando la  scuola  di  Celestino  Celestini. 

Espose  nella  prima  Esposizione  italiana  d'incisione  a 
Milano,  dove  due  sue  acqueforti  furono  acquistate  dalla 
Galleria  Sforzesca;  poi  a  Londra  nell'Esposizione  Italiana 
prò  Croce  Rossa,  una  delle  due  incisioni  fu  acquistata  dal 
Museo  di  Toliio  ;  in  seguito  alla  «  Francesco  Francia  »  di 
Bologna,  a  Torino,  a  Milano,  ecc.  La  critica  segnalò  spesso 
ed  ebbe  a  lodare  le  sue  incisioni.  Una  delle  sue  «punte- 
s  ecche  »,  si  trova  nella  Galleria  Nazionale  di  Roma. 

Quattro  puntesecche 
Niccolo'   FERRAZZANO 

È  nato  in  Napoli,  il  24  marzo  1883;  ha  studiato  scultura 
con  quell'insigne  artista  che  è  Achille  D'Orsi,  all'istituto  di 
Belle  Arti  napoletano,  dal  quale  è  escito  licenziato  nel  1907. 

Ha  partecipato  a  tutte  le  mostre  napoletane  d'arte. 

Poi,  trasferitosi  a  Parigi,  ha  esposto  nei  vari  salons.  fa- 
cendosi apprezzare  e  notare. 

È  artista  corretto  e  studioso. 

1.  Figlio  del  mare  {Bronzo) 
93 


Guido  FERRONI 

Nato  a  Siena  il  19  febbraio  1888,  il  Ferroni  è  un  autodidatta. 
L'afflizione  della  sua  vita  è  quella  — oggi  comune  a  molti  artisti 
—  di  non  poter  dedicare  tutto  il  suo  tempo  all'arte  -  co- 
stretto com'è  a  far  l'insegnante.  Venuto  a  Firenze  da  ragazzo 
e  avendolo  il  caso  portato  a  contatto  con  dei  pittori,  egli 
s'innamorò  della  pittura.  I  suoi  primi  lavori  furono  dei  boz- 
zetti in  cui  dominava  la  preoccupazione  dei  rapporti,  spe- 
cialmente accarezzati  nelle  tonalità  più  fredde  e  chiare  :  la 
quantità  del  colore  sovrabbondava  in  una  tecnica  materiosa, 
che  aveva  alcunché  della  ceramica.  Senonchè  si  notava  di 
già  un'aspirazione  timida  e  vaga  verso  le  forme  sintetiche 
ed  espressive, 

I  riflessi  dell'arte  dei  post-impressionisti  francesi,  poco 
dopo,  influirono  decisamente  sul  Ferroni,  introducendo  nella 
sua  pittura  il  bisogno  di  uno  stile  più  emotivamente  espres- 
sivo e  meno  imitativo  più  arditamente  sintetico.  Ma  cotesta  in- 
fluenza rimaneva  tuttavia  esteriore  all'intimo  temperamento 
del  pittore,  in  un  ambito  meramente  intellettualistico.  Pure, 
anche  in  cotesti  schemi  provvisori  e  presi  a  prestito,  la  sen- 
sibilità coloristica  e  stilistica  del  Ferroni  si  andava  afflnando 
e  si  approfondiva.  Egli  si  avviava  sempre  meglio  a  divenire 
quello  che  oggi  si  dice  un  «  espressionista  »  —  pleonasma 
di  cui  ha  sentito  la  necessità  la  nostra  epoca,  succeduta  ad 
un'altra  in  cui  Parte  aveva  smesso  davvero  di  esprimer  qual- 
cosa, per  «  impressionarsi  »  di  lutto... 

In  una  terza  maniera  il  Ferroni  —  coinvolto  in  quella 
crisi  cerebralistica  che  aveva  atterrato  l'arte  tre  o  quattr' anni 
or  sono  —  esasperando  le  sue  ricerche  di  espressività  colo- 
ristica e  grafica,  era  giunto  a  resultati  né  definitivi  né  del 
tutto  convincenti,  ma  che  dinotavano  in  lui  il  bisogno  as- 
siduo e  tormentoso  di  una  espressione  maggiormente  ade- 
rente alla  commozione  del  proprio  spirito  che  non  alle  de- 
libazioni e  ai  titillamenti  della  propria  rètina. 

94 


V'era  certamente  del  partito  preso  e  deirarbitrio  intel- 
lettualistico in  quel  suo  ridurre  il  colore  ad  una  insistente 
€  monotona  variazione  fra  il  verde  il  giallo  e  il  grigio  più 
mortificati  e  pesti  e  nel  vedere  tutte  le  forme  sotto  la  specie 
di  un  geometrismo  stoico  desolato  e  arcigno  da  pianeta  fal- 
lito. Ma  pure  in  mezzo  a  cotesti  trascorsi  e  a  coleste  esage- 
razioni —  preferibili,  comunque,  alla  sicurezza  esosamente 
placida  e  assennata  di  cert'arte  edonistica,  piacevolastra  e 
abitudinaria — si  affacciavano  qua  e  là,  in  qualche  tela,momenti 
di  una  spontanea  emozione,  sgorgante  nel  lirismo  cromatico 
e  grafico  tenue  e  delicato  di  uno  spirito  fondamentalmente 
timido  e  melanconico,  in  cui  la  nota  più  lieta  era  talvolta 
quella  di  un  prato  nuovo  sfrisato  da  un  solicello  bagnato 
d'aprile,  negli  ultimi  raggi  pomeridiani  che  allungan  l'ombre 
nostalgicamente. 

In  questo  trittico  —  Vita  umile  —  col  quale  il  Ferroni 
si  presenta  alla  Fiorodina  Primaverile  —  la  sua  arte  appare 
ancora  maggiormente  purgata  dalle  scorie  della  ricerca  stili- 
stica e  del  conato  espressivo  e  si  avvicina  assai  da  presso  a 
quella  emozionalità  monda  d'impacci  formali  in  cui  lo  stile 
più  esiste,  appunto,  in  quanto  è  più  dissimulato,  meglio 
coniugato  e  assorbito  nella  immediatezza  e  felicità  della 
espressione.  Queste  scene  dell'adagiata  e  umile  vita 
del  subborgo  pistoiese  —  espresse  con  tanto  pulita  e  ade- 
guata sobrietà  e  squisitezza  di  segno  e  di  colore  —  le  senti 
adagio  adagio,  venir  dagli  occhi  neiranimo,  elaborate  cosi 
come  sono,  dallo  spirito  del  pittore,  in  mèra  essenza  di  emo- 
zione pittorica,  (ed  anche  poetica),  purificata  di  tutte  quelle 
piacevolezze,  sensuose  o  sensibilesche,  volgari  o  raffinate, 
per  cui  certa  pittura  macchiaiola  o  post-macchiaiola  è  ri- 
masta nel  limbo  delle  ghiottonerie  cromatiche. 

Cosi,  con  questo  trittico,  il  Ferroni  si  riallaccia  —  come 
aveva  tentato  di  farlo  sempre  per  il  passato  —  a  quella  casta 
e  pacata  tradizione  toscana  che  era  stata  già  gloriosamente 
rinnovata  dalle  opere  più  intime  dei  Macchiatoli. 

Mario  Tinti. 
1.  Vita  amile  -  Trittico  (olio). 

95 


EosY  FESTA  SACERDOTE 

É  di  Torino,  dove  studiò  col  Pollonera  della  scuola 
Fontanesiana.  Ha  partecipato  alle  principali  Mostre  nazio- 
nali ed  estere,  a  Parigi,  Monaco,  Londra,  ecc. 

1.  Sole  di  Agosto  folio). 
Cafiero   FILIPPELLO 

Un  giovane  che  meriterebbe  la  più  alta  lode  soltanto 
per  la  tenacia  e  la  fede  con  cui  ha  lottato  contro  difficoltà 
di  ogni  genere  per  farsi  un  posto  ed  un  nome  nell'arte.  È 
un  descrittore  e  un  coloritore  efficace  della  vita  famigliare 
e  le  scene  che  egli  ritrae  con  una  tavolozza  tutta  vibrante 
di  toni  accesissimi,  appartengono  quasi  tutte  a  quell'intimo 
cerchio  di  poesia,  talora  ingenua,  talora  profonda. 

Entusiasta  della  sua  arte,  è  un  lavoratore  assiduo,  infa- 
ticabile. 

Guido  Venarelli 

Dipinti  a  olio 

1.     Orgoglio  materno  2.     Babbo  ritarda     • 

3.    Pietosa  menzogna 
4.     Scalo   di  navicelli   nella    vecchia  Livorno  (Disegno) 

GaRZIA    FIORESI  (Alfredo  Grandi) 

Nato  a  Bologna  nel  1888,  compi  regolarmente  gli  studi 
nella  Accademia  di  Belle  Arti  della  città  nativa.  Poi,  dal 
1909 fino  all'armistizio,  fu  quasi  sempre  occupato  dal  servizio 
militare  e  dalle  guerre  (guerra  di  Libia,  guerra  mondiale, 
talché  soltanto  da  pochi  anni  ha  potuto  dedicarsi  intieramente 
all'arte  prediletta,  in  cui  ha  saputo  a  poco  a  poco  acquistarsi 
una  fisonomia  originale.  Ha  esposto  tre  volte  a  Venezia  (1912- 
1914-1920),  tre  volte  alla  Secessione  romana;  e,  recentemente, 
alla  1^  Biennale  romana  (1921).  Nelle  mostre  annuali  della  So- 
cietà «Francesco  Francia  »,  in  Bologna,  ha  riportato  più  volte 

96 


il  primo  premio.  Pittore  di  fìgm'a,  egli  predilige  gli  interni 
ove  i  personaggi  si  atteggiano  in  mezzo  ad  effetti  di  luce 
tranquilla.  Ha  un  segno  sicuro  e  plastico  ;  il  suo  pennello  è 
espertissimo  nei  toni  in  minore  e  nella  gamma  tranquilla, 
a  cui  nuoce  solamente  la  tendenza  alle  tinte  tenere  e  sorde. 
Ma  gli  ultimi  suoi  quadri  mostrano  già  un  senso  più  chiaro 
e  più  gioioso  del  colore  pulito. 

(Dipinti  a  olio) 

i.  Mamma  e  bambina        5.  Profughe 

2.  La  nonna  6.  Spiaggia  di  Napoli 

3.  Soldato  7.  Calanchi 
h.  Figura                             8.  Savena 

Aristide  FOÀ 

Nato  nel  1876,  a  Monticelli  d'Ongina,  in  provincia  di 
Piacenza,  dimostrò  fin  da  giovanissimo  una  viva  passione 
per  le  Arti  e  specialmente  per  la  musica  e  per  la  pit- 
tura. La  famiglia  lo  avviò,  contrariamente  alla  sua  aspi' 
razione^  agli  studi  di  ragioneria.  Rimasto  orfano  ancor  gio- 
vanetto e  senza  risorse,  divenne  maestro  elementare  —  pro- 
fessione che  esercita  tuttora  per  sopperire  al  mantenimento 
della  famiglia.  Ma  seguitò  tuttavia  a  studiare,  senz'altro 
aiuto  che  la  sua  vivissima  passione. 

Verso  i  trentacinque  anni  la  lettura  del  Poema  di  Dante 
agi  fortemente  sopra  la  sua  vita  sentimentale  a  fantastica. 

«  La  visione  del  regno  dello  spirito  —  scrive  il  Foà  — 
dagli  abissi  infernali,  agli  splendori  del  Paradiso,  descritta 
con  parole  di  bronzo,  diede  forma  concreta  alle  nebulose 
originate  nella  mia  mente  dalle  precedenti  esercitazioni 
spirituali.  E  così,  senza  averlo  né  provocato  nè}^desiderato, 
nacque  in  me  il  bisogno  di  schiudere  il  cuore  e  la  mente 
e  di  far  cosa  che  fosse  l'espressione  del  mio  sentimento  e 
di  tutto  il  mio  essere  ». 


97 


«  L'interesse  destato  in  varie  persone  dalla  mie  prime 
tavole  illustranti  Ja  Divina  Commedia,  m'impose  il  coraggio 
e  la  costanza  di  dedicare  a  quest'opera  parecchi  anni  di  la- 
voro continuo  e  tormentoso. 

Illusi  razioni  dantesche 
Ruggero  FOCARDI 

Ruggero  Focardi  nacque  a  Firenze  il  16  luglio  1864,  ma 
trascorse  pnrte  della  sua  giovinezza  a  J^ondra,  dove  lavorò 
e  si  fece  molto  stimare.  In  Toscana  il  suo  soggiorno  predi- 
letto fu  Settignano,  dove  Telemaco  Signorini  lo  scoperse, 
una  trentacinquina  d'anni  or  sono,  e  lu  incoraggiò  subito 
a  proseguire  nella  via  intrapresa,  cioè  sulla  via  eterna  del 
vero.  La  sua  dote  principale  è  difalti  la  spontaneità,  la  fre- 
schezza, unita  ad  uno  spirito  di  osservazione  indipendente 
e  sincero.  Cosi  benché  innamorato  del  Maestro,  andò  via  via 
ritrovando  una  personalità  che  nell'età  matura  si  affermò 
vittoriosa.  Nei  suoi  dipinti  si  ritrovano  la  poesia  schietta 
dei  nostri  campi,  delle  nostre  colline  e,  in  certe  figure,  il 
sapore  e  i  ricordi  dei  maestri  della  Rinascita.  Ritrattista, 
marinista,  paesista,  acquafortista  e  pittore,  nessun  ramo  delle 
arti  del  chiaroscuro  gli  è  ignoto.  Si  ricordano  di  lui  «  11 
giuoco  delle  boccie  »,  che  è  a  Buenos  Ayres,  «Il  mercato  di 
Settignano»  e  «"  I  guardiani  di  capre»  nella  Galleria  d'Arte 
Moderna  di  Roma;  ma  anche  in  quella  di  Firenze  fu  accolto 
ed  opere  di  questo  artista  fecondissimo  sono  sparse  in  tutto 
il  mondo.  Scrittore  agile  e  brillante,  ha  sostenuto  a  somi- 
glianza del  suo  maestro,  polemiche  appassionate.  L'insegna- 
mento, a  cui  si  è  dedicato  con  amore,  formando  allievi 
notevoli  —  fra  cui  il  figlio  Piero  (che  non  lo  imita  ma  batte 
una  strada  propria)  —  non  lo  ha  distolto  dal  lavoro.  L'anno 
decorso  espose  a  Venezia  «  La  testa  in  bronzo  »  del  pittore 
Nomellini  e  quest'anno,  a  Firenze,  fece  una  esposizione  per- 
sonale in  cui  si  ammiravano,  oltre  a  una  quantità  di  ritratti, 

98 


composizioni  e  impressioni  vere  e  proprie,  anche  «Un  nudo 
di  donna  »  magistralmente  costruito  e  quattro  «  Crepuscoli  » 
di  superba  fattura.  Le  tinte  di  questo  artista  sono  giovanil- 
mente fresche  come  gli  stornelli  toscani  ;  egli  ha  visione 
larga,  tavolozza  ricchissima  e  può  dirsi  un  rappresentante 
vivente  e  magnifico  nei  gloriosi  «  Macchiaioli  ».  F.  P. 
Dipinti  a  olio 

1.  Dopo  la  pioggia  2.  Giornata  grigia 

Eaffaele   FOSSATARO 

Di  Napoli. 

L  Notte  (olio). 

Piero  FRAGIACOMO 

E'  nato  a  Trieste  nell'aprile  del  1854.  Inutile  tesserne  la 
biografia.  Passa  per  uno  dei  maestri  più  celebri  del  paesaggio 
in  Italia.  Vive  a  Venezia.  Ha  esposto  in  centinaia  di  mostre 
nazionali,  internazionali  e  straniere  ;  tutte  le  maggiori  gal- 
lerie del  mondo,  da  quella  di  Venezia  a  quelle  di  Roma,  dal 
Lussemburgo  a  quelle  di  Vienna  e  di  Berlino  posseggono 
opere  sue.  E'  stato  commissario  di  gran  numero  di  esposi- 
zioni; fa  parte  del  Comitato  direttivo  di  quella  di  Venezia. 
E'  il  poeta  delle  tinte  morbide  e  delle  visioni  dolci,  un  poco 
grigie,  raccolte  tranquille  e  sentimentali.  S.  D. 

1.  Canale  della  Giudecca      4.  Interno 

2.  Al  vento  5.  A  Cer vignano 

2.  Pescatori  6.  Casa  abbandonata 

7.  In  panna 

Riccardo    FRANCALANCIA 

Non  sappiamo  quale  e  quanto  onore  rendiamo  all'Arte 
presentando  i  saggi  di  Riccardo  Francalancia  come  un  pic- 
colo dono  quasi  miracoloso.  Francalancia  è  pittore  di  storia 

99 


assai  recente:  e  deve  tutto  alla  scoperta,  incoraggiata  poscia 
da  amici  benigni,  di  una  specie  d'ignorata  eredità  pittorica 
di  cui  la  sua  natura  ha  voluto  custodire  gelosamente  il  se- 
greto sino  ad  oggi.  Dopo  rapidi  assaggi  egli  è  riuscito  a  pren- 
dere contatto  con  la    pittura  per  una   specie  di   scorciatoia 

che  gli  consente  —  piccolo  omaggio  reso  ai   ritardatari 

—  di  evitare  quelle  comuni  esperienze  di  fronte  alle  quali 
la  personalità  di  un  artista  riesce  a  trionfare  od  è  obbligata 
a  piegarsi.  I  suoi  saggi  sono  l'espressione  di  un'ottimismo 
bucolico,  o  di  un'ironismo  critico  verso  i  quali  va  piena  di 
credulità  e  di  curiosità  la  nostra  anima  altrove  torturata  ed 
ofifesa .  Innamorato  com'è  della  bellezza  che  gli  occhi  soltanto 
sanno  scoprire  e  godere,  le  sue  immagini  sono  integre  e  felici, 
senza  traccia  di  dubbio  e  di  tormento, innocenti  nella  loro  bea- 
titudine. Xè  la  grazia  delle  sue  visioni  manca,  nell'espres- 
sione, di  uno  stile  che  ci  sorprende  per  la  perizia  e  la  ma- 
turità. 

Ma  non  vogliamo  nascondere  che  tanta  fortuna  ci  fa 
quasi  tremare.  Ond'  è  che  mentre  vorremmo  augurare  al 
nostro  di  solcare  un  po'  più  a  fondo  per  gustare  sapori  più 
dolci  o  più  amari,  d'altra  parte  temiamo  di  lui  se  dovesse 
rompere  il  cerchio  nel  quale  lo  costringe  natura. 

Soltanto  un  lavoro  più  sistematico  che  sappia  non  abu- 
sare di  diletto,  potià  darci  su  Francalancia  la  risposta  signi- 
ficativa che  attendiamo.  M.  B. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Lo  specchio  4.  Bovi 

"2.  Begonie  5.  Paese 

3.  Assisi  Disegni  colorati 

Francesco  FRANCHETTI 

È  nato  a  Livorno  nel  1878.  E'  un  orientale,  di  origine 
e  di  temperamento;  e  la  sua  arte,  e  in  ispecie  la  sua  tavo- 
lozza di  acceso  colorista,  è  veramente  lo  specchio  del  suo 

100 


temperamento  ;  il  quale  ha  trovato,  inoltre,  una  consonanza 
perfetta  negli  aspetti  delle  città  e  delle  campagne  della 
Tunisia  e  dell'Egitto,  dove  il  Franchetti  ha  molto  viaggiato 
ed  ha  soggiornato  a  più  riprese.  11  suo  colore  è  per  lo  più 
denso,  vellutato,  caldo,  oppure  soffuso  ed  evanescente  come 
gli  aspetti  delle  terre  africane,  esasperati  o  illanguiditi  dal  sole. 

M.  T. 
1.  Rose  f dipinto  a  olio) 

Theodora  FRANCHINI-STAPPO 

E'  di  Verona,  dove  fece  i  suoi  studi  all'Accademia  di 
Belle  Arti  Cigna  roti.  Espose  alle  «  Giovanili  »  di  Napoli  del 
1911  e  1912. 

1.  Anima  afflitta. 

Geralda  FEANCIOSI 

E'  nata  a  Vecchiano  (Pisa)  nel  1898.  Studiò  col  Gordi- 
giani. 

1.  Ritratto.  2.  Figura  con  paese. 

Cesare  FRATINO 

Il  giovanissimo  pittore  milanese,  si  è  da  tempo  affer- 
mato con  solida  autorità  e  con  un  carattere  altamente  per- 
sonale e  interessante. 

Nato  a  Milano  nel  1886,  studiò  a  Brera,  ove  ebbe  a  mae- 
stri il  Tallone  e  il  Mentessi. 

Cosi,  mentre  il  primo  lo  avviava  alla  figura  e  al  ritratto,  il 
secondo  lo  appassionava  alle  visioni  architettoniche,  che  do- 
vevano, più  tardi,  costituire  la  prerogativa  dell'artista  origi- 
nalissimo. Dalla  fusione  di  queste  due  tendenze,  dalla  tenacia 
delle  ricerche,  dal  costante  amore  per  la  sua  arte,  deriva- 
rono infatti  le  caratteristiche  di  Cesare  Fratino,  affermate, 
oggi,  nell'uno  e  nell'altro  campo.  Che,  vicino  ai  suoi  nume- 

101 


rosi  ritratti,  larghi,  solidi  e  schietti,  noi  possiamo  ammirare 
una  serie  ricercatissima  di  acqueforti,  potenti  di  disegno  e 
di  suggestione.  Ma  la  grande  passione  di  Cesare  F'ratino  è 
il  teatro.  Le  sue  composizioni  sceniche  nelle  quali,  appunto, 
le  qualità  architettoniche  si  completano  e  si  allargano  con 
la  ricchezza  della  fantasia  e  del  colore,  hanno  dato  ai  mi- 
gliori teatri  nostri  un  serio  e  severo  documento  di  possibi- 
lità di  riforma  in  un  campo  tutt'ora  invaso  dalla  piatta  e 
banale  scenografia  tradizionalistica. 

Uscito  dall'accademia  di  Brera  ottenendo  tutti  i  premi  e 
i  concorsi  accademici  nel  1913.  il  Fratino  vinse  la  gara  del 
Pensionato  Nazionale  per  la  Pittura.  Ma  dopo  due  anni  di 
permanenza  a  Roma  egli  abbandonò  il  posto  perchè  la  sua 
indipendente  e  fiera  anima  d'artista  mal  sopportava  l'indif- 
ferenza e  l'abbandono  in  cui  veniva  lasciata  dalle  autorità 
tale  istituzione.  E  tornò  a  Milano.  E  da  allora  la  sua  attività 
si  svolse  eclettica  dal  ritratto,  al  paesaggio,  dall'incisione 
alla  decorazione.  Appunto  in  quest'ultimo  campo,  egli,  Tanno 
scorso,  vinse  il  Concorso  per  la  decorazione  figurativa  del 
soffitto  della  chiesa  degli  Scalzi  a  Venezia,  che  vide  distrutto 
durante  la  guerra  il  meraviglioso  affresco  Tiepolesco.  Tutte 
queste  vittorie  non  impediscono  a  Cesare  Fratino  di  perse- 
guire con  costante  fatica  una  sempre  maggiore  robustezza 
nelle  sue  affermazioni  artistiche,  né  gli  tolgono,  sopratutto, 
la  sua  caratteristica  principale:  una  incomparabile  modestia. 

Giuseppe  Adami 
{Dipinti  a  olio) 

ì.   Un  mattino  di  Settembre      3.  Fragilità 
2.  In  giardino  Sei  bozzetti  scenografici. 

Quattro  acque  forti. 

FraxXcesco   galante 

Francesco  Galante,  nato  in  Magherita  di  Savoia,  prov.  di 
Foggia,    il    4    novembre    1884,    ha    iniziato   la    sua   carriera 

102 


artìstica  come  illustratore  di  libri  e  riviste,  poiché  le  sue 
condizioni  economiche,  oltremodo  precarie,,  non  gli  consen- 
tivano di  dedicarsi  esclusivamente  alla  pittura. 

Ma,  con  fede  tenace,  e  con  assiduo  lavoro,  ha  saputa 
ben  presto  imporsi  al  pubblico  dei  compratori  e  alla  cri- 
tica. 

Artista  instancabile  e  tormentato  dallo  spirito  di  ricerca, 
pieno  di  nobile  fervore,  concepisce  la  propria  arte  con  sana 
modernità  d'intenti,  in  una  continua  tensione  dello  spirito 
verso  ciò  che  è  bello,  nuovo,  ardito.  La  sua  pittura  chiara 
fine,  armoniosa  —  in  cui  s'affaccia  una  lieve  tendenza  de- 
corativa —  ha  doti  di  eleganza  e  di  signorilità  tutt'altro  che 
frequenti  al  giorno  d'oggi  e  alle  quali  va  unita  una  bella 
franchezza  di  disegno,  rifuggente  da  ogni  trucco  e  da  ogni 
imbellettatura. 

Nel  numero  dei  giovani  veri  artisti  italiani,  Galante  ha 
un  suo  posto  ben  determinato,  guadagnatosi  onestamente, 
nelle  più  ardue  e  strenue  competizioni,  a  viso  aperto. 

Giunge  alla  Primaverile  di  Firenze,  dopo  il  lusinghiero 
successo  delle  principali  mostre  nazionali  ed  internazionali. 

Federico  Petriccione 
Dipinti  a  olio 

1.  Vecchie  case  fischia)         4.  Le  amiche  al  telaio 

2.  Tramonto  (Ischia)  5,  Margellina 

3.  La  famiglia  6.  Le  amiche 

Raffaello   GAMBOGI 

E'  nato  a  Livorno  nel  1876.  E'  stato  uno  degli  allievi  pre- 
diletti di  Giovanni  Fattori:  pittore  essenzialmente  toscano^ 
egli  ha  con  squisita  sensibilità  interpretato  la  poesia  delle 
nostre  campagne,  dando  alle  sue  pitture  il  carattere  di  una 
ricerca  analitica  e  profonda  e  i  colori  di  una  smagliante 
tavolozza.  Alcuni  suoi  lavori  si  trovano  alla  Galleria  d'Arte 
Moderna  a  Firenze  :  altri  in  Finlandia,  dove  lavorò  per  lungo 

103 


tempo,  e  in  molte  collezioni  private.  Ha  esposto  in  tutte  le 
principali  esposizioni  italiane  ed  è  stato  premiato  moltis- 
sime volte.  Ricordiamo  tra  i  suoi  quadri  più  noti:  Le  Pazze* 
La  raccolta  delle  olive,  Oli  scogli  d'Antignano.  Vive  attual- 
mente all'Antignano,  dove  ha  posto  il  suo  studio  in  una 
^asa  di  contadini.  Cipriano  Giachetti. 

Di  pili  li  a  olio 

1.  Mattino  d'  estate  2.  Pineta 

3.  Antignano 

Roberto  Pio   GATTESCHI 

Poeta  assai  noto  e  pittore,  travolto,  nei  primi  anni,  da 
fiere  avversità,  fu  costretto  a  esercitare  per  alcun  tempo  la 
consulenza  civile.  Quindi  abbandonò  la  toga,  attirato  da  una 
irresistibile  vocazione  all'arte,  e  riusci  ad  imporsi  all'atten- 
zione del  pubblico.  Ritrattista  corretto  e  solido,  nei  paesag- 
gi emerge  la  sensibilità  squisita  e  la  personalità  del  poeta  ; 
i  suoi  quadri  sono  luminosi,  fluidi,  circonfusi  d'aria  traspa- 
rentissima,  le  sue  tinte  morbide,  gradevoli.  Adora  le  solitu- 
dini dell'alta  montagna  e  le  grazie  delle  colline  toscane. 
È  un  autodidatta.  F.  Paolieri. 

1.  Cascina  rosa  2,  Pagliai 

3.  Chiaritudine  a  Mastreghi 

Francesco  GATTI 

È  nato  ad  Altavilla  (Monferrato))  nel  1873.  È  un  Te- 
nente Colonnello  che  negli  ozi  della  pace  ha  scoperto  in 
s  è  stesso  la  vena  dell'artista.  E"  un  autodidatta. 

1.  Ritratto  di  giovane  boxeur  fiorentino  (gesso). 

Saverio   GATTO 

Saverio  Gatto,  nato  in  Napoli,  il  24  ottobre  1873,  è  una 
figura  curiosissima  e  interessantissima  di  artista. 


104 


Quando  abbandonò,  fanciullo,  gli  studi  classici,  volle 
dedicare  la  sua  ardente  giovinezza  al  mare.  Fu  dapprima 
mozzo,  poi  capitano  di  cabotaggio. 

Ma,  irrequieto  e  indisciplinato,  ebbe  presto  a  stancarsi 
della  vita  marinara.  E  divenne  scultore. 

Allievo  di  Achille  D'Orsi,  non  tardò  a  fare  onore  al  mae- 
stro. Una  Testa  di  fanciullo,  inviata  coraggiosamente  al  Salon 
di  Parigi,  nel  1906,  mise  presto  in  luce  il  talento  di  Saverio 
Gatto,  che  ebbe  poi  un  autentico  grande  successo  alla  Mo- 
stra Internazionale  di  Barcellona^  meritando  una  medaglia 
per  il  suo  Ragazzo  che  piange,  squisitamente  ricco  di  «  hu- 
mour »  e  fortemente  espressivo. 

La  nota  che  predomina  nella  sua  arte  è  la  ricerca  assi- 
dua per  un'esatta  caratterizzazione.  Talvolta  questa  ricerca 
è  tormentosa  addirittura  :  Gatto  accentua  i  tratti  caratteri- 
stici intensamente,  in  maniera  da  generare  una  espressività 
tra  grottesca  e  caricaturale,  che  gli  dà  una  schietta  indivi- 
dualità. 

Altra  preoccupazione  di  questo  artista  è  di  rendere  scru- 
polosamente il  volume  e  il  movimento.  E  forse  per  tal  ra- 
gione adora  la  scultura  policromata,  poi  che  nella  colora- 
zione delle  sue  terrecotte  egli  cerca  di  dare  più  che  mai  la 
sensazione  calda  e  fremente  della  vitalità  che  egli  teme  vada 
dispersa  nelle  riproduzioni  in  bronzo  e,  più  ancora,  nella 
traduzione  del  marmo  bianco  e  gelido. 
(Sculture  in  terracotta). 

1.  Suonatore  d'organetto         4.  Carmela 

2.  Suonatrice   di  chitarra        5.  Donna  con  ventaglio 

3.  Suonatrice  di  cembalo        6.  Ritratto  di  signora 

7.  Provocatrice 

Valmore  GEMIGNANI 

Nato  a  Carrara  nel  1878  studiò  all'Accademia  di  Firenze, 
Il  suo  esordio  fu  lusinghiero,  perchè  espose  alla  Promotrice 

105 


un  ritrattino  in  piedi  (figura  intera)  di  Giovanni  Fattori  che 
gli  fruttò  le  lodi  del  grande  maestro.  In  seguito  si  recò  in 
Germania  dove  dimorò  alcun  tempo  e  vi  ebbe  dei  successi. 
Ritrattista  e  anche  animalista,  dalla  steccata  nervosa  e  si- 
cura, solido  ed  espressivo,  il  Gemignani  s' è  specializzato 
nei  bimbi  di  cui  si  sforza  di  rendere  l'ingenuità,  modellan- 
doli coll'amore  dei  nostri  maestri  della  Rinascita.  Il  Gemi- 
gnani, un  solitario  e  sdegnoso,  non  è  mai  un  mestierante, 
ma  nei  suoi  lavori  c'è  sempre  il  soffio  fresco  d'una  ispirazione. 

A  20  anni  ha  esposto  per  la  prima  volta  a  Venezia  e  la 
sua  opera  fu  acquistata  pel  museo  di  Costantinopoli.  Da 
allora  ha  sempre  esposto  nelle  mostre  internazionali  di  Mo- 
naco, Berlino,  Parigi,  Venezia,  Roma;  e  nazionali  di  Torino, 
Milano,  Firenze,  riportando  ovunque  notevoli  successi;  a 
Parigi  ha  avuto  un  diploma  di  medaglia  d'argento  per  una 
sua  opera  in  ceramica.  Egli  ha  eseguito  per  il  palazzo  co- 
munale della  città  di  Charlottemburg  una  fontana,  riceven- 
done l'incarico  dall'Imperatore  stesso. 

Ha  vissuto  molti  anni  all'Estero  e  cioè  in  Germania,  nel 
Belgio,  in  Olanda  e  ultimamente  a  Buenos-Ayres,  dove  ha 
eseguito  lavori  importanti. 

1.  Musica  (marmo)  2.  Opere  in  ceramica 

Giulio    GHELARDUCCI 

Si  è  fatto  da  sé  con  lo  studio  serio  e  costante  del  colore. 
Artista  che  conosce  tutte  le  inquietudini  amare  e  tutti  i  tor- 
menti della  ricerca  di  un'espressione  lirica,  ma,  se  nelle  sue 
tele  appare  talvolta  un  che  di  indeciso  e  di  tormentato  che 
rivela  la  sua  febbre,  non  è  meno  vero  che  anche  nelle  sue 
cose  più  tormentate  il  colore  è  trattato  e  risolto  felicemente, 
sia  nelle  luci  d'ambiente,  sia  in  quelle  vivide  e  scintillanti 
dell'aria  aperta.  Appartiene  al  «Gruppo  Labronico  ». 

Guido  Vivarelli. 

1.  Raggio  di  sole  (Dipinto  a  olio). 
106 


Giulio  GIACHETTI 

Di  lui  pubblichiamo  i  seguenti  cenni  autobiografici  : 
«  Sono  nato  a  Firenze  il  giorno  8  Ottobre  1887.  Feci  i  miei 
studi  alla  R.  Scuola  Professionale  delle  Arti  Decorative  di 
Firenze,  dove  per  la  verità,  imparai  poco  o  nulla,  come  acca- 
de quasi  sempre  in  tutte  le  scuole  d'Arte.  Lavorai  in  seguito 
di  decorazione  sotto  varii  maestri  e  imparai  a  dipingere  a 
tempera  e  a  fresco  sulle  pareti,  ma  abbandonai  dopo  alcuni 
anni  questo  genere  di  pittura  e  mi  dedicai  completamente 
alla  pittura  ad  olio.  Feci  la  mia  prima  Esposizione  personale 
nel  1908  in  via  delia  Colonna  a  Firenze,  con  una  ventina  fra 
disegni  e  dipinti,  alcuni  dei  quali  rifiutati  dalla  Promotrice  di 
Firenze.  I  primi  quadri  da  me  esposti  a  questa  mostra  fecero 
storcere  la  bocca  a  molti,  ma  proseguii  lo  stesso  per  la  mia 
strada  senza  mai  pentirmi  di  quello  che  facevo. 

«  Nel  1914  fu  acquistato  all'  Esposizione  della  Promotrice 
un  piccolo  quadretto  intitolato  «Educande  »  per  la  Galleria 
d'Arte  Moderna  di  Firenze.  Negli  anni  successivi  esposi  in 
varie  esposizioni  d' Italia  e  feci  pure  delle  mostre  individuali. 
Ultimamente  fu  acquistato  un  mio  quadretto  intitolato  «  Sca- 
ricatore »  per  la  Galleria  Nazionale  di  Lima  (  Perù  ).  In 
tutti  questi  anni  di  vita  artistica  sono  stato  sempre  alie- 
no dal  ricorrere  a  strade  traverse  o  truccature  per  giungere 
a  risultati  artistici  immediati.  La  mia  pittura  è  sempre  quel- 
la dei  primi  anni  e  soprattutto  toscana  -  Chi  è  nato  in  questa 
terra  maravigliosa,  come  sono  nato  io,  non  può  fare  a  meno 
di  amarla  profondamente. 

(dipinti  a  olio) 

1.  Riposo  3.  Cavalli  in  riposo 

2.  Inverno  4.  Ragazzi 

5.  Paesaggio 

Maria  Fernanda  GIACHETTI 

E'  nata  a  Firenze  nel  1899.  Studiò  con  Alberto  Zardo. 
1.  Testa  di  vecchia  (olio). 

107 


Ugo    GIANNATTASIO    (Gruppo  «  valori  plastici  ^) 

Fra  i  giovani  artisti  intolleranti  delle  abusate  consuetu- 
dini della  pittura  d'oggi,  Ugo  Giannattasio  ci  risulta  fra  co- 
loro che  si  prodigarono  a  quegli  eccessi  verbali  e  formali 
da  cui  talvolta  si  fa  pure  sentire  una  aspirazione  sincera, 
un  tormento  non  ingiustificato.  Non  per  altro  vediamo  il 
primo  tempo  del  suo  lavoro  occupare  la  sua  intelligenza, 
tutt'altro  che  non  avveduta,  anzi  persino  maliziosa,  in  una 
serie  di  esperienze  di  genere  futuristico  le  quali,  secondo  noi. 
non  hanno  corrisposto  alle  ambizioni  del  fremente  artista. 
Dopo  questa  prima  fase  di  lavoro  consumata  a  Parigi  negli 
aurei  giorni  della  nostra  prima  giovinezza,  la  guerra  prese 
Ugo  Gianiiatiasio,  e  alla  guerra  egli  attese  con  ardore  e  con- 
vinzione per  quasi  un  lustro.  È  soltanto  da  poco  '^dunque, 
che  la  sua  attività  di  artista  ha  ripreso  il  suo  corso  in- 
terrotto. Ripresa  del  resto,  di  buon  auspicio,  poiché  vediamo 
l'artista  armato  di  un  più  maturo  ideale  cimentarsi  con  un 
metodo  tranquillo  di  lavoro,  avido  di  conciliazione  e  di  os- 
servazioni devote. 

Le  nature  morte  che  il  Giannattasio  presenta  in  questa 
mostra  sono  saggi  dai  quali  emerge  uno  studio  sincero  e 
subordinato  ad  una  concezione  guardinga  della  pittura  e 
delle  sue  applicazioni.  Esse  chiariscono  il  proposito  di  un'ar* 
tista  che  si  vuol  misurare  senza  infingimenti,  senza  nascon- 
dersi gli  ostacoli  che  insorgono  una  volta  che  ci  poniamo 
dinanzi  alle  cose  senza  il  sostegno  di  vane  ideologie. 

E  alle  osservazioni  nutrite  quasi  di  un  crudo  realismo 
egli  corrisponde  ottenendo  risultati  efficaci  dei  quali  se  ne 
giova  la  nuova  esperienza  che  sta  acquistando. 

M.  B. 

Dipinti  a  olio 

i.  Fruttiera  S.  Il  Bricco 

S.  Bottìglia    e  bicchieri 

108 


Fiorentino    GIANNETTI     (Glanneta  Fiorenzo) 

È  nato  in  Torino  nel  1877,  ed  è  uno  degli  allievi  predi- 
letti di  Leonardo  Bìstolfi.  Giovanissimo  entrò  nello  studio 
del  grande  maestro,  dal  quale  attinse  i  primi  elementi  della 
sua  arte.  Esordi  nelle  Esposizioni  della  Società  Promotrice 
delle  Belle  Arti,  della  Società  di  Incoraggiamento  e  degli  Amici 
dell'Arte,  con  composizioni  che  gli  acquistarono  le  simpatie 
degli  intenditori  e  dei  cultori  d'arte.  Nel  1906,  richiesto  dal 
Governo  Messicano,  per  le  decorazioni  del  Teatro  Nazionale 
del  Messico,  vi  si  recò  e  venne  scelto  come  progettista  del- 
l'esterno del  Teatro.  Nel  visitare  i  musei  messicani,  si  en- 
tusiasmò dell'arte  atzeca  e  tanto  si  assimilò  questa  mani- 
festazione artistica,  che  sempre  nelle  sue  opere  si  affaccia 
l'amore  grandissimo  verso  questa  scultura  essenzialmente 
decorativa. 

Ritornato  in  Patria  nel  1911,  vinse  il  concorso  per  la 
Galleria  Florida  di  Buenos-Ayres,  ed  ultimamente  ha  scol- 
pito in  Pinerolo  il  monumento  funebre  a  Pietro  Villa. 

È  pochissimo  conosciuto  in  Italia,  e  nella  stessa  sua 
città  nativa,  perchè  la  sua  modestia  è  molto  inferiore  al 
merito  non  comune  di  modellatore  e  di  artista. 

1.  Saper   luitum   natiiralis        2.  Idoletto  f testina  in  bron- 
amor  (bronzo)  zoj 

Giacomo  GIORGIS 

E'  torinese,  ma  studiò  a  Parigi  alla  Scuola  di  Belle  Arti 
completando  poi  la  sua  coltura  col  frequentare  lo  studio 
di  qualcuno  dei  migliori  artisti  francesi.  Espose  più  volle 
al  Salon  dal  quale  fu  promosso  «  sociétaire  ».  Ritornato  in 
Italia  per  la  guerra  tralasciò  l'arte. 

Riprese,  una  volta  congedato,  con  fede  e  con  amore,  il 
suo  lavoro  e  i  suoi  studi  e  fu  ammesso  a  varie  esposizioni  ; 

109 


la  Biennale  di  Venezia,  di  Roma  e  di  Napoli.  Vinse  il  con- 
corso per  il  Monumento  ai  Ferrovieri  caduti  in  guerra  del 
C  ompartimento  di  Torino,  e  il  monumento  «  al  Fante  »  a 
Angera  sul  Lago  Maggiore. 

1.  Pastore  (bronzo) 

(Gessi) 

2.  Il  lavoro  3.  La  vecchietta  del  dolore 

(Disegni) 

<  Otto  studi  dei  particolari  del  monumento  agli  Eroi  » 
Agostino  GIOVANNINI 

Nato  a  Lucca. 

1,  Scugnizzo        2.  BawMno 

Dario  GOBBI 

Nacque  a  Firenze  ventotto  anni  or  sono.  Dette  i  primi 
passi  nell'arte  nello  studio  del  padre,  dal  quale  ereditò  la 
passione  dell'arte.  Visse  sedici  anni  nel  Sud-America  e  sei 
nel  Nord-America,  ove  dipinse  ritratti  :  ma  anche  allora  col 
suo  spirito  viveva  in  Italia.  Ama  considerare  sua  maestra 
la  Natura.  Pur  seguendo  con  simpatia,  con  imparzialità  ed 
interesse  ogni  sincera  e  degna  manifestazione  d'arte,  gli  ri- 
pugna di  imitare  qualcuno  ed  è  geloso  della  propria  per- 
sonalità. Ama  gli  antichi  maestri,  ma  ispirandosi  alla  vita 
contemporanea,  si  propone  di  dipingere  uomini  che  sembrino 
«  vivi  »  sulla  tela,  nell'atmosfera  naturale  con  cui  vivono, 
sforzandosi  di  ottenere  ciò  esprimendosi  con  semplicità  ed 
efficacia  di  mezzi. 

1.  I  sorrisi  delVoro.  Natura  morta  (olio) 
Emilio  GOLA 

Il  Conte  Emilio  Gola  è  nato  a  Milano  nel  1852.  Fece  i 
suoi  primi  studi  al  Politecnico,   ma   una   volta   ottenuta  la 

110 


laurea  in  ingegneria,  sentì  sorgere  in  sé  ben  diversa  voca- 
zione —  quella  dell'arte.  Alla  pittura  lo  iniziò  Sebastiano 
De  Albertis.  Ben  presto  si  distaccò  come  maniera  dal  maestro 
e  si  distinse  fra  i  giovani  colleghi;  cominciò  a  farsi  un  nome. 
Aveva  ventisette  anni  allorché  espose  a  Brera  un  Intera  o 
della  Sagrestia  delle  Grazie  e  una  Testa  di  donna  che  mise  io 
in  luce  le  sue  qualità  di  colorista  ad  un  tempo  robusto  e 
raffinato.  L'anno  dipoi  (1880)  egli  si  affermava  in  modo 
ancor  più  sicuro,  esponendo  a  Torino:  Testina  di  paggio , 
Mendicante,  Un  ritratto,  e  alcune  delicate  ed  evidenti  mezze - 
figure  di  donna. 

Da  allora  la  sua  arte  si  è  svolta  con  una  continua  e  ricca 
evoluzione  nel  senso  di  un'espressione  sempre  più  pittori- 
camente lirica,  più  libera  da  impacci  formali  ed  al  temp  o 
stesso  più  suggestiva. 

Dal  ceppo  della  pittura  del  Ranzoni  e  del  Cremona  — 
riaffiorare  sotto  rinnovate  forme  della  lirica  chiaroscurale 
Leonardesca  —  il  Gola  ha  innestato  una  sensibilità  e  un 
accento  tutto  suo  proprio  e  incomprendibile. 

La  sua  pittura  è  più  sensuale  di  quella  dei  suoi,  prede- 
cessori, più  portata  alle  impetuose  spezzature  che  agli  in- 
dugiati accarezzamenti.  Frutto  di  un'epoca  tutt'altro  che  ro- 
mantica7(come  invece  fu  quella  in  cui  vissero  gli  aleardiani 
eroi  della  «  Scapigliatura  »),  piuttosto  che  dell'espressione 
intima  e  sentimentale  del  soggetto  si  compiace  della  corposa 
bellezza  e  dell'evidenza  prettamente  pittorica  del  colore. 

Il  Gola  predilige  le  gamme  calde  e  gravi,  in  cui  il  chia- 
roscuro sembra  circolare  nella  polpa  cromatica  come  un 
sangue  vivo,  suturandola  e  plasmando  conte  sue  gradazioni 
i  diversi  piani  e  i  diversi  volumi.  «  Studiando  il  vero,  no  n 
amarlo  servilmente,  non  imitarlo  mai,  ma  tentar  di  trovare 
in  esso  lo  spunto  della  propria  idea  ». 
"Questo  aforisma  del  Gola,  meglio  di  ogni  altra  parola  che 
noi  potremmo  aggiungere,  caratterizza  tutto  lo  spirito  lirico 
e  soggettivo  della  sua  pittura. 

Ili 


Eiiiil  o  Gola  è  artista  dal  carattere  grave  e  austero  —  seb- 
bene di  umor  gaio  e  cordiale  —  geloso  e  intransigente  nei 
riguardi  della  probità  e  della  sincerità  della  propria  arte  e 
dell'arte  in  genere.  A  questo  proposito  vale  la  pena  di  ci- 
tare, anche  per  la  sdvacità  con  la  quale  è  narrato^  un  aned- 
doto che  Renato  Simoni  ha  raccontato  nello  scrivere  del- 
l'artista un  nervoso  «  profilo  ». 

«Un  giorno,  sono  già  molti  anni  —  racconta  il  Simoni 
—  in  non  so  quale  piccola  esposizione,  alla  chiusura  dei 
conti  rimase  un  residuo  di  200  lire  della  somma  destinata 
agli  acquisti  ».  La  Commissione,  tra  il  poco  di  buono  che 
aveva  davanti  a  sé,  fissò  l'attenzione  sopra  due  modestis- 
simi quadretti,  intendendo  di  comperarne  uno  con  quell'esi- 
guo denaro.  Si  rendeva  conto  che  si  trattava  di  due  opere 
meno  che  mediocri  ;  ma  tant'è,  doveva  eseguire  il  mandato 
che    le    avemmo  affidato.  Fu  interrogato   anche  il  Gola: 

—  Quale  preferisci  di  queste  due  tele? 

—  Né  l'una  né  l'altra. 

—  Lo  sappiamo:  ma  quale  ti  pare  meno  brutta? 

—  Né  l'una  né  l'altra? 

—  Tuttavia  poiché  bisogna  comperarne  una,  quale  sce- 
glieresti? 

—  Né  l'una  né  l'altra. 

—  Ma  insomma  se  ti  dicessero:  «  o  una  di  queste  due 
tele  o  la  morte»,  che  cosa  risponderesti? 

—  La  morte. 

A  parte  il  tono  burlesco  col   quale    il    Gola    pronunciò 
cotesta  definitiva   risposta,   essa  era   davvero    l'espressione 
della  sua  irreducibile  probità  artistica. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Piazzetta  di  S.  Marco  5.  Venezia  dal  lido 

2.  Ritratto  di  signora  6.   Testa  di  giovanetto 

3.  Studio  di  un  ritratto  per      7.  Testa  di  ragazzo 
signora  8.  Testa  di  vecchio 

4.  Id.  9.  Un  cipresso 

112 


10.  Figura  di  donna  12.  Testa  di  donna  con  cap- 

ii. Bacino  di  S.  Giorgio  a        pello 
Venezia 

Edoardo  GOEDIGIANI 

E'  di  Firenze,  dove  nacque  nel  1866.  Gli  fu  maestro  il 
padre  Michele  Gordigiani.  E'  artista  colto  e  ricercatore  in- 
quieto di  modernità.  Fin  dal  1888  fece  esperienze  pittoriche 
nel  senso  impressionista  che  abbandonò  in  seguito,  dedi- 
candosi allo  studio  degli  antichi.  Quindi  per  alcuni  dipinse 
in  un  divisionismo  libero  da  impacci  teorici.  Oggi  dipinge 
senza  alcuno  speciale  indirizzo  pur  cercando  di  mantenersi 
nella  linea  delle  più  recenti  ricerche. 

Lavorò  assai  in  America^  in  Francia  e  Inghilterra,  dove 
espose. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Chiesetta  in  montagna      2.  Il  bagno  nel  ruscello 
Giuseppe   GRAZIOSI 

È  nato  a  Sanguano  del  Modenese. 
L'amore  per  la  pittura  egli  lo  nutriva  da  tempo  :  da  quando 
lo  misero  a  scuola  per  imparare  la  storia  e  geografia  ed  egli 
sui  libri  di  testo  e  sui  quaderni  dei  compiti  schizzava,  con 
una  scatoletta  d'acquerello  da  pochi  soldi,  profili  d'alberi  e 
figure.  Dovevano  trascorrere  molti  anni  e  le  vicende  della 
sua  vita  errabonda  d'artista  dovevano  condurlo  a  Parigi  e 
metterlo  dinanzi  alle  tele  dei  grandi  impressionisti,  di  Mo- 
net,  di  Degas,  di  Renoir,  di  Gézanne,  perchè  le  sue  mani  cor- 
ressero senza  più  indugi  ai  pennelli  e  alla  tavolozza  ed  egli 
si  rivelasse  pittore.  Aveva  soggiornato  lungamente  a  Firenze 
e,  tanto  per  non  derogare  dalla  tradizione,  aveva  fatto  anche 
lui  un  po'  di  miseria  allegra  e  scapigliata,  in  un  gruppo  dì 
giovani  artisti:  Sacchetti,  Soffici,  Andreotti.  Allora  Graziosi 

113 


studiava  i  classici  e  ai  classici  anche  oggi  di  quando  in 
quando  ritorna,  egli  cosi  libero  di  spirito  e  cosi  innamorato 
del  vero.  Poi,  sempre  assillato  dal  bisogno,  spinto  dal  desi- 
derio di  conoscere  e  di  vedere,  andò  a  Parigi.  Là  bisognava 
iimanzitutto  campar  la  giornata.  Per  camparla  scombiccherò 
quadri,  impastò  creta:  roba  commerciale  e  decorativa.  Ma 
non  era,  quello,  un  mestiere  per  lui:  Medardo  Rosso  e  Ro- 
din  gli  avevano  aperto  nuovi  orizzonti  di  possibilità  plasti- 
che, gl'impressionisti  gli  avevano  rivelato  il  suo  vero  tem- 
peramento e  additata  la  via.  E  quando  tornò  in  Italia  vi  si 
mise  senza  più  pensare  né  ai  maestri  antichi,  né  ai  moderni; 
si  mise  a  dipingere  ed  a  scolpire  sgombro  di  preconcetti, 
solo  con  se  stesso  dinanzi  alla  verità  viva,  per  coglierla  nel 
suo  momento  più  vivo,  per  fermare  l'attimo  fuggente  in  cui 
si  rivelava. 

Cominciò,  da  que'  giorni,  la  serie  delle  sue  tele  e  delle 
sue  sculture  migliori. 

In  pittura  il  metodo  di  Graziosi  è  sempre  lo  stesso  :  ri- 
trarre direttamente,  immediatamente,  quali  che  siano  le  dif- 
ficoltà, le  complicazioni  e  le  produzioni  delle  scene  da  ri- 
trarre. 

Negli  ultimi  tempi  questa  febbre  di  notazione  istantanea, 
questa  tendenza  impressionistica,  cosi  palese  nei  suoi  quadri, 
egli  l'ha  un  poco  portata  anche  nella  scultura. 

Ma  in  talune  opere  si  verifica  invece  un  felice  connubio 
fra  la  sensibilità  moderna  e  certe  reminiscenze  classiche, 
certe  nobiltà  e  robustezze  di  contorni  che  fan  ripensare  a 
Iacopo  della  Quercia,  del  quale  Graziosi  é  un  ammiratore 
fervente.  Che  Graziosi  scultore,  pur  palesando  un  continuo 
sforzo  di  rinnovazione,  é  più  tradizionalista  di  Graziosi  pit- 
tore. Non  il  realismo  gretto  e  fotografico,  non  l'accademia 
fredda  e  compassata,  non  le  contorsioni  d'una  scultura  che 
cerca  di  uscire  dalle  formule  trasgredendo  alle  sue  leggi 
eterne;  ma  solidità  di  sagome,   sempre,  ed  armonia  di  linee. 

Ma  l'arte  in  cui    Grazioli  più   si  scorda  de'  suoi  maestri 

114 


mpressionisti  e  più  s'abbandona  alla  fantasia,  ruzzolando 
italvolta  anche  nel  romanticismo,  è  l'acquaforte.  Là,  in  quelle 
sue  bellissime  acqueforti  colorate,  egli  sogna  ad  occhi  aperti 
e  «  compone  »  gli  elementi  realistici  a  suo  grado,  con  tut- 
t'altri  fini. 

—  Nella  pittura  (mi  spiega  l'artista  mentre  dà  una  patina 
così  sapiente  ad  un  suo  gesso  da  trasformarlo  in  bronzo 
colato)  nella  pittura  l'analisi  l'ho  sempre  sfuggita:  cerco  sol- 
tanto di  rendere  l'impressione  coi  mezzi  più  rapidi.  Nella 
scultura,  che  è  fatta  di  sagome,  cerco  la  forma  solida.  L'ac- 
quaforte invece  mi  serve  come  volo  di  fantasia,  come  rias- 
sunto dell'una  e  dell'altra. 

(Da  un  profilo  di  Vincenzo  Bucci). 
(Dipinti  a  olio) 

i.  La  Zia  Luigia  5.  La  chiesa  della  salute 

2.  Mattino  6.  Trabaccoli 

3.  Campanaro  7.  Stampe 

^.  Mercato  8.  Statuette  in  bronzo 

Pietro  GUERRI 

E'  nato  a  Montevarchi.  Studiò  con  Rivalla  all'Accademia 
di  Belle  Arti  di  Firenze.  E'  autore  di  moltissimi  monumenti 
commemorativi,  e  apprezzatissimo  come  ritrattista.  Fu  pre- 
miato in  varie  esposizioni. 

Tramonto  (bronzo) 


Alfonso  HOLLAENDER 

Nato  l'aprile  del  1845  a  Ratibor^  specialista^negli  interni 
di  chiese,  animati  da  figure  piene  di  movimento  e  "soffusi 
di  una  raccolta,  dolce  poesia  di  colore.  E'  famoso  di  lui  il 
bel  quadro  «  Quaresima  »,  ma  in  tutte  le  tele  di  questo  pen- 

115 


soso  artista  si  scorgono  tracce  di  studio  indefesso  e  di  una 
probità  d'espressione  e  d'intensità  d'osservazione.  E'  anche 
ritrattista  apprezzato  ed  efficace.  Ha  esposto  in  innumere- 
voli Mostre. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Il  coro  di   Santa   Maria    2.  Due  chierici 
Xovella.  3.  Marina 


Vincenzo  IROLLI 

Cosa  dire  di  Vincenzo  Irolli,  nato  in  Napoli,  il  30  set- 
tembre 1860,  magnifico  signore  del  colore? 

Le  smaglianti  tele,  ove  è  profuso  il  tesoro  della  sua  ricca 
tavolozza,  testimoniano  meglio  di  qualsiasi  frase  delie  sue 
superbe  qualità  di  artista. 

Pittore  largo  e  sicuro,  di  una  forza  ed  evidenza  impres- 
sionanti, riscuote  oggi  la  generale  ammirazione,  dopo  avere 
per  molti  anni  sofferto  in  silenzio  privazioni  ed  umiliazioni. 

Doloroso  a  dirsi,  l'artista  oggi  tanto  ricercato  ha  visto, 
fino  a  qualche  lustro  fa,  disconoscere  il  proprio  valore,  te- 
nere in  nessun  conto  la  sua  probità  e  la  sua  valentia. 

Mentre  che  le  più  cospicue  esposizioni  estere  (Londra» 
Monaco,  Berlino,  Parigi,  Angers,  Barcellona)  mettevano  in 
bella  mostra  le  opere  di  Vincenzo  Irolli,  mentre  che  accorti 
speculatori  stranieri  facevano  di  tutto  per  accaparrare  la 
produzione,  in  Italia  si  ignorava  questo  artista  fiero  ed  onesto. 

Chiuso  e  modesto,  in  serenità  e  in  solitudine,  egli  lavo- 
rava, considerato  dai  gros  bonnets  dell'arte  e  della  critica 
come  un  piccolo  artefice  dedito  al  basso  commercio. 

Oggi,  finalmente,  l'artista  insigne  è  tenuto  nel  giusto 
conto.  Prima  deìla  ricchezza  e  del  lieto  successo,  quante 
amarezze,  quante  delusioni,  quanti  scarti  alle  mostre  italiane, 
non  è  vero,  Maestro? 

116 


Ma,  pur  tra  gli  scoramenti,  mai  il  dubbio,  mai  l'atroce 
sconforto  che  spinge  al  disgusto  per  la  propria  arte.  Sempre 
una  tenacia,  sempre  una  fermezza  ammirevoli.  E  una  fervida 
aspirazione  d'arte,  un'acuta  ricerca  verso  nuove  forme,  un 
desiderio  di  nuove  conquiste,  una  ardente  smania  di  rin- 
novarsi, «per  non  morire». 

Ecco  un  esempio  magnifico,  che  additiamo  alle  nuove 
generazioni  artistiche. 

Federico  Petriccione. 
Dipinti  a  olio. 

1.  Paesaggio  5.  Maria 

2.  Una  pausa  6.  Autoritratto 

3.  Gesù  morente  7.  Dopo  il  bagno 

4^.  Pesci  8.  Testa  (bianco  e  nero) 


Giorgio  KIENERK 

E'  un  continuatore,  meglio  che  un  seguace  dei,  Mac- 
chiaioli,  la  cui  visione  e  la  cui  tecnica  egli  svolse  nel  senso 
delle  ricerche  degli  effetti  atmosferici  e  luminosi.  Mala  sua 
smania  di  ricerca  non  deve  farcelo  comprendere  come  un 
qualsiasi  arido  applicatore  di  formule  tecniche,  più  o  meno 
scientifiche.  E'  un  nervoso  e  mite  lirico  del  paessaggio.  Mai 
contento  di  sé,  perchè  mira  ad  un'espressione  sempre  me- 
glio aderente  alla  sua  sensibilità  delicata  ed  inquieta. 

Da  molti  anni  espone  alle  migliori  mostre  italiane  e 
straniere.  Nel  1905,  avendo  vinto  il  Concorso  al  posto  di 
Direttore  della  Scuola  Civica  di  Pittura  a  Pavia,  fu  costretto 
ad   abbandonare  Firenze  per  cotesta  città. 

La  lontananza  dalla  campagna  toscana,  i  cui  aspetti  e- 
rano  a  lui  cari  in  special  modo,  l'incontentabilità  per  tutto 
quanto  la  propria  tavolozza  produceva,  fecero  si  che  da 
allora  attraversasse  una  crisi  artistica  che  gl'impedi  di  par- 

117 


tecipare  a  molte  esposizioni.  Ma  quella  sosta  gli  servì  a 
riorganizzare  le  proprie  energie.  Dopo  il  t914,  grazie  alla 
esperienza  già  acquistata  mediante  i  suoi  studi  sul  divisio- 
nismo (1891-96)  e  alla  costante  aspirazione  di  conquistare 
un'espressione  sempre  più  personale  per  sincerità  di  tecnica 
e  di  sentimento,  e  che  tuttavia  si  ricollegasse  a  quella  dei 
suoi  maestri  «  macchiaioli  »  —  Adriano  Cecimi,  Telemaco 
Signorini  e  Cristiano  Banti  —  riprese  a  lavorare  attivamente 
con  sicurezza  e  senza  preoccupazioni.  I  suoi  quadri  di  pae- 
saggo  e  di  figura  sono  oggi  apprezzati  particolarmente  nel 
cerchio  degli  artisti  al  Kienerk  affini  e  ch'egli  più  stima. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Intorno  a  casa  2.  Lavorando  al  fresco 


Vincenzo  LA  BELLA 

Vincenzo  La  Bella,  nato  in  Napoli,  il  24  ottobre  1873, 
è  artista  sensilDilissimo  e  personalissimo,  di  belle  qualità 
pittoriche  e  di  fiae  cultura. 

I  suoi  soggetti  favoriti  sono  le  larghe  composizioni, nelle 
quali  abbia  ad  agitarsi,  fremente  e  convulsa,  la  folla,  ch'egli 
ama   ritrarre  con  accesa  forza  di  colorista. 

Sapiente  armonizzatore  di  tinte,  dipinge  con  calda  foga, 
dimostrando  gusto  aristocratico  e  sicuro  senso  di  invenzione. 

Gode  chiara  fama  anche  come  fantasioso  e  originale  il- 
lustratore, esperto  decoratore  e  acuto   critico  d'arte. 

All'Istituto  di  Belle  Arti  di  Napoli,  ove  studiò,  godè  la 
simpatia  dei  suoi  insegnanti,  che  furono  Domenico  Morelli 
e  Gioacchino  Toma. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Dalle  <  Mille  e  una  notte  »    2.  A  Basso  Porto 
3.  Mascherata 

118 


Giannino  LAMBERTINI 

E'  un  eccellente  decoratore  ;  talvolta  trasporta,  non  senza 
successo,  la  tecnica  della  decorazione  nel  quadro  e  nel  ri- 
tratto, acquistando  cosi  una  vera  indiscutibile   originalità. 
Due  colonnette  con  putto 

Lodovico  LAMBEETINI 

Pittore  di  figura,  e  ritrattista  dei  migliori.  Interpreta  il 
soggetto  con  una  acuta  intuizione  del  vero,  attraverso  una 
tecnica  più  appariscente  che  solida,  ma  piacevole  e  varia,  e 
ricca  sopra  tutto  nei  panni.  Ha  esposto  più  volte  a  Roma 
a  Bologna,  ed  altrove. 

G.  L. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Il  signor  Giorgio  3.  Testa  di  bagnante 

2.  La  stiratrice  4-.  Giorgina 

Silvestro  LEGA 

Il  21  novembre  1895,  in  una  corsia  dell'Ospedale  di  Santa 
Maria  Nuova,  a  Firenze^  moriva  di  cancro  allo  stomaco  un 
piccolo  uomo,  ossuto  e  magro  per  natura,  ma  vieppiù  sma- 
grito dal  male  atroce,  un  ometto  smunto,  pallido  d'un  pal- 
lor  livido.  Era  giunto  costi  pochi  giorni  prima,  quasi  col 
rantolo  della  morte  in  gola,  vestito  d'abiti  frusti  e  ripic- 
chiati come  un  vecchio  «  travet  »  :  nei  suoi  piccoli  occhi, 
che  dovevano  essere  stati  un  tempo  ardenti  e  fieri,  ma  che 
apparivano  ora  come  annebbiati  da  un  velo,  si  leggeva  un 
grande  scoramento,  una  disperazione  infinita. . . 

Era  Silvestro  Lega,  uno  dei  più  grandi  e  puri  artisti  che 
l'Italia  abbia  avuto  nel  secolo  scorso  e  che  l'Italia  ufficiale, 
l'Italia  dei  «vigliacchi»  della  Carducciana  invettiva,  la- 
sciava morir  cosi  come  un  cane  randagio,  come  un  povero 
vecchio  passerotto  sotto  una  tegola,  che  nessuno  lo  sa. 

119 


Era  nato  nel  1828  a  Modigliana  nella  Romagna  toscana 
E  tipicamente  romagnolo  era  in  quella  sua  magrezza  ossuta 
e  vibrante,  tutta  nervi,  e  nel  carattere  fiero,  ardente,  gene  - 
roso,  e  impennantesi  disdegno  e  d'ira  in  cospetto  dell'im- 
becillità e  della  cattiveria  umana  :  quel  carattere  che  in 
mezzo  ai  fiorentini  scettici,  burlevoli  e  un  po'  perversi,  era 
come  la  calaìnita  dei  lazzi  più  sguaiati  e  delle  burle  più 
pepate.  Vestro  —  cosi  lo  chiamavano  gli  amici  —  si  arrab- 
biava, sbottava  in  contumelie  sanguinose  e  in  personalis- 
sime imprecazioni  ;  e  quelli'  ridevano  più  che  mai. 

Che  coloro  i  quali  lo  avvicinarono  non  prendessero  mai 
sul  serio,  né  valutassero  giustamente  la  serietà  e  l'ardore 
del  suo  carattere,  e  l'arte  sua  che  di  quel  carattere  era 
l'espressione  più  genuina:  in  ciò,  forse,  consistè  il  dramma 
della  vita  di  Silvestro  Lega. 

Direi  quasi  che  fu  troppo  convinto  perchè  gli  altri  si 
convincessero  del  suo  ingegno  e  troppo  dignitoso  e  insieme 
troppo  modesto  per  raccomandarlo  altrui. 

A  Firenze  era  venuto  a  ventidue  anni,  nel  1850,  dop  o 
aver  fatto  la  campagna  del  1849  in  Lombardia,  volontario 
insieme  agli  studenti  dell'Accademia  e  dell'Università  di 
Pisa  e  di  Sienn.  Era  allora  e  fu  sempre  dipoi  un  fervente 
mazziniano,  legato  di  devota  amicizia  nel  proprio  paese  con 
quel  prete  liberale  e  patriota  Don  Giovanni  Verità  che  nella 
pineta  di  Ravenna  aveva,  salvato  la  vita  a  Garibaldi  e  aveva 
visto  spirare  Anita,  e  del  quale  il  Lega  dipinse  un  ritratto 
vivacissimo  che  trovasi  ora  nella  Pi:ìacoteca  di  Livorno. 
L'ideale  mazziniano  e  repubblicano  si  attagliava  a  mera- 
viglia al  suo  spirito  ottimisia,  romantico  e  un  po'  empirico 
pur  nel  prv->cedi menti  e  nelle  idee  della  propria  arte  :  era 
come  un  prolungamento,  in  cotesto  senso,  della  poesia  della 
propna  anima  calda  e  ingenua  e  trovava  perfino  una  ri- 
spondenza nella  sua  tavolozza  generosa,  impetuosa,  ardita 
e  insofferente  d'ogni  «  fren  dell'arte  »,  nella  quale  la  nota 
dominante  era  un  bel  rosso  di  sangue  vivo  o  di  garofano, 

120 


scempio  ma  odoroso;  nota  che  egli  poneva  immancabil- 
mente in  ogni  suo  qadro,  come  una  sua  seconda  firma, 
come  l'emblema  o  la  lampada  votiva^  ognora  accesa,  della 
sua  fede  sempremai  giovane  e  ardente. 

Era  venuto  a  Firenze  per  studiar  meglio  Tarte  e  si  era 
m  esso  col  Pollastrini^  il  neo-quattrocentista  severo  e  com- 
passato, che  insegnava  allora  all'Accademia  di  Belle  Arti. 

«  Quando  al  ritorno  della  prima  esposizione  internazio- 
nale di  Parigi  del  1885  »  —  scriveva  con  la  sua  solita  ar- 
guzia Telemaco  Signorini  in  un  opuscolo  commemorativo 
del  pittore  romagnolo  —  «  TAltamura  e  il  Tivoli  portarono 
fra  noi  le  nuove  idee  d'arte,  che  poi  generarono  la  macchia 
del  chiaroscuro,  arme  d'opposizione  all'insegnamento  ac- 
cademico ;  il  Lega,  passato  allievo  di  Luigi  Mussini,  fu  av- 
V  erso  a  questa  rivoluzione  artistica  perchè  ci  veniva  dalla 
Francia,  da  quella  nazione  che  era  stato  dolente  di  non  aver 
potuto  combattere  nel  1849,  in  Roma,  a  difesa  della  Re- 
pubblica. 

«  Ma  quando  poi  coll'arte  del  Courbet  prevalse  nelle  arti 
dei  popoli  di  razza  latina,  la  ricerca  del  realismo,  il  Lega 
infierì  ancor  più,  supponendo  che  dalla  Francia  ci  venisse 
imposto,  còl  realismo,  un  qualche  re  da  servire. . . 

«  Ma  poi,  visto  come  questo  realismo  non  fosse  altro  che 
lo  studio  il  più  sincero  della  realtà  del  carattere  nella  forma, 
in  rapporto  all'ambiente  luminoso  dell'aria  aperta,  e  in  op- 
posizione a  qualunque  concetto  e  preconcetto  accademico, 
e  come  fosse,  chi  lo  propugnava  in  Francia,  il  più  rivolu- 
zionario di  tutti  gli  artisti,  un  allievo  della  natura;  allora, 
come  aveva  lasciata  la  scuola  del  Mussini,  lasciò  quella  di 
Antonio  Ci  seri  della  quale  faceva  parte  ed  era  stato  il  più 
strenuo  difensore  ». 

«  Una  volta  lanciata  in  una  nuova  via»,  —  sono  sempre 
parole  del  Signorini  —  «  con  quel  suo  carattere  impetuoso, 
tenace  e  serio,  era  uomo  da  non  retrocedere^  non  solo,  da- 
vanti a  nessuno  ostacolo  né  di  transigere  mai,  come  ha  fatto 

121 


fino  agli  ultimi  suoi  giorni,  colle  sue  nuove  convinzioni 
artistiche,  ma  da  infonderle  anche  in  altri  che  non  le  aves- 
sero avute  ancora,  come  fece  più  tardi  con  Adolfo  Tom- 
raasi  ». 

«  La  sua  serietà  non  gli  faceva  ammettere  gli  scherzi  di 
nessun  genere,  tanto  che  non  ci  fu  possibile  di  portarlo 
quasi  mai  al  nostro  caffè  Michelangiolo,  in  quell'agape  fra- 
terna di  bohémiens,  lui,  un  «  buveur  d'eau  »,  come  chiamava 
Murger  gl'intransigenti;  che  là  non  voleva  farci  il  buffone, 
come  sempre  ci  rimproverava  di  farci  noi  ogni  sera,  colle 
nostre  burle  e  chiassate  ». 

Da  questo  ritratto  abbozzato  con  rapida  evidenza  dal- 
l'acuto pittore  e  scrittore  fiorentino  emergono  special- 
mente tre  tratti  che  sono  le  caratteristiche  salienti  e  costanti 
del  temperamento  del  Lega:  l'intensità  seria,  il  candido  in- 
genuo semplicismo,  la  spontanea  sensibilità,  se  non  troppo 
facile  ad  accendersi,  bruciante  con  intensità  e  con  entu- 
siasmo una  volta  accesa. 

Fino  ad  allora  il  Lega  aveva  dipinto  quadri  storici  o  giù 
dì  li,  in  quella  maniera  mezzo  classica  e  mezzo  romantica, 
ma  peraltro  pittoricamente  coscienziosa  e  nutrita,  che  aveva 
appreso  dal  Mussini,  allievo  dell'  Ingres,  eppoi  dal  Ciseri, 
artista  di  transizione,  irresoluto  fra  le  vecchie  tendenze 
dottrinarie  e  il  nuovo  naturalismo.  Una  Vclleda  ispirata  a 
Chateaubriand,  un  Sacro  Cuore,  un  San  Tommaso  che  tocca 
la  piaga  a  Cristo,  un  Cristo  che  comunica  Santa  Caterina,  un 
Tiziano  e  Irene  di  Spilimbergo  sono  i  quadri  che  il  Lega 
dipinse  in  quel  periodo  di  tempo  che  precede  la  sua  eman- 
cipazione realistica  e  «  macchiaiola  »  —  quadri  flei  quali,  a 
mia  saputa,  si  sono  smarrite  completamente  le  traccie,  sep- 
pure essi  esistono  ancora. 

Con  la  nuova  fede  artistica  coincide  nella  vita  del  Lega 
l'inizio  di  quella  lotta  quotidiana,  spietata,  continua  —  in- 
terrotta da  rare  e  brevi  parentesi  di  benessere  e  di  tran- 
quillità   —    che   se    condusse    l'artista  prematuramente  alla 

122 


tomba  e  gì'  impedi  di  dar  vita  ad  opere  di  più  largo  re- 
spiro e  di  elaborata  costruzione,  accentuò  anche  quella 
nota  lirica  piena  di  struggimento  e  d'  ansietà,  rotta,  febbrile, 
vibrante  di  una  quasi  spasmodica  sensibilità  che  è  l'accento 
tipico,  inconfondibile  dell'arte  Leghiana.  Accento  che  fa 
pensare  a  non  so  quale  vivo  tessuto  di  gioia  e  di  dolore  e 
che  è  poi  l'emblema,  il  riflesso  fedele  dell'entusiasmo  del 
l'artista  innamorato  dei  bei  colori  della  natura,  commisto  al 
vibrare  doloroso  di  ogni  giorno  di  ogni  ora  del  suo  orgo- 
glio e  della  sua  sensibilità  messe  a  repentaglio  con  la  cru- 
deltà della  sorte  e  con  la  feroce  imbecillità  degli  uomini: 
—  rosso  acceso,  bianco  fulgido,  azurro  e  verde  smaglianti 
e  grigio  torbido,  giallo  mortificato,  rosa  languente,  nero 
fosco  e  disperato.  Gioia  e  dolore  :  assai  dolore  nella  vita  * 
ma  c'era  quel  rosso,  quel  rosso  che  era  la  fiamma  della  sua 
anima  e  della  sua  tavolozza,  che  lo  ripagava,  lo  racconso- 
lava, di  ogni  cosa,  e  tutto  gì' illuminava  dentro  e  fuori,  sin 
negli  ultimi  tempi  della  sua  vita  e  della  sua  arte,  quando 
gli  occhi  non  vedevano  più  manco  per  dipingere  e  condotto 
dalla  mano  incerta  e  tremante  il  pennello  —  com'egli  soleva 
dire  —  «  non  toccava  »... 

Neil' Ital ietta  di  recente  uscita  esausta  e  disorientata  dalle 
lotte  per  l'indipendenza,  divorata  per  giunta  dalla  vermi- 
naia  famelica  delle  camorre  politiche;  e  più  nella  borghe- 
sucola  Firenze  del  panino  ripieno  e  del  diecin  di  vino,  i 
«  Macchiaioli  »,  è  noto,  eran  considerati  come  fanatici  e  per- 
digiorno, che  con  la  scusa  della  «  macchia  »  volevan  na- 
scondere la  loro  incapacità  a  ben  designare,  e  se  sbraita- 
vano contro  gli  artisti  illustri  e  rinomati  era  per  invidia  e 
non  per  altro. 

Gli  artisti  illustri,  quelli  cui  toccava  quel  tanto  o  poco 
di  gloria  e  di  fortuna  che  era  possibile  allora  di  raccogliere, 
erano  tutti  emeriti  cultori  della  fantocceria  storico-accade- 
mica, ai  quali  più  tardi  si  unirono  i  dipintori  da  bombo- 
niere e   da  ventagli.    La    critica    dei  giornali  quasi  tutta  in 

123 


mano  a  gente  digiuna  d'arte,  ignorante  e  meschina  cooperava 
ottimamente  ad  esaltare  i  lenoni  e  i  lanzichenecchi  ed  a 
schiacciare  l'ingegno-  Le  poche  voci  che  si  levavano  in 
quel  deserto,  quella  di  Diego  Martelli,  di  Adriano  Cecioni, 
di  Ferdinando  Martini,  erano  troppo  irate  e  convinte  per 
essere  ascoltate. 

Tuttavia  il  Lega,  fra  il  1870  e  il  1880,  espose  alle  mi- 
gliori mostre  italiane  :  a  Genova,  a  Parma,  a  Milano,  a  Fi- 
renze :  //  canto  dello  stornello,  Le  bambine  che  fanno  le  si» 
gnore.  L'aspettativa^  La  passeggiata,  Una  visita  alla  balia  e, 
più  tardi:  //  vestito  del  bimbo,  L'elemosina,  La  curiosità,  Oli 
sposi  novelli,  il  Mazzini  morente  :  tutti,  più  o  meno,  schietti 
capolavori  di  colore,  d'intimità,  di  carattere,  dei  quali  poco 
o  punto  si  accorgevano  anche  coloro  che  eran  più  pros- 
simi a  lui  e  meglio  avrebbero  dovuti;  apprezzarlo.  Giacché 
quelli  che  erano  gli  accenti  più  vivi,  le  note  più  spiccate 
(Iella  sua  originalità  di  artista  immediato  ed  emotivo  —  e 
che  noi  ora  ammiriamo  —  rendevano  allora  perplessi  anche 
gli  amici  e  sembravano  loro  mancinerie. 

Le  sue  tele  che  ora  gli  speculatori  si  disputano  a  colpi 
di  biglietti  da  mille,  non  gli  davano  da  vivere.  Nel  1876,  per 
vedere  di  poter  sbarcare  meglio  il  lunario,  in  società  col 
Borrani  aprì  una  galleria  d'arte  in  piazza  Santa  Trinità,  rac  - 
cogliendovi  il  meglio  di  ciò  che  in  fatto  di  pittura  si  fa- 
cesse allora  in  Italia.  Fu  un  buco  nell'acqua  .  Dopo  nem- 
meno un  anno  dovettero  chiuder  le  bande.  E  fu  un  rovesci  o 
definitivo  per  li  fortuna  del  Lega.  Divenne  burbero,  irasci- 
bile, più  intransigente  che  mai.  Una  malattia  d'occhi  che  da 
qualche  tempo  lo  affliggeva,  gli  s'aggravò  ad  un  tratto  ;  in 
breve  non  vide  il  vero  che  per  larghe  masse,  per  tonalità 
generali,  non  distinguendo  più  né  i  dettaRll  nò  i  toni  locali. 

Ma  la  sventura  bussando  più  forte  alla  sua  porta  vi 
deponeva  il  dono  di  un  nuovo  palpito,  di  un  nuovo  accento, 
di  un  aspetto  nuovo  della  sua  arte,  più  intenso,  più  lirico, 
più  sintetico  e  più  febbrile. 

124 


E  allora,  come  per  il  passato,  più  che  per  il  passato  la 
sua  povertà,  la  sua  solitudine,  la  sua  melanconia,  la  sua 
stessa  irascibilità  furono  alleviate  e  consolate  dall'affetto 
degli  amici:  la  famiglia  Batelli  prima,  poi  quella  Tommasi 
dalla  quale  col  suo  insegnamento  e  col  suo  esempio  egli 
trasse  tre  pittori:  Adolfo,  Angiolino  e  Ludovico,  e  infine  la 
famiglia  Bandini,  presso  la  quale,  fra  le  colline  del  Gabbro, 
nell'aspra  e  accesa  campagna  livornese,  egli  visse  gli  ultimi 
giorni,  fin  quasi  alla  vigilia  della  morte,  e  dipinse  gli  ultimi 
quadri. 

A  Pargentina,  alle  porte  di  Firenze,  nella  pace  devota 
degli  orti  fra  TAff'rico  e  l'Arno,  dove  gli  ortolani  chini  sulle 
ortaglie  nei  vesperi  umili  e  miti  sembran  pregare  ;  a  Bella- 
riva,  sulle  piaggie  dell'Arno  fra  il  riso  intermesso  dei 
pioppi  d' argento,  nella  gran  luce  riflessa  dall'acque  :  al 
Gabbro,  nella  terra  brulla,  consolata  solo  dall'oro  delle  messi 
e  dalla  porpora  delle  viti,  il  povero  Vestro  godette  istanti 
di  gioia  intensa  e  deliziosa  nel  suo  amore  inesausto  per  i 
colori  belli  del  Creato,  cui  rispondeva  ardentemente  il  pal- 
pito della  sua  tavolozza  fluente,  generosa,  dalia  quale  la  sua 
vita  migliore  sgorgava  a  fecondare  la  bellezza  del  mondo 
come  un  fiotto  di  sangue  divino  ■ 

E  nelle  modeste,  dimesse  eppure  agiate  villette  borghesi 
che  l'ospitavano,  pervase  insieme  all'odor  di  celliere,  di  bu- 
cato e  di  spiconaido,  di  un  olezzo  di  bontà  e  di  amicizia, 
viveva  come  di  riflesso  le  dolcezze  dell'intimità,  della  pace, 
dell'idillio  domestico,  che  poetizzate  dalla  sua  arte  e 
forse  dalla  sua  nostalgia,  rivivono  in  tante  delle  sue  tele. 

Fu  presso  quelle  famiglie  ospitali  —  che  lo  considera- 
vano come  un  parente  più  ancora  che  come  un  amico  — 
che  il  Lega  colse  le  sembianze  di  quel  caratteristici  tipi  di 
donna,  la  cui  femminilità  sana,  delicata,  modestamente  bor- 
ghese, egli  comprese  e  accarezzò  con  tanta  sensibilità  e 
tanta  passione  coloristica  nei  suoi  ritratti. 


125 


Silvestro  Lega  è  il  più  lirico  e  il  più  «  moderno  »  dei 
Macchiaioli;  il  più  indipendente  da  ogni  influsso  intel- 
lettuale o  tradizionale.  Fattori  per  la  sua  se  verità  geo- 
metrica e  il  suo  stoico  stilismo  si  riallaccia  alla  grande 
tradizione  toscana  ed  etrusca  ;  Signorini  è  ognora  pervaso 
e  diviso  dalle  influenze  che  il  suo  intellettualismo  criti- 
camente tormentato  riceveva  dalle  tendenze  e  dalle  scuole 
con  le  quali  la  sua  curiosità  o  il  caso  lo  portavano  a  con- 
tatto :  Lega  è  un  istinto  e  una  sensibilità  poetica-pittorica 
che  ricevuta  un  primo  impulso  dal  naturalismo  e  dall'im- 
pressionismo francesi  e  assimilatili  con  le  sue  più  pro- 
fonde energie,  seguita  a  vibrare  inconsapevolmente  — 
specie  di  pila  elettrica  rifornentesi  all'  infinito  nell'atmosfera, 
ambiente  di  sempre  nuove  energie  —  di  sempre  nuovi 
entusiasmi,   di    sempre  nuovo  lirismo. 

Egli  è  il  pittore  per  eccellenza,  il  pittore  tipico,  in  cui 
la  sensualità  del  colore  bello  —  squisitamente  fine  o  acce- 
samente violento  —  si  trasfigura  fir.o  alla  spiritualità  più 
alta  —  non  per  via  di  elaborazioni  intellettuali,  ma  per 
virtù  stessa  del  suo  fuoco  interiore.  Colorista  il  cui  colore 
vuole  cantare  spiegatamente,  senza  litegni  grafici,  senza 
arginature  geometriche,  a  tavolozza  spiegata  —  quasi  direi  — 
il  Lega  è  come  que'  poeti  che,  non  potendo  imprigionare  la 
loro  ispirazione  in  alcuna  forma  metrica  vive,  intonano 
il  loro  canto  soltanto  al  proprio  ritmo  interiore. 

Sotto  cotesto  aspetto,  la  sua  nervosità,  la  sua  insofi'e- 
renza  di  discipline  formali,  la  sua  immediatezza,  il  suo  fre- 
mito, la  sua  ardente  e  talvolta  quasi  ostentata  anarchia 
estetica,  fanno  del  Lega  un  pittore  modernissimo,  vicino 
per  temperamento  agi'  impressionisti  francesi  più  spontanei 
e  più  ispirati  :  a  Pisarro,  a  Sisley  e  a  Renoir,  al  quale 
ultimo  somiglia  spesso  anche  per  la  delimitazione  dei  larghi 
e  gobbi  volumi  mediante  il  solo  rapporto  dei  toni,  senz'alcun 
aiuto  di  contorni  disegnati. 

126 


Il  mezzo  col  quale  egli  ordisce  e  organizza  le  tonalità 
per  entro  le  forme  è  il  chiaroscuro,  un  chiaroscuro  magico, 
talvolta  fosco,  talaltra  tenue,  ma  sempre  gettato  attorno  ai 
toni  con  una  sprezzatura  e  un  impeto  magnifici,  e  che 
qualche  volta  ricordano,  il  Corot  più  virile  e  più  solido  del 
periodo  italiano. 

Ma  in  tutte  le  diverse  fasi  della  sua  arte  —  delle  quali 
non  è  qui  il  luogo  di  discorrere  —  per  la  sua  bella  foga, 
per  la  felicità  e  lo  splendore  della  sua  tavolozza,  per  la 
scioltezza  e  l'agilità  dei  suoi  modi  è  pittore  italianissimo  : 
la  sua  fluidità  e  trasparenza  fa  pensare  al  Correggio,  la  sen- 
sualità e  generosità  del  suo  colore  al  Tiziano,  la  sua  sobria 
vaghezza  tenue,  varia,  melanconica  e  gioiosa  insieme,  a 
Federigo  Baroccio;  non  meno  di  loro  per  natura  quotato; 
solo  di  loro  meno  grande  perchè  vissuto  in  un'epoca  tac- 
cagna e  ostile  all'arte,  che  gli  tarpò  le  ali  a  voli  più  vasti. 

Mario  Tinti. 
Collezione  del  Sig.  Enrico  Checcucci 

1.  Sposalizio   sull'aia   colo-      7.  Ritratto   dello  Scaltore 
nica  Boys  di  Livorno 

2.  Le  lavandaie  8.  Ritratto  del  Capo-Musica 

3.  Ortolana  che    lega  le  ci-  della  Banda  del  Gabbro 
polle                                          9.  La  scellerata  (ritratto) 

h.  Signora  al  pianoforte  10.  Ritratto   di  donna   con 

5.  Sposini  a  passeggio  scialle  rosa 

6.  Ritratto  del  Pittore  Pli-    IL  Ritratto   di  donna   con 
nio  Nomellinini  fiori 

12.  La  lezione 
Collezione  del  Doti.  Edoardo  Bruno 
13.  Gabbrigiana  15.  Paese  (Gabbro) 

14^.  Chiesa  di  Crespina  16.  Paesaggio  Alpestre 

Proprietà  del  Sig.  Bertini 

17.  Ritratto  del  Pittore  Francesco  Gioii 


127 


Collezione  del  Sig.  Alessandro  Gorradini 

18.  La  massaia  20.  Contadini  sulla  scala 

19.  Pagliai  al  sole  21.  La  lettura 

Collezione  del  Cav.  Fortunato  Ciuti 
22.  Contadina  Toscana  23.  Uliveto 

2^.  Signorine  che  lavorano 

Proprietà  dello  Scultore  Gemignani  Valmore 

25.  Interno 

Collezione  del  Sig.  Giulio  Banti 

36.  L'uncinetto  27.  Il  bindolo  {P  maniera) 

Proprietà  del  Maestro  Serbatoli 

28.  Paese  con  figura 
Collezione  del  Cav.  Alessandro  M agnelli 

29.  Nutrice  30.  Signora  col  bambino 

31.  Signora  che  legge 

Collezione  del  Sig.  Pasquale  Lazzeri 

32.  La  ciociara  33.  Testa  di  donna 

34-.  Paese  con  figura 
Collezione  del  Conte  De  Nobili 

35.  Pagliai  al  sole  37.  Gli  sposini 

36.  Testa  di  giovanetta  38.  Figura  in  giardino 

Collezione  della «Sig.ra  Eleonora  Cecchini 

39,  40,  Al.  42.  Ritraiti  dei  fratelli  Cecchini 
Collezione  del  Sig.  Mario  Galli 
45,  Ritratto  in  rosa  51.  Casa  colonica   e  conta- 

44j  45.,  46,  47.  Studi  in  una        dino 
cornice  52.  AlV ombra 

48.  La  conversazione  53.  Strada  soleggiata 

49.  Gioie  materne  54.  Signora  nei  campi 

50.  Contadinelli  55.  Ortolane 

128 


56.  Signora  che  ricama  59.   Orti   fiorenti!] i    in   pri- 

57.  La  Lettura  mavera  f prima   maniera) 

58.  Bambine  che    fanno  le    60.  Il  Magnane 
signore 

Proprietà  del  Comuxk  di  Modiguana  (Romagna  Toscan:!) 

61.  Ritratto  di  Garibaldi       6?.  Ritratto  di  Don  Giovanni 

Verità 


Luigi  LEVI   (Ulvi  Liegi) 

E  un  altro  superstite  della  schiera  dei  «  macchiaioli  ». 
Studiò  come  Adolfo  Tommasi,  con  Carlo  Markò  figlio,  e  poi 
col  Ciaranfi  ;  ma  ben  p'esto,  seguendo  il  consiglio  di  Tele- 
maco Signorini,  del  quale  fu  intimo  amico  ed  ammiratore, 
si  liberò  da  ogni  influenza  accademica  abbandonandosi  com- 
pletamente allo  studio  diretto  del  vero.  Le  sue  prime  im- 
pressioni che  furono  giudicate  di  un  gusto  un  po'  «  signo- 
rinesco  »  suscitarono  una  quantità  di  discussioni  animate 
e  di  polemiche  nelle  quali  lo  stesso  Signorini  intervenne 
per  sostenere  con  grande  calore  di  convinzione  la  promet- 
tente arte  del  giovanissimo  Levi.  Nel  1898,  dopoché  era  già 
riuscito  ad  affermarsi  in  modo  non  dubbio,  espose  a  Parigi 
dietro  invito  del  Manzi  alcune  sue  impressioni  che  gli  val-j 
sero  lodi  incondizionate  da  parte  dei  maestri  delF  impres- 
sionismo francese:  Dégas,  Pissarro  e  Monet.  Col  tempo,  pur 
rimanendo  fedele  alla  tecnica  impressionistica,  diede  alla 
sua  pittura  un  contenuto  più  saldo  ed  un  carattere  di  mag- 
giore vivacità.  In  questa  sua  seconda  maniera  il  Levi  si  ma- 
nifesta come  colorista  di  un  lirismo  violento,  acceso,  spinto 
talvolta  fino  all'eccesso  e  pur  severamente  contenuto,  sem- 
pre, entro  una  linea  caratteristica  e  tutta  sua. 

È  un  fine  ed  aristocratico  conoscitore  e  raccoglitore  di 
cose  d'arte  e  possiede   un'  interessante   collezione   d'opere 

129 


dei  più  puri  rappresentanti  del  «  maccbiajolismo  »  toscano. 
Appartiene  al  <  Gruppo  Labronico  ». 

Ctuido  Vkxarelli. 
f Dipinti  a  olio) 

1.  La  Pantera  alle  Cascine    3.  Casolari   a  lìoncegno 

2.  Primavera  grigia  nel  Par-        (Trentino) 

terre  h.   Colloquio  di    hamhinaie 

sulla  rotonda  deir Ardenza 


Moses  LEVY 

È  nato  a  Tunisi  nel  1885.  Il  Levy  si  è  dipartito  da  espres- 
sioni di  una  i  mpronta  quasi  assolutamente  macchiaiola  —  con 
un  minimo  di  personalità  e  di  superamento  —  per  arrivare 
a  cose  veramente  personali,  nelle  quali  alla  fuggevolezza  e 
frammentarietà  dell'impressionismo  sono  innestati  elementi 
di  stile,    di    composizione,  di  decoralività. 

Quasi  tutte  le  sue  «  impressioni»  —  od  «emozioni»  che 
dir  si  voglia  —  gli  sono  ispirate  da  quel  paese  voluttuario 
che  è  la  spiaggia  di  Viareggio,  con  il  quale  il  suo  tempe- 
ramento di  semi- orientale  simpatizza  particolarmente.  Colà 
i  colori  vivaci  e  chiari  delle  vesti  femminili  si  moltiplicano 
per  tutte  le  probabilità  della  luce,  ne] l'abbagliante  riverbero 
marino.  Il  Levy  rende  òttimamente  —  in  un  senso  emotivo 
e  quindi  personale  —  cotesta  accensione  coloristica,  senza 
preoccuparsi  degli  «  effetti  »  derivanti  dalle  vicende  atmo- 
sferiche e  luminose,  appartenenti  ormai  al  repertorio  del 
più  abitudinario  impressionismo.  Egli  ha  penetrato  con  spi- 
lito  e  curiosità,  piuttosto  che  con  profondità^  il  carattere  pre- 
valentemente femmineo  e  sensuale  di  quel  mondo  frivolo 
e  «  festivallico  »,  di  quel  paese  di  eccezione.  La  sua  pen- 
nellata, volta  a  volta  densa  come  il  succo  di  un  fruito  orien- 
tale, magra  e  trasparente  come  una  pietra  cristallina,  si 
stende  in  notazioni  piatte  e  giustapposte  di  superficie,  con 

130 


quella  geometrizzazione  dei  piani  e  degli  spazi,  che,  se  è  avver- 
tibile quale  frutto  meramente  intuitivo  nei  Macchiaioli,  nella 
pittura  del  Levy  assume  un  aspetto  volontario,  cerebrale. 
Da  tali  sintesi  strutturali  e  dinamiche  deriva  alla  pittura 
di  Moses  Levy  il  suo  carattere  decorativo  e  stilistico  più 
originale  e  interessante,  che  vieta  al  soggetto  e  al  colore  di 
cadere  in  una  gustosità  troppo  futile. 

Nella  sua  più  recente  maniera  il  Levy  si  è  particolar- 
mente interessato  del  problema  del  volome  e  del  chiaro- 
scuro, imprimendo  alla  sua  pittura  un  carattere  più  espres- 
sivo, seppure  meno  brillante. 

Mario  Tinti. 

{Dipinti  a  olio). 
1.  Momento  drammatico  2.  Veglione 

Sedici  incisioni  f punte  secche) 

Raffaele  LIMAURO 

Nato  in  Pontecorvo,  provincia  di  Caserta,  il  18  marzo  1884, 
Raffaele  Limauro  è  un  autodidatta,  giacché  non  può  dirsi 
abbia  studiato  all'Accademia  di  Belle  Arti  di  New-York,  da 
lui. frequentata  per  brevissimo  tempo. 

Ha  esordito  in  una  mostra  del  Water  Color  Club  della 
grande  metropoli  americana,  dove  espose  due  acquarelli 
assai  pregevoli. 

E'  paesista  di  spiccate  qualità,  studioso  e  accurato.  Ama 
ritrarre  la  natura  trasfigurandola  secondo  una  propria  vi- 
sione interiore,  espressa  in  stilizzazioni  eleganti  e  piene  d'un 
sottile  garbo. 

Di  ritorno  dagli  Stati  Uniti,  ove  ha  soggiornato  per  quasi 
tre  lustri,  partecipò  con  entusiasmo  alla  guerra,  ove  gli  toccò 
una  gloriosa  ferita. 

Federico  Petriccione. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  //  tormento  dello  spirito  2.  Ora  solenne 

131 


Llewlyn  LLOYD 

È  nato  a  Livorno  il  30  di  Agosto  del  1879,  ed  ebbe  i 
primi  insegnamenti  dal  pittore  Guglielmo  Micheli,  allievo 
di  Giovanni  Fattori. 

Conosciuto  poi  il  grande  Maestro,  venne  a  Firenze;  e 
avuti  da  lui  preziosi  consigli,  si  dette  a  studiare  da  solo, 
senza  frequentare  né  l'Accademia  né  altra  scuola, 

A  diciotto  anni,  nel  1897,  espose  per  la  prima  volta  alla 
Società  di  Belle  Arti;  e  ben  presto  si  fece  notare  per  certe 
sue  audacie  divisionistiche,  che  sollevarono  qualche  protesta 
ma  che  già  rivelavano  in  lui  un  temperamento  di  artista. 

Da  allora,  lentamente,  sinceramente,  logicamente,  con 
un  lavoro  tutto  interiore,  senza  baciare  —  cosa  ben  rara  — 
a  mode  e  andazzi,  il  Lloyd  trasformò  ia  sua  prima  maniera 
foggciandosi  una  personalità  ben  definita,  arrivando  ad  ui;o 
stile  che  lo  distingue  ormai  da  ogni  altro.  Quasi  riassorbendo 
a  poco  a  poco  ({uel  suo  divisionismo  che  pur  gli  aveva  dato 
modo  di  dipingere  marine  e  paesi  aureati  e  luminosi,  e 
diventato  sempre  più  sommario  e  sintetico.  La  luce  e  l'aria 
hanno  ravvolto  masse  sempre  più  solide,  mentre  i  tocchi 
sottili  e  minuziosi  si  fondevano  in  una  pennellata  sempre 
più  larga  e  robusta  che  sapientemente  costruiva  e  definiva 
le  forme.  Ma  alia  tonalità  rimaneva  ed  è  rimasta  sempre 
l'antica  ariosità  e  luminosità;  e  qualche  volta  in  un  lembo 
o  in  una  distesa  di  cielo  permane  —  poiché  qui  è  possibile 
e  logico  —  un  po'  del  vecchio  divisionismo,  ma  di  una 
attenuala  sobrietà. 

Il  Lloyd  ha  partecipato  a  tutte  le  esposizioni  nazionali 
e  internazionali,  tanto  italiane  che  estere;  dal  1905  espose 
a  Venezia  ove  da  varii  anni  è  invitato;  è  stato  premiato 
quattro  volte  a  Firenze,  una  volta  a  Bruxelles,  ed  una  a 
Barcellona. 

Opere  sue  già  si  trovano  nelle  pubbliche  Gallerie  d'arte 
moderna:  a  Roma  «  //  castagno  morto  »  ;  a  Firenze  <  //  giar- 

132 


dino  in  fiore  »;  a  Lima  (Perù)  <iCrepascolo  all'Elba»,  e  «  V orcio 

fiorito  ». 

Vive  e  lavora  a  Firenze  e  all'Isola   d'Elba,   che   gli   ha 

suggerito  quasi  tutte  le  opere  di  questi   ultimi  anni:  paesi 

e  marine,  e  studii  di    figura  e  ritratti  intesi   come  motivo 

d'interno  o  pretesto  a  ricerca  ed  a  resa  d'ombre  e  di  luci 

in  un  giardino  assolato. 

Nello  Tarchianl 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Sosta  3.  Sole  d'estate 

2.  Porta  chiusa  h.  Barconi  in  disarmo 

Giovanni  LOMI 

E  livornese;  nato  n^el  1889;  autodidatta.  Si  è  svolto  nel- 
rammirazioue  del  Puccini.  Ama  i  motivi  ricchi  di  vivido 
colore  e  di  contrasti  della  sua  Livorno,  che  interpreta  con 
una  tecnica  fervida  e  libera.  Ha  esposto  in  varie  notevoli 
esposizioni. 

1.  La  Darsena  di  Livorno  verso  il  tramonto  (olio) 
Mario  LOMINI 

É  nato  nel  1887  a  Redonesco  (Mantova).  Si  dedicò  alla 
pittura  ancora  giovane,  nello  stesso  tempo  che  frequentava 
i  corsi  dell'  Istituto  Tecnico.  Sul  «  vero  »,  e  senza  maestri, 
studiò  tanto  il  colore  che  il  disegno.  L'originalità  del  suo 
tirocinio  consiste  nell'aver  fatto  della  forma  e  del  colore 
due  oggetti  separati  di  ricerche,  riassumendo  dipoi  nel  quadro 
questi  due  elementi  e  cercando  di  dare  al  suo  insieme  la 
massima  organicità.  «  Tonalità  e  linee  »,  egli  intitolava,  in- 
fatti, i  primi  suoi  quadri,  volendo  con  ciò  porre  in  evi- 
denza questi  due  elementi  semplici  che  costituiscono  i  suoi 
mezzi  di  espressione  e  che  egli  cerca  tuttora  di  distinguere 
e  nello  stesso  tempo  di  unificare  nella  loro  funzione. 

133 


«  L'arte  per  me  consiste  —  egli  scrive  —  soltanto  nella 
espressione  chiara,  e  quanto  è  possibile  potente,  di  questi 
due  mezzi,  in  quanto  che  non  vi  si  può  arrivare  che  sco- 
prendo nelle  nostre  emozioni  (o  per  ricerca,  o  per  medita- 
zione, o  per  fantasia)  quelle  tonalità  e  quelle  linee  che  in 
fondo  costituiscono  il  nostro  mezzo  di  espressione.  La  na- 
tura e  la  vita  mi  si  mostrano  sotto  l'aspetto  di  tonalità  e 
linee:  tonalità  e  linee  servono  a  me  per  esprimere  la  natura 
e  la  vita  secondo  la  mia  emozione.  L'arte  è  tutta  li». 

Il  Lomini  nel  1920  fece  una  mostra  personale  alla  Galleria 
Pesaro  di  Milano,  assieme  ai  pittori  mantovani  Bresciani 
da  Gazoldo  e  Vindizio  Nodari-Pesenti,  e  in  quell'occasione 
la  critica  più  colta  gli  fu  favorevole.  Dal  1919  il  Lomuii  vive 
e  lavora  a  Milano. 

Dipinti   a  olio. 

1.  Paesaggio  2.  Paesaggio 

Cesare  MAGGI 

Cesare  Maggi  è  nato  a  Roma  il  13  gennaio  1881.  Adole- 
scente studiò  a  Napoli  con  Esposito,  a  Parigi  da  Cormon  e 
a  Torino  con  G.  Grosso.  In  seguito  ad  un  breve  soggiorno 
al  Maloja  (190))  subi  il  fascino  della  montagna  e  del  suo 
grande  interprete  :  il  Segantini.  Ma  in  breve  l'osservazione 
ed  il  temperamento  proprii  lo  distaccarono  dalla  maniera 
divisionista  e  glie  ne  diedero  una  tutta  personale. 

Fra  le  sue  principali  opere  ricorderemo  Mattino  di  festa 
(esposto  a  Venezia  nel  1905,  acquistato  dalla  Galleria  della 
Nuova  Galles).  La  malinconia  del  sole,  (acquistato  nel  1906 
dalla  Galleria  Gruliey).  Ultimo  fieno  ("1900).  Primavere  (espo- 
sto a  Venezia  nel  1907,  acquistato  dalla  Galleria  Nazionale 
d'Arte  Moderna).  La  montagna  meritò  nel  1908  il  Premio  Fu- 
magalli e  fu  acquistato  da  S.  M,  il  Re;  La  Thnile  d'inverno 
fu  premiato  con  medaglia  d'oro  all'Esposizione  Internazio- 
nale di  Monaco  del  1909. 

134 


Sin  dal  1907  Maggi  era  invitato  all'Esposizione  Interna- 
zionale di  Venezia  e  alla  quadriennale  di  Torino.  Nel   1908 

vinceva  la  targa  d'argento  del  Club  Alpino   Italiano   e   nel 

1  910  veniva  nominato  socio  onorario  della  R.  Accademia  di 
Brera.  Il  quadro  attualmente  esposto  segna  l'inizio  della  sua 

n  uova  maniera,  avviandosi,  egli  verso  una  forma  semplice  e 

sintetica. 

1  Abeti  sotto  la  neve  (dipinto  a  olio) 
Ubaldo  MAGNA  VACCA 

E'  nato  a  Modena  nel  1885.  Studiò  a  Napoli  con  Salva- 
tore Postiglione.  E'  uno  dei  più  apprezzati  acquafortisti  ita- 
liani. Sapiente  in  tutti  i  segreti  della  tecnica,  ha  inoltre 
una  visione  largamente  decorativa  e  suggestivamente  pitto- 
resca che  consiste  in  special  modo  in  un  senso  lirico  dei 
chiaroscuro.  Ha  vinto  il  concorso  Poletti  e  il  concorso  in- 
ternazionale Curlandese  del  1915  per  la  incisione.  Anche  alla 
prima  Biennele  di  Napoli  (1920  guadagnò  il  premio  per  il 
bianco  e  nero.  Opere  sue  si  trovano  ai  musei  di  Tokio 
e  di  Liverpool;  al  castello  Sforzesco  di  Milano;  al  museo  di 
Lima  nel  Perù.  Ha  venduto  le  sue  acqueforti  a  S.  M.  le  Re- 
gina Madre,  al  Comune  di  Roma,  alla  Società  Promotrice 
di  Torino. 

1.  Le  due  mucche  (pastello) 
Enzo  MAIORFI 

Studiò  a  Siena— dov'è  nato  nel  1893  —  frequentando 
quell'Accademia.  Passò,  in  seguito,  all'Accademia  di  Firenze, 
dove  consegui  il  diploma  sotto  la  direzione  del  Prof.  Arturo 
Calosci.  Fu  combattente  sul  Piave  e  sugli  Altipiani. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Ulivi  2,  Tramonto 


135 


Giovanni  MALESCI 

E'  di  Vecchio,  nel  Mugello,  dove  nacque  nel  1884.  Fu 
allievo  del  Fattori,  all'Accademia  di  Firenze  e  ha  derivato 
dal  grande  maestro  livornese  lo  schema  della  propria  arte, 
movendosi  in  quello  con  un  sintetismo  coloristico  ispirato 
ad  artisti  più  recenti. 

Dipinti  a  olio 

1,  Paesaggio  magellano        2.  Barroccio  toscano 
Antonio  MANCINI 

Nato  a  Roma  il  14  Novembre  1852,  trova,  ancora  ra- 
gazzo, la  sua  ispirazione  di  pittore  in  un  circo  equestre. 
Passa  a  Narni  i  primi  dodici  anni  della  sua  vita,  senza 
maestri  e  senza  esempi.  Sente  la  pittura  alla  prima  visione 
di  colore  e  di  movimento  che  a  lui  s'affaccia  nel  circo  de- 
gli zingari. 

Lo  mandano  a  Napoli  a  studiare.  A  Napoli  vi  era  Mo- 
relli, dominatore  per  quella  sua  franchezza  semplice,  per 
quella  sua  tranquilla  e  piacevole  abilità  di  composizione. 
Mancini  vi  apprese  la  serenità  e  vi  rafforzò  la  fede.  L'  am- 
biente allora  era  vibrante,  impetuoso,  operoso. 

Nove  anni  trascorrono.  Siamo  nel  1873.  La  grande  eru- 
zione del  Vesuvio  oscura  il  sole  per  lunghi  giorni,  getta  in- 
torno terrore  e  dolore.  Non  può  resistere  a  quel  tormento 
fisico  e  morale  il  pittore  della  luce  piena.  E  va  a  Parigi. 

Già  aveva  prodotto  a  Napoli  opere  di  meravigliosa  bel- 
lezza. Il  pittore  e  l'artista  si  erano  in  lui  affermati  con  una 
impressionante  potenza. 

A  Parigi  portava  la  sua  personalità;  altri  sosteneva  un 
metodo,  e  carezzava  una  moda,  o  sfoggiava  un  soggetto.  Egli 
si  piazzava  con  la  sua  arte.  Individualista  senza  sforzo  e 
senza  discussione,  insegnava  a  tutti  come  si  può  dominare 
la  vita  senza  violenza.  La  legge  giusta  anche  nel  dominio 
della  bellezza  è  una  forza  immancabile  di  vittoria. 

136 


Un  grande  negoziante,  Goupil,  gli  compra  i  quadri,  ed  egli 
lavora  in  libertà  senza  ritegno  e  senza  falsità.  Poi  viene  il 
pittore  Mesdag,  quasi  il  solo  che  senza  interesse  portò  al  Man- 
cini l'occorrente  per  vivere  in  agiatezza  e  produrre  in  libertà. 

Se  pensate  che  allora  (sono  passati  quasi  40  anni)  il 
pittore  amico  giunse  a  dare  al  Mancini  fino  a  2000  lire  al 
mese,  voi  potete  valutare  il  signorile  disinteresse  di  Mesdag. 
Né  di  tutta  l'opera  da  lui  raccolta,  fu  venduto  pezzo.  Ne 
fece  una  sala  che  donò  al  museo  deirAja. 

Eiassumo  la  cronistoria  per  mettere  in  rilievo  i  fatti.   ^ 

Lasciato  Mesdag,  Mancini  va  in  Inghilterra  con  Lane, 
direttore  del  museo  di  Dublino.  Giungeva  in  Inghilterra  con 
la  fama  di  Parigi  e  con  la  presentazione  entusiastica  di  un 
pittore  caro  alla  grande  aristocrazia  inglese:  Sargent. 

In  Inghilterra  Mancini  lavora  col  più  grande  successo. 
E'  l'ultimo  periodo  della  sua  meravigliosa  arte  sincera  e 
sentita.  Il  pittore  non  si  smentirà  mai,  ma  l'artista  si  vedrà 
preclusa  la  via  dal  gusto  degli  altri,  dai  committenti. 

E  bisogna  aggiungere  —  attraverso  la  fastosità  di  Mes- 
singer  e  la  signorilità  di  Du  Chene  —  al  trionfo  di  Venezia 
per  ritrovarlo  magnifico  nella  sua  piena  libertà. 

Mancini  è  tanto  più  grande  perchè  non  esce  dai  limiti 
della  tradizione.  Il  fenomeno  della  sua  pittura  è  fenomeno 
di  dimensione,  di  lirismo,  di  equilibrio.  Non  mai  forse  s'è 
veduta  cosi  chiara  visione  della  verità,  espressa  con  tanta 
e  ommossa  e  vibrante  potenza  coloristica.  Grandi  dipintori 
d'ogni  tempo  son  partiti  da  un  insegnamento,  si  sono  svi- 
luppati non  perdendo  mai  più  nella  espressione  pittorica 
i  vincoli  della  tecnica  e  della  emozione  d'inizio.  Mancini  ha 
saputo  spogliarsi  completamente  d'ogni  ricordo:  perchè  ha 
voluto  escludere  dalla  sua  pittura  ogni  vanità  di  coltura, 
ogni  rigidità  di  metodo,  ogni  preoccupazione  di  estetica.  E 
sarebbe  stato  uu  barbaro  se  non  avesse  trovato  nella  luce 
e  nella  vita  della  sua  terra  la  bellezza  dell'armonia  che  ha 
dato  alla  sua  libertà  prodigiosa  il  senso  della  misura. 

17  137 


A  volte  questo  suo  istinto  stagnante  di  primitivo  (non 
parlo  di  primitivismo  estetico-religioso)  furoreggia  nel  bar- 
baglio dei  colori  che  si  ammassano,  si  addensano,  danno 
rilievi  e  movimenta  ai  piani;  a  volte  questo  suo  istir.lo 
tumultuoso  di  passione  resta  sotto  cortine  mal  definite  come 
il  fuoco  d'un  vulcano  ;  a  volte  si  abbandona  ad  accenni  ner- 
vosi di  temi;  ma  sono  queste  manifestazioni  della  sua  tor- 
tura d'ordine  comune,  che  rode  il  suo  desiderio,  che  impone 
alla  sua  attività  l'obbedienza  o  la  dipendenza. 

Non  ha  parentele  vicine  o  lontane  :  dicono  che  ripeta  il 
Velasquez,  e  non  intendono  che  la  sua  povertà  di  soggetti 
ha  tanta  più  ricchezza  delle  opere  del  pittore  spagnolo,  e 
non  vedono  che,  là  dove  Velasquez  ferma  nella  linea  deco- 
rativa la  vivacità  e  la  bellezza  del  suo  colore,  il  Mancini 
rinunzia  ad  ogni  lenocinio  formale  per  riportare  sulla  tela 
i  tumulti  dell'anima.  {Da  un  profilo  di  Guido  Guida). 

Dipinti  a  olio 

1.  Il  modello  3.  Offerta 

2.  Ritratto  di  Guido  Guida      4.  Autoritratto 

5.  La  finestra 

Ferruccio  MANGANELLI 

Nato  nel  1883  a  Colle  Val  d'  Elsa  si  dedicò  alla  pittura 
per  la  dimestichezza  che  n'  ebbe  avvicinando  i  pittori  Sal- 
vetti  e  Meoni.  Dedica  all'arte  le  ore  che  gli  lascia  libere  la 
sua  professione.  Nel  1911  l'Accademia  di  Belle  Arti  di  Fi- 
renze conferì  la  medaglia  d'argento  ad  un  suo  quadro  esposto 
alla  Promotrice. 

1.  La  valle  ombrosa. 

Giuseppe  *  MANZONE 

E'  nato  nel  1887  ad  Asti,  dove  adesso  ricopre  la  carica  di 
Conservatore  del  Museo  Civico.  Studiò  all'Accademia  Alber- 

138 


tina  di  Torino.  Ha  preso  parte  alle  principali  esposizioni 
italiane,  dove  S.  M.  il  Re  acquistò  alcune  sue  opere.  Alla 
Esposizione  Internazionale  di  Torino  nel  1921,  gli  fu  asse- 
gnato la  medaglia  d'argento.  Opere  sue  si  trovano  nella  Gal" 
leria  d'Arte  Moderna  di  Torino.  Si  affermò  di  primo  acchito 
con  alcuni  lavori,  che  sembravano  intagliati  nel  legno.  Del 
legno  avevano  almeno  l'aspro  ed  asciutto  vigore.  Poi  parve 
sviarsi.  0  meglio  si  chiuse  in  sé  stesso,  e  si  cercò.  Frutto 
della  solitudine  voluta,  e  forte,  una  serie  di  lavori  ineguali, 
anche  poveri  di  contenuto  e  di  tecnica,  ma  dai  quali  tra- 
spariva sempre  un'onestà  di  intendimenti,  una  forza  di  con- 
vinzioni degni  di  rispetto,  e  di  attesa.  Di  quando  in  quando 
poi,  un  disegno,  che  vi  recava  una  eco  della  grande  voce 
dei  quattrocentisti,  e  non  per  isterile  spirito  di  imitazione, 
per  analogia  di  sentimento  di  fronte  al  vero. 

Il  Manzone,  alla  Mole  Antonelliana,  conserva  negli  studi 
di  figura  le  sue  qualità  di  disegnatore,  penetrante,  ostinato, 
capace  di  comprendere  —  e  sovralutto  deciso  a  far  com- 
prendere —  quanto  valore  espressivo  possa  derivare  da  una 
semplice  linea,  che  sembra  nulla,  ed  è  invece  lungamente 
meditata  e  studiata.  Pochi  sono  come  il  Manzone,  capaci  di 
tanta  sobrietà.  Pochi  possono  gareggiare  con  lui  nella  sin- 
cerità. Ed  anche  nella  vita  la  sincerità  è  tutta  angolosità 
durezze,  squilibri!,  che  offendono.  Ma,  poiché  è  dei  forti 
essa  si  impone.  Con  sincerità  uguale  il  Manzone  s'è  fatto 
interprete  dell'anima  del  paesaggio  in  quanto  ha  di  meno 
attraente  per  il  grande  pubblico  droghiere.  Si  direbbe  che 
essa  rifletta  la  fatica  umana.  Cosi,  anche  nella  gioia  della 
luminosità,  é  riarsa;  non  ha  giocondità;  non  ha  seduzioni, 
né  di  tavolezza,  né  di  linee.  Ci  parla  un  linguaggio  severo 
«  non  scevro  di  asprezze. 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Paesaggio  del  Monferato      2,   Una  via  di  Asti 
3.  Marina 


139 


MArD  MAQUAY 

Di  Firenze.  Allieva  di  Spinelli  e  di  Marfori-Savini. 
1.  Crepuscolo  (olio). 

Giovanni  MARCH 

E  in  arte  da  pochi  anni  e  già  si  è  validamente  aflfer- 
mato.  È  giovanissimo.  Ammiratore  fervente  ed  entusiasta 
della  pittura  di  Mario  Puccini;  ha  cominciato  a  dipingere 
sotto  il  lascino  che  si  sprigiona  dall'arte  formidabile  del 
suo  maestro  prediletto.  Ma  poi  ha  trovato  una  strada  sua  e 
la  percorre  con  la  baldanza  propria  dei  giovani  che  han 
fede  di  arrivare  alla  mèta.  La  sua  pittura  rude  e  schietta, 
tutta  semplicità  e  tutta  forza  espressiva,  scili  va  di  ogni  sorta 
di  «  effetti  »  e  di  convenzionalismi,  appare  a  chi  lo  conosce 
da  vicino  come  lo  specchio  fedele  della  sua  pura,  dritta  e 
sdegnosa  anima  di  selvaggio.  Appartiene  al  «  Gruppo  La  - 
bronico  ». 

Guido  Vivarelu. 

1.  Ritratto  di  vecchio  barcaiolo  (Dipinto  a  olio) 

Litografie 

2.  Maniscalco  5.  Bovi  ali  aratro 

3.  Maniscalchi  6.  Contadini  giuocatori 
A,  Contadini  a  riposo  ■          7.   Trapelo 

Giannino  MARCHIG 

È  nato  a  Trieste,  ma  da  diversi  anni  vive  a  Firenze  E 
un  autodidatta.  Nel  1919  vinse  il  premio  Stibbert.  Alcune 
opere  sue  sono  nella  Galleria  Nazionale  di  Roma,  nella  Gal- 
leria di  Bologna  e  nel  «  Gabinetto  Disegni  e  Stampe  »  degli 
Uffizi.  E'  artista  coscienzioso  e  delicato.  Ama  le  tonalità 
basse  e  le  armonie  tenui.  Coltiva  con  provetta  capacità  tec- 
nica e  senso  del  chiaroscuro  anche  l'acquaforte.  Alla  «Fri- 

140 


maverile  »  si  presenta  con  opere  più  vigorose  e  di  più  largo 
respiro  di  tutte  quelle  eseguite  per  il  passato. 

Dipinti  a  olio 

i.  Donna  nuda  3.  Fanciulla 

2.  <  La  briseghellina  *  4^.  Ritratto  di  un  armatore 

5.  Il  vecchio  cocchiere 

Filippo  MARFORI-SAVINI 

È  nato  a  Firenze. 

Allievo  del  Morelli,  buon  pittore  di  figure  e  d'interni, 
esordi  alla  Promotrice  nel  1906  con  una  «  Messa  in  Duomo  » 
e  in  séguito  si  dedicò  all'insegnamento,  anche  dell'acqua- 
forte che  tratta  con  bravura.  Buon  disegnatore,  la  sua  scuola 
privata  in  Borgo  S.  Apostoli  è  molto  rinomata  e  frequentata. 

1.  Paranze  nel  porto  canale  di  Fano  (acquaforte). 
2.  Buoi  (xilografia),         3.  Vecchia  che  prega  (xilografia) 

Mario  MARENESI 

È  nato  a  Este,  in  provincia  di  Padova  nel  1888;  è  dunque, 
un  lontano  discendente  di  quelli  artisti  ferraresi,  che  alla 
leggiadria  e  dolcezza  delle  forme  univano  una  tanto  feste- 
vole e  prodiga  fantasia.  Il  Marenesi  in  queste  due  tele  espo- 
ste alla  Primaverile  ha  saputo  contemperare  ad  un  gusto 
decorativo  ricco  e  imaginoso,  tutto  attinto  alla  realtà  for- 
male delle  cose,  una  sensibilissima  poesia  del  colore.  La  sua 
«  Sinfonia  Verde  »  è  insieme  un  arazzo  e  un  quadro  ben 
dipinto,  in  cui  l'indugio  amoroso  nel  ritrarre  la  forma  .di 
ogni  fogliolina  e  il  tono  di  ogni  fronda  assurgono  nell'in- 
sieme ad  una  visione  piena  di  fantasia  e  di  gusto. 

1.  A  seconda  del  vento  2.  Sinfonia  verde 

141 


Raffaele  MARINO 

Raffaele  Marino,  nato  in  Napoli,  il  29  maggio  1868,  al- 
lievo di  Giovan  Battista  Amendola  e  di  Achille  D'Orsi,  è 
st  udioso  acuto  e  appassionato  dell'arte  greca,  naturalmente 
portato  verso  la  statuaria  classica. 

Ha  partecipato  alle  più  importanti  Esposizioni  italiane 
e  straniere,  conseguendovi  numerosi  premi,  medaglie  e  di- 
plomi d'onore,  e  vendendo  opere  a  diverse  gallerie  moderne. 

Ha  vissuto  per  molti  anni  a  Parigi. 

Nel  1902,  il  governo  francese  lo  decorò  delle  palme  ac- 
cademiche. 

Federico  Petriccione. 

i.  Broncio  (marmo). 
Maria   Grazia  MARTELLI 

Nata  a  Firenze  nel  1889.  Autodidatta.  Espose  in  varie 
mostre  italiane. 

Litografie. 

1.  Canale  Cesenatico  2.  Studio 

Arturo    MARTINI    (Gruppo  «  Valori  Plastici  ^J 

Si  narra  di  un  monaco  cronista  del  medio  evo  che,  invasa 
la  sua  città  dai  barbari,-  invaso  il  monastero,  lui,  nell'arida 
colletta,  fra  il  sangue  e  la  distruzione,  continuava  a  scri- 
vere, a  scrivere,  a  scrivere  gli  annali  del  suo  tempo.  ]\la 
quel  monaco,  uomo  benedetto  da  Dio,  possedeva  riferimenti, 
notizie,  dati  precisi  :  noi  miserelli,  che  possiamo  dire  intorno 
ai  fasti  biografici  di  Arturo  Martini?  Che  codesto  uomo 
esista,  viva,  il  fatto  è  indubitabile;  rammentiamo  persino  di 
averlo  visto  talvolta,  in  persona,  in  carne  —  in  una  carne 
un  po'  turbata  da  Dioniso  Bromio,  a  dir  vero.  Taluni  dicono 
che  lo  scultore  Martini  sia  nato  a  Treviso,  altri,,  con  ferma 
persuasione,  gli  fanno  veder  la  luce   in   Eomagna;  quando 

142 


da  famiglia  villereccia,  quando  da  nobile  casato  e  sangue 
antichissimo...  Ma  ci  si  perde:  il  tempo  giudicherà,  e  intorno 
alla  vita  di  Martini,  detto  in  altro  modo  Martini  della  Valle, 
passato  dall'Italia  nella  misteriosa  Russia,  e  dalla  Russia  in 
Germania,  e  dalla  Germania  in  Francia,  le  penne  degli  sto- 
rici fioriranno  in  isquisite  fantasie. 

Quanto  più  facile  è  parlare  delle  opere  scultorie  di  questo 
artista  girovago  e  invaso  dal  dèmone  del  moto!  I  suoi  la- 
vori, uomini  interi  e  animali,  bassorilievi,  placidi  paesaggi 
di  gesso,  drammi  fermati  per  sempre  nella  tersa  compo- 
stezza dei  minerali,  ci  guardano  con  una  espressione  tra 
caricaturale  e  intenerita,  che  rivelano  nell'anima  di  chi  li 
formò  a  poco  a  poco  con  urti  violenti  e  carezze,  un  senti- 
mento volenteroso  ma  un  po'  bisbetico  degli  aspetti  ridicoli 
e  appassionati,  profondi  e  dolcissimi,  che  le  creature  di  Dio 
e  le  piante  che  adornano  il  mondo,  acquistano  sotto  la  luce 
sconsolata  del  sole. 

Nonostante  la  floreale  presentazione  che  abbiamo  fatto 
di  codeste  sculture,  ci  pare  doveroso  aggiungere  che  Ar- 
turo Martini  non  si  accontenta  di  riprodurre  sia  nel  gesso, 
sia  nel  legno,  gli  aspetti  vacui  e  superficiali,  come  usano 
in  genere  gli  attuali  epigoni  di  Prassitele  e  di  Scopa,  ma 
tende  con  isforzi  tenacissimi,  a  ritrovare  quella  espressione 
complessa  ingenua,  e  scaltra  nello  stesso  tempo,  che  di- 
stingue tanto  le  opere  della  statuaria  primitiva  dei  greci, 
quanto  la  tipica  rigidità  del  nostro  Quattrocento.  Siamo  si- 
curi d'altra  parte  che  Arturo  Martini,  esaurite  le  esperienze 
e  i  travagli  che  l'hanno  costretto,  prima  a  forzare  e  a  de- 
formare la  natura,  quindi  a  ispirarsi  alla  matura  compo- 
stezza della  grande  scultura  italiana,  non  riesca  presto  ad 
acquistare  quella  indipendenza  e  pienezza  di  mezzi  proprii, 
che  segnerà  l'attuazione  totale  di  quei  valori  che  finora 
egli  ha  enunciato  con  una  passione  un  poco  acerba. 

Alberto  Savinio. 
143 


stallie  in  gesso. 

1.  Il  Dormiente  o.  Le  stelle 

2.  Testa  di  cjiovane  0.  Fecondità 

3.  La  pulzella  d'Orléans        7.  Il  pastore 

4.  Ritratto  di  mia  madre      S.  Busto  di  donna  f terracotta) 

Fabio  MAURONER 

Di  Tessano  Veneto.  Acquafortista  esperto  della  tecnica 
ed  efficace  interprete  di  effetto  delicato  e  di  motivi  ricchi 
di  chiaroscuro. 

Acque  forti 

U  Subiaco  2.  Assisi 

Emilio  MAZZONI-ZARIXI 

Pittore  di  paesaggio  delicato  e  luminoso  si  dedicò  ben 
presto  alla  difficile  arte  dell'acquaforte  di  cui  è  diventato 
notissimo. 

Ha  esposto  nei  saloni  di  bianco  e  nero  di  tutte  le  grandi 
esposizioni,  nazionali  ed  estere,  ed  è  stato  acquistato  spesso. 
Ultimamente  ha  avuto  un  vero  successo  nel  Belgio,  dove 
l'acquaforte  ha  cultori  famosi.  Pochi  giungono  a  rendere 
come  lui  il  mistero  della  frappa  e  le  difficoltà  dell'acque  e 
dei  cieli.  Ammiratore  del  Fattori,  ha  studiato  da  sé,  con 
fede  tenace,  in  silenzio. 

Acquaforti 

1.  La  Rocca  4-,  Convento  ad  Assisi 

2.  Pontevecchio  5.  Fontana  a  Boboli 

3.  La  valle  umbra  6.  Nonna  Rosa  {Puntasecca) 

Roberto  MELLI 

E'  nato  a  Ferrara   nel  1885.   Il  Melli   ha  il   merito,  oggi 
proprio  a  pochissimi  artisti,  di  possedere  appieno  la  tecnica 

144 


di  tutte  le  arti  belle,  e  quel  che  più  importa,  di  sapere  rife- 
rire ad  ogni  tecnica  lo  spirilo  che  le  è  adeguato  e  che  si 
confà  alle  diverse  materie.  E'  un  vero  artefice,  nome  che  ora 
molti,  che  praticano  l'arte  disdegnerebbero  e  che  pure  costi- 
tuiva tanta  parte  della  grandezza  dei  maestri  del  Rinascimento. 

Egli  coltiva  con  egual  sicurezza  la  scultura,  la  pittura, 
la  xilografia,  la  ceramica  e  lo  sbalzo  su  metalli.  Fu  tra  i 
primi  cultori  della  silografia  in  Italia,  contribuendo  al  movi- 
mento di  rinascita  di  quest'arte.  La  sua  arte  si  svolge  sopra 
una  linea  di  evoluzione  che  sarebbe  facile  dividere  in  pe- 
riodi ben  precisi  e  determinati  a  seconda  delle  aspirazioni 
e  dei  criteri  dell'artista  e  dei  resultati  ottenuti. 

In  un  primo  periodo  (1909-10)  il  Melli  lavora  con  lena 
tutto  in  braccio  alle  sue  facoltà  istintive  e  scusabili,  senza 
preoccupazioni  di  ricerche.  Di  questo  periodo  è  la  Testa  di 
fanciulla  esposta  nella  Primaverile  della  quale  Edoardo  De 
Albertis  ebbe  a  dire  che  era  «il  più  nobile  e  più  gustoso 
frammento  della  moderna  scultura  italiana». 

Dal  1912  al  '14  invece  procede  per  tentativi  intesi  a  dare 
valori  di  volume  e  di  colore  in  un  tutto  plastico  espressivo. 
Le  opere  di  questo  periodo  hanno  soltanto  valore  di  fram- 
mento e  rimangono  nel  campo  del  «saggio»  o  meglio  del- 
l' «  assaggio  plastico  »  e  fan  parte  di  un  sondaggio  delle 
proprie  facoltà  poste  a  repentaglio  con  la  materia. 

A  un  terzo  periodo  (1915-1920)  interrotto  da  tre  anni  di 
guerra,  appartengono  molteplici  tentativi  di  pittura. 

Nell'attività  artistica  del  Melli  negli  anni  1914  e  '15  è 
degna  di  rilievo  l'opera  condotta  nel  restauro  degli  sbalzi 
sacri  abruzzesi,  eseguita  per  conto  dello  Stato;  opere  che 
dà  al  Melli  una  completa  e  originale  fisonomia  di  orafo. 

1,  Ritratto    di    mia    moglie    3.  Maschera  (bronzo)  (Pro- 
(bronzo)  prietà  Girar  don) 

2.  Ritratto  del  pittore  Costan-    4.    Signora    col    cappello 
tini  (Pietro)  (bronzo) 

5.  Ritratto  di  mia  moglie  (dipinto  a  olio) 

19  145 


Giuseppe  MENATO 

E'  nato  a  Bovolone  (Verona)  nel  1874.  Si  dette  all'arte  per 
istinto  e  per  passione.  Primo  fra  i  suoi  meriti:  fu  un  auto- 
didatta e  come  tale  domandò  alla  propria  fede  soltanto  il 
segreto  per  riuscire. 

Fede  che  Menato  animò  e  ravvivò  di  giorno  in  giorno, 
quanto  più  sentiva  esultare  nell'anima  la  poesia  infinita 
della  natura  alla  quale  seppe  temprare,  con  lo  studio,  le 
facoltà  native. 

Nella  prima  maniera  l'artista  riusci  con  una  tavolozza 
svariata  e  forte  a  rendere,  attraverso  assidui  studi  analitici 
del  vero,  una  nota  di  calma  e  di  serena  mestizia;  nei  suc- 
cessivi pervenne  ad  afferrare  e  tradurre  efficacemente  nel 
quadro,  con  grande  evidenza  e  senso  plastico,  la  sintesi 
cromatica  dei  momenti  più  suggestivi  della  natura. 

Nei  lavori  dell'ultimo  periodo  balza,  in  modo  particolare, 
nitida  l'individualità  dell'artista,  che  ha  saputo  felicemente 
conciliare  la  tradizione  dei  migliori  impressionisti,  con  le 
ricerche  delle  tendenze  moderne,  elevando  il  paesaggio  ad 
una  forma  distinta  e  tutta  personale,  che  pone  il  Menalo 
fra  i  notevoli  temperamenti  artistici. 
Dipinti  a    olio 

1.  Il  tramonto  sali  Adige  a    4.  Nella  Valle  dei    Mulini 
Verona  '  (Veneto  Veronese) 

2.  Gala  la  sera  5.  Tramonto   a    Torri   del 

3.  Face  montanina  Benaco 

Vittorio  MEONI 

Nato  a  Colle  di  Val  d'Elsa  circa  cinquant' anni  fa,  vive  a 
Lucca  con  la  famiglia,  (è  padre  di  sei  figli  ormai  grandi)  e 
commercia.  Dipinge,  nei  momenti  liberi,  per  istinto.  Predilige 
la  tecnica  divisionista,  perchè  lui  è  un  paziente,  benché  fer- 
voroso,   adoratore    del  vero.   Aria,    spazii,    poesia,    ecco   la 

146 


caratteristica  delle  sue  tele  di  cui  è  sempre,  e  solo,  protago- 
nista il  paesaggio  che  questo  pittore  di  cosi  raccolta,  intima 
religiosità  guarda  colla  gioia  amorosa  di  un  San  Francesco 
o  meglio,  di  un  fra  Giovanni  da  Fiesole. 

Una  distesa  di  campi,  monti  lontani,  nuvolette  rosee 
veleggianti  sull'orizzonte  e,  in  primo  piano,  un  albero, 
un  tralcio  di  macchia,  un  fiore.  Ma  di  là  da  quell'albero, 
da  quel  tralcio,  da  quel  fiore,  quali  lontananze  tutte  vibranti 
di  atomi  di  luce  e  di  colore  che,  fusi  nella  nostra  rètina,  ci 
danno  l'illusione  d'affacciarci  a  un  balcone  e  respirare! 

F.  P. 
1»  Autunno  (olio) 

RuBALDO  MERELLO 

Nel  gennaio  di  quest'almo  è  morto  Rubaldo  Morello, 
mirabile  artista,  solitario,  sdegnoso,  che  fu  sfruttato  da  molti^ 
sconosciuto,  amato  solamente  da  pochi  eletti  :  morto  ancor 
giovane  e  povero.  Chi  ha  opere  sue  ne  è  geloso  :  e  speriamo 
non  voglia  farne  la  solita  speculazione,  che  a  volte  tradisce 
la  memoria  stessa  dei  morti  gloriosi,  seppure  non  ne  ritardi 
il  riconoscimento,  come  sempre  impedisce  che  spiriti  egregi 
e  disinteressati  rendano  loro  il  tributo  che  merita. 

Ringraziamo  il  Gav.  Alfredo  Giannoni  di  Novara  per  aver 
voluto  concederci,  unico  fra  quanti  furono  da  noi  sollecitati, 
un  gruppo  di  opere  del  morto. 

Il  quale  viene  solitario,  sperduto  fra  gli  scogli  della  Li- 
guria, prima  a  S.  Fruttuoso  di  Portofino,  fra  le  tombe  dei 
D.oria  e  le  granitiche  maestà  del  monte  a  picco  sul  mare  ; 
e  poi  a  S,  Margherita  Ligure.  Fu  pittore  e  scultore  nell'ul- 
timo tempo  :  poeta  sempre  ;  pensoso  di  continuo,  come  uno 
strumento  eloquente  e  rivelatore  di  natura. 

Come  pittore,  il  Merello,  artista  d'istinto  caldo  ed  esu- 
berante, è  fra  i  pochissimi  che  ponendo  a  base  della  propria 
espressione  pittorica  la  tecnica  divisionistica,  non  la  intese 

147 


in  modo  meccanico  e  in  vista  di  «  effetti  »  fisici  obbiettivi 
di  irradiazione  luminosa  o  di  soffusione  atmosferica,  ma 
come  un  mezzo  per  moltiplicare  e  corroborare  la  propria 
lirica,  assimilando,  cioè,  completamente  quel  mezzo  tecnico 
alla  necessità  emotiva  del  proprio  spirito.  Quella  specie  di 
serrato  e  sapiente  ordito  strumentale  cbe  è  il  divisionismo 
del  Merello  non  si  ingrettisce  mai  in  modi  abitudinarii  e 
teoretici,  ma  s'insangua  e  brucia  del  traboccante  amore 
dell'artista  pei  colori  fulgidi  e  intensi  della  divina  Riviera. 
L'abbagliante  riverbero  del  mare,  fra  gli  scogli  roggi  o  dia- 
sprati del  litorale  ligure,  che  fonde  ed  elabora  come  la 
vampa  di  un  forno  vetrifero,  gli  aspetti  ricolanti  di  luce 
del  colore,  ha  suggerito  e  imposto  al  Merello  quella  tecnica, 
divisa  eppure  compatta  e  succosa,  per  cui  i  suoi  quadri, 
oltre  che  per  la  potenza  evocatrice  dei  luoghi  raffigurati, 
sono  stupendi  per  l'arabesco  sontuoso  delle  tinte  :  intese 
nella  loro  pura  musicalità  decorativa,  risplendenti  fra  i 
castoni  di  forme  solide  e  stagliate,  come  un  prezioso  mo- 
saico di  gemme  cristalline  e  di  pietre  dure.  Merello  è  il 
cantore  che  con  voce  più  squillante  e  gioiosa  abbia  cele- 
brato le  bellezze  di  quella  terra  benedetta  dalla  natura,  in 
cui  tutti  gli  aspetti  sembrano  essere  invasi  da  un  delirio 
dionisiaco,  moltiplicato  dalla  profusione  dei  doni  di  una 
flora  prodigiosa,  sotto  l'azzurro  intenso  del  cielo,  cui  ri- 
sponde la  nota  più  profonda,  ma  non  meno  splendida  e 
vibrante  del  mare. 

1.  La  scala  del  Convento  di     4.  Pini  e  rocce 

San  Fruttuoso  5.  Tramonto  sul  mare 

2.  Pini  sul  mare  6.  San  Fruttuoso 

3.  Ulivi  in  Riviera  7.  Disegni  a  sanguigna 

Roger  MICHAHELLES 

E'  nato  a  Firenze  nel  1898.  Studiò  con  Julius  Rolshoven 
e  con  F.  Marfori-Savini  ;  per  il  disegno  ha  seguito  un  corso 
nella  scuola  inglese  di  Londra. 

1,  Natura  morta  (olio) 

148 


Alberto  MICHELI 

Pittore  delicato  e  aristocratico  disegnatore  elegante.  È 
molto  luminoso,  la  sua  pennellata  è  fluida,  il  suo  tòcco  si- 
curo, preciso.  Buon  ritrattista,  predilige  le  silhouettes  fem- 
minili, le  testine  dei  fanciulli  e  le  toilettes  di  cui  accenna 
con  bella  sintesi  e  con  chiaroscuro  efficace  i  panneggia- 
menti. Ha  esposto  varie  volte  a  Venezia  e  a  Firenze  ripor- 
tando sempre  notevoli  successi. 

Dipinti  a  olio. 

1,  La  Piazza  di  Assisi  2.  La  Valle  del  Tescio 

3.  Paese 

Corrado  MICHELOZZI 

È,  come  egli  ama  definirsi,  un  pittore  dinamico.  Dina- 
mismo e  velocità  sono  infatti  le  qualità  peculiari  della  sua 
arte  che  si  esprime  a  pennellate  larghe,  rapide,  mosse,  sin- 
tetiche. Talvolta  l'esuberanza  del  suo  irresistibile  tempera- 
mento di  livornese-guascone  che  non  conosce  indugi  e 
profonde  meditazioni  e  crea  in  fretta  alla  «  brava  »  sotto 
l'inspirazione  del  momento,  dà  ai  suoi  quadri  una  innega- 
bile impronta  di  superficialità.  Ma  quando  riesce  a  contenere 
la  sua  foga  tutta  meridionale,  a  dimenticare  che  la  pittura 
è  qualche  cosa  di  più  che  un  semplice  giuoco  di  abilità 
ma  è  indagine,  studio,  passione,  ricerca,  Corrado  Michelozzi, 
detto  il  «  Borchia  »,  si  rivela  un  artista  capace  di  dire  sul 
serio  qualche  cosa  di  intimamente  suo  e  di  dirlo  in  un 
linguaggio  sobrio,  efficace,  tutto  evidenza  di  colori  e  d'im- 
magini. Appartiene  al  «  Gruppo  Labronico  ». 

Guido  Vexarelli 

Dipinti  a  olio 

1.  L'uomo  seduto  3.  Sul  palcoscenico 

2.  Cantante  di  strada         4.  Mia  madre 

5.  Marta 


149 


Vincenzo  MIGLIAEO 

Vincenzo  Migliare  è  nato  VS  ottobre  1858.  Ora  gaia  e 
sentimentale,  ora  cupa  e  drammatica,  Napoli  tutta  vive  nelle 
tele  di  Vincenzo  Migliaro,  con  una  sincerità  e  con  una  pro- 
fondità d'indagine  che  non  ha  eguali. 

1  vicoli  sudici  e  pittoreschi,  i  fondachi  bui  e  misteriosi, 
i  bassi  ove  s'annida  la  variopinta  miseria  degli  umili,  le  lu- 
minose piazze  inondate  dal  sole  caldo  e  buono  hanno  il  loro 
storico  e  il  loro  poeta  in  questo  pittore  solitario  e  scontroso, 
acuto  e  sincero,  caratteristico  e  vigoroso,  che  ha  saputo  poi 
glorificare  in  maniera  definitiva,  nelle  sue  personalissime 
mezze  figure,  la  calda  bellezza  ammaliante  delle  popolane 
napolitane. 

Federico  Petriccioxe. 

1.  Tipo  di  popolana  2.  Plenilunio 

Arrigo  MINEREI 

É  nato  a  Ferrara  nel  1881.  Non  ha  avuto  maestri,  né  ha 
frequentato  Accademie. 

«  Ho  lavorato  e  studiato  in  silenzio  per  vent'anni  — 
«sono  sue  parole  —  e  ho  acconsentito  ad  esporre  le  mie 
<  opere  la  prima  volta  nel  1919  alla  Galleria  Pesaro. 

«Non  ho  preoccupazioni  di  tecnica  e  di  stile,  non  cerco 
«d'essere  personale  ad  ogni  costo,  abborro  la  retorica,  la 
«fredda  statuaria,  il  bianco  gelido. 

«  Ascolto  battere  il  mio  cuore  e  lavoro.  Nnll'altro  ». 

Del  Minerbi  ha  scritto  Carlo  Bozzi  in  occasione,  appunto, 
di  una  sua  mostra  nella  Galleria  Pesaro  : 

Si  direbbe  che,  non  per  la  scultura  contemporanea,  ma 
proprio  per  quella  del  nostro  Minerbi,  André  Michel  abbia 
scritto  fino  da  vent'anni  fa:  «  Bien  plus  que  par  la  gesti- 
culation,  c'est  par  la  qualité  du  modelé  que  la  sculpture 
est  expressive  ».   Come   riesce   interessante    confrontare,   il 

150 


modellare  di  questi  due  grandi  scultori.  Il  Minerbi  mostra 
di  voler  conservare  la  massa,  le  forme  della  realtà  e  ne 
arricchisce  l'insieme  con  squisite  finezze  di  piani  e  di  sfu- 
mature e  trae  da  una  sola  materia  appareuti  differenze  di 
consistenza,  di  ètoffe...  Ottiene  cosi  una  vita  d'arte  della  ve- 
rità che.  in  qualcosa  di  plasticamente  assoluto,  ci  offre 
secondo  le  luci  e  il  punto  di  vista,  una  sorprendente  varietà 
in  una  definitiva  unità.  Una  scultura  che  aborre  gli  «scuri» 
e  resiste  nelle  penombre,  di  una  fattura  cosi  minutamente 
vibrante  che  pare  circondarsi  di  una  emanazione  luminosa, 
quasi,  l'esalazione  di  un  profumo...  Vi  è  inconsapevolmente 
ripresa  e  continuata  l'arte  di  Mino  e  del  Laurana  e  seguita, 
uscendo  dalla  simmetrica  compostezza  e  semplificazione 
stilistica  del  Quattrocento,  con  la  espressione  tutta  del  nostro 
tempo  di  una  personale  quasi  spasmodica  sensibilità  che 
ci  accompagna   fin  sulla  soglia  dell'inesprimibile... 

Carlo  Bozzi 

(Gesso) 

1.  U Annunziazione  2.  La  Comunione 

3.  Mattino  di  primavera 

(Marmo) 

4^.  La  Vittoria  6.  Ritratto  di  V,  Grabicy 

5.  Il  Falco  7.  Giovanna 

6.  Crisalide  9.  Autobiografia 

10.  Fanciullo  che  ride 

(Bronzo) 

IL  Cesare   Battisti  :    VApo-    12.  Bimbo 
stola  ;    V arresto    a   Monte 
Corno  ;  il  Martire 

(Targhette  in  argento) 

13,  S.  Cecilia  U.    Ritratto 


151 


Aurelio  MISTRUZZI 

Nacque  a  Villaorba  (Udine),  nel  1880. 
Il  Mistrazzi  coltiva  con  singolare   amore   l'arte   delicata 
della  medaglia. 

L'attitudine  e  l'abilità  per  la  tecnica  speciale  del  basso- 
rilievo lo  hanno  posto  in  grado  di  competere  con  i  meda- 
glisti di  maggior  grido. 

Fra  i  suoi  lavori  di  questo  genere  annoveriamo  parecchi 
di  speciale  importanza,  cioè  le  medaglie  commemorative 
ufficiali  della  consegna  della  bandiera  di  combattimento 
alla  regia  nave  «  Roma  »,  del  Congresso  artistico  interna- 
zionale all'esposizione  di  Roma  nel  1911;  del  centenario 
della  proclamazione  dell'indipendenza  della  Grecia;  del 
congresso  degli  Orientalisti  in  Atene;  dei  benemeriti  della 
Lega  navale  italiana,  ecc. 

Meritano  particolare  menzione  le  due  grandi  medaglie 
che  la  nazione  rumena  ha  decretate  alla  benemerenza  dei 
propri  sovrani  durante  la  recente  guerra,  lavori  che  ora  si 
stanno  coniando  a  Vienna;  e  le  medaglie  annuali  pontificie 
del  1920  e  del  1912. 

Sono  or  ora  uscite  per  i  coni  della  zecca  nazionale  le 
due  medaglie  dantesche  del  Gomitato  delle  onoranze  a  Dante 
in  Ravenna,  e  del  Gomitato  cattolico  sorto  allo  stesso  scopo. 

Testò  il  Mistruzzi  fu  chiamato  a  modellare  la  medaglia 
dal  Gomitato  per  le  onoranze  al  Milite  Ignoto  in  Roma  la 
magnifica  grande  medaglia  che  le  città  friulane  di  Aquiieja^ 
Gorizia  ed  Udine  deposero  sulla  cassa  che  racchiude  le 
gloriose  spoglie  del  Milite  Ignoto. 

Eseguì  inoltre  il  monumento  Frey  al  Monumentale  di 
Milano,  quello  Limo  al  Verano,  ecc. 

Recentemente  vinse  il  concorso  per  il  monumento  ai 
Gaduti  di  Gastel franco  Veneto. 

Studio  dal  vero  di  S.S.  Bene-    Dieci  modelli  di  medaglie 

detto  XV  (targa  in  bronzo)        f bronzo) 
Quattordici  medaglie  coniate    Due  medaglie  fuse 

152 


Iginio  MONTINI 

E'  nato  a  Rimini  nel  1877.  Studiò  con  Antonio  Garella. 
E'  autore  della  prima  Statua  di  Dante  nel  Sud-America  (Ar- 
gentina) e  un  buslo  colossale  di  Dante  ha  modellato  (1913) 
per  la  Università  di  Lima  nel  Perù.  Attualmente  è  Direttore 
della  R.  Scuola  per  l'Arte  della  Ceramica  di  Sesto  Fi arentino. 

Bronzo. 

1.  Capra  2.  Struzzo 

Giorgio    MORANDI    {Gruppo  «  Valori  Plastici  »), 

Non  siamo  un  popolo  fatto  per  impinguire  nella  vita 
borghese.  Il  più  ricco  e  soddisfatto  dei  nostri  borghesi  ha 
sempre  nell'imo  fondo  della  sua  natura  qualcosa  di  più  in- 
quieto e  scontento  del  più  povero  contadino  figlio  di  paesi 
più  nordici  e  più  felici  perchè  meno  tepidi  e  meno  chiari. 

Che  tanta  fatale  miseria  aguzzi  la  nostra  visione  del 
mondo  è  fatto  ormai  indiscutibile.  L'arte  italiana  in  quello 
che  essa  contiene  di  più  scheletricamente  bello  è  cosa  dura, 
pulita  e  solida.  Da  tali  forme,  nude  d'  ogni  infrasconatura, 
cosi  come  d'ogni  entusiasmo  sfrenato  e  d' ogni  impudica 
gioia,  nasce  quello  spirito  casto,  asciutto  e  di  prim'  ordine, 
che  della  grande  pittura  nostra,  dai  primitivi  a  Raffaello,  è 
il  maggior  vanto. 

Enorme  è  oggi  la  confusione  che  opprime  le  arti;  e  la 
cattiva  qualità  della  pittura  che  allaga  i  continenti  con  tor- 
renti di  colore  grasso  e  oleoso,  è  diffìcile  a  definirsi  ;  c'è 
della  sufficenza  balorda,  molta  incoscienza,  moltissima  bana- 
lità, sensualità  di  cattiva  lega,  e,  in  quanto  allo  spiritò,  tu 
lo  cercheresti  invano. 

Pertanto  è  con  somma  simpatia  e  con  dolcissimo  senso 
di  conforto  che  noi  vediamo  da  qualche  anno  sorgere,  svi- 
lupparsi e  maturarsi  con  lenta,  faticosa  ma  pur  sicura  mente, 
degli  artisti  quali  Giorgio  Morandi. 

«>ft  153 


Egli  cerca  di  ritrovare  e  di  creare  tutto  da  solo  :  si 
macina  pazientemente  i  colori  e  si  prepara  le  tele  e  guarda 
intorno  a  sé  gli  oggetti  che  lo  circondano,  dalla  sacra  pa- 
gnotta, scura  e  screziata  di  crepacci  come  una  roccia  se- 
colare, alla  nitida  forma  dei  bicchieri  e  delle  bottiglie.  Egli 
guarda  un  gruppo  di  oggetti  sopra  un  tavolo  con  l'emozione 
che  scuoteva  il  cuore  al  viaggiante  della  Grecia  antica  allor- 
quando mirava  boschi  e  valli  e  monti  ritenuti  soggiorni  di 
divinità  bellissime  e  sorprendenti. 

Egli  guarda  con  l'occhio  dell'uomo  che  crede  e  l'intimo 
scheletro  di  queste  cose  morte  per  noi,  perchè  immobili, 
gli  appare  nel  suo  aspetto  più  consolante:  nelV aspetto  suo 
eterno. 

Egli  partecipa  in  tal  modo  del  grande  lirismo  creato 
dall'ultima  profonda  arte  europea:  la  metafisica  degli  oggetti 
più  comuni.  Di  quelli  oggetti  che  l'abitudine  ci  ha  resi  tanto 
famigliari  che  noi,  per  quanto  scaltriti  nei  misteri  degli 
aspetti,  spesso  guardiamo  con  l'occhio  dell'uomo  che  guarda 
e  non  sa. 

Non  invano  Eraclito  d'Efeso  disse  essere  la  natura  piena 

di  dèmoni. 

* 
*  * 

Nella  sua  vecchia  Bologna,  Giorgio  Morandi  canta  così, 
italianamente,  il  canto  dei  buoni  artefici  d'Europa. 

È  povero,  che  la  generosità  degli  uomini  amanti  delle 
arti  plastiche  l'ha  finoradimenlicato.  E  pe  r  poter  proseguii  e 
nel  suo  lavoro  con  purezza,  di  sera,  nelle  squallide  aule 
d'una  scuola  governativa,  egli  insegna  ai  giovanetti  le  eterne 
leggi  del  disegno  geometrico,  base  d'ogni  grande  bellezza  e 
d'ogni  profonda  malinconica. 

Giorgio  di  Chirico 
Dipìnti  a  olio 

1.  Paese  3.  Paese 

2.  Paese  A.  Paese 

154 


5.  Anfora  12  Nature  Morte. 

6.  Fruttiere  e  pane  Acquarelli 

7.  Vasetto  con  rose  Disegni 

Pietro  MORANDO 

Pietro  Morando  è  nato  ad  Orti  (Alessandria),  si  accostò 
all'arte,  giovanissimo,  per  naturale  impulso  e  per  l'acceso 
fervore  suscitato  in  lui  dalle  opere  di  Pellizza,  dal  quale  si 
recava  spesso  nella  quiete  laboriosa  di  Volpedo. 

Non  seguì  alcun  corso  regolare  di  studi,  ma  —  autodi- 
datta —  attinse  insegnamento  prezioso  dalla  vicinanza  di 
illustri  maestri,  quali  Angelo   Morbelli  e  Vincenzo  Gemito, 

Frese  parte  a  parecchie  importanti  esposizioni  nazionali; 
partecipò,  volontario,  alla  grande  guerra,  e  ne  fermò  la  tra- 
gica drammaticità  in  una  serie  di  disegni  a  bianco  e  nero, 
ai  quali  si  interessò  vivamente  la  critica. 

(Disegni). 

1.  La  resa  2.  Trincea  al  Monte  Santo 

Antonello  MORONI 

Ancora  giovane,  essendo  nato  a  Savignano  di  Romagna 
nel  1889.  Dopo  avere  studiato  all'Accademia  di  Belle  Arti  di 
Firenze,  passò  a  Bologna,  sotto  la  guida  del  De  Carolis,  il 
quale  stava  frescando  il  magnifico  salone  del  Palazzo  del  Po- 
testà. Con  lui,  il  Moroni  si  perfezionò  nell'arte  dell'incisione 
in  legno;  e  benché  la  sua  derivazione  dal  maestro  sia  evi- 
dente, nondimeno  egli  è  riuscito  a  dare  alle  sue  xilografie 
un  carattere  originale  e  una  morbidezza  di  linee  delicate  e 
di  sfumature  che  gli  è  affatto  particolare  e  lo  distingue  dagli 
altri.  Ha  esposto  a  Monaco,  a  Venezia,  a  Firenze  (Mostra 
Internazionale  di  Bianco  e  Nero),  dove  ottenne  una  men- 
zione onorevole.  D  uè  stampe  di  lui  figurano  nella  Galleria 
d'Arte  Moderna  di  Roma;  una   nella   Galleria  di   PaleriKo; 

155 


una  nel  Museo  Imperiale  di  Tokio.  Da  qualche  tempo  si  è 
dedicato  con  successo  alla  decorazione  e  alla  illustrazione 
del  libro,  con  una  produzione  copiosa  e   ricca   di  fantasia. 

Giuseppe  Lipparini. 
Dipinti  a  olio. 

1,  La  merle  2.  Circe 

3.  Odisseo 
4.  Mantello  rosso  5.  Ritratto 

6.  La  coppa  d'oro 
7,  8.  Due  cornici  {ex  libris)    Otto  tele  stampate   di    Ro- 
Le  quattro  stagioni  magna 

Dante  MOROZZI 

È  nato  a  San  Colombano,  presso  Firenze,  nel  1899. 
Studiò  con  lo  scultore  Augusto  Passaglia. 
Figura  muliebre  (bronzo) 

Alfredo  MULLER 

È  nato  a  Livorno  nel  1869. 
Studiò  a  Firenze  col  Giarampi  e  col  Gordigiani  e  a  Parigi 
ove  si  recò  nel  1888,  con  l'Hameng.  E'  artista  di  un'indole 
aristocratica  e  raffinata.  La  sua  arte  piuttosto  che  d'istinto 
é  fatta  di  un'intelligenza  curiosa  e  vivace  :  —  di  gusto  e 
di  cultura.  Ama  l'arte  più  assai  della  natura  e  chiede  a 
quella,  di  preferenza,  le  proprie  ispirazioni.  Il  suo  carattere 
stesso  lo  na  condotto  spesso  ad  interessarsi  dei  «  movimenti 
d'avanguardia  »  dell'arte  francese  e  a  seguirli,  temperandoli 
sempre,  peraltro,  con  una  vena  di  arguto  scetticismo  e  di 
prudente  moderazione.  Fu  il  primo  a  portare  in  Italia  — 
verso  il  1890  —  il  nuovo  verbo  dell'impressionismo  lumi- 
nista Monettiano.  Mi  ricordo  di  un  suo  quadro  fatto  a  quel 
tempo  a  Livorno  e  raffigurante  i  Bagni  Panccddi,  che  per 
molti  pittori  fu  allora  come  il  libro  di  lesto  dal  quale    ap- 

156 


presero  il  gusto  delle  gamme  chiarissime  e  quella  nuova 
tecnica  a  piccole  pennellate  corpose,  divise  e  sfarfallanti, 
intesa  a  rendere  la  vibrazione  della  luce  e  dell'atmosfera. 

Tornato  a  Parigi  nel  1895,  divenne  amico  di  Pisano, 
dì  Renoir,  di  Lautrec,  di  tutti,  insomma,  i  fondatori  de  Les 
Indépendents  e  del  Salon  d'Automne.  Prese  parte  alla  Mostra 
del  Champs  de  Mars. 

Avvicinò  anche  Cezanne. 

Allo  scoppiare  della  guerra  europea  il  Mùller  ritornando 
a  Firenze  col  culto  di  Cezanne  e  di  Renoir,  ebbe  qui  nume- 
rosi seguaci  e  imitatori  :  e  alcuni  pittori,  alcuni  anche  in  là 
ormai  con  le  esperienze,  sul  suo  esempio,  raschiarono  la 
tavolozza  e  rinnovaron  maniera. 

Mùller  adottando  la  norma  di  certi  periodi  più  maturi 
dell'arte  antica,  nell'orbita  d'influenza  dei  suoi  maestri  elet- 
tivi, si  é  andato  creando  una  propria  «  retorica  »,  una  pro- 
pria convenzione,  nella  quale  applica  tutte  le  risorse  della 
sua  tavolozza  ormai  raffinata  e  abilissima.  Quando  egli  guarda 
direttamente  il  «  vero  »  —  e  lo  guarda  raramente  —  lo  con- 
sidera, piuttosto  che  come  il  soggetto,  come  il  pretesto  della 
propria  arte,  un  canevaccio  sul  quale  va  ricamando  delle 
armonie  cromatiche  e  lineari  traslate  e  arbitrarie. 

Cosi,  discorrendo  della  sua  pittura,  egli  non  vi  parla  di 
rapporti  giusti  e  di  toni  evocativi,  ma  preferibilmente  di  sim- 
patia di  gamme  argentine,  dorate,  calde  o  fredde,  e  si  com- 
piace esplicitamente  allorché  una  sua  figura  ha  raggiunto 
nel  gesto,  neUa  linea,  nell'espressione  qualcosa  che  ricordi 
l'esemplare  di  qualche  grande  maestro  o  evochi  qualche 
vecchia  stampa.  Come  si  vede,  la  sua  é  una  mentalità  del 
tutto  opposta  a  quella  dei  naturalisti  e  dei  sensazionisti.  La 
pittura  del  Mùller  ha  un  sapore  prevalentemente  decora- 
tivo, anzi  :  ornamentale.  Peccato  che  questo  artista  non  abbia 
a  sua  disposizione  una  moderna  «  Savonnerie  ».  cui  poter  det- 
tare le  sue  armonie  gustose  e  divertenti,  mignardes  —  come 
dicono  i  Francesi.  Mario  Tinti. 

157 


/.  Donna  nuda  addormentata    4.  //  Geloso 

2.  Le  arlecchinate  5.  La  fuga 

3.  Il  Labirinto  6.  L'appuntamento 

Antonio  NARDI 

È  nato  a  Cerea  (Verona)  nel  1888.  È  allievo  dell'Accade- 
mia di  B.  A.  di  Verona. 

Figure  e  case  folio/. 
Fausto  Maria  NATALI 

Allievo  dell'Accademia  di  Firenze,  è  dei  più  promettenti 
giovani  scultori  toscani.  Ha  eseguito  molti  ritratti  alla  mi. 
gliore  società  fiorentina.  Molle  volte  la  stampa  s*è  occupata 
delle  opere  sue,  nelle  quali  ricerca  con  bella  eleganza  la 
forma,  ìa  rassomiglianza  e  l'arnjonia  delle  linee.  E'  nato  a 
Firenze  il  17  ottobre  1884. 

1.  Ritratto. 

Renato  NATALI 

Questo  livornese  puro-sangue  non  è  davvero  un  acca- 
demico. Tutti  gli  artisti  hanno  avuto  almeno  il  fac-simile 
di  un  maestro.  Renato  Natali  non  ha  mai  avuto  maestri.  E 
l'istinto  che,  dopo  avergli  imposto  di  dipingere,  gli  ha  in- 
segnato anche  tutti  i  segreti  dell'  arte  o,  per  ripetere  un  suo 
termine  favorito,  del  mestiere.  È  nato  pittore  e  pittore  nel 
senso  più  giusto  della  parola,  anche  se  alcuni  suoi  critici» 
andando  a  ricercare  la  fonte  della  sua  ispirazione,  si  sono 
illusi  di  trovarla  se  non  fuori  della  pittura,  per  lo  meno  al 
confine  fra  pittura  e  letteratura.  È  un  illustratore  della  vita 
di  Livorno  e  specialmente  della  vita  notturna:  all' idillio 
preferisce  però  il  dramma.  Le  sue  opere  più  significative 
appartengono  tutte  a  quello  che  egli  chiama  il  «ciclo  livor- 

158 


nese  »  e  che  ritrae  gli  ambienti  più  caratteristici  della  sua 
città  natale.  Certe  sue  «  risse  t>,  han  valso  a  procurargli  una 
meritata  notorietà:  luci  bizzarre  e  fantastiche;  contrasti  vio- 
lenti, quasi  brutali,  di  colore;  strani  giochi  d'ombre;  grup- 
pi di  figure  meravigliosamente  vive  e  confuse  in  mischie 
feroci  e,  come  sfondo,  qualche  via  della  vecchia  Livorno. 
Ma  il  segreto  di  quest'  arte,  rude  impetuosa  ed  istintiva, 
risiede,  oltre  che  nelle  sensazioni  intensamente  drammatiche 
che  riesce  a  dare,  nella  linea  secondo  la  quale  ogni  quadro 
appare  saldamente  costruito  e  nell'armonia  che  regola  e 
fonde  tanta  forza  e  vivacità  di  contrasti.  Appartiene  al 
«  Gruppo  Labronico  ». 

Dipinti  a  olio. 

1.  Borgata  5.  Quiete 

2.  Musica  rusticana  6.  Case 

3.  Allegria  rusticana  7.  Carabinieri 

4.  Ponte  Dair  8  al  13  litografie  e  ac- 

queforti 

Giovanni  NICCOLINI 

Nato  a  Palermo  nel  1872,  ancor  giovanissimo  era  venuto 
a  Roma  a  studiare  nello  studio  di  Giulio  Monteverde.  Ben 
presto  il  maestro  apparve  insufficiente  all'ardore,  alla  stessa 
abilità  plastica  del  giovane  siciliano.  Egli  non  doveva  rite- 
nere nulla  della  fredda  tecnica  e  della  debole  spiritualità 
di  Giulio  Monteverde. 

La  sua  prima  opera  esposta  fu  una  battaglia  e  una  vit- 
toria. E'  un  opera  che  appartiene  un  poco  al  vecchio  mondo 
letterario.  Ma  quanta  umanità  in  questa.  Piccola  vedetta  !  La 
figura  del  fanciullino  eroico  creato  dal  De  Amicis,  trov^^va 
nell'opera  di  Giovanni  Niccolini  una  nuova  degna  celebra- 
zione. 

Il  bronzo  fu  acquistato  dal  Ministero  della  Pubblica  Istru- 
zione per  il  Museo  Nazionale  di  Palermo. 

159 


Una  delle  opere  più  caratteristiche  del  Xiccoiini  sono 
J  figli  della  zolfara,  una  rappresentazione  impressionante 
della  miseria  e  del  tormento  dei  minatori  siciliani.  Ne  I  fal- 
ciati, il  bel  lavoro  che  trovasi  nella  (Talleria  nazionale  d'arte 
moderna  di  Roma,  la  forza  costruttiva  di  Giovanni  Xiccoiini 
si  afferma  e  la  scultura  serve  ad  una  delle  finalità  che  l'arte 
si  propone:  commuovere  per  educare. 

/  falciati  rappresentano  l'epoca  della  maturità  nell'arte 
del  Niccolini,  o,  per  meglio  dire,  l'epoca  d'^'ll' equilibrio.  Ma 
dalle  opere  della  prima  p^iovinezza  a  questo  lavoro  di  uma- 
nità tutto  un  mondo  di  figure,  di  forme  plastiche  sono  uscite 
dal  fervente  spirito  creativo  di  questo  artefice.  Figurazioni 
mitologiche,  pagane  nella  forma  e  nella  vitalità  sana;  forme 
ritmiche  di  corpi  nudi,  sonisi  di  volti  vivi,  dalla  Naiade 
alla  Lattaia,  dai  ritratti  larghi  e  studiati  a  quella  pensosa 
Chimera  del  Polo  esposta  al  Salon  dei  1^06  ed  acquistata 
per  il  museo  di  Carlsbad  ;  dalla  soave  testa  d'Ofelia  al  Ri- 
sveglio; tutta  questa  vasta  e  organica  opera  forma  al  Nic- 
colini una  meritata  rinomanza. 

11  Niccolini  ha  altresì  modellato  non  pochi  monumenti 
che  adornano  varie  piazze  d'Italia. 

1.  Testa  fiamminga  2.  Adolescente 

Quattro  disegni 

ViNDizio  XODARI-PESENTI 

È  nato  in  Medole  (Mantova)  nel  1879.  Allievo  del  pittore 
D.  Pisenti.    Ha    partecipalo  a  varie   importanti    Esposizioni 
nazionali  e  ad  una  Quadriennale  di  Monaco. 
1.  Xinì  (olio). 

Plinio  NOMELLIXI 

Plinio  Nomellini,  nacque  a  Livorno  nel  1866.  Studiò  al- 
l'Accademia di  Firenze  col  Fattori,  del  quale  si  gloria  di 
considerarsi  discepolo. 

160 


Nomellini  venuto   a  Firenze  a  studiare  l'arte,  nel  fare 
i  suoi  primi  passi  aveva  subito  fortemente  l'ascendente  dei 
macchiaioli,  i  quali,  rappresentando  allora  l'estrema  sinistra 
della  pittura,  dovettero  guadagnare  subito  lo  spirito    batta- 
gliero del  giovane  livornese.  Gli  artisti  cbe  ebbero  una  deci- 
siva influenza  su  di  lui  furono  il  Lega  e  il  Fattori.  Osservand  o 
le   opere  del  periodo  di  formazione   del  Nomellini  noi  po- 
tremmo  ritrovarvi,  non   solo  i  modi   stilistici,   ma  perfino 
molti  dei  toni  e  delle  naances  di  colore  di  cotesti  due  maestri 
Nel  periodo  di  formazione  il  Nomellini  è  veramente  uno 
scolaro  —  del  Fattori,  prima,  eppoi  del  Lega  —  uno  scolaro 
al  buon  modo   antico,   che   si    propone  di   seguire  i  suoi 
modelli  con   quella   dedizione    completa  che    è  il   migliore 
tirocinio  per  conseguire  l'originalità  e  per  il  quale  essa  si 
forma  con  un  processo  interiore  pressocchè  inconsapevole . 
Ma,  a  fianco  dei  fermi  e  sobri  macchiaioli,  il  giovane  di- 
scepolo, con  nelle  vene  l'urgenza  dinamica  del   sangue  la- 
bronico, acceso  dagli  eccitamenti  di  un'  epoca  che  già  si  an- 
nunziava turbolenta,  provava  dinanzi  al  «  vero  »  l' insofferenza 
di  un  giovane  pulledro.  Egli  doveva  intormentirsi  e  smaniare 
in  quelli  stretti  e  pii  colloqui  con  la  natura,  a  fianco  dei  suoi 
maestri;  la  sua   mano  era  intollerante  dei  limiti  severi  im- 
posti dal  sagomare  fattoriano;  mentre  le   ansiosità  nervose 
del   Lega  trovavano   nel  suo   temperamento    sonoreggiante 
un'eco    esasperata     Finché    un  giorno   egli   comprese    che 
dentro  l'austera  regola  dei  maestri  gli  sarebbe  stato  mala- 
gevole affermare  un  proprio  dominio  personale,  e  l' orto  mite 
e  devoto   dell'arte   macchiaiola    sembrò    troppo   angusto  e 
troppo   chiuso  al  suo    estro  balzano. 

La  personalità  del  Nomellini  si  affermò  allora,  più  che 
come  un'evoluzione  dalle  forme  «  macchiaiole  »,  come  un 
atto  di  secessione  e  di  ribellione,  una  ribellione  qualche 
volta  un  po'  troppo  formale,  analoga  a  quella  che  si  era 
verificata  nel  campo  delle  convinzioni  politiche  del  pittore. 


21 


161 


La  sua  originalità  sbocciò  con  la  violenza  di  un  fiore 
scarmigliato  e  sgargiante. 

Si  è  parlato  a  pr  oposito  del  Nomellini  di  pittura  Secen, 
tesca  e  in  realtà  il  pittore  livornese,  reagendo  all'intimità 
emotiva  e  al  rapportismo  dei  macchiaioli,  si  rifece  alla  lirica 
cromatica  e  all'eloquenza  esuberante  di  alcuni  Secentisti; 
se  non  alla  sodezza  plastica  d"un  Caravaggio  o  d'un  Crespi 
bolognese,  piuttosto  alla  sprezzatura  d'uno  Strozzi  o  di  un 
Sebastiano  Ricci. 

Nomellini  ha  ripreso  altresì  nella  sua  opera,  molti  ele- 
menti che  l'episodismo  naturalistico  aveva  bandito  dalla 
pittura,  e  fra  gli  altri  la  impnginatura,  l'euritmia  della 
composizione,  la  poetica  del  soggetto.  Questo  ritorno  della 
pittura  a  un  senso  più  decorativo,  faceva  parte  di  tutta  una 
reazione  antirealistica  —  «  eroica  >  —  verificatasi  verso  il  '90 
non  in  pittura  soltanto,  anzi  più  accentuatamente  in  lette- 
ratura. 

La  insofferenza  per  una  interpretazione  aderente,  diretta 
e  logica  delle  cose,che  ho  notaio  parlando  del  periodo  di  forma- 
zione del  Nomellini,  è  quanto  nelle  opere  mature  alimenta  gli 
aspetti  pi  ù  significativi  e  geniali,  ma  benanche  i  difetti  della 
sua  pittura.  Perchè  T arte,  essendo,  appunto,  trasfigurazione 
e  idealizzazione  delle  forme  sensibili,  esige  un  nesso  evidente 
con  queste  forme,  senza  del  quale  viene  a  mancare  alla  sua 
equazione  il  termine  più  necessario  e  quella  possibilità 
di  riferimento  da  cui  nascono  le  sue  analogie  e  le  sue  an- 
titesi. 

Ma  quando  questo  nesso  èrispettato  nell'arte  del  Nomellini 
essa  ci  dà  opere  calde,  pittoricamente  piene  e  sostanziose, 
che  rimarranno  fra  i  migliori  esempi,  nella  nostra  epoca,  di 
un  risalire  spontaneo  alla  tradizione  italiana  di  pretto  sen- 
sualismo coloristico,  in  contrapposto  alle  influenze  intellet- 
tualistiche francesi  e  allo  spiritualismo  della  grande  tradi- 
zione toscana. 

Mario  Tinti. 

162 


1.  I  cipressi  di  Volterra  5.  I  doni  dell' autunno 

2.  Mattino  a  Capri  6.  Bagni  di  Tiberio 

3.  Libeccio  7.  Fossa  dell'Abate 

4.  Azzurro  8.  Porpora  ed  oro 

Francesco  NONNI 

Squisito  ed  elegante  fregiatore  di  libri,  è  uno  dei  più 
preziosi  disegnatori  d' Italia.  I  suoi  disegni,  ricordano  l' a- 
more  dei  preraffaeliti  ;  ma  con  grazia  veramente  italica  e  con 
misurata  eleganza  che  forse  gl'Inglesi  non  conobbero.  Le 
sue  xilografie  profonde  di  segno  e  pur  sottili  di  linea  sono 
vanto  di  quel  che  volgarmente  si  chiama  <^ Bianco  e  nero» 
italiano.  Il  Nonni  è  di  Faenza;  è  ancor  giovane  ed  il  suo 
nome  meriterebbe  una  risonanza  maggiore. 
(Xilografia  a  colori) 

1.  Sera  3.  Maschere 

2.  Chiaro  di  luna  4.  Bagnanti 

(Disegno) 

5.  La  Sbobba  8.  La  disinfezione 

6.  I  pacchi  9.  Appello 

7.  La  73  n.  15.  ceramiche. 

Emilio  NOTTE 

È  toscano,  nato  circa  trent'anni  fa.  Si  è  fatto  quasi  com- 
pletamente da  sé,  senza  maestri,  pezzo  a  pezzo,  con  la  tenacia 
e  l'alacrità  del  lavoro,  traendo  volta  a  volta  dalle  ricerche 
e  dalle  esperienze  delle  quali  le  nuove  tendenze  dell'arte 
moderna  gli  proponevano  il  tema,  il  nutrimento  di  quella 
che  poi  doveva  essere  la  sua  visione  necessaria,  personale; 
ma  anche  in  questa  opera  preliminare  di  esplorazione,  di 
revisione,  di  sondaggio  egli  serbò  sempre  l'impronta  della 
sua  indole  tormentata  e  inquieta,  il  riflesso  lirico    del   suo 

163 


mondo  interno,  cui  gli  prestava  il  volto  delle  sue  creature 
dolorose  e  l'aspetto  del  suo  colore  fervido,  ma  come  pervaso 
di  un  drammatico  afflato. 

Il  suo  soggiorno  prolungato  a  Venezia,  nella  consuetu- 
dine dei  grandi  maestri  del  Cinquecento,  lo  condusse  ad  as- 
similare i  loro  modi  pieni  di  espressione  drammatica  e  la 
loro  particolare  sapienza  nell'armonia  della  composizione. 
Questa  tappa  nell'ascensione  del  Notte  costituisce,  non  solo 
un  fenomeno  importantissimo  e  significativo  in  questo 
momento  in  cui  l'arte  italiana  tende  a  risalire  alle  sue  pure 
e  grandi  sorgenti,  ma  annunzia  la  maturità  di  un  artista  in 
cui  le  doti  naturali  si  contemperano  di  riflessione  e  di  studio. 
La  fede  che  consuma  e  guida  il  Notte  ci  riserba  molte  me- 
raviglie. 

[Dipinti  a  olio) 

1.  La  Cieca  Cantastorie  10.  Ritratto  di  mio  padre 

2-9.    Particolari    del    qua-    11.  Natura  Morta 
dro   <    La   Cieca    Canta-    12.  La  Carlotta 
storie  *  13.  Vecchia  mendicante 

Quattordici  disegni  a  matita. 

Ernesta  OLTREMONTI 

E'  nata  a  Venezia  nel  1901.  Ha  studiato  con  Emilio 
Nolte. 

1.   Vecchia  mendicante       2.  Signorina  in  rosso 

C.    E.     OPPO    Gruppo  ''Valori  Plastici,, 

E'  sardo.  Annotiamo  per  primo  il  luogo  di  nascita,  non 
solo  per  ragioni  di  esattezza  topografica,  ma  soprattutto  per- 
chè nella  sua  pittura  si  ritrovano  quella  irruenza,  quella 
gravità  e  quell'amore  alle  colorazioni  ferme  e  un  poco  crude 
che  la  Sardegna  ispira  più  che  nessun'  altra  terra.  Codeste 
facoltà  native,  Oppo  le  concilia  con  le  più   moderne   espe- 

164 


rienze  della  pittura,  così  che,  volendo  stabilire  un  raffronto 
fra  lui  e  altri  pittori,  il  nome  di  Henri  Matisse  ci  viene  na- 
turalmente alla  memoria. 

Cipriano  Efisio  Oppo  ha  studiato  pittura  all'  Istituto  di 
Belle  Arti,  in  Roma.  Oltre  che  pittore,  è  caricaturista  brio- 
sissimo e  critico  d'arte  all' 7c?ea  Nazionale. 

Alberto  Savinio 

1.  Paese  {917)  2.  Paese  {917) 

3.  Ritratto  del  mio  bambino  (921) 

Gabriella  OREFICE 

S'è  affacciata  alla  vita  dell'arte  dal  «mezzanino»  di  Pa- 
lazzo Pesaro.  E'  ancora  molto  giovane;  fece,  credo,  i  suoi 
primi  tentativi  a  Firenze  dove  è  stata  allieva  di  Galileo 
Chini.  A  Venezia  si  impose  poi  rapidamente  tra  gli  espo- 
sitori di  Cà  Pesaro,  di  temperamento  più  vivace  pur  es- 
sendo per  natura  tutta  raccolta  e  contenuta.  Ma  ha  l'ardi- 
mento nello  spirito  che  ne  regola  la  pittura.  Dipinge,  di  pre- 
ferenza, nature  morte  e  interni.  Sa  tuttavia  affrontare  il  ritratto 
all'aria  libera  ;  realizza  i  valori  plastici  e  i  toni  di  luce  colore 
degli  oggetti  con  un  intuito  felicissimo.  Quando  un  movimento 
di  «plebe»  riesci  ad  alterare  la  fisonomia  di  esposizioni  di 
avanguardia,  squisitamente  intellettuali,  di  Cà  Pesaro,  ella 
passò  con  i  «dissidenti»  alla  Galleria  Gerì  Boraievi  ove  si 
fece  notare  con  una  natura  morta  a  base  di  «bianchi»  di  un 
gusto  raffinatissimo.  Ha  esposto  anche  alle  Internazionali 
veneziane. 

Dipìnti  a  olio. 

1.  Signorina  al  tavolino  2.  Signorina 

3.  Arabesco 

(Tempera) 
4.  Natura  morta  5.  Natura  morta 


165 


Cornelio  PALMERINI 

«  La  mia  vita  »  —  scrive  egli  di  sé  stesso  —  «  è  stata 
assai  dolorosa  nel  cammino  tuttaltr  o  che  agevole  dell'arte- 
A  13  anni,  poi  cìie  ebbi  manifestata  la  mia  vocazione,  venni 
messo  come  apprendista  in  un  laboratorio  industriale  mar- 
mifero di  Pietrasanta.  Per  recarmi  colà  da  Carrara,  mio 
paese  nativo,  dovevo  fare  ogni  giorno  con  qualunque  tempo 
18  chilometri  a  piedi.  Questa  specie  di  «  via  crucis»  quoti- 
diana durò  per  tre  anni.  Ma  quei  lavori  commerciali  non 
mi  soddisfacevano  davvero  e  allora  me  ne  andai  a  Carrara, 
dove  m'iscrissi  a  quell'Accademia.  La  frequentai  per  due 
anni.  Restava  però  in  me  vivo  e  insoddisfatto  il  desi- 
derio di  conoscere  meglio  l'arte.  Allora  mi  recai  a  Firenze 
(il  mio  grande  sogno)  dove  con  Rivalla,  che  mi  prese  assai 
a  benvolere,  feci  l'ultimo  anno  d'Accademia.  Nel  frattemp  o, 
nelle  ore  libere,  per  guadagnare  qualcosa  lavoravo  il  marmo, 
giacché  la  mia  famiglia  era  tuttaltro  che   agiata  ». 

«Nel  1913  andai  a  Roma  e  il  Dazzi  mi  accolse  nel  suo 
studio,  dove,  mentre  aiutavo  lui  nella  traduzione  in  marmo 
di  certi  suoi  lavori,  usufruivo  anche  dei  SJoi  consigli,  dei 
quali  molto  mi  avvantaggiai.  Ma  il  mio  carattere  mi  portava 
a  desiderare  la  libertà,  sicché  passato  un  anno  me  ne  tornai 
al  mio  paese,  dove  munito  soltanto  della  mia  fede,  mentre 
andavo  continuando  i  miei  studi,  volli  tentare  il  legno,  ve- 
dendo in  quella  materia  qualcosa  che  non  è  nel  marmo  — 
il  colore  ». 

Cornelio  Palmerini  non  è  oggi  alle  prime  armi. 

Dal  1914  in  poi  egli  ha  preso  parte  con  successo  di  cri- 
tica e  di  pubblico  alle  maggiori  esposizioni  italiane,  guada- 
gnando parecchi  premi  e  vendendo  a  enti  e  a  privati. 

(Legno) 

1.  Più  lontano 

2.  Adriana  3,  Giovane  portatore 

4.  Testa  di  cieco  (marmo) 

166 


Gilda  PANSIOTTI 

E'  nata  a  Milano.  Delicata  descrittrice  d'interni. 
1.    Cameretta  di  campagna    2.  Cameretta  di  campagna 
3.  La  stanza  degli  sposi 

Delfo  PAOLETTI 

E'  nato  a  Cortona  (Arezzo)  nel  1895.  E'  allievo  di  Do- 
menico Trentacoste. 

1.  Busto  (bronzo) 
Ferdinando  PAOLIERI 

E'  nato  a  Firenze  il  2  Maggio  1878.  Troncò  nel  '96  gli  studi 
liceali  per  darsi  alla  pittura.  Nel  1903  esordì  come  critico 
d*  arte  nel  giornalismo.  Così  divenne  scrittore  e  dettò  un 
poema  campestre  «  Venere  agreste».  Scrisse,  quindi,  varie 
commedie  fra  cui,  «  Il  pateracchio  »,  «  La  Madonna  di  Giotto  », 
«gli  Antidiluviani»;  novelle  rievocanti  la  maremma  che 
gl'insegnò  ad  amare  Giovanni  Fattori  di  cui  fu  allievo  dal  98 
al  902,  anno  in  cui  andò  soldato,  e  vari  romanzi  dei  quali 
l'ultimo  «Natio  borgo  selvaggio»  è  una  specie  di  saporosa 
a  utobiografia  che  lo  dipinge  alla  perfezione.  Espose  nel  1903 
a  Firenze  un  suo  quadro  di  soggetto  sociale  «L'amaro  di- 
stacco», nel  1904  e  nel  1906  paesaggi  diversi  e,  nel  1905,  fu 
accolto  a  Berlino  «Vento  caldo»  che  non  era  piaciuto  a  Fi- 
renze, ;[dove  imperavano  gli  accademici  capitanati  da  Arturo 
jFaldi.  Dopo  la  guerra,  compiuta  da  tenente,  presso  la  11^ 
e  IV'^  armata,  pure  essendo  critico  della  Nazione  è  tornato 
in  parte  ai  pennelli.  Ha  dipinto  poco,  due  centinaia  d'opere 
in  tutto,  la  maggior  parte  delle  quali  si  trovano  presso  colle- 
zionisti e  amatori  privati.  Il  suo  quadro  raffigurante  «  La 
messa  di  Natale  all'lmpruneta»  è  slato  acquistato  per  la 
Galleria  Italiana  d'arte  moderna  di  Lima  nel  Perù.  Sincero 

167 


in  pittura,  come  in  letteratura  tradizionalista,  si  definisce, 
da  sé,  «  L'ultimo  dei  macchiaioli  >  :  è  un  perfetto  toscano  ; 
forse  uno  dei  pochi  autentici  che  vivono  ancora  in  questa 
nostra  terra  imbastardita.  C.  L. 

1,  Il  fico  (olio)  2.  L'aratro  (olio) 

Francesco  PAEENTE 

È  uno  scultore  delicato  e  sensibile. 

Nei  suoi  lavori,  modellati  con  agile  leggerezza  di  pollice, 
non  vi  sono  soltanto  belle  doti  di  grazia  e  di  espressività, 
ma  sopratutto  il  resultato  di  un'accurata  e  sensibile  inda- 
gine psicologica. 

R  Ritratto  di  Signora  —  una  delle  sue  opere  più  signifi- 
cative —  esprime  infatti  il  rapimento  lirico  di  un'anima 
sensibile  e  vibratile  accarezzante  l'armoniosa  leggiadria  di 
una  giovine  donna  :  —  scultura  signorile  e  soavemente  sug- 
gestiva. 

Il  Parente  è  nato  in  Napoli,  nel  1885. 

1.  Ritratto  della  Baronessa  2.  Il  riso  (bronzo) 

3.  Campagna  (marmo) 

Giulio  PASSAGLIA 

Ha  una  sessantina  d'anni,  ed  èjfiglio  del  celebre  artista 
lucchese  Augusto  Passaglia  autore  del  famoso  Benvenuto 
Cellini  fanciullo  e  di  due  porte  della  facciata  di  S.  Maria 
del  Fiore.  Dal  padre  ha  ereditato  l'onestà  dei  costumi,  l'a- 
more al  lavoro,  il  rispetto  alla  forma,  al  disegno;  l'attacca- 
mento alla  tradizione  classica.  Ha  esposto  in  varie  esposi- 
zioni con  lode  e  fortuna  e  s' è  schiuso  il  più  lusinghiero 
avvenire. 

F.  P. 

Ritratto  (bronzo). 
168 


Roberto  PASSAGLIA 

E'  nato  a  Firenze.  E'  figlio  dello  scultore  Giulio  Passa- 


gli a. 


1.  Natura  morta  (olio) 


Decimo  PASSANI 

E'  nato  a  Carrara  nel  1884.  Studiò  da  sé  stesso.  Prese 
parte  a  varie  esposizioni. 

1.  Autoritratto  (bronzo) 
Italo  Amerigo  PASSANI 

Nato  a  Carrara  il  22  Giugno  1882.  Solitario,  scontroso,  so- 
gnatore, buono  fino  all'ingenuità  sotto  un  aspetto  fiero,  è  un 
ribelle  alle  imposizioni  di  tutte  \q  mode  e  di  tutti  gli  snohs.  E* 
l'innamorato  dei  Greci  e  attaccato  alla  forma.  Dunque  un  clas- 
sico e  non  un  neo-classico.  Ciò  nonostante  non  è  ancora 
professore  residente,  come  gli  si  spetta  per  diritto,  dell'Ac- 
cademia. Misteri  della  complicata  psiche  di  certi  accademici! 
Espose  a  Parigi  al  salon  «  Il  satiro  freddoloso  »,  a  Firenze 
nel  1911  «L'errante»  formidabile  testa  che  fu  premiata 
con  medaglia  d'  oro,  oggi  acquistata  dalla  galleria  Italiana 
di  Lima  nel  Perù.  «  Verso  la  mèta  »  pure  esposta  a  Firenze, 
venne  acquistata  da  S.  M.  il  Re.  poi  a  Venezia  fu  molto 
ammirata  «  La  madre  »  testa  dov  'è  la  forza  sincera  dei  quat- 
trocenteschi. Dopo  la  guerra,  combattente  in  prima  linea  sul 
Pasubio  e  in  altre  località  storiche,  espose  a  Venezia  il 
<s  Ritratto  del  pittore  Nomellini  »  e  a  Firenze  «  Il  Cranio  » 
bellissima  testa  di  putto  testé  riprodotta  in  marmo,  pigliando 
il  primo  premio.  «  Il  Demente  »  pure  esposto  a  Firenze  ebbe 
il  premio  della  Camera  di  Commercio.  Ha  testé  ultimato 
un  gruppo  di  grandi  dimensioni  e  di  enorme  effetto  «  Passa 


22 


l'iavasore  >.  Della    forza  di  chiaroscuro  del  Passani  fa  fede 
Y auto-ritratto  che  si  ammira  alla  mostra  Primaverile. 

F.  P. 

1.  Giovinezza  dei  boschi  fgesso) 

2.  Ritratto  di  Augusto  Rivalla  (bronzo) 

3.  Autoritratto  (sanguigna) 

Norberto  PAZZINI    . 

Una  sera  lontana  (era  l'inverno  del  1870)  in  una  bottega 
dove  si  lavorava  da  calzolaio,  ma  dove  convenivano,  anche 
per  conversare,  i  personaggi  più  ragguardevoli  di  quel 
paesello  di  Romagna,  tre  uomini  sedevano  intorno  al  de- 
schetto, foggiando  scarpe,  ed  un  ragazzo  di  quattordici 
anni,  figlio  del  principale.  Egli  s'atFaticava  a  scolpire  con 
una  lesina,  sopra  un  pezzo  di  marmo,  una  figurina  di  Ma- 
donna. Ma  la  lesina  apparteneva  a  uno  di  que'  due  lavoranti 
del  padre,  il  quale  era  fermamente  convinto  che  tale  arnese 
dovesse  servire  solo  per  forar  suole  non  per  scolpire  Ma- 
donne ;  e  tanto  ne  era  convinto  che  in  uno  scatto  di  ribel- 
lione contro  questo  abuso,  esclamò  rivolto  al  ragazzo  : 

—  Ma,  infine,  che  cosa  credi  di  diventare  con  i  tuoi 
bambocci  ? 

Al  quale  scatto  il  ragazzo  rispose  con  vivacità  : 

«  Diventerò  uno  il  cui  figlio  ne  scriverà  la  vita  >. 

Questo  ragazzo  era  mio  padre.  Ed  ora  che  egli  è  stato 
richiesto  di  alcune  note  biografiche,  sento  il  dovere  di  scri- 
verle io  stesso,  perchè  si  avveri  quello  che  egli  disse  ac- 
canto ai  deschetto  di  suo  padre,  quando  aveva  quattordici 
anni. 

* 

Quattro  anni  dopo,  in  una  nebbiosa  alba  romana,  scese 
alla  stazione  di  Termini  un  giovinetto  ancora  spaurito  dal 
lungo  e  faticoso  viaggio  notturno    Era  il  ragazzo  che  aveva 

170 


scolpito  la  Madonna  nel  marmo,  adoperando  quella  tale 
lesina. 

Aveva  voluto  venire  a  Roma  per  studiar  pittura,  da  Ve- 
rucchio,  il  suo  paesello  nativo,  quasi  sul  confine  della  re- 
pubblica di  S*  Marino  ;  era  venuto  solo,  col  borsellino  scar- 
samente provveduto,  avventurandosi  a  Eoma,  la  città  che 
tanto  fascino  esercita  su  chi  sente  l'arte,  per  continuare,  o 
meglio,  per  intraprendere  la  strada  che  la  natura  gli  aveva 
indicata.  Spinto  dal  desiderio  di  venire  a  Roma,  egli  aveva 
fatto  di  tutto  per  raggranellare  dei  soldi  che  gli  permettes- 
sero almeno  di  fare  il  viaggio:  imbiancò  camere,  dipinse 
pareti,  intagliò  ornati  per  una  chiesa....  Tutte  le  economie, 
tutti  i  lavori  che  potessero  aiutarlo  nel  suo  intento,  non 
furono  risparmiati. 

Prima  di  partire  conobbe  un  pittore  allora  in  voga,  anche 
lui  romagnolo,  che  gli  domandò  se,  per  venire  a  Roma  a 
studiare  pittura,  fosse  disposto  a  soffrire  la  fame.  Egli  ri- 
spose di  sì  ;  ma  questa  condizione  poi  gli  si  presentò  molto 
più  dura,  nella  realtà,  di  quel  che  avesse  potuto  supporre 
da  ragazzo.  Non  ebbe  però  mai  un  rimorso,  mai  uno  scon- 
forto per  avere  intrapreso  una  via  cosi  penosa,  ma  condu- 
cente alla  realizzazione  del  suo  sogno. 

Appena  giunto  a  Roma,  fu  ospitato  temporaneamente  da 
una  modesta  famiglia  sua  compaesana,  che  abitava  tre  mi- 
glia fuori  di  Porta  Gavalleggeri,  ove  doveva  recarsi  a  notte 
fatta  e  da  ove  la  mattina  doveva  muovere  all'alba  per  tro- 
varsi a  Roma  in  tempo  per  le  lezioni  nell'Istituto  di  Belle 
Arti.  Costretto  poi  a  guadagnar  qualche  cosa,  oltre  allo  stu- 
diare, che  questo  non  rende  nulla,  dovette  adattarsi  a  far 
da  servitore  in  casa  di  una  famiglia  titolata,  ora  scomparsa, 
che  in  cambio  de'  suoi  servizi  gli  accordava  soltanto  un 
bugigattolo  a  pian  terreno,  in  un  cortile,  una  specie  di  sot- 
toscala, umido  e  buio,  dall'apparenza  di  prigione.  Questo  è 
il  periodo  delle  maggiori  sofferenze,  poiché  alla  fame  si 
unirono  umiliazioni  di  ogni  sorta.  Ritirandosi   la   sera  nel 

171 


suo  stambugio,  non  avrà  certo  potuto  far  a  meno  di  ricor- 
dare un'altra  stanza,  quella  di  casa  sua,  dove  le  ristrettezze 
dei  mezzi  erano  vinte  dalla  solerzia,  dall'amorevolezza  della 
madre.  E  avrà  certamente  pensato  al  suo  lettino  odorante 
di  spigo  e  di  bucato  una  sera,  quando^  coricandosi,  sentì 
gemere  sotto  il  peso  del  suo  corpo  una  famiglia  dì  topi 
che  aveva  fatto  il  nido  nella  paglia  del  suo  giaciglio. 

Ebbe  in  quel  periodo  triste  un  amico,  un  padre  che  an- 
cora ricorda  con  venerazione.  Era  il  P.  Margarucci,  gesuita, 
uomo  di  bontà  e  di  dottrina.  Da  lui  ebbe  conforto,  da  lui 
ebbe  il  pane,  quando  nella  città  grande,  nella  città  di  sco- 
nosciuti, entrambi  gli  mancavano.  E  tutte  le  sere,  quando  i 
padroni  non  reclamavano  i  suoi  servizi,  egli  andava  da  lui, 
al  Garavita,  in  cerca  di  chi  gli  volesse  bene  e  gli  dicesse 
una  parola  buona. 

Ma  in  seguito,  nel  1880,  un  altro  amico  appare  nella  sua 
vita;  non  un  erudito,  un  apostolo,  ma  un  uomo  semplice  e 
buono,  il  sor  Antonio,  che  teneva  una  modesta  trattoria  al 
Vicolo  d'Ascanio.  Questo  arrivò  a  dirgli:  —  «  Voi  mangiate  e 
bevete  e  non  pensate  al  conto.  Mi  pagherete,  quando  po- 
trete *.  E  mi  pare  che,  per  un  trattore,  questo  sia  il  colmo! 
Anima  semplice  e  generosa  del  buon  popolo  romano,  che 
va  purtroppo  sparendo  coli' imbastardirsi  della  razzai 

Nel  1883,  per  un  apprezzamento  ingiusto  di  un  suo  pro- 
fessore, se  ne  tornò  al  suo  paese,  dove  rimase  però  soli 
pochi  mesi.  Tornato  a  Roma,  trovò  lavoro,  illustrando  un 
giornale  per  conto  di  un  altro,  disegnando  per  architetti, 
per  dottori;  frequentò  così  le  sale  incisorie,  dove  ebbe  com- 
missioni di  disegni  anche  dal  celebre  Panizza. 

E  siamo  ora  al  momento  decisivo  per  la  sua  arte,  all'av- 
venimento che  doveva  dare  carattere  speciale  alla  sua  pit- 
tura: la  conoscenza  di  Nino  Costa,  nel  1885.  Essa  però  non 
ebbe  luogo  senza  difficoltà,  forse  per  poco  benevola  inten- 
zione  di   gente   che  circondava  il  Maestro,  e  si  dovette  al 


172 


benevolo  interessamento  del  conte  Lemmo  Rossi  Scotti,  se 
potè  avvicinarlo. 

Le  prime  parole  che  il  Costa  ebbe  per  lui,  furono  quali^ 
nella  sua  modestia,  egli  non  si  sarebbe  mai  aspettate  : 
«  Conosco  i  suoi  figliuoli,  di  buona  razza,  e  rari  in  questi 
tempi  »  —  parole  che  sonarono  certo  conforto  e  incorag- 
giamento per  lui. 

E  d'allora  in  poi  seguitò  la  sua  arte  sotto  la  guida  di 
Nino  Costa,  lavorando  con  alacrità  in  tutte  le  ore  del  giorno. 
Fece  parte  di  una  società  da  quello  fondata  e  che  ebbe  un 
titolo  quale  poteva  darglielo  un'anima  come  quella  di  Costa 
*  In  arte  libertas>.  E  questa  società  contò  parecchi  nomi 
della  buona  vecchia  scuola,  quali  Cellini,  Parisani,  Rossi, 
Scotti,  Morani  ed  altri. 

Così  la  sua  arte,  nata  accanto  a  un  deschetto  da  calzo- 
laio, allevata  negli  stenti,  si  delineava  e  assumeva  forma  e 
sicurezza  sotto  lo  sguardo  e  la  carezza  paterna  di  tanto 
uomo,  uomo  dall'anima  ardente  e  buona,  battagliero  e  poeta, 
che  sapeva  farsi  amare  e  temere  e  che  anche  ora  che  dorme 
là,  nel];Pincetto  del  Verano,  in  cospetto  della  sua  campagna 
romana  che  egli  tanto  poetizzò  col  suo  pennello,  sa  susci- 
tare, con  il  ricordo,  il  rimpianto. 

E  la  storia  è  finita.  0  meglio  continua  ritmica  ed  uguale. 
Gli  fu  scuola  una  gioventù  di  stenti  che  l'abituò  alle  cose 
semplici,  mentre  l'arte  l'abituava  ad  amare  il  bello. 

In  estate  tutte  le  albe  del  suo  paese  lo  vedono  desto  con 
la  cassetta  de'  suoi  colori  e  col  suo  cavalletto  ;  e  forse  per 
.questo  i  suoi  quadri  hanno  qualcosa  della  freschezza,  della 
semplicitàXdella  rugiada. 

Adalberto  Pazzini. 
dipinti  a  olio 

1.  Silenzio  (Romagna) 

2.  Ore  Meridiane  (Romagna) 

3.  Bosco  Sacro  (Roma) 

173 


Pedano  PEDANI 

E'  nato  a  S.  Gimignano  (Firenze)  nel  1877.  Studiò  con 
Niccolò  Cannicci. 

1.  Paesaggio  toscano  (olio) 
Eugenio  PELLINI 

Eugenio  Peliini,  nato  nel  1864  in  uni  delle  dolci  vallate 
del  Varesotto,  portò  nell'arte  le  più  pure  caratteristiche  della 
sua  terra  :  paese  di  agricoltori  e  costruttori,  ove  l'aria  è  lim- 
pida e  i  cuori  rudi  e  leali.  La  sua  arte  ne  trasse  quella  so- 
lidità sobria  che  è  lontana  così  dall'accademismo  frigido 
come  dall'avanguardismo  snobistico^  e  in  cui  la  sana  poesia 
del  sentimento  e  un'umanità  accorata  ma  scevra  di  metafi- 
sicherie, attingono  forza  dalla  semplicità. 

Sceso  giovinetto  a  Milano,  non  tardò  pur  attraverso  a 
mille  stenti,  a  rivelarsi  con  una  produzione  che,  prevalen- 
temente, s'ispirò  al  più  delicato  e  al  più  forte  dei  senti- 
menti :  la  maternità.  Se  fa  una  Madre  che,  a  lui  giovanissimo 
fece  avere  il  premio  Tantardini,  e  procurò  la  prima  noto- 
rietà, a  quel  tema,  approfondito  in  aspetti  sempre  nuovi  e 
intimamente  sentiti,  egli  diede  altre  opere  ammirate  :  Sor- 
risi, La  pietà,  L'Idolo,  la  Gioia  nel  dolore... 

Come  era  naturale,'  anche  l'infanzia,  altra  faccia  deìlo 
stesso  affetto,  fece  vibrare  l'anima  del  Peliini.  Quell'amore 
che  egli  ricercò  nelle  sue  madri,  quasi  si  trasfonde  in  lui 
ed  anima  la  sua  osservazione  vigile,  la  sua  penetrazione,  la 
versatilità  e  l'affettuosità  delicata  dell'esecuzione  quando  egli 
ritx^ae  il  fanciullo  nei  cento  atteggiamenti  della  sua  vita  : 
dalla  grazia  quasi  ornamentale  del  nudino  Conquista,  o  un 
po'  leziosa  di  Bimba  che  lancia  il  cerchio,  al  verismo  di 
Cesto  d'ava,  alla  melanconia  già  pensosa  di  Capriccio,  di 
Pagine  d'album  e  di  tante  altre  sue  testine  stupefatte  o  sor- 
ridenti. 


174 


Questa  stessa  ricchezza  di  sentimento,  che  non  è  mai 
sentimentalità  o  declamazione,  il  Pellini  trasfuse  nell'arte 
funebre,  a  cominciare  dal  suo  famoso  Gethsemane,  la  sua 
prima  opera  di  lena  (1891),  ove,  in  una  sola  figura  ritta  ed 
assorta  di  Cristo,  il  chiuso  dolore  ha  una  delle  sue  espres- 
sioni più  schiettamente  ed  intensamente  umane.  Traboccante 
di  realistico  dolore  è  il  monumento  Pranzetti  (cimitero  di 
Milano)  ed  altre  opere  sepolcrali  mirabili  sono,  tra  le  molte: 
Rose,  Angelo  del  dolore.  Le  due  sorelle,  ecc. 

1.  Adolescente  (marmo  rosa)    2.  Silhouette  d'été  (bronzo) 
3.  Sorelline 

JoANNY   Napoleon   PELLIS 

E'  nato  a  Ciconiccio  (Udine)  nel  1899.  Autodidatta. 
1.  Carneuale  in  Sauris  (Alta  montagna)  (olio). 

Piero  PERSICALLI 

E'  di  Zara,  dove  nacque  nel  1886.  Studiò  con  Habermann, 
a  Monaco.  E'  colorista  vivace^  che  con  una  tecnica  preva^ 
lentemente  divisionista,  vuol  rendere  le  accese  tonalità  degli 
aspetti  naturali  della  spiaggia  adriatica,  e  gli  sgargianti  co- 
stumi dalmati,  investiti  dal  fulgido  riflesso  marino.  Nei  suoi 
quadri  predomina  sempre,  sia  per  il  taglio  che  per  la  com- 
posizione, il  senso  decorativo. 

Dipinti  a  olio. 

1.  La  Sirena  4.  Giovane  contadino 

2.  Bonaccia  5.  Contadino  di  Sebenico 

3.  Cardi  in  riva  al  mare        6.  Contadina  di  Zara 

Carlo  Alberto  PETRUCCI 

Carlo  Alberto Petrucci  nacque  a  Roma,  da  vecchia  fami- 
glia romana,  il  4  Agosto  del  1881.  Avviato  agli  studi  comm  er- 

175 


ciali  e  diplomalo  in  ragioneria  si  trovò  per  parecchi  anni  a  far 
cabale  computistiche  in  un  ufficio  importante  di  una  grande 
banca.  Ma  c'era  l'Accademia  del  nudo,  la  sera,  all'uscita  dall'uf- 
ficio, ch'egli  frequentava  con  altri  artisti,  anch'essi  venuti 
oggi  in  fama,  che  lo  ripagava  in  contanti  del  lungo  tormento 
del  giorno.  Poi,  appunto,  le  sue  innate  qualità  di  acuto  di- 
segnatore si  addestrarono  alle  più  difficili  prove.  Sfogliare  le 
pagine  degli  alburas  riempiti  allora  di  disegni  fulminei, tutti 
nervi,  concisi  e  precisi,  fatti  come  di  sorpresa,  aiuta  a  inten- 
dere il  profondo  nutrimento  di  questa  arte.  Dopo  avere 
esposto  nel  1907  alcuni  pastelle,  studi,  cose  tutto  di  buon 
gusto,  si  rivelò  nel  rigoglio  delle  sue  giovani  forze  1'  anno 
successivo,  alla  Mostra  Romana  degli  Amatori  e  Cultori,  col 
«  Ritratto  della  Nonna  »  tela  di  grandi  dimensioni  che  ottenne 
un  successo  pieno,  di  pubblico  e  di  critica. 

Negli  anni  seguenti  il  Petrucci  si  dedicò  con  ardore 
all'acquaforte.  La  serie  delle  sue  acquetinte  romane  è  lar- 
gamente diffusa  ed  apprezzata.  Quanto  alla  pittura,  questo 
artista  assai  colto  e  curioso  di  ogni  problema  connesso  alla 
sua  arte,  non  poteva  restare  estraneo  al  turbamento  che 
scosse  così  dal  fondo  il  nostro  mondo  artistico  in  questi 
ultimi  anni.  Ripugnante  per  temperamento  dall' accodarsi  a 
una  scuola,  o  dal  buttarsi  cogli  scapigliati,  egli  tuttavia,  dalla 
sua  stessa  inquietudine  di  ricerca  si  trovò  sbalzato  fuori  dalla 
bella  via  maestra  per  dove  s'era  messo  con  p^ssi  cosi  alacri 
ai  suoi  primi  esperimenti.  Tuttavia  alla  prima  Secessione 
romana  figurava  una  sua  bellissima  tela,  chiara,  solida, 
ariosa,  «  l'abside  di  S.   Martino  ». 

Dopo  la  guerra,  è  tornato  alla  pittura  con  spiriti  rinno- 
vati, con  un  ardore  di  riconquista,  e  con  l' intimo  disegno  di 
riallacciarsi,  senza  più  preoccupazioni  teoretiche,  alla  sua 
prima  maniera  che  usciva  dal  grande  segreto  di  non  ascoltare 
che  gl'interni  dettati.  S'  intende  che  a  un  nomo  di  vivo  e 
conclusivo  ingegno,  coni'  è  appunto  il  Petrucci,  anche  gli 
anni  perduti  non  nuocciono  per  intero  :  anzi  da  quelli  ha  tratto 

176 


preziose  esperienze,  tutto  quanto  di  buono  potesse  derivare 
al  suo  proficuo  lavoro. 

Ora  egli  attende  a  una  grande  serie  di  acqueforti  di 
Roma  e  della  Campagna  Romana,  di  cui  ha  dati  saggi  egregi 
con  «il  Bimessino»^  «  la  Capanna  Morta»,  «il  Sole  di  Roma»: 
rami  di  una  rara  onestà  e  maestria,  dove  tutte  le  vecchie 
virtù  dello  schietto  disegno  vengono  richiamate;  e  dipinge 
ritratti  dove  la  sua  pittura  tende  rigorosamente  a  semplifi- 
carsi, a  essenzializzarsi^  rinunziando  a  ogni  bizzarria  e  a 
ogni  bravura. 

Il  Petrucci  è  anche  un  cultore  fantasioso  e  originalis- 
simo di  arti  decorative:  gioielli,  ex-libris,  copertine  di  libri, 
vasellame  di  argento,  improntando  ciascun  oggetto  del  suo 
finissimo  gusto  e  del  suo  rispettoso  amore  per  la  materia 
che  tratta. 

Giuseppe  Zucca. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Ritratto   delVAvv.  D'An-     3.  Ritratto  della  Signorina 
gelantonio  Gianna  Rossi 

2.  Il  primo  Sole  A.  L'ultimo  Sole 

5,  Vento  e  Sole  f acquatinta  e  vernice  molle) 

Acqua  tinta  pura 

6.  La  Fontana  di  S.  Pietro  7.  Il  Sole  di  Roma 

8.  Ritratto  del  Maestro  Molinari  {acquaforte  pura) 
9.  Tre  ex  lìbris  (acqueforti) 

Matilde  PIACENTINI  FESTA 

È  nata  a  Roma  nel  1890  ;  studiò  con  Paolo  Forcella. 
Moglie  dell'architetto  Marcello  Piacentini  è  anche  compagna 
di  lui  nell'arte  ;  di  gusto  squisito  e  educato,  e  si  è  dedicata 
particolarmente   alle    arti   decorative.  Ha  esposto  nelle  più 

23  177 


importanti  mostre  nazionali  e  straniere  e  riusci  seconda  nel 
Concorso  per  il  Pensionato  Nazionale. 

(Tempere) 

1.  La  Porta  Santa  2.  Mercato 

3.  Villaggio  d'Egitto 

k.  Ballerina  egiziana  (Pastello) 

{Disegni) 

5.  Contadina  egiziana         6.  Ballerina  egiziana 

7.  Un  pannello  di  stoffe  riportate  ^ 

Marcello  PIACENTINI 

E'  nato  a  Roma  nel  1881.  Studiò  col  padre,  Pio  Piacentiiìi. 
(Progetti  di  architettura) 
1.  Stadi  per  la  sistemazione    2.  Schizzi  prospettici 
di  via  Nazionale  e  di  via    3.  Studio  per  la  sistemazione 
Cavour  a  Roma  di  Piazza  Vittorio   Ema- 

nuele a  Firenze 

Aldo  PIANTINI 

Non  ha  ancora  trent'aiini.  E'  nato  a  Siena  dove  ha  stu- 
diato all'Accademia  di  Belle  Arii.  Ma  l'insegnamento  sco- 
lastico non  giovò  in  alcun  modo  a  sviluppare  le  sue  doti. 
E^ìì  non  seppe  rassegnarsi  a  calcare  le  orme  di  un  passato  che, 
per  quanto  grande,  non  rispondeva  alla  sua  mentalità.  Anciie 
il  soggiorno  nella  città  natia,  refrattaria  nel  suo  misoneismo, 
alle  correnti  novatrici,  l'angustiava,  e  il  Piantini  lasciò  Siena 
per  recarsi  a  Milano  dove,  nell'ambiente  intellettualmente 
più  aperto  e  generoso  della  grande  città,  potè  compiere  sia 
pure  fra  difficoltà  e  lotte,  il  suo  tirocinio.  Non  tardò  ad  af- 
fermarsi per  le  sue  qualità  di  originale     disegnatore    %   per 

178 


un  fine  senso  decorativo-pittorico  sostanziato  di  commossa 
interiorità  ed  espresso  in  uno  stile  aristocratico. 

Le  Madri  —  Le  tre  Marie  —  Pace  e  Lavoro  —  Sintesi 
musicale,  ecc.,  opere  già  esposte  a  Verona,  a  Vienna  ed  a 
Praga,  hanno  procurato  al  giovane  artista  uno  schietto  suc- 
cesso. 

Dipinti  a  olio 

1.  Canzoni  di  nostalgìa  2.  Impressione  musicale 

Umberto  PINZAUTI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1886.  Studiò  senza  maestri.  Espose 
alle  mostre  internazionali  di  Venezia  nel  1907  e  nel  1909  ; 
in  quelle  internazionali  di  Monaco  nel  1910;  in  quelle  di 
Roma  nel  1908,10  e  21. 

1,  Fanciullo  sulla  rena  2.  Studio 

3.  La  trincea  {basso  rilievo) 

Ferruccio  PIZZANELLI 

E*  pisano  —  nato  nel  1884  —  e  lavora  in  riva  al  lago 
di  Massaciuccoli,  a  Torre  del  Lago,  fra  Pisa  e  Viareggio, 
paese  caro  ai  pittori  toscani,  ricco  e  vario  di  motivi.  Co- 
minciò a  praticare  l'arte  con  lavori  in  cuoio  colorato,  lavo- 
rati a  sbalzo  con  fregi  decorativi  che  specie  a  Milano,  dove 
il  Pizzanelli  lavorava  allo/a,  ebbero  molto  successo.  In  se- 
guito si  dette  alla  pittura  di  cavalletto.  I  suoi  primi  lavori 
davano  a  divedere  un  apprezzamento  sensibile  delle  tona- 
lità, ma  erano  spennelleggiati  in  un  impressionismo  futile 
inconsistente.  Da  qualche  anno,  con  uno  sforzo  che  gli  fa 
onore,  il  Pizzanelli  si  è  interamente  rinnovato,  producendo 
opere  più  costruite,  più  solide  e  meglio  composte,  frutto  di 
una  più  seria  e  annosa  indagine.  Anche  la  sua  tavolozza  si 
è  irrobustita,  serbando  tuttavia  una  sobria  delicatezza. 

M.  T. 


179 


Dipinti  a  olio. 

1.  La  calza  3.  Gruppo  di  cuoi  decorati. 

2.  Il  coniglio  4.  Gruppo  di  stoffe  decorate. 

Guglielmo  PIZZIRANI 

Nato  a  Bologna  nel  1886,  si  diplomò  presso  il  locale  Isti- 
tuto di  Belle  Arti;  ma  si  compiace  di  chiamarsi  discepolo  di 
se  stesso  e  della  bella  natura.  Pittore  nato,  artista  d'istinto, 
egli  sdegnò  le  teorie  e  le  scuole,  e  si  propone  d'interpretare 
le  cose  attraverso  l'anima  sua.  E'  un  visivo  e  un  sensuale, 
non  un  cerebrale.  Ha  esposto  a  Venezia  (1920),  alla  Seces- 
sione romana  (quattro  volte),  alla  Biennale  romana  (1921), 
alla  Francesco  Francia,  e  in  molte  altre  mostre  minori.  Il 
suo  quadro  Figure  in  ambiente  si  trova  nella  Galleria  d'Arte 
Moderna  di  Bologna.  E'  ritrattista  e  paesista.  Ne  i  suoi  paesi 
si  ammira  una  tecnica  larga,  viva,  spesso  potente,  ricca  di 
respiro.  I  ritratti,  ch'egli  espone  qui  numerosi,  si  segnalano 
anch'essi  per  l'onestà,  la  solidità,  la  semplicità  dei  mezzi, 
il  disdegno  delle  leccature  e  dei  particolari  inutili,  perchè 
meglio  risalti  caratterizzato  il  soggetto. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Ritratto   del   Capitano  k.  Ritratto   della    Signora 
Grandi  Rothlin 

2.  Rosa  5.  Ritratto  del  piccolo  Xoldo 

3.  Ritratto  del  Doti.  Partali  6.  Paesaggio  dell  Appennino 


toscano 


Michele  PIZZUTI 


Michele  Pizzuti  —  nato  in  Napoli,  il  29  novembre  1882 
-  è  allievo  dell'Accademia  napoletana  di  Belle  Arti.  Si  è 
fatto  sempre  notare  per  una  accorta  e  disinvolta  valentia  di 
corretto  disegnatore.  Ha  molto  viaggiato,  specialmente  nel 

180 


Nord  d'Europa,  riportando  dai  suoi  viaggi  notevoli  impres- 
sioni e  appunti  artistici.  * 

La  figurina  che  espone  è,  infatti,  un  simpatico  ricordo 
di  una  sua  crociera  nello  Zuiderzes  (Olanda). 

11  Pizzuti  ha  decorosamente  esposto  in  più  d'una  mostra 
internazionale. 

1.  «  Mutié  »  piccola  olandese      2.  «La  nonna  >     Marken 
(Volendam)  (Olanda! 

■    r 

Alessandro  POMI 

Cammina,  adagio,  verso  i  trentacinque  anni.  Ha  studiato 
figura  all'Accademia  di  Venezia  con  Ettore  Tito.  Si  fece  no- 
tare quando  era  ancora  ragazzo  con  dei  disegni  di  teste 
nervosi  ed  efficaci,  che  incoraggiarono  gli  organizzatori  delle 
mostre  di  Cà  Pesaro  ad  invitarvelo.  A  Cà  Pesaro  si  mise 
sempre  più  in  evidenza  con  una  pittura  larga,  fluente  e  facile 
che  impiega  in  quadri  di  figura  e  ritratti.  Espose  poi  alle 
Internazionali  veneziane;  a  Roma,  a  Milano,  a  Torino,  a  Ve- 
rona; fu  eletto  giurato  di  esposizioni  regionali  ;  fa  parte  della 
presidenza  del  Circolo  Artistico  di  Venezia. 
Dipinti  a  olio. 

1,  Piazza  S.  Marco  3.  Sulla  spiaggia 

2.  Siesta  4-.  Nudo 

5.  Ritratto 

MisciA  PORTNOFF 

Cosi  egli  parla  di  sé  stesso  e  della  propria  arte: 

In  un  giorno  pieno  di  neve,  il  20  dicembre  del  1885» 
sono  nato  a  Elisabettgrad  —  città  nel  sud  della  Russia.  I 
miei  genitori  erano  buoni  e  profondamente  religiosi. 

Il  mio  primo  maestro  era  il  mare. 

La  sua  immensa  superficie,  per  me  bambino,  era  la 
meravigliosa  tavolozza  di  spendidi   colori.   Il  mare   mi  ha 

181 


nsegnato  il  misterioso  canto  di  colori.  Sono  cresciuto  nel 
mare  Nero  ad  Odessa.  Ho  vissuto  nella  sterminata  steppa 
del  Dniepr  quando  è  un  mare  sconfinato  di  grano  maturo. 
Ho  vissuto  nei  boschi  secolari,  ascoltando  il  silenzio  della 
neve.  Ho  studiato  diversi  anni  nell'Accademia  di  Belle  Arti 
di  Odessa  e  di  Pietrogrado  con  diversi  maestri,  ma  il  mio 
più  gran  maestro  è  la  Natura. 

Soltanto  questo  maestro  insegna  a  dipingere  la  luce 
l'aria,  lo  spirilo. 

n  mio  sogno  era  di  venire  in  Italia,  dissetarmi  alla 
Fonte  universale  dell'arte.  Molti  anni  ho  vissuto  nelle  gal- 
lerie e  musei,  studiando  la  tecnica  e  lo  spirito  dei  grandi 
maestri  italiani.  I  miei  prediletti  sono  Leonardo  da  Vinci 
Michelangelo,  Botticelli,  Giorgione  e  sopia  tutto  mi  è  caro 
Beato  Angelico.  La  pittura,  per  me,  è  la  vita,  che  corre 
attorno  di  noi,  la  vita  profo?^da,    misteriosa  dello  spirito. 

La  pittura  pensa,  parla,  canta,  suona  prega  in  colori.  La 
pittura,  come  mezzo  è  essenzialmente  colore. 

Come  contenuto,  la  pittura  è  lo  spirito  che  ha  per  dimora 
il  gran  Tutto. 

A  Firenze  ho  fatto  la  mostra  individuale  dei  miei  quadri 
nel  Marzo  1920.  Ho  esposto  all'Esposizione  Primaverile  della 
Società  delle  B.  A.  lo  stesso  anno,  e  alla  XH^  Internazionale 
di  Ventzia. 

•  (Dipinti  a  olio) 

1.  Fiorenza  in  primavera     3.  Monte  Morello  fra  i  man- 

2.  La  nuvoletta  incantata  darli  fioriti 

{Stampa  a  colori) 
A.  San   Giorgio  .5.  Al  chiaro  di  lana 

Umberto  PRENCIPE 

È  un'artista  di  razza,  che  ha  bisogno  di  dipingere  come 
di  respirare. 

182 


Nato  a  Napoli  nel  1870,  è  poi  rimasto  estraneo  quasi 
del  tutto  agli  Istituti  di  Belle  Arti  incominciò  ad  esporre 
tardi,  a  Roma,  nel  1904. 

La  sua  oltavozza  intonata  in  sordina,  tutta  intrisa  di 
colori  grigi  e  gemmata  di  lacrime,  i  soggetti  stessi  dei  suoi 
quadri,  espressi  da  un  mesto  e  tragico  sentimento  della 
vita,  non  gli  giovarono  a  conquistare  per  intero  l'attenzione 
del  pubblico.  Gli  sorrise  invece,  più  presto,  la  fama  d'acqua- 
fortista, proprio  in  quelli  anni  che  l'Italia  era  quasi  estranea 
al  bianconero  e  a  chi  lo  praticava. 

Oggi,  Umberto  Prencipe  può  dirsi  un  pittore  che  ha  toc- 
cato la  pienezza  conclusiva  de'  suoi  mezzi.  Le  sue  tele  ser- 
bano sempre  quel  segno  addolorato  d'una  volta,  ma  hanno 
raggiunto  una  potenza  musicale  che  non  sfuggirà  agli  in- 
tenditori. 

Questi  effetti  di  controluce,  con  guizzi  e  carezze  crepu- 
scolari, azzurri  discreti  che  ci  trasportano  come  in  sogno 
dai  solitari  vespri  orvietani  alla  tristezza  forse  men  cruda 
delle  dune  di  Maremma,  diffondono  per  gli  occhi  una  pen- 
sierosa dolcezza. 

Ecco  un  pergolato  verde  e  lucente  che  si  spande  ai  piedi 
del  rosso  colonnato  di  mattoni;  ecco  un  mandorlo  in  fiore, 
mite  come  un'immagine  sacra  sulle  umide  muraglie.  Qui 
vedi,  nella  serenità  invernale,  il  torrente  turchino  che  di- 
scende dalle  Apuane  e  se  ne  va  placato  tra  le  folte  schiere 
dei  pioppi;  altrove  le  plumbee  coste  di  tufo,  i  dorsi  brulli 
di  viti,  con  le  querele  secche  le  quali  macchiano  di  rosso 
le  bluastre  ombre  autunnali.  Poi,  dai  ruderi  di  un  vecchio 
convento  trecentesco  in  un  orto  abbandonato,  di  calde  to- 
nalità verdi  e  arancione  frammiste  a  toni  neutri,  si  passa 
ancora  ad  un  cielo  livido  di  Maremma,  sul  quale  balzano 
dei  pini  scuri  e  solenni  a  petto  dei  ginepri  fioriti;  e  laggiù 
all'orizzonte  sul  mare  lontano,  vigila  tra  i  veli  un  piccolo 
specchio  roseo,  ridente. 

Umberto  Prencipe  conferma  in  queste  opere  le  sue  qua- 

183 


lità  concrete,  che  scoprono  un  sentimento  delicato,  una  fe- 
conda nostalgia,  e  la  padronanza  d'una  tecnica  che  aderisce 
ai  soggetti  come  il  corpo  all'anima. 

Francesco  Sapori. 
Dipinti  a  olio, 

1.  Tristezza  maremmana      A.  Primavera  orvietana 

2.  Borgo  Toscano  5.  Paesaggio  etrusco 

3.  La  Versilia  6.  Vespro  orvietano 

(Stampe) 

7.  Piazza  Napoleone  8.  Mercato  di  notte 

9.  Mattino  romano 

Rodolfo  PROCACCIA 

Il  suo  pseudonimo  è  Profolco  d'Acciaro.  E'  nato  a  Li- 
vorno, dove  abita,  nel  1904.  E'  autodidatta.  Fa  parte  del 
«  Gruppo  Labronico  »  insieme  al  quale  prese  parte  que- 
st'anno, con  pitture,  disegni,  xilografie,  all'Internazionale  di 
San  Remo  e  agli  «  Amatori  e  Cultori  »  a  Roma. 

Notturno  (olio) 
Alfredo  PROTTI 

È  forse  il  più  personale  fra  i  pittori  bolognesi,  benché 
talvolta  si  noti  in  lui  la  maniera.  Ma  è  un  colorista  rigoroso 
e  certe  sue  luci  e  talune  sue  tinte  e  certe  morbidezze  dei 
panni  e,  più  ancora,  delle  carni  femminili,  sono  senz'altro 
incantevoli.  È  uno  squisito  amatore  e  conoscitore  della  donna, 
e  ama  tradurre  sulla  tela  la  perfìdia  lasciva  e  tranquilla. 
Scrive  egli  stesso  di  sé  medesimo  :  <  Ho  cominciato  a  stu- 
diare pittura  a  sedici  anni  (1898)  nella  Accademia  di  Bologna, 
dove  ho  imparato  pocuccio:  se  mi  sono  fatto  un  po'  meglio 
è  perchè  ho  sgobbato  dentro  le  gallerie  d'Italia  ed  anche  un 
po'  di  fuori  ».  Nella  sua  città   ha  vinto   parecchie   volte   il 

184 


premio  della  «Francesco  Francia»  e  del  concorso  Curlandese 
ha  esposto  assiduamente  a  Venezia  e  a  Milano,  a   Roma,  a 
Torino,  a  Monaco,  perfino  in  America,  ogni  volta  notato  e 
lodato  dalla  critica  e  dagli  intenditori. 
Dipinti  a  olio. 

1.  La  toilette  6.  La  limonata 

2.  Allo  specchio  7.  Il  piumino 

3.  Effetto  di  sera  8.  Lo  strappo 

4.  Puntura  9.  Fanciulla  che  si  veste 

5.  La  prima  posa  10.  Gatto  che  dorme 

11.  Riflesso 

Silvio  PUCCI 

É  nato  a  Firenze,  circa  venticinque  anni  fa  ;  ha  studiato 
senza  maestri.  E  specialmente  decoratore  e  appartiene  alla 
giovane  «  avanguardia  »  fiorentina. 

1.  Paesaggio  (olio) 
Domenico  RAMBELLI 

Domenico  Rambelli,  scultore,  è  nato  nel  1886  a  Faenza 
dove  ha  avuto  anche  i  primi  e  gli  ultimi  insegnamenti  alla 
«  Scuola  d'Arti  e  mestieri  ». 

Giovanissimo  s'avventurò  a  Firenze  e  a  Parigi,  lavorando 
e  cercando,  invece  delle  Accademie,  la  compagnia  di  artisti 
provetti  e  maturi  di  sapere. 

I  suoi  lavori  hanno  interessato  la  critica  alle  Esposizioni 
di  Roma,  Venezia,  Firenze,  Milano  e  altrove. 

Tornato  dalla  guerra  ricominciò  la  sua  tacita  e  operosa 
vita  tutta  dedita  religiosamente  all'arte:  prese  parte  al  con- 
corso per  «l'Ossario  al  Fante»,  del  quale  Margherita  Sarfatti 
ebbe  a  scrivere  molte  lodi,  cosi  terminando  il  suo  dire:  «chi 
ha  immaginato  questa  concezione  plastica  e  per  di  più  l'ha 

34  185 


espressa  con  tale  pensosa  nobiUà  spirituale,  quegli  non  è 
uomo  volgare  né  ingegno  di  cui  oggi  in  Italia  ci  si  possa  dare 
il  lusso  di  non  tener  conto». 

Questo  scultore  preferisce  di  raffigurare  nelle  sue  opere 
le  grandi  concezioni  in  cui  possano  assommarsi  molti  e  sva- 
riati aspetti  della  natura.  Tali  sono  appunto  le  opere  qui 
esposte,  immaginate  ad  ornare  le  prore  delle  navi  italiane. 

La  «Portatrice»  vuol  rappresentare  la  nostra  stirpe  leale 
e  sana  apportatrice  nel  suo  grembo  dei  frutti  onde  il  mondo 
s'arricchisce  e  s'abbella.  Anche  il  «Canto»  è  il  particolare 
di  una  statua  destinata  alla  prora  di  una  nave.  Gl'intendi- 
menti del  Rambelli  sono  sopra  tutto  volti  a  rendere  l' a- 
spetto  delle  cose  circonfuse  dall'immensità  dell'aria  e  della 
luce. 

1.  La  Portatrice  2.  Il  Canto 

Gastone  EAZZAGUTA 

Tutto  ciò  che  l'esistenza  degli  umili  e  dei  reietti  ha  di 
più  triste,  di  più  desolato  e  di  più  tragico  si  rispecchia  nel- 
l'arte robusta  di  questo  strano  suscitatore  di  sensazioni 
violentemente  drammatiche.  È,  come  il  Natali,  un  illustra- 
tore dei  «  bassi  fondi  »,  e  i  suoi  personaggi  non  li  va  davvero 
a  cercare  fra  i  gentiluomini  in  frak  e  le  damine  bene 
agghindate  ed  incipriate.  Ma  si  differenzia  da  tutti  gli  altri 
artisti  livornesi  per  il  tono  caricaturale  e  grottesco  che  dà 
alle  scene  più  lugubri,  agli  spettacoli  più  miserandi  e  più 
ripugnanti  di  disperazione,  di  vizio,  di  abbrutimento.  Le  sue 
visioni,  rese  con  un  segno  tutto  personale  che  sembra  in- 
cidere tanto  è  netto  e  marcato  e  una  tecnica  coloristica  che 
ha  talvolta  dell'ingenuo  e  del  primitivo,  sono  altrettanti 
paradossi  dai  quali  emana  però  un  profondo  senso  realistico . 
Disegnatore  più  che  pittore,  questo  artista  che  non  mira  ai 
successi  facili  ma  va  continuamente,  se  pur  lentamente, 
affinandosi  e  temprandosi  alla  dura  scuola  dell'osservazione 

186 


e  della  ricerca,  è  un  terribile,  spietato,  feroce  critico  di  se 
stesso.  Di  qui  la  relativa  scarsezza  della  sua  produzione 
che  mai,  nemmeno  nelle  cose  minori,  reca  la  «  marca  di 
fabbrica  »  dell'improvvisazione  o  dell'abile,  disinvolto,  pre- 
tensioso e  pur  vuoto  virtuosismo  tecnico.  È  uno  degli  ani- 
matori più  ardenti  del  «  Gruppo  Labronico  ». 

Guido  Vivarelli. 

(Acquerelli) 

1.  Gli  scaricatori  3.  Il  piccolo  annegato 

2.  L'aquila  abbattuta         4.  Epilogo 

(Acqueforti) 

5.  Nella  «  gargotta  >         7.1  coniugi 

6.  La  vedova  8.  Ombre 

Mario  REVIGLIONE 

È  nato  a  Torino  nel  1873.  Studiò  all'Accademia  Albertina, 
Dipinti  a  olio 

1.  Frammento  di  una  nascita    3.  Sera  Veneziana 
di  Venere  A.  Studio 

2.  Pastorale  5.  Notturno 

6.  Vaso  di  viole 

Gennaro  RICCI 

È  nato  a  Napoli  nel  1891,  ma  vive  e  lavora  a  Firenze, 
ed  è  uno  dei  giovani  «  avanguardisti  »  fiorentini.  Le  sue  au- 
dacie gli  meritarono  il  rifiuto  ad  una  precedente  mostra  fio- 
rentina, episodio  che  il  Ricci  segna  all'attivo  della  sua  car- 
riera artistica  e  che  non  lo  ha  dissuaso  davvero  dal  prose- 
guire nella  via  che  gli  è  tracciata  dal  proprio  temperamento. 
Le  sue  tonalità  sono  spesso,  tenui  e  soffuse  sempre  colte  con 

187 


molta  sensibilità,  e  vogliono  «rendere»  più  che  gli  aspetti 
fisici  delle  cose  l'emozione  dell'artista. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Paese  2.  Paese 

3.  Nudo 

Guido  RIGHETTI 

Nato  a  Milano,  una  quarantina  d'anni  or  sono,  da  ven- 
tanni espone,  né  manca  ad  alcuna  mostra  importante.  Fi- 
gurò nelle  prime  Esposizioni  Nazionali  assai  onorevolmente: 
a  Brera,  alle  Mostre  tutte  della  Società  Permanente  o  di 
Belle  Arti;  e  nel  1914  ebbe  notevole  successo  all'Esposi- 
zione Internazionale  di  Venezia,  in  gara  coi  migliori  anima- 
listi esteri,  il  che  gli  valse  di  estendere  la  sua  fama  e  di 
vedersi  accolto  all'Esposizione  Mondiale  di  San  Francisco 
di  California. 

Guido  Righetti  ha  direttamente  studiato  sul  vero,  nella 
loro  forma,  come  nelle  loro  abitudini  le  specie  più  diverse, 
facendo  vita  con  esse.  Ed  è  vivendo  a  conlatto  diretto  coi 
suoi  modelli,  nei  serragli  e  nei  giardini  zoologici,  che  egli 
specialmente  in  questi  ultimi  anni,  è  divenuto  il  più  pro- 
duttivo ed  il  più  vario  degli  animalisti  viventi. 

Guido  Righetti  appare  oggi  nella  maturità  dell'arte  sua. 

(Bronzo) 

1.  Scimmia   [Papione    Ha-  6.  Scimmie  giapponesi 
madryas  7.  Antilopi  giganti 

2.  Bufalino  d'Africa  8.  Giovane  puma 

3.  Giovane  elefante  africano  9.  Pellicani 

4.  Gruppo  Fenicotteri  10.  Antilopi  (Trittico  inbas- 

5.  Sterrabusi  sorilievoj  (bronzo) 

Impressioni  dal  vero  di  animali  (disegni) 
188 


Annibale  BIGOTTI 

Nacque  a  Torino  nel  1870.  È  uno  studioso  appassionato 
dell'arte  antica.  Viaggiò  molto  e  fu  anche  nel  Siam,  dove 
fece  importanti  lavori  per  la  Corte.  Prese  parte  con  successo 
a  molti  concorsi.  Si  deve  a  lui  la  trasformazione  decorativa 
della  Mole  Antonelliana. 

Progetti  di  architettura 

1.  Scuola  di  Mantova.  ^.  Casa    degli   «  Amici  del- 

2.  Facciata  per  un  edificio  V Arte  » 

da  Esposizione  5.  Padiglione  per  Esposizione 

3.  Palazzo  della  Pace  al-    6.  Tomba  della  famiglia  Novi 
VAia 

Giuseppe  RISPOLI 

È  nato  nel  1888  a  Napoli.  Studiò  col  Gasciaro. 
1.  Caprette  (olio) 

Augusto  EIVALTA 

Augusto  Rivalla  nacque  in  Genova  nel  1835  ed  ivi  fece  i 
primi  studi  nell'Accademia  di  Belle  Arti.  Nel  1857  si  trasferi 
in  Firenze  ove  ebbe  a  maestro  il  Duprè.  Durante  la  guerra 
per  l'indipendenza  si  arruolava  volontario  fra  i  carabinieri 
genovesi. 

Vinse  molti  concorsi  di  monumenti  che  restano  tuttora 
a  dimostrare  le  sue  forti  qualità  di  artista  e  per  cui  va  col- 
locato nella  schiera  eletta  dei  più  illustri  scultori  contempo- 
ranei. Fa  parte  del  collegio  accademico  fin  dal  1870.  Nel  1874 
fu  nominato  insegnante  dell'Istituto. 

1'  membro  della  Giunta  Superiore  di  Belle  Arti. 
Bronzo. 

1.  La  prima  morte  2.  La  sacra  famiglia 

3.  Ercole  che  abbatte  il  Centauro. 


1&9 


Ferruccio  EONTINI 

Pittura  saldamente  costruita  e  di  una  singolare  evidenza 
di  rappresentazione, larga,  robusta,  quella  del  Rontini;  pittura 
che  non  deriva  da  una  cifra  e  niente  ha  in  sé  di  accademico, 
cioè  di  convenzionale  e  di  compassato  Eppure  questo  artista 
di  buona  tempra  è  venuto  dall'  accademia  e  possiede  un 
sonoro  titolo  ufficiale:  quello  di  professore  di  disegno.  È 
dunque  un  ribelle  ai  dettami  dell'insegnamento  scolastico, 
un  insofferente  delle  formule  apprese  seguendo  un  corso 
regolare  di  studi  a  Firenze.  Un  bel  giorno  —  e  non  per  vana 
ostentazione  di  indipendenza  o  per  mania  del  nuovo  o  per 
calcolo,  ma  per  una  necessità  invincibile  dello  spirito  — 
egli  ha  buttato  via  l' ingombrante  bagaglio  dei  principi  e 
delle  teorie  e  avanza  ora  libero  col  solo  aiuto  della  sua 
personalità  davvero  feconda  di  promesse. 

Guido  Vivarelli. 
(Dipinti  a  olio) 

1.  Le  chioccie  3.  Rose    melanconiche  {Na- 

2,  Mercato  di  Vicchio  (Mu-  tura  morta) 

Giovanni  ROMAGNOLI 

Tra  i  giovanissimi  è  forse  il  più  potente.  Giovanissimo 
veramente,  perchè  nato  a  Faenza  nel  1893.  Si  licenziò  dal- 
l'Accademia di  Belle  Arti  di  Bologna  nel  1911;  ma  il  servizio 
mihtare,  la  guerra,  e  poi  l'insegnamento  gli  hanno  tolto  e 
gli  tolgono  molto  tempo  alla  pittura.  Ha  esposto  tre  volte 
alla  Secessione  romana,  e  nella  Biennale  romana;  e  assiduo 
nelle  mostre  bolognesi  della  «  Francesco  Francia  »  dove  ogni 
anno,  dal  '17  al  '21,  è  stato  premiato.  Ha  ottenuto  pure  il 
premio  Curlandese  (1917)  e  il  premio  Baruzzi  (1920).  Un  suo 
quadro  «  Figura  femminile  »  .è  stato  acquistato  per  la  Gal- 
leria d'Arte  Moderna  a  Roma.  E'    un    giovane    di    grande  ^e 

190 


sicuro  avvenire.  Dipinge  il  corpo  umano,  e  quello  femmi- 
nile in  particolare,  con  una  solidità  quasi  classica,  con  bei 
toni  di  carni  chiare  e  bionde.  Odia  ogni  artifizio  cerebrale 
o  programmatico,  e  si  tiene  evidentemente,  ma  sinceramente, 
sulla  via  maestra  della  tradizione. 

Giuseppe  Lipparini 

Dipinti  a  olio 

1.  Riflesso  di  sole  6.  Verdazzurro 

2.  Bimbo  convalescente  7.  Penombra  rosata 

3.  Armonia  in  tre  toni  8.  Frutta  estive 
A.  Trasparenze  e  opacità         9.  Controluce 

5.  Violacciocche 

Gino  ROMITI 

&^Fine  anima  di  poeta.  Squisito  temperamento.  Spirito 
malinconico  di  interprete  della  natura.  Son  queste  le  de- 
finizioni del  Romiti  che  più  ricorrono  nei  giornali  e  nelle 
riviste  che,  ad  ogni  esposizione,  si  occupano  di  lui.  Quelli 
che  vogliono  stroncarlo  se  ne  liberano  facilmente  chiaman- 
dolo un  «  sentimentale  ».  Ma  non  si  sa  precisamente  ciò 
che  intendano  dire  con  questa  parola  che,  nelle  loro  inten- 
zioni, dovrebbe  avere  un  significato  leggermente  ironico 
e  spregiativo.  Perchè,  se  sentimentale  si  fa  derivare  da 
sentimento,   quella   qualifica  è  perfettamente   giusta. 

Gino  Romiti  è  in  arte  fin  da  ragazzo.  Cominciò  a  di- 
pingere sotto  la  guida  di  Guglielmo  Micheli  che  gli  imparti 
i  primi  insegnamenti.  Anche  Giovanni  Fattori  fu,  verso  il 
giovane  pittore,  largo  di  ammonimenti  e  di  consigli  ma  la 
sua  vera  scuola  il  Romiti,  l'ha  fatta  sul  «  vero  ».  In  cos- 
petto alla  natura,  libera,  aperta  serena  la  sua  pittura  (fine 
ma  non  mai  sdolcinata,  coscienziosa  senza  mai  cadere 
nella  ricercatezza,  equilibrata  senza  mai  essere  freddaj,  è 
andata  temprandosi  ed  il  «  vero  »    delle  campagne  e  delle 

191 


marine  livornesi  che  gradatamente  ha  formato  la  personalità 
di  questo  innamorato  delle  armonie  grige,  delle  tonalità 
meno  calde,  delle  sfumature  più  delicate.  E'  anche  un  pittore 
fantasioso  della  flora  e  della  fauna  del  mare  e  bisogna 
riconoscere  che  egli  «  canta  »  e  desrrive  gli  abissi  marini 
con  un  piacevole^senso  della  decorazione  e  con  raffinato 
buon  gusto.  Appartiene  al^« Gruppo  Labronico». 

Glido  Vivarelli 

Dipinti  a  olio 

1.  I  giardini  del  mare  (Le     2.  l  giardini  del  mare  (flora 

meduse)  marina) 

3.  Primo   canto   della  sera     4.  Inverno 

Studii  per  i  Giardini  del  Mare  (acquerelli) 

Rina  EOMOLI 

È  nata  a  Firenze  nel  1897.  Studiò  senza  maestri. 
Dipinti  a  olio 

1.  U idolo  2,  Il  ventaglio 

Ezio  ROSCITANO 

L'anima  della  sua  terra  chiusa  tra  mare  e  monte  è  tutta 
nelle  sue  creature  plastiche  irrompenti  e  pensose. 

La  sua  prima  esposizione  è  recentissima:  a  Roma  nel 
1917;  ma  ha  proseguito  di  poi  con  successo  le  mostre  nazio" 
nali  ed  internazionali  di  questo  ultimo  periodo  e  dandoci 
opere  quali  «la  notte  di  Ronchi»,  ove  nell'adolescente  che 
marcia  è  verità  e  poesia,  e  i  ritratti  di  rara  schiettezza,  come 
quello  dell'incisore  Carbonati. 

A  Roma,  ove  vive  solo  nel  lavoro  e  per  il  lavoro,  con- 
serva i  suoi  ideali  puri  e  semplici,  cercando  e  lottando. 

Egli  molto  può  darci  e  deve  darci. 

192 


Ezio  Roscitano  è  nato  a  Reggio  Calabria  nel  1889. 

G.  Cipri  ANI. 
Bronzo 
1.  Testa  di  vecchio         2.  Madonnina 

Edgardo  EOSSAEO 

E'  di  Vercelli  dove  nacque  nel  1882.  Fu  guidato  nei  suoi 
primi  passi  nell'arte  da  suo  padre:  Ferdinando  Rossano. 
Studiò  in  seguito  nelle  Accadeniie  di  Venezia  e  Torino; 
ma  più  che  nelle  Accademie,  sul  vero  e  nelle  Gallerie  —  di 
Firenze  e  di  Roma  specialmente. 

Il  quadro  che  egli  espone  nella  Primaverile  è  il  primo 
—  pur  lontano  dalla  perfezione  da  lui  vagheggiata  —  che 
si  accosti  a  quella  significazione  pittorica  che  da  tanto  tempo 
si  sforza  di  raggiungere. 

jf.  Volti  ed  anime  nella  casa  di  Arrigo  Minerbi  (tempera 
a  smalto) 

Giorgio  ROSSI 

E'  giovanissimo,  essendo  nato  nel  1892  a  San  Piero  a 
Sieve,  nel  Mugello.  Allievo  dello  scultore  Bortone,  trasse  dal 
suo  insegnamento  il  senso  dignitoso  dell'arte  e  la  coscien- 
ziosa ricerca  del  vero.  Le  sue  prime  opere  erano  ispirate 
soltanto  ad  una  indagine  fedele  e  amorosa,  ma  poco  a  poco 
si  andò  volgendo  verso  quelle  forme  più  decorative  e  sin- 
tetiche, che  gli  erano  suggerite  anche  dalle  mutate  aspira- 
zioni dell'arte  :  a  tali  forme  s'ispira  l'opera  che  figura  in 
questa  esposizione,  la  quale  rappresenta  l'ultimo  periodo  della 
sua  arte.  Espose  per  la  prima  volta  a  Firenze  nel  1911  e  da 
allora  prese  parte  con  successo  a  vari  concorsi  e  a  molte 
esposizioni  nazionali  e  internazionali. 

1,  Crisantemi  (bronzo) 
25  »93 


Giuseppe   ROSSI 

Nato  a  Firenze.  Studiò  all'  Accade iiiia  Fiorentina  delle 
Belle  Arti  e  si  affermò  subito  come  un  puro  ritrattista  della 
vecchia  scuola  e  solido  disegnatore.  Dopo  i  primi  successi 
che  i  suoi  ritratti  ebbero  alle  Esposizioni  si  dedicò  a  questo 
difficile  ramo  dell'arte  e  all'insegnamento. 

Dipinti  a  olio. 

1.  Ritratto  di  mio  figlio        2.'  Ritratto   del   sig.    Ubaldo 

Rossi. 

Quirino  RUGGERI  ^!r2%%Zlf^ 

Si  dice  di  un'abito  ben  tagliato  :  è  una  scultura.  Grazie 
a  Quirino  Ruggeri,  codesta  frase  ora  si  traduce  in  fatto. 
Ruggeri^  sarto  per  signore  in  un  primo  periodo  della  sua  vita 
da  pochissimi  anni  si  dedica  alla  scoltura,  con  una  grazia, 
una  morbidezza  di  tocco  e,  si  può  anche  dire  ormai,  con 
una  perizia,  di  cui  testimonianza  migliore  è  l'opera  qui 
presente. 

Quirino  Ruggeri,  il  quale,  per  debuttare,  ha  esposto  alla 
1*  Biennale  Romana,  confessa  di  essere  stato  allievo  del  Dazzi. 
Egli  pensa  tuttavia  di  mettere  in  pratica  il  precetto  di  Leo- 
nardo :  Tristo  quel  discepolo  che  non  avanza  il  suo  maestro. 

Alberto  Savinio. 
1.  La  Serena  (bassorilievo) 

Giulietta  RUSCONI 

E'  nata  a  Massa  nel  1889,  ma  venuta  dopo  due  anni  a 
Firenze  può  dirsi  fiorentina.  Ha  studiato  con  Galileo  Chini, 
nel  cui  studio  ha  appreso  la  tecnica  e  coltivato  il  gusto 
della  decorazione.  Ha  già  esposto  nelle  più  notevoli  Mostre 
Italiane,  fra  le  quali  le  Biennali  di  Roma  e  di  Venezia. 

i.  Ritratto  del  Sig.  V.  Vignali  (olio) 
194 


Ada   SABBADINI 

E'  nata  a  Livorno  nel   1892.    Ha    studiato    con   Edoardo 
Glorgiani. 

Dipinti, a  olio 

1.  Ritratto  2.  Paese 


Giotto   SACCHETTI 

E'  nato  a  Roma  nel  1887.  Figlio  di  artista  e  vissuto  nel 
culto  dei  maestri  macchiaioli,  guardando  al  loro  esempio, 
studiò  da  sé  stesso. 

Dipinti  a  olio 

1.  Al  pianoforte         '        2.  Nei  campi. 
Bartolomeo   SACCHI 

Veneziano,  è  giovanissimo.  Ritrattista  elegante,  paesista 
strano,  ha  esposto  a  Cà  Pesaro,  alle  Biennali  di  Venezia,"à 
Milano,  a  Roma.  ecc. 

i.  //  fico  in  primavera  (Tem  2.  Bambino  /"Terracotta) 

pera) 

Alberto   SALIETTI 

Alberto  Salietti  nacque  a  Ravenna  or  sono  trent'anni. 
Non  si  sa  se  «  fin  da  bambino  »  abbia  dimostrato  spiccate 
attitudini  per  la  pittura  ;  è  noto  invece  che  frequentò  rego- 
larmente l'Accademia  di  Brera,  dalla  quale  usci  alla  vigilia 
della  guerra.  Nel  breve  tempo  trascorso  tra  la  fine  degli 
studi  e  l'inizio  della  vita  militare,  si  era  fatto  conoscere  con 
qualche  disegno  e  qualche  quadro,  nei  quali  manifestava 
già  una  individualità  poco  ligia  alle  tradizioni  accademiche 
e  intenta  a  ricercare  un  proprio  modo  di  espressione. 

La  guerra    che  tenne    il  Salietti    per  molto  tempo  lon- 

195 


tano  dai  pennelli  e  lo  costrinse  a  un  lavoro  interiore  di  os- 
servazione  e  di  rielaborazione,  aiutato  soltanto  da  qualche 
appunto  a  matita  su  brevi  paginette  d'album,  giovò  ad  evi- 
targli i  tentennamenti  e  i  tentativi  spesso  indisciplinati  e 
contraddittorii  di  cui  son  vittime  i  giovani  all'inizio  della 
carriera,  allorché  meno  vivo  e  vigile  è  il  senso  critico  e  più 
affannosa  la  fretta  di  arrivare. 

Tornato  dalla  guerra  il  Salietti  aveva  già  trovala  la  sua 
via,  e  l'opera  sua  fin  da  principio  è  caratterizzat.i  da  una 
nota  di  sincerità  che  non  sarà  smentita  più  tardi:  il  primi- 
tivismo che  in  molti  è  infantilismo  e  maniera,  pel  Salietti 
è  il  particolar  modo  di  espressione  della  sua  sensibilità 
estetica  e  lirica  —  e,  chi  lo  conosca  personalmente,  può 
dire  anche  della  sua  umanità. 

La  sincerità  del  Salietti  è  documentata  dalla  coerenza. 
Egli  non  si  sbanda  alla  ricerca  di  un  metodo  o  di  una  scuola, 
e  non  si  scapriccia  a  tentar  le  varie  «mode  ».  Si  è  fissato 
su  un  terreno  suo  proprio,  e  lo  coltiva  con  intelligenza  e 
con  studio  coscenzioso,  allargandone  a  poco  a  poco  i  con- 
fini^ ma  sopratutto  lavorando  in  profondità.  I  suoi  quadri 
della  prima  maniera  sono  prevalentemente  composizioni  de- 
corative e  liriche,  sinfonie  di  colori  piatti,  lievi  vibrazioni 
sentimentali  di  gradevolissimo  efletto  ma  di  scarsa  emoti- 
vità. In  questo  periodo  l'artista  ha  bisogno  di  conoscersi, 
di  scoprire  se  stesso  e  procede  con  prudenza;  sembra  quasi 
col  timore  di  sperdersi  o  di  deformarsi  in  tentativi  troppo 
audaci  e  in  uno  sforzo  superiore  alle  sue  possibilità.  Ma 
quando  è  sicuro  di  se  stesso,  quando  il  bisogno  di  sempli- 
cità e  di  spiritualità  si  è  fatto  arte,  incomincia  la  nuova  ela- 
borazione pittorica  con  la  ricerca  dei  valori  plastici.  L'ar- 
monia cromatica  non  gli  è  più  sufficiente.  Ha  bisogno  del 
chiaroscuro  e  del  volume.  E  lo  studio  dei  maestri  del  tre 
e  del  quattrocento,  verso  il  quale  lo  porta  l'istinto,  gli  in- 
segna gli  accorgimenti  di  una  tecnica  più  solida  e  robusta, 
e  di  una  composizione  più  ricca  ed  armonica. 

196 


Il  «  Paesaggio  umbro  »  qui  esposto  è  un  saggio  notevole 
della  maturità  a  cui  è  giunto  il  giovane  pittore  ravennate, 
«  invitato  »  anche  quest'anno  a  Venezia  e  noto  ormai  in  tutte 
le  più  importanti  esposizioni. 

Paesaggio  umbro  (olio) 
Antonio  SALVETTI 

Nato  a  Colle  Val  d'Elsa  nel  Settembre  del  1854-. 

Architetto  di  valore,  lasciò  ben  presto  i  compassi  per 
prendere  i  pennelli,  dandosi  allo  studio  del  vero.  Espose  d 
fu  premiato  varie  volte  alle  Internazionali  di  Parigi  e  di 
Monaco  di  Baviera,  a  quella  della  Royal  Academg  di  Lon- 
dra, a  Venezia,  Milano,  Torino,  Roma.  Ha  eseguito  molti 
ritratti,  anche  all'estero  dove  ha  viaggiato  fino  ai  trent'anni, 
e  ultimamente,  con  gran  successo  a  Roma,  tanto  da  esser 
nominato  Commendatore  di  Motu  proprio  dal  Re.  Sue  carat- 
teristiche sono  la  fluidità,  la  pastosità  e  la  vivezza  delle 
tinte,  la  poesia  che  emana  dai  suoi  paesaggi,  il  forte  chia- 
roscuro delle  sue  teste,  e  le  originali  cornici  che  si  diverte 
a  fabbricarsi  da  sé  con  una  resistente  mistura  dorata. 

F.  P. 
1.  Campagna  toscana  (olio) 

Vincenzo  SAN  MALATO 

Nato  a  Catania  nel  1886,  non  ha  avuto  maestri;  ma  la 
vigilanza  e  la  fede  di  Vincenzo  Frolli  lo  assistono  sempre. 
È  colorista  sensibile  e  possente. 

1  Primi  affetti  (olio) 
Francesco  SARGANTI 

E'  nato  a  Londra  nel  1870.  E  a  Londra  studiò  architet- 
tura con  l'esimio  T.  G.    Jacksson  autore  del  campanile  di 

197 


Zara  e  di  molte  opere  ad  Oxford  I  primi  elementi  del  di- 
segno li  aveva  appresi  dalla  sorella  Mary  Florence  Sarganti 
pittrice  specialmente  dedita  all'arte  decorativa  e  all'affresco, 
Studiò  anche  sculura  alla  Slade  School,  prima  sotto  la  dire- 
zione del  Prof.  Henry  Tonksy,  e  in  seguito,  nel  1899,  trasfe- 
ritosi in  Italia  con  Adolf  Hildebrand.  E'  suo  il  monumento 
a  Florence  Nighintigale  nel  Chiostro  di  Santa  Croce,  a  Fi- 
renze ed  ha  vari  lavori  in  Inghilterra.  Ha  esposto  molte 
volte  a  Parigi,  Londra,  Vienna  e  Monaco  di  Baviera. 

/.  Lamia  f bronzo). 
Ferruccio   SCATTOLA 

È  nato  a  Venezia  nel  1873. 

Egli  dice  della  propria  vita  e  della  propria  arie  : 

«  Finiti  pochi  corsi  di  studi,  mi  misi  a  dipingere  da  solo, 
senza  guida,  rimanendo  da  principio  alcun  poco  titubante 
fra  l'entrare  all'Accademia  o  mettermi  con  qualche  maestro. 
Non  decisi  né  l'una  cosa  né  l'altra  e  continuai  a  studiare 
da  per  me  la  natura.  Ma  la  natura,  lo  st  idio  e  l'amore  che 
le  ho  dedicato,  non  mi  portano  davvero  ad  amare  nell'arte 
le  forme  troppo  obbiettive  ;  al  contrario  sono  convinto  che 
l'eccellenza  di  un'opera  consista  nel  tradurre  il  vero,  attra- 
verso la  sensibilità  delTartista,  in  quella  forma  elaborata  e 
commossa  che  si  chiama  stile  ». 

Lo  Scattola  quale  si  presenta  adesso,  nelle  sue  opere 
più  mature,  é  un  poeta  della  tavolozza,  il  quale  all'espres- 
sione emotiva  della  figura  e  del  paesaggio,  unisce  uno  spic- 
cato senso  decorativo  della  forma  e  del  colore,  e  un  sa 
piente  gusto  dell'armonia  della  composizione. 

La  sua  carriera  artistica  la  iniziò  felicemente  a  ventun 
anno,  vincendo  il  premio  Fumagalli  con  un  Interno  di 
San  Marco  e  da  allora  le  sue  aspirazioni  e  la  sua  visione 
si  sono  andate  affinando  ed  elevando  verso  un'arte  sempre 
più  spirituale. 

198 


Hanno    opere    deìlo    Scattola:    la    Galleria   Nazionale  di 
Roma,  la  Galleria  Internazionale  di  Venezia,    la    Galleria  di 
Udine,  il  Museo  Revoltella  di  Trieste,  la  Galleria  Stampalia 
di  Venezia,  il  Museo  del  Lussemburgo  a  Parigi. 
Dipinti  a  olio 

i.   Val  Brembana  2.  Lo  scialle  cinese 

3.  Crisantemi 

Pio   SEMEGHINI  . 

Pio  Semeghini  è  nato  una  quarantina   d'anni  fa  a  Ban- 
danello  di  Mantova. 

Gli  ostacoli  opposti  alla  sua  vocazione,  l'arte,  gli  fecero 
abbandonare,  giovanissimo,  ogni  altra  scuola.  Cominciò  a 
studiare  la  pittura  seriamente,  tardi,  dopo  un  lungo  periodo 
di  vita  avventurosa  e  vagabonda.  Andò  a  Parigi  dove  espose 
per  la  prima  volta  nel  1903.  Non  ebbe  insegnanti,  e  suol 
dire  che  frequentò  l'accademia  ed  i  cenacoli  appena  quel 
tanto  che  bastava  per  imparare  a  fuggirli.  Studiò  invece  le 
opere  dei  maestri  antichi  e  moderni  esaminando  in  esse  sé 
stesso,  ma  rifuggendo  dalie  imitazioni.  Cosi  conobbe  la  uti- 
lità e  la  gioia  di  dipingere  dal  vero  «  dal  movimento  fran- 
cese della  seconda  metà  del  Secolo  XIX  cui  l'arte  contem- 
poranea deve  tanto  e  che  è  tanto  di  moda,  ora,  rinnegare  o 
spregiare  ».  Ha  cercato  la  nobiltà  dello  stile  nello  studio 
devoto  ed  appassionato  degli  antichi,  specialmente  dedicato 
agli  affrescatori  del  nostro  quattrocento.  Dal  1903  in  poi, 
ammonito  dal  confronto  delle  opere  sue  con  le  altrui,  si 
chiuse  in  un  più  severo  isolamento  e  non  tardò  ad  esporre 
se  non  nel  1919  a  Venezia,  e  dopo  essersi  unito  spiritual- 
mente alla  «  pleaide  »  di  Burano,  della  quale  facevan  parte, 
allora  il  povero  Umberto  Moggioli,  lo  Scopinicli,  Gino  Rossi, 
ecc.  A  Venezia  cominciò  con  una  piccola  «collettiva  »  nelle 
Salette  della  «  Ca'  Pesaro  »  e  s' impose  subito  con  le  sue 
impressioni  di  affreschi  visti  ad  occhio  nudo  dalle  distanze 

199 


obblicjate  pei  visitatori  ordinari  di  chiese  e  palazzi;  con 
altre  impressioni  di  vita  all'aperto,  con  ritratti  e  studi  di 
ritratti;  con  certe  sue  sensazioni  caricaturali  che  denota- 
vano l'acutezza  dell'osservatoreo  Itre  che  del  pittore.  Da  allora 
rimase  «veneziano»;  meno  poche  fughe  in  montagna,  sot- 
tosegnate da  piccole  tele  ricavate  dal  vero  e  condotte  con 
sintesi  quasi  cezannesca  di  masse,  ha  ritratto  la  città  lagu- 
nare con  una  finezza  e  una  sensibilità  acuta  che  si  rivela- 
rono successivamente  in  un'altra  «  collettiva  »  nella  Galleria 
Ceri  Doratevi  a  Venezia,  all'ultima  esposizione  di  Roma  e 
nella  Mostra  delle  «  tendenze  d'oggi  »  alla  Galleria  Pesaro 
di  Milano.  11  Remeghini,  che  nello  studio  dei  moderni  non 
s'è  fermato  agli  impressionisti,  ma  è  venuto  più  in  qua  e 
s'appassiona  egualmente  alla  ricerca  dei  volumi,  riesce  a 
fissare  con  la  sua  pittura,  tutta  fatta  di  intonazioni  vapo- 
rose, la  forma  solida  delle  cose  non  meno  che  la  vibrazione 
della  luce  intorno  ad  esse. 

Venezia  vive  nei  suoi  quadri  con  una  intensità  che  ri- 
corda Monet.  Buon  ritrattista,  Pio  Semeghini  si  afferma  con 
un  disegno  incisivo  e  martellato  che,  perfezionato  da  nota- 
zioni misurate  ma  sapienti  di  colore,  rende  per  emozione 
la  figura  del  modello.  E  in  questo  campo  e  per  questi  suoi 
procedimenti,  egli  è  oggi  uno  dei  più  originali  pittori  d'Italia. 
Certo  tra  i  giovani  pittori  d'Italia  è  uno  dei  più  degni  di 
attenzione  e  si  comprende  come  intorno  a  lui  sia  cresciuto 
negli  ultimi  tempi  l' interesse  della  critica  e  del  pubblico. 

Gino  Damerini. 

(Dipinti  a  olio). 

1.  Canale  Veneziano  5.  Pieve  di  Cadore 

2.  Ponte  Veneziano  6.  Gulagna  -  Alpi  Reggiane 

3.  Casa  di  Barano  7.  Ritratto  F. 

4.  La  Giudecca  -  Venezia  8,  Ritratto  M. 

Disegni  a  sanguigna 
200 


Telemaco   SIGNORINI 

Nacque  in  Firenze  il  18  Agosto  1835  da  Giovanni  Signo- 
rini, pittore  del  Granduca  di  Toscana,  e  da  Giustina  Santori. 

Appena  ventenne  andò  a  dipingere  calli  e  canali  a  Ve- 
nezia insieme  a  Vito  d'Ancona  e  a  Federico  Maldarelli,  e 
quando  ritornò  a  Firenze,  tutto  abbacinato  dai  colori  vivi 
e  puri  dei  quaii  s'era  deliziato,  la  cosi  detta  Promotrice  ri- 
fiutò i  suoi  lavori  perchè  gli  occhi  degli  accademici,  abi- 
tuati al  bitume  sporco  e  ai  cieli  biaccosi,  rimasero  ofiFesi 
dalla  vivacità  del  chiaroscuro. 

Vagabondò,  d'allora  in  poi,  senza  preoccuparsi  di  scuole 
o  di  mode;  però,  per  quanto  ribelle,  solitario  e  innamorato 
della  luce,  non  trascurò  mai  il  disegno  né  la  prospettiva  e 
seppe  essere  audace  senza  diventare  ridicolo,  una  cosa  que- 
sta che  oggi  non  usa  più! 

Sono  una  prova  dell'amore  di  Telemaco  Signorini  alla 
forma,  ai  volumi  e  agli  effetti  prospettici,  i  disegni  a  penna 
e  a  matita  delle  sue  «  bigherinaie  »  dei  suoi  tipi  strani  o  de- 
formi, e  le  grandi  distese  di  terra  sulle  rive  del  mare  vedute 
dall'alto  e  circonfuse  di  aria  trasparentissima,  dov'è  un  tale 
senso  delle  distanze  da  darci  l'idea  veramente  d'affacciarci 
ad  un  balcone  in  cima  a  una  montagna. 

Il  Signorini  giunse  alla  «  macchia  »  passando  per  tutte 
le  stazioni  della  dura  via -crucis  del  «provando  e  ripro- 
vando »  e  prima  d'arrivare  alla  gioia  intensa  della  pennel- 
lata autorevole  posata  con  sicurezza  sulla  tela,  conobbe  il 
ormento  interiore  della  disciplina  e  della  ricerca.  Termi- 
nata la  campagna  del  59,  che  egli  fece  in  qualità  d'artigliere, 
si  stancò  dei  soggetti  militari  e  andò  a  Parigi  con  Cristiano 
Banti  e  con  Cencio  Gabianca  e,  ai  ritorno,  si  fermò  in  Liguria 
che  Io  attirava  colle  sue  esplosioni  di  colori  purissimi, 
ardenti. 

Psicologo  sottile,  amò  ugualmente  le  cose,  le  bestie  e  le 
persone,  purché  avessero  una  loro  fìsonomia  speciale. 

201 


Lo  interessarono  la  storia  d'un  uscio  vecchio  tinto  e 
ritinto,  la  civettuola  pompa  delle  persiane  e  delle  facciate 
delle  case  dipinte  a  colori  sfacciati,  la  rassegnata  pazienza 
d'^n  ciuco  fuori  d'uso  e  le  stimmate  ataviche  sui  volti  della 
povera  gente  brutta  o  defìcente  o  sui  corpi  deformati  dalle 
malattie  del  lavoro.  Benché  trapeli,  dalla  sua  arte,  una  in- 
nata aristocrazia,  non  fu  mai  chic.  Acre  nella  polemica, 
odiatore  della  volgarità  e  del  cattivo  gusto,  ipersensibile 
eppure  equilibrato,  fu  assolutista  nei  giudizi,  rudi  e  sinceri 
come  il  tocco  del  suo  pennello  ;  e  nel  67  fandò  con  Diego 
Martelli  «Il  gazzettino  delle  arti  del  disegno»  che  visse  un 
anno,  interessante  raccolta  di  documenti  sul  movimento  pit- 
torico dell'epoca  ;  poi  si  ridusse  in  Siena  dove  ritrasse  strade 
e  piazze  medievali  e  incise  all'acquaforte,  genere  in  cui  di- 
ventò in  breve  maestro.  A  tal  proposito,  tralasciando  le 
troppo  note  acque  forti  del  Ghetto  fiorentino,  il  più  bel  pezzo 
di  colore  del  mondo  distrutto  all'ammirazione  dell'Italia  e 
dei  forestieri  da  una  cecità  incomprensibile,  ricorderemo  le 
bellissime  incisioni  eseguite  per  due  libri  di  Diego  Martelli, 
uno  di  «  novelle  »  l'altro  intitolato  modestamente  <  Primi 
passi  »  col  sottotitolo  di  «  fìsime  letterarie  ». 

Irrequieto,  sempre  in  cerca  di  novità,  antiaccademico  per 
istinto,  affermava  che  i  suoi  quadri  dovevano,  prima  di  tutto, 
piacere  a  lui. 

Intanto  cominciava  a  farsi  notare  :  nel  Novembre  del  1870 
alla  Promotrice  Fiorentina  fu  premiato  un  suo  quadro,  ma 
già  l'instabile  artista,  sempre  in  cerca  di  nuovi  motivi,  s'ac- 
cingeva a  mutar  aria.  E  andò  in  Inghilterra,  fermandosi 
prima  a  Parigi  col  de  Nittis,  dove  fu  subito  compreso  ed 
ebbe  commissioni  dal  famoso  Goupil;  per  eseguire  le  quali 
dimorò  alcun  tempo  nelle  campagne  tra  la  Senna  e  la  Marna. 

Nel  76  tornò  a  Vinci,  il  bizzarro  castello  nell'Empolese^ 
patria  di  Leonardo,  dei  cui  aspetti  aveva  già  esposti  alcuni  stu- 
di a  Milano  nel  72,  e  colà  fece  nuovi  schizzi  saporiti  e  densi  di 
colorito  ;  nulla  era  prosa  per  lui,  dal  vero  sapeva  trarre  in 

202 


ogni  circostanza,  motivo  d'armonia.  Un  affiche  rosso  e  tur- 
chino sopra  la  facciata  d'una  casa  Scozzese,  il  cartello  d'una 
bottega  toscana,  un  baroccio,  i  finimenti  d'un  cavallo,  assu- 
mevano per  questo  religioso  del  vero  la  stessa  importanza 
d'un  albero,  d'un  bosco,  d'un  panorama,  di  una  folla;  e  in 
tutto  conservava  il  senso  dell'ora.  Vedete  quell'alba  all'isola 
d'Elba,  dove  si  sente,  se  così  può  dirsi,  i]  primo  sole  che  ac- 
cende una  casa  nuova  bizzarramente  decorata  di  celeste: 
una  donnetta  fa  bere  il  ciuco  alla  fonte;  nel  cielo,  sopra  i 
monti  dorati  dall'aurora,  impallidisce  languidamente  nell'az- 
zurro la  luna. 

Contro  il  falso,  contro  il  quadro  di  genere,  contro  l'in- 
competenza borghese  e  scolastica,  dettò,  in  sonetti,  «  Le  9& 
discussioni  artistiche  di  Enrico  Gasi-Molteni  »  ;  caricature  in 
versi  semplici  e  arguti,  accompagnate  da  disegni   bizzarri. 

Nel  78  tornò  a  Parigi  per  visitarvi  quella  mostra  inter- 
nazionale, ma  non  si  sciupò  lo  stomaco  e  il  cervello  colle 
pazzie;  rimase  lui,  toscanissimo,  e  dopo  poco  gli  olivi  di 
Settignano,  delle  cui  molteplici  tinte  vaporose  conosceva 
tutti  i  segreti,  lo  rividero  dipingere  quietamente  in  com- 
pagnia d'un  giovinotto,  scoperto  da  lui,  Ruggero  Focardi. 
Un  fulmine  a  ciel  sereno  gli  fu  la  nomina  a  professore  del- 
FAccademia  di  San  Matteo  !  Dalla  paura  di  guastarsi,  rifiutò 
e  scappò  a  sognare  e  a  pitturare,  feraiandosi  prima  sul  Monte 
Amiata.  Dipinse,  allora,  soggetti  che  altri  non  s'erano  mai 
sognati  neppure,  s'arrampicò  per  le  erte  viuzze  di  Pian  Ca- 
stagnaio, visitò  l'isole  dell'arcipelago  e  il  penitenziario  di 
Portoferraio,  i  paesi  reconditi  dell'Elba,  e  poi  le  cime  so- 
lenni di  Pietramala  dove  sugli  smeraldi  dei  pascoli  veleg- 
giano le  nuvole  gonfie  e  bianche,  riposò  lungo  la  spiaggia 
ligure,  suscitando  armonie  di  rossi  di  gialli  e  di  blu  da  quelli 
sfarzosi  giardini,  ma  contenne  sempre  la  sua  forza  di  colox'e 
in  una  linea  di  misura  e  d'arte  ;  non  strafece,  non  gridò,, 
perché  l'innato  buon  gusto  lo  persuadeva  a  distinguere  il 
canto  armonioso  dagli  urli  roboanti. 

203 


Da  giovine  aveva  imparato  a  rispettare  la  divina  propor- 
zione e  ne  è  una  prova  il  quadretto  della  collezione  del  fra» 
tello  Paolo,  raffigurante  un  gruppo  di  fanciulli  abbracciati 
in  faccia  al  mare  in  una  luce  calda  d'occaso  dorato. 

Da  cotesto  senso  geometrico  degli  aggruppamenti  derivò 
forse  il  suo  modo  mirabile  di  tagliare  il  quadro.  Nel  «Mer- 
cato del  Ghetto  »  v'è  una  figura  d'uomo  appoggiato  al  muro, 
veramente  statuaria,  che  da  sola  «  fa  quadro  »  mentre  dei 
corbelli  di  pesche  dimostrano  come  avesse  il  senso  dei  vo- 
lumi, e  uno  sporto  di  bottega  verde  smeraldo,  illuminato  dal 
sole,  quello  dei  rapporti  armonici  fra  le  tinte. 

I  soggetti  veri  e  propri!  furono  sempre  non  comuni;  di- 
pinse il  levarsi  delle  cortigiane  d'infimo  ordine  in  Toilette 
del  mattino.  V  abbrutimento  dei  forzati  nella  fosca  luce 
della  galera  in  visita  al  bagno  e  l'oscuro  abisso  della 
follia  nella  tela  Le  agitate  acquistato  dalla  Galleria  d'arte 
internazionale  di  Venezia,  ahimè  dopo  la  sua  morte. 

Scorbellato,  ma  buono,  fu  stretto  d'amicizia  coi  maggiori 
dell'epoca  sua  e  incoraggiò  i  giovani  di  vero  talento  come 
erano,  allora,  il  Terroni,  il  Tommasi,  il  Cantinotti,  il  Bale- 
strieri, il  Selvatico,  il  Ciardi,  il  Xomellini.  Nel  1893  scrisse, 
con  arguzia  tutta  toscana,  il  divertente  libro  «  Caricaturati 
e  caricaturisti  al  Caffè  Michelangelo  »  che  è  la  più  autentica 
e  genuina  storia  dei  «  macchiaioli  »  che  possediamo,  e  nel 
1895  un  libretto  di  ricordi  su  Eiomaggiore  pubblicati  da  suo 
fratello,  post  mortem. 

L'arteriosclerosi  lo  spense  a  sessantacinque  anni  il  10 
febbraio  del  1901. 

Tel'-maco  Signorini  può  essere  annoveralo  con  .Silve- 
stro Lega  e  col  gran  Giovanni  Fattori,  tra  i  pittori  più  signi- 
ficativi del  secolo  decimonono.  La  sua  visione  dal  vero  era 
sincera,  senza  ostentazione;  gli  acrobatismi  d'oltralpe  non 
gli  s'attaccarono,  come  non  gli  s'attaccò  la  mania  del  com- 
mercio e  dello  chic,  perchè  egli  era,  sopra  tutto,  un  disin- 
teressato. 

204 


Vedeva  il  buono,  e  lasciava  il  cattivo,  senza  calcoli!  Il 
suo  tòecoo  fu  rude  e  sicuro,  amoroso  fino  all'estasi  nelle  pic- 
cole cose,  fluido  e  libero,  nelle  tele  di  gran  formato.  I  sob- 
borghi popolosi  di  Ravenna  o  della  Spezia,  di  Riomaggiore 
o  dell'Elba,  le  vie  formicolanti  o  silenziose  di  Edimburgo 
€  di  Firenze,  le  quiete  straducce  incassate  tra  i  muri,  i  vi- 
coli deserti,  le  solitudini  alpestri  o  marittime,  tutto  egli  ab- 
belliva, circonfonde  lido  di  luce,  d'aria...  E  al  di  sopra  del 
suo  valore  pittorico,  l'arte  di  lui  rimane  eterna  per  il  sofifio 
di  poesia  che  la  domina  e  che  nessuna  accademia  o  scuola 
potrà  mai  riuscire  a  insegnare.  La  poesia  che  portano  dentro 
di  sé  certi  vagabondi  sublimi. 

Ferdinando  Paolieri. 

Mostra  individuale  composta  con  le  collezioni  più  impor- 
tanti. Prima  di  tutte  quella  del  fratello  Paolo  che 
riunisce  tutte  quelle  opere  che  erano  nello  studio  del 
maestro  ;  e  poi^  la  raccolta  Gheccucci,  Colò,  Galli,  Bar- 
hérUy  Boncinelli,  ecc. 

Nella  sala  trovasi  un  elenco  a  parte. 
Eenzo   SIMI 

E'  nato  a  Firenze  nel  1889.  E  allievo  del  proprio  padre, 
il  pittore  Filadelfo  Simi. 

3.  Mattino  di  autunno  (olio). 

Primo   SINOPICO   (Raoul  de  ChareunJ 

È  sardo,  nato  a  Cagliari  nel  1890.  Vive  a  Milano.  Ha  già 
conquistato  —  nonostante  la  età  giovanissima  —  fama  di 
ottimo  illustratore  —  artista  arguto  e  signorile,  dal  segno 
incisivo  ed  espressivo  che  commenta  le  cose  oltre  che  de- 
scriverle. 

205 


Disegni  colorati 

1.  L'Uomo  nella  nicchia        3.  La  palestra 

2,  Il  Vincitore  4.  Danze  moderne 

5.  La  roulette 

Vari  bozzetti  per  cartelloni  «  reclame  * 
Carlo  SIVIERO 

Ecco  quanto  egli  scrive  di  sé  e  della  propria  arte:  sono 
nato  a  Napoli  il  2-2  luglio  1882.  Ho  compiuto  di  malavoglia 
gli  studi  letterari,  poiché  era  vivissimo  desiderio  mio  dedi- 
carmi alla  pittura. 

Soltanto  verso  il  1889,  vincendo  le  gravi  opposizioni  pa- 
terne, riuscii  ad  essere  ammesso  in  una  scuola  serale  di 
disegno  per  gli  operai  e  la  frequentai  un  anno. 

L'anno  seguente  esposi  piT  la  prima  volta,  con  felice 
risultato,  alla  Promotrice  Salvator  Rosa  di  Napoli  «  quattro 
studi  di  paese  »  e  un  «  ritratto  ». 

Nel  1905  (avevo  continuato  ad  esporre  a  Torino  a  Roma 
a  Napoli)  mi  presentai  al  concorso  per  il  Pensionato  Arti- 
stico Nazionale  —  fui  scelto  per  una  gara  definitiva  coi  pit- 
tori Alciati  e  Spadini  :  ma  il  concorso  fu  annullato  avendo 
ritenuto  la  commissione  giudicatrice  che  anche  in  quella  se- 
conda prova  nessuno  di  noi  tre  riuscisse  a  staccarsi  molto 
dai  due  competitori. 

Partii  per  Parigi.  Esposi  nel  1906  al  «  SaloQ  d'Automne  » 
poi  a  Monaco,  a  Milano,  ancora  a  Roma,  a  Firenze. 
•*,;,.  Nel  1909  e  nel  1910  fui  in  Olanda  per  studiarvi  la  pit- 
tura degli  antichi  maestri.  Vi  eseguii  alcuni  ritraili  e  pae- 
saggi che  esposi  in  gruppo  all'Aja,  (Galleria  Mùller)  con 
buon  esito  artistico. 

Nel  1911  esposi  a  Roma  e  lavorai  anche  nel  Padiglione 
della  Compagia  nella  Mostra  Etnografica    di  Piazza    d'armi. 

Ho  esposto  cinque  o  sei  volte  a  Venezia. 

206 


Sono  stato  in  viaggio  di  studio  in  Inghilterra,  in  Francia, 
in  Austria,  in  Germania,  in  Russia. 

Prediligo  il  ritratto  ;  ma  amo  tutte  le  forme  della  pittura, 
nelle  quali  cimentandomi,  cerco  di  raggiungere  come  so  e 
come  posso,  ma  sempre  con  schiettezza,  le  aspirazioni  della 
mia  anima. 

Dipinti  a  olio 

i.  Cortile  bianco  5.  Ritratto 

2.  Ferri  e  figure  6.  Porta  rosa 

3.  Porta  bleu  7.  Testa 

A.  Testina  con  cappello  8.  Interno  bianco 

9.  Paesaggio 

Carlo    SO  GRATE   {Espone  coi  grappo  «  Valori  Plastici  » 

Viene  dall'Argentina.  Appena  sbarcato  in  Italia,  il  suo 
spirito  si  senti  rapito  e  come  travolto  dai  fasti  della  civiltà 
occidentale,  sicché  le  molte  esperienze  pittoriche  eh'  egli 
ebbe  a  fare  sino  all'attuale  periodo  che,  a  nostro  giudizio, 
costituisce  quasi  una  fase  matura,  si  risentono  delle  varie 
influenze  e  delle  simpatie  diverse  che  via  via  operarono 
sull'animo  di  questo  artista  sincero  e  profondamente  ricer- 
catore. Nelle  sue  opere  precedenti,  spiacevano  un  poco  le 
tinte  amare  e  certo  aspetto  scheletrico  dei  volumi;  ma  sog- 
giungiamo subito  che  i  lavori  del  periodo  presente  segnano 
già  dei  progressi  grandissimi,  uno  studio  più  preciso  e  at- 
tento del  disegno,  una  maggiore  morbidezza  di  colore,  e 
come  una  spiccata  tendenza  ad  approssimarsi  air  arte  ^dei 
grandi  veneziani,  e  particolarmente  a  Giorgione. 

Carlo  Socrate  ha  già  esposto  in  varie  mostre  nazionali, 
né  vanno  dimenticate  le  sue  briose  scenografie  per  i  Bal- 
letti Russi,  fatte  in  collaborazione  con  Derain  e  Picasso. 

Alberto  Savinio. 
207 


Dipinti  a  olio 

1.  Venere  dormente  3.  Natura  morta 

2.  Susanna  4.  Paese 

Guido   SOMELLI 

Guido  Somelli  è  nato  a  Firenze  nel  1881.  Studiò  senza 
maestri.  Espo-e  per  la  prima'  volta  alia  «  Promolrice  s>  di 
Firenze  nel  1900  e  poi  alla  «  Internazionale  >;  di  Ron.a  nel 
1911.  Fu  combattente  nella  guerra  mondiale  dal  1915  al  1918- 

1.  Ritratto  (olio) 
Raffaello   SORBI 

Nato  a  firenze  il  24  febbraio  1844. 

Allievo  di  Antonio  Ciferi,  a  18  anni  esordi  col  lavoro 
«  Corso  Donati  ierito  e  ricoverato  dai  Monaci  di  S.  Salvi  », 
che  ottenne  il  premio  nel  concorso  triennale  del  1861.  Vinto 
nel  63  il  Pensionato  di  Roma,  non  volle  lasciare  Firenze  e 
pose  fine  al  quadro  raffigurante  «  Il  Ratto  di  Piccarda  Do- 
nati »  che  lo  rese  celebre  e  infine,  ottenute  commissioni  da 
negozianti  stranieri,  tra  cui  il  Goupil  di  Parigi,  si  mise  a 
dipingere  piccoli  soggetti  storici  meravigliosi  per  la  paziente 
cura  dei  particolari,  tanto  da  venir  paragonato,  non  sappia- 
mo con  quanta  precisione,  al  Meissonier.  Quasi  tutti  i  sog- 
getti prescelti  da  questo  pittore  sono  fiorentini,  dal  medio- 
evo, ed  è  notevole  il  rispetto  al  costume  e  la  ricostruzione» 
meticolosa  degli  ambienti.  Ha  esposto  in  molte  esposizioni, 
è  Accademico  della  R.  Accademia  di  Firenze  e  onorario  di 
altre  Accademie. 

F.  P. 

Dipinti  a  olio 

1.  La  festa  di  Bacco  2.  Dal  liquorista 

208 


Armando    SPADINI  (Grappo  ^  Valori  plastici  »). 

Il  nome  di  Armando  Spadini  pittore,  è  da  riconnettere 
a  quel  periodo  di  grande  fervore  in  cui  gli  artisti  italiani 
s'ingegnarono  ad  eguagliare  le  esperienze  e  i  frutti  degli  im- 
pressionisti di  Francia.  Questo  non  è  il  luogo  per  soffermarci, 
vagliare,  giudicare  i  risultati  di  uno  sforzo  cosi  vasto  e  com- 
movente. Ad  evitare  possibili  fraintendimenti  che  le  nostre 
precedenti  parole  avessero  potuto  far  sorgere,  diremo  subito 
che  l'arte  di  Spadini  non  costituisce  un  semplice  esempio 
di  mimetism)  dai  francesi,  poiché  nel  suo  lato  più  interes- 
sante e  vitale,  rimane  pur  sempre  italiana  e  tende  a  ritro- 
vare la  corposità  dei  volumi,  i  turbamenti  coloristici,  l'imma- 
ginoso  giuoco  delle  luci  e  delle  ombre  del  seicento  caravag- 
gesco. 

Nonostante  la  sua  situazione  di  pittore  arrivato,  noi  come 
si  è  visto,  facciamo  l'onore  ad  Armando  Spadini  di  consi- 
derarlo artista  giovane,  battagliero  e  occupato  tuttavia  a 
battere  l'eroica  strada  del  progresso  e  del  rinnovamento. 
Piace  a  lui  medesimo  considerarsi  a  questo  modo  :  e  quel 
suo  tormentarsi  di  continuo,  quella  sua  scontentezza  che  lo 
turba  senza  posa,  ci  danno  sicuro  affidamento  sull'arte  sua 
che,  liberandosi  da  certa  quale  frammentarietà  che  ancora 
la  indebolisce  in  qualche  luogo,  raggiungerà  quella  sostanza, 
precisione  e  limpidezza  che  sono  i  costanti  propositi  di  que- 
sto artista. 

D'altra  parte,  lo  stesso  atto  spontaneo  e  cavalleresco  col 
quale  Armando  Spadini  si  è  aggregato  al  gruppo  dei  Valori 
Plastici,  dimostra  in  chiaro  modo  come  questo  pittore,  reso 
edotto  da  una  lunga  e  fìerissima  esperienza  di  artista,  inteude 
collaborare  a  sua  volta,  con  quelle  grandi  qualità  pittoriche 
che  gli  sono  proprie,  alla  costituzione  di  quell'arte  italiana 
più  luminosa  e  severa  che  varrà  a  illustrare  nel  futuro  1» 
nostra  pittura  del  ventesimo  secolo. 


Alberto  Savinio. 


37  209 


Dipinti  a  olio 

1.  Ritratto  di  Bambina  2.  Paese 

3.  Bovi  nella  stalla 

Guido  SPADOLINI 

Nato  a  Firenze  nel  1889,  studiò  con  Tito  Lessi.  Espose 
a  tutte  le  Mostre  nazionali  e  internazionali  fiorentine,  dal 
1911  in  poi,  nonché  a  Milano  e  a  Napoli.  Varie  volte  alle 
esposizioni  fiorentine  le  sue  opere  furono  comprese  negli 
acquisti  ufficiali  di  S .  M.  il  He  e  del  Ministero  di  P.  I.  L'a- 
cquaforte qui  esposta,  La  Campana  della  Torre  del  Corno, 
figurò  a  Londra  nel  1916  alla  1*  Esposizione  d'Incisione  Ita- 
liana e  venne  acquistata  per  il  Museo    Imperiale   di  Tokio. 

(Acquaforte) 

i.  Il  Ponte  Vecchio  2.  La  campana 

Ga-tano  spinelli 

Nato  nell'Agosto  del  1877  a  Bitonto  in  provincia  di  Bari, 
studiò  a  Napoli  sotto  Morelli  e  Palizzi.  Ma  il  suo  maestro 
fu  poi  il  vero.  Colorito,  innamorato  di  contrasti  delle  figure 
in  primo  piano  contro  gli  sfondi  luminosi  delle  campagne 
e  del  mare,  chiese  alla  Sardegna,  dove  visse  alcun  tempo  e 
dove  prese  moglie,  le  sue  inspirazioni  migliori.  È  insegnante 
di  ornato  alla  Accademia  di  Belle  Arti  di  Fiienze. 

(dipinti  a  olio) 
1.  Sul  prato  2.  I  primi  passi 

Pierangelo  STEFANI 

Di  origine  trentina,  ma  residente  in  Vicenza,  Pier  An- 
gelo Stefani,  ancor  giovanissimo,  persegue  con  amorosa  pas- 
sione e  con  nobile  spirito  di  sacrifìcio,  nella  città  palladiana, 

210 


il  suo  sogno  d'arte.  Disdegnoso  di  ogni  banalità  e  di  ogni 
volgarità  che  possa  procuragli  il  facile  successo,  egli  ha  sa- 
puto, sia  liberandosi  dalla  metodica  fissità  accademica,  sia 
frenando  i  troppi  impetuosi  ardimenti  della  ricerca  novis- 
sima, raggiungere  un'espressione  d'arte  serena  e  riposata 
per  la  quale  egli  ottiene  col  minimo  sforzo  tecnico  e  colo- 
listico  il  maggior  rendimento  estetico.  La  sua  è  essenzial- 
mente pittura  di  anime  :  le  sue  figure  appaiono  nella  loro 
pienezza  interiore  e  per  essa  s'impongono  più  che  per  la 
loro  forma  esteriore  ;  cosi  come  i  suoi  paesaggi  vibrano  più 
del  palpito  dell'anima  dell'artista  che  li  riproduce  sulla  tela 
che  non  delle  loro  forme  e  rapporti  esteriori.  Egli  è,  e  tiene 
ad  essere,  un  ingenuo  dell'arte,  non  nel  senso  della  non  co- 
noscenza tecnica,  ma  nei  senso  del  rendere,  cosi  come  sente, 
senza  artificio,  quello  che  il  suo  spirito  crea. 

Accolto  alla  XII  Veneziana,  egli  espose  il  quadro  «Madri 
e  vedove  »  che,  suscitando  le  più  ampie  discussioni,  lo  pose 
in  luce  e  gli  fu  largo  di  resultati  morali  e  materiali.  Alla 
I^  Esposizione  Vicentina  tenne  una  mostra  personale,  nella 
quale  i  suoi  quadri:  «Monache»  —  «Morta»  —  «Profughi» 
—  «  Mutilati  »  commossero  vivamente  per  la  potenza  del- 
l'espressione e  del  sentimento  ;  cosi  come  le  stesse  opere 
riscossero  larga  messe  di  plauso  a  Firenze,  in  una  succes- 
siva mostra.  Espose  ancora,  individualmente,  a  Milano,  quando 
già  la  sua  arte,  con  la  «Madre»  eia  «Donna  alla  finestra», 
togliendosi  dalla  pura  astrazione  psicologica  si  avvicinava 
vieppiù  alla  natura.  Questa  che  può  chiamarsi  la  sua  trasfor- 
mazione, egli  l'ha,  si  può  dire,  compiuta  con  l'ultimo  suo 
quadro  di  grandi  dimensioni  intitolato  «Inno  alla  vita»,  col 
quale  egli  si  presenta  quest'anno  alla  XIII  Veneziana  e  che 
traspotta  l'arie  di  questo  coscienzioso  artefice  ad  altezze 
maggiori. 

1.  Dopo  il  bagno 


211 


Ottavio  STEFFENINI 

É  nato  a  Cuneo  nel  1889.  Fece  gli  studi  classici,  ma  dopo 
il  second'anno  di  Università  si  dedicò    completamente    alla 
pittura,  che  già  coltivava  con  passione,  frequentando  all'Ac- 
cademie di  B.  A.  di  Roma  lo  studio  del   pittore    Spagnuolo 
Bernejo.  Nel  1912  fece  un  viaggio  in  Spagna.  Confortato  dalla 
stima  dei  pittori  spagnuoli  Bened  ilo,  Lopez,  Masquita  e  Ber- 
nejo, studiò  l'arte  spagnuola  e  a  Madrid  si  distinse  fra    gli 
stranieri  nell'Esposizione  della  primavera  del  1915-  La  guerra, 
che  combattè  come  capitano  dei  Bersaglieri,  lo  tolse  all'arte 
per  cinque  anni.  Congedato  si  s-tabili  a  Milano  dove  ha  espo- 
sto nelle  Primaverili  e  nelle  Biennale  di  Brera. 
U  Sogni  2.  Impressione 

Alberto   STRINGA 

E'  nato  a  Caprino  Vermese.  Prima  di  dedicai  si  all'arte 
fece  gli  studi  classici  e  si  laureò  in  legge.  Studiò  l'arte  da 
sé  stesso  nell'osservazione  ed  ammirazione  degli  antichi  mae- 
stri, visitando  l'Italia  e  la  Grecia,  soggiornando  a  Parigi  (1904- 
1905)  dopoché  si  stabilì  a  Vienna  (1907).  Colà  dimorò  sino 
alla  dichiarazione  della  guerra  che  combattè  come  ufficiale 
con  l'innato  suo  fervore  patriottico. 

Paesista  e  Ritrattista,  espose  a  Vienna  e  fra  altro  nel  1909 
a  quella  esposizione  d'  arte  nel  Salone  Heller. 

Litografie 

1,  Ritratto  2.  Interno  di  S.  Maria  Novella 

3.  Piazza  della  Signoria 

Cesare   TARRINI 

Questo  ha  intrapreso  una  fiera  lotta  contro  la  materia. 
E  la  conduce  con  coscienza  di  artista  e  fede  di  apostolo 
Vuol  vincere.  E  di  questa  tenzone,  fra  il  suo  spirito  inquieto 

212 


ed  assetato  di  bellezza  e  1'  elemento  inerte  e  bruto  che  egl 
vuol  soggiogare  per  dar  forma  e  calore  di  vita  alle  sue  con- 
cezioni, si  scorgono  traccie  evidenti  :  talvolta  un  certo  sforzo 
si  palesa  nelle  sue  opere,  ma  è  desiderio  di  superarsi,  ansia 
di  esprimersi  compiutamente,  brama  di  attingere  sempre 
nuove  altezze;  non  vana  fatica  d'impotente. 

Il  Tarrini,  che  ha  dato  all'arte  caricaturale  numerose 
statuette  in  legno  di  sorprendente  evidenza  rappresentativa, 
tenta  ora  per  la  prima  volta  il  marmo.  Appartiene  al  «  Grup- 
po Labronico  ».  Guido  Vivarelli 

1.  Testa  in  marmo. 
AscANio   TEALDI 

E'  nato  a  Casanello  (Pisa)  e  studiò  a  Firenze  e  a  Parigi 
Un  suo  quadro  fu  acquistato  dallo  Stato  irancese.  Fu  coni-, 
battente  in  Macedonia  quale  ufficiale  di  Artiglieria  per 
quattro  anni. 

(Dipinti  a  olio) 

ì.  Canale  Grande  2.  Marano 

GiovAN   Battista   TEDESCHI 

É  nato  a  Mergozzo  di  Novara  nel  1883.  Studiò  da  sé 
stesso.  E'  socio  onorario  della  R.  Accademia  di  Brera.  Un'o- 
pera sua  fu  acquistata  per  la  galleria  Nazionale  di  Roma 
ed  un'altra  per  il  Museo  di  Verona.  Espose  all'ultima  Bien- 
nale Internazionale  di  Venezia. 

1.  Le  ombre  della  sera 
Armando  TITTA 

È  fiorentino  e  studiò  all'Accademis  di  Belle  A  rti  di  Firenze. 
(Progetti  Architettonici) 

7,  2,  3.  Cappella  Funeraria  A.  Museo 

5.  Palazzo  per  Esposizioni  6.  Scuola  d'Arte 

213 


Sirio  TOFAXARI 

Nato  a  Firenze  nell'Aprile  del  1886.  Autodidatta.  Trovan- 
dosi in  Inghitterra  si  pose,  per  istinto,  a  studiare  con  amore 
gli  animali  del  giardino  zoologico  di  Londra  e  del  Museo 
di  storia  Naturale  di  South  Kesington;  e  quando,  nel  1908, 
espose  per  la  prima  volta  a  Faenza  apparve  una  vera  rive- 
lazione, e  l'opera  esposta  venne  acquistata  dal  Re,  e  un'altra 
fu  acquistala  nel  1^09  a  Venezia  per  la  Galleria  d'Arte  Mo- 
derna di  Firenze,  nel  1911  il  Tofanari  si  ebbe  la  medaglia 
d'oro  all'Esposizione  Internazionale  di  Barcellona  e  il  gruppo 
premiato  venne  acquistato  per  quel  Museo. 

A  S.  Francisco,  a  Eoma  a  Firenze,  Torino  consegui  nuove 
onorificenze,  ultimamente  la  Galleria  d'arte  Italiana  di  Lima 
(Perù)  volle  due  gruppi  di  questo  scultore  modesto  e  ope- 
roso che  ha  compreso  in  modo  così  intimo  la  ditricile  psi- 
cologia delle  bestie.  La  sua  modellazione  è  nervosa  e  sicura, 
sopra  tutto  dinamica,  raggiunge  i  maggiori  effetti  colla  più 
grande  semplicità  di  linee  e  colla  sintesi  più  essenziale  di 
piani.  Modesto,  laboriosissimo,  lavora  e  vende  molto. 

E'  appassionato  lettore  del  Kipling  e  di  tutti  gli  scrittori 
divita  libera  e  selvaaaia. 


(Bronzo) 

1. 

Idillio 

5.  Leopardo 

2. 

MaraboLi 

6.  Lotta  di  montoni 

3. 

Macaco 

7.  Gufo  gridatore 

5. 

Cicogna 

8.  Gufo  ' 

9.  Gufo 

(tradii: 

zio  ne  (argento) 

Renato  TOMASSI 

E'  nato  a  Subiaco  (prov.  di  Roma)  nel  188 k  A  18  anni 
ha  incominciato  a  dipingere  da  sé  nel  suo  paese,  senza 
Accademia,  senza  maestri,  direttamente  dalla  natura.  A 
19  anni   fece    un   autoritratto    che   gli    fu  acquistato  per  la 

214 


Galleria  d'Arte  Moderna  in  Roma.  Conobbe  in  questo  tempo 
Otto  Greiner'e  da  lui  ebbe  consigli  ed  appoggio.  Fece  in 
seguito  un  viaggio  in  Germania  e  si  trattenne  a  studiare  a 
Monaco  e  a  Berlino.  Nella  Esposizione  di  Roma  del  1920  S.  M. 
il  Re  gli  acquistò  un  quadro  :  il  Suonatore  d'organetto;  nella 
Prima  Biennale  Napoletana  del  1921  fu  premiato.  Un  suo 
quadro  è  stato  acquistato  di  recente  per  la  Galleria  d'Arte 
Moderna  di  Napoli. 

(Tempura) 

1,  Adamo  ed  Eva  3.  Ritratto  di  signorina 

2.  Stadio  di  nudo  ^.  Gattina  nera 

{Disegno  e  tempera) 

5.  Mia  madre  6.  Studio  di  testa 

Adolfo  TOMMASI 

Questo  è  un  veterano.  Ma  un  veterano  che  combatte 
ancora  e  sul  cui  spirito  sembra  che  gli  anni,  abbiano  sci- 
volato... Certo  è  che  egli  conserva  inlatta  quella  freschezza 
di  visione  e  quella  vivacità  di  tocco  per  le  quali  riuscì  fin 
da  giovane  a  imporsi  all'attenzione  del  pubblico  e  della 
critica.  Mosse  i  primi  passi  sotto  la  guida  di  Marko  figlio, 
ma,  come  tutti  i  veri  artisti,  Adolfo  Tommasi  studiò  soprat- 
tutto alla  scuola  del  suo  temperamento  e  trovò  in  se  stesso 
la  capacità  di  affermarsi  e  di  affinarsi.  Oggi  rimane  come 
uno  degli  ultimi  e  autentici  rappresentanti  di  quel  «  mac- 
chiaiolismo  ?>  toscano  che  ebbe  i  suoi  primi  assertori  in 
Signorini,  Fattori,  Lega,  Abbati  e  che  alla  placidità  composta 
dei  professori  e  degli  accademici  si  annunziò  ed  apparve 
come  una  tempesta  di  istinti  e  di  propositi  rivoluzioiiari. 
Egli  si  schierò  subito  audacemente  coi  ribelli  ed  i  «  mac- 
chiaioli»  lo  ebbero  sempre  al  loro  fianco  in  quelle  impe- 
tuose battaglie  fiorentine  che  avevano  avuto,  all'  inizio,  nello 
storico  caff*è  ^<  Michelangiolo  »  il  quartier  generale  del  proprio 
sbrigliato,  ardente,  spregiudicato  esercito  rivolusioiiario.  Col 

215 


celebre  l)ozzetto  <<  I  cavoli  dopo  la  brinata  >^  e  poi  col  quadro 
che  porta  lo  stesso  titolo,  suscitò  discussioni  ardenti,  cri- 
tiche aspre  e  consensi  entusiastici. 

E  autore  di  opere  conosciutissime  e  pregiate.  Or.i  in- 
segna agli  allievi  della  R.  Accademia  Navale;  ma  è  rimasto 
un  «  giovane  *  malgrado  gli  anni  e  la  qualifica  di  profes- 
sore. E  preferisce  stare  coi  giovani,  dei  quali  segue  con  in- 
teresse e  con  simpatia  ogni  sincero  tentativo  di  rinnovamento* 

Adolfo  Tommasi  è  un  colorito  descrittore  di  Livorno  e 
di  quelle  campagne  toscane  nelle  quali  si  reca,  quando  viene 
l'estate,  a  villeggiare  e  sopratutto  a  dipingere.  Molto  inte- 
ressante una  sua  recente  collana  di  pitture  che  illustrano 
parchi  di  ville  lucchesi  e  fiorentine  del  XVII  e  XVIII  se- 
colo. Appartiene  al  «  Gruppo  Labronico  ». 

Guido  Vivarelli 
Dipinti  a  Olio 

i.  Sole  autunnale  2.  Baggiano  alto 

3.  Vele  adriatiche 

Angiolo  TOMMASI 

E'  nato  a  Livorno  nel  1858. 

Studiò  pittura  dapprima  per  solo  diletto,  a  Livorno,  col 
Lemmi  prima  e  poi  col  Betti.  In  seguito,  venuto  con  la  fa- 
miglia a  Firenze,  entrò  all'Accademia  sotto  il  Ciaranfi.  Ma 
concludeva  poco,  allora. 

Un  giorno  Giovanni  Fattori  gli  disse  chiaro  e  tondo  che 
a  quel  modo  perdeva  il  suo  tempo. 

—  Vuoi  fare  il  pittore  ?  -  gli  disse  -  Be'  prendi  la  cas- 
setta, oppure  un  lapis  e  un  album  e  vai  in  campagna.  Di- 
segna, amico  mio,  disegna!  Non  c'è  scampo,  tutto  è  buono. 
Alberi,  nionti,  strade,  uomini,  animali,  ma  sopratutto  stai 
attento  al  carattere  e  ai  rapporti. 

Angiolino  —  come  fin  da  allora  lo  chiamavano  tutK  per 
la  sua  ar^a  affabile  e  sincera  —  segui  il  consiglio. 

216 


E  nella  sua  villa  di  Bellariva,  che  ospitava  cordialmente 
gli  artisti,  con  l'esempio  e  la  guida  di  Silvestro  Lega,  fece 
il  suo  vero  e  più  importante  tirocinio:  -  studi,  disegni  e 
bozzetti  a  centinaia.  Nelle  sue  prime  opere  l'influenza  del 
Lega  è  evidente,  ma  poco  a  poco  andò  acquistando  un 
suo  proprio  accento.  Le  prime  opere  importanti  che  egli 
d  ipinse  furono  un  ritratto  della  sorella  nella  sua  villa  di 
Bellariva  e  un  ritratto  di  vecchia  intitolato  «Cenci  vecchi  », 
quadri  che  piacquero  anche  al  Lega. 

Si  dedicò  in  seguito  ai  soggetti  campestri  e  alla  «ma- 
rina ».  Alla  Promotrice  fiorentina  esordì  con  un  grande 
quadro  «La  Benedizione  ».  Le  sue  Bagnanti,  delle  figure  di 
donne  contro  il  mare  di  Antignano  presso  Livorno,  furono 
premiate  a  Parigi  e  all'Esposizione  Colombiana  di  Genova. 
Anche  a  Venezia  espose  per  la  prima  volta  un  grande  quadro 
nel  quale  ad  un  sobrio  e  libero  naturalismo  si  accoppia  il 
gusto  decorativo  del  «taglio». 

Poi  per  un  periodo  di  tempo  si  dedicò  particolarmente 
al  ritratto.  E'  di  quell'epoca  il  Ritratto  di  Pietro  Mascagni: 
un'opera  che  è  molto  rappresentativa  di  un  trapasso  della 
pittura  italiana,  e  che  ora  trovasi  nella  Pinacoteca  di  Livorno. 

Nel  1899  disgustato  e  infastidito  delle  beghe  e  delle  ca- 
morre della  vita  artistica  ufficiale,  prese  il  largo,  recandosi 
in  America  insieme  a  Pietro  Gori,  l'anarchico  colto  e  idea- 
lista; e  colà,  facilitato  dal  Presidente  Roca,  viaggiò  attra- 
verso la  Patagonia  e  la  Terra  del  Fuoco,  dipingendo  una 
quantità  di  «  macchie  »  e  di  studi,  che  poi  espose  sotto 
gli  auspici  del  Governo  a  Buenos-Aires,  riportando  uno 
schietto  successo. 

E'  caratteristico  dell'arte  di  Angelo  Tommasi  il  quadro 
«  Gli  emigranti»  che  si  trova  nella  Galleria  Moderna  di  Roma. 

Angiolino  Tommasi,  temperamento  d'artista  mite  e  sin- 
cero, è  fra  coloro  che  han  svolto  l'arte  dei  «  Macchiatoli  » 
nel  senso  di  una  visione  più  indugiata  del  vero  fisico,  in 
vista  di  effetti  narrativi  e  poetico. 

1.  Cenci  vecchi  (olio) 

217  28 


SlXIBALDO    TORDI 

È  nato  a  Roma  nel  1876.  Studiò  .  on  Salvaclore  Barbudo. 
1.  Ritratto  del  Signor  Merlini 

Vieri   TORELLI 

È  nato  a  Firenze  nel  1873.  .^tudiò  da  se  stesso. 
1.  Tetti  folio! 

Ro^.iEO  Attilio   TORRESIM 

Nato  a  Venezia  nel  1874,  studiò  con  Antonio  Dal  Zotto. 
1.  Arianna  dormiente  / gesso J 

Felice   TOSALLI 

Nato  a  Torino,  nel  1883.  Si  è  specializzato  nella  scultura 
in  legno  policromata. 

{Legni   colorati) 

1.  Il  nunzio  di  Maratona      4.  //  ramarro  e  la  vanessa 

2.  Barbagianni  <'.  Ermellino 

3.  Centauro  in  amore  6.  Paride 

7.  Centauretta  (legno) 

Arturo  TOSI 

Arturo  Tosi  nato  a  Busto  Arsizio  nel  1871.  Frequentò  la 
scuola  di  nudo  dell'Accademia  di  Brera,  e  per  2  anni  lo 
studio  del  pittore  Ferragutti-Visconti.  Segui  poi  con  affetto 
l'opera  e  i  consigli  di  Vittore  Grubicy.  Dal  1909  ha  sempre 
preso  parte  alle  Biennali  Veneziane,  invitatovi.  Espose  a  Mo- 
naco di  Baviera  due  volte,  all'Internazionale  di  Roma  del 
1911,  molte  volte  a  Brera  e  in  molte  altre  mostre  Nazionali. 
Un'opera  di  lui  —  '< Malinconia»  —  è  conservata  nella  Gal- 
leria d'Arte  ^loderna  di  Milano. 

218 


Nato  50  anni  fa,  —  dopo  essersi  fatto  assai  presto  notare 
per  alcuni  saggi  di  paese  di  grande  vivezza  cromatica,  ma 
di  una  impetuosità  ancora  piuttosto  di  mano  che  di  anima, 
andò,  attraverso  le  analisi  del  divisionismo,  affinando  sempre 
più  l'occhio  e  purgando  la  tavolozza,  non  solo,  ma  castigan- 
dosi altresì  nell'uso  dei  mezzi  materiali  d'espressione,  cosic- 
ché, quasi  senz'avvedersene,  venne  a  poco  a  poco  interio- 
rizzando quel  suo  ìmpeto  nativo,  che  nei  primi  saggi  lo 
aveva  travolto  alle  truc utenze  della  pasta  colorante,  e  a  una 
cotale  trascuranza  della  solidità  delle  strutture. 

Atteso  per  qualche  anno  allo  studio  della  lìgura  umana, 
lo  abbandonò  dopo  avervi  realizzato  qualche  buon  ritratto 
(in  particolare,  la  bella  testa  di  fanciulla  oggi  alla  Galleria 
Civica  di  Milano^  per  darsi  tutto  ormai  alla  pittura  di  paese  : 
predilesse  le  tenere  effusioni  della  luce  aurorale  o  vesper- 
tina sulle  piane  avvolte  di  vapori  o  sui  dossi  montani  gem- 
mati di  fiori,  e  i  grigiori  autunnali  sulle  terre  scassate  di 
fresco,  chiuse  in  azzurre  lontananze.  Vi  ottenne,  in  rapida 
pittura,  armonie  di  toccante  delicatezza,  di  impeccabile  signo- 
rilità. Signorilità  di  colorazioni  e  di  taglio,  immediatezza 
d'espressione  con  nervosità  di  segno,  una  finezza  quasi  mor- 
bosa di  rapporti,  un  dolce  sentimento  elegiaco  della  cam- 
pagna, e  un'assoluta  sincerità  nel  mantenersi  nei  limiti  della 
propria  emozione  ~  sono  le  caratteristiche  di  questo  suo 
fertile  periodo. 

Ma  giunto  nella  pienezza  degli  anni,  e  affinato  nei  sensi 
e  nell'anima  dal  diuturno  esercizio  dell'arte  —  quando  i 
dilettosi  risultati  ottenuti  potevan  più  facilmente  indurlo  al- 
l'adozione di  una  maniera  alla  ripetizione  di  sé  medesimo, 
seppe  dischiudersi  nuovo  cammino,  riprendendo  robusta- 
mente contatto  con  la  eterna  primitività  della  natura.  Gli 
avvenne  cosi  di  ritrovare  la  primitività  sua  propria;  —  ed 
ecco  riscaturirgli  quell'  impeto  de'  suoi  giovani  anni,  ma  or- 
mai tutto  interiorizzato,  divenuto  contenutezza  carica  di 
forze. 

Lo  spettacolo  e  Io  studio  del  mare,  con  la  sua  complessa 

219 


semplicità,  gli  valse  assai  a  compiere  questo  passaggio  deci- 
sivo. 

Il  colore,  che  di  squisito  in  squisito  minacciava  di  dis- 
solversi in  vaporosità  inconsistenti,  si  è  rifatto  d'improv- 
viso intenso  e  deciso  come  nei  saggi  giovanili,  ma  di  più 
grave  senso,  evolvendosi  dai  colori  elementari  dello  spettro- 
scopio alle  colorazioni  più  torbide  e  succose  dell'urao  e 
dell'onda.  Dà  cosi  immagine  di  una  maschiezza  satura  e  si- 
cura. La  natura  cessa  di  essere  per  il  pittore  una  lucida 
aiuola  e  ridiventa  una  calda  fucina  di  cose. 

Codesta  riconquistata  verginità  delle  colorazioni  si  av- 
vantaggia e  si  completa  in  una  progredita  visione  della 
forma,  concepita  con  più  vasto  riassunto  e  più  posata  solidità- 

A  ciò  gli  valse  una  pratica  assidua  del  disegno  —  rara 
oggimai  in  ogni  sorta  di  pittori,  rarissima  ne'  paesisti  —  non 
intesa  tanto  a  impadronirsi  mnemonicamente  di  singoli 
particolari  delle  cose,  ma  proprio  a  ritrovare  i  valori  espres- 
sivi di  chiaroscuro. 

Per  tante  belle  qualità  di  temperamento  e  di  studio,  per 
la  sua  rara  passione  all'arte  e  alla  natura,  per  la  nob  iltà 
degli  intenti  e  l'incorrotta  sincerità  dell'animo,  —  è  debito 
di  tutti  gli  intelligenti  seguire  con  amorosa  pittura  l'opera 
di  questo  pittore,  attenderlo  con  fondata  speranza  alle  sue 
più  alte  prove. 

U.  B. 
Dipinti  a  olio 

1.  Mezza  figura  3.  Poesia  di  verde 

2.  Autunno  Sei  studi  di  paese 

Guido  TRENTINI 

Guido  Trentini  è  nato  a  Verona  32  anni  or  sono  da  fa- 
miglia di  pittori.  Fin  da  ragazzo  ha  amato  la  consuetudine 
e  l'esempio  dell'arte  nella  sua  meravigliosa  città  e  nell'am- 
biente familiare. 

Per  questo  è  difficile  determinare  quali  sieno  stati  isuoi 

220 


maestri:  Il  suo  istinto  pittorico  che  escludeva  in  lui  ogni 
preoccupazione  tecnica  gli  dava  modo  di  assimilare  rapi- 
damente le  qualità  degli  artisti  che  gli  accadeva  d'avvici- 
nare; —  cosi,  dopo  aver  tratto  da  essi  quanto  potevano  of- 
frirgli di  utili  esperienze  per  la  formazione  della  sua  per- 
sonalità pittorica,  egli  era  in  grado  di  spogliarsene  per  attin- 
gere ad  altre  forme  più  consone  alle  nuove  sensibilità  che 
in  lui  si  venivan  formando.  Però  anche  attraverso  tutte  que- 
ste esperienze  si  affermava  quella  sua  particolare  gentilezza 
di  spirito,  quel  suo  raffinato  senso  di  composizione  colo- 
ristica che  costituiscono,  si  può  dire,  la  fisonomia  della  sua 
arte.  —  Più  tardi,  divenuto  cosciente  delle  sue  possibilità 
il  Trentini  si  è  liberato  finalmente  da  ogni  influenza,  e  non 
più  negli  altri,  ma  in  se  stesso  ha  cercato  i  motivi  della 
sua  ispirazione. 

Il  problema  centrale  che  oggi  preoccupa  il  Trentini  non 
è  più  né  quello  puramente  coloristico,  né  quello,  di  moda 
più  recente,  della  solidità  spaziale  ma  la  necessità  di  un'in- 
tima fusione  dei  due  elementi  forma-colore  nel  tono  come 
continuazione  e  rinnovamento  della  interrotta  tradizione 
pittorica  veronese. 

I  quadri  che  fin'ora  egli  ha  creato  non  sono  che  tappe 
verso  l'opera  conclusiva  a  cui  va  preparandosi,  e  che  ormai 
per  vari  sintomi  egli  si  sente  pronto  a  realizzare. 

Per  la  cronaca  :  il  Trentini  ha  cominciato  a  dipingere 
ancor  bambino;  ha  frequentato  per  qualche  tempo  l'Acca- 
demia Lignaroli  di  Verona  ed  a  Verona  si  è  fatto  presto 
notare  nelle  Mostre  della  Società  di  Belle  Arti.  A  soli  19 
anni  ha  esposto  airinternazionale  di  Venezia  del  1909.  A  Ve- 
nezia ha  esposto  poi  in  tutte  le  mostre  successive  e  que- 
st'anno é  stato  chiamato  a  far  parte  della  giuria  d'accetta- 
zione per  la  circoscrizione  che  fa  capo  a  Verona.  11  Tren- 
tini ha  esposto  ancora  con  successo  nelle  altre  principali 
mostre  dell'Italia  e  dell'estero  dell'ultimo  decennio. 

Pino  Tedeschi 

221 


Dipinti   a  olio. 

1.  Case  2.  Ruderi 

Domenico    TRENTACOSTE 

Dell'  illustre  maestro  che  ha  voluto  onorare  con  le  sue 
opere  la  «Fiorentina  Primaverile»  non  è  possibile  parlare 
nell'ambito  di  una  nota,  cosi  diffusamente  come  questo  par- 
ticolare momento  dell'Arte  imporrebbe. 

Il  Trentacoste  fu  un  precoce,  dacché  fin  da  bambino, 
all'età  di  cinque  o  sei  aimi.  a  Palermo,  sua  patria,  die  a 
conoscere  la  sua  inclinazione  e  attitudine  per  l'arte:  —  ciò 
che  non  è  soltanto  un  banale  dato  biografico,  ma  la  prova 
di  quella  istintiva  attitudine  plastica,  per  cui  la  scultura  era 
per  lui  il  necessario  e  più  efficace  mezzo  d'espressione. 

Per  dieci  anni,  1870-80,  stette  in  Palermo,  con  lo  scul- 
tore C  )stantino,  che  con  savio  criterio  lasciò  alla  persona- 
lità del  giovane  la  piena  libertà  e  l'agio  di  svilupparsi. 

A  Napoli  capitò  nell'  epoca  della  rivoluzione  realistica 
del  Morelli  -  verso  il  1877  -  ;  si  giovò  e  si  avvantaggiò  di 
quel  salutare  lavoro  di  dissodamento  dell'intristito  terreno 
dell'arte,  ma  comprese  che  doveva  essere  cotesto  il  modo 
per  rinnovare  i  mezzi  di  espressione,  ma  non  il  fine  del- 
l'arte. Le  sue  aspirazioni  erano  più  complesse  e  più  alte:  esse 
avevano  come  un  richiamo  nella  città  che  era  stata  il  faro 
del  Rinascimento:  Firenze. 

A  Firenze  aveva  fatto  Tanno  dopo,  un  breve  soggiorno. 
Era  stato  per  lui  come  un'iirimersione  in  un  bagno  favoloso 
dal  quale  quando  usci  l'indirizzo  della  sua  arte  era  deter- 
minata per  sempre.  Ritorna  a  Palermo  per  poco  tempo;  poi 
il  bisogno  di  sentire  attorno  a  sé  una  vita  fervida  d' intel- 
lettualità che  secondi  i  moti  del  proprio  spirito,  lo  conduce, 
nel  1880,  a  Parigi.  Qualche  anno  dopo  aveva  conquistato  il 
raffinato  e  diffiicile  pubblico  parigino:  esponeva  a  tutti  i 
Salons;  era  accolto  nella  società  più  intellettuale  ed  illustre; 

222 


modellava  ritratti  degli  uomini  eminenti  e  delle  dame  più 
elette. 

Nel  1891  il  pittore  inglese  Edwin  Ling\  che  aveva  acqui- 
stata la  sua  Pia  dei  Tolomei  —  esposta  con  pieno  successo 
di  pubblico  e  di  critica  nel  Salon  del  1887  —  lo  invitò  a 
Londra.  Qrd  il  t^uo  basto  del  Long  e  la  CeczVza  ebbero  l'onore 
di  essere  accolte  nell'  allora  chiusissirao  giardino  della 
«  Roj^al  Academy  ». 

Ma  uno  dei  periodi  più  fattivi  e  più  pieni  della  sua  arte 
va  posto  fra  l'anno  del  suo  ritorno  a  Parigi  —  1891  —  e  la 
sua  partenza  per  riialia  —  1895  —  dove  il  suo  spirito  era 
richiamato  di  continuo,  e  dove  pose  la  sua  definitiva  resi- 
denza a  Firenze. 

Sono  di  quel  periodo  numerosi  ritratti  e  medaglioni  — 
tutti  improntati  a  quella  espressione  naturale  e  schietta  e 
al  tempo  stesso  nobile  e  contenuta  che  si  affermava  ormai 
costantemente,  come  il  riflesso  della  sua  matura  personalità; 
i  busti  di  Amédée  Roux  e  quello  di  Madame  Herbillon  note- 
voli fra  gli  altri,  la  cui  umanità  profonda  e  palpitante  è  pari 
all'ampiezza  dello  stile:  come  pure  la  Derelitta  e  l'Ofelia,  in 
cui  l'artista  ricercava  quello  che  doveva  essere  in  seguito 
l'espressione  poetica  della  propria  arte  Espressione  che  si 
realizzerà  più  decisamente  con  la  Figlia  di  Niobe.  scolpita 
a  Firenze  circa  il  1898,  e  che  segna  il  punto  di  partenza  di 
quello  che  dovrà  essere  la  fisionomia  più  tipica  del  maestro 
palermitano. 

In  Italia  il  riconoscimento  del  suo  talento  sarà  pieno: 
gli  spiriti  più  eletti  e  più  colti  —  Gabriele  D' Annunzio, 
Enrico  Gorradini,  i  maggiori  critici  italiani  —  scriveranno 
della  sua  arte  e  in  tutte  le  esposizioni  più  importanti  le 
opere  del  Trentacoste  saranno  collocate  al  posto  d'onore. 


Oggi  che  si  parla  tanto  insistentemente   di  classicismo, 
gioverebbe  rivedere  e  discutere  con  chiaro  e  libero  giudizio 


223 


l'opera  del  Trentacoste,  per  collocarla  al  giusto  posto  che 
le  compete  nella  storia  dell'arte  italiana. 

Nel  1878,  durante  il  suo  breve  soggiorno  a  Firenze,  di  cui 
s'è  già  fatto  cenno,  scrivendo  ad  un  amico,  dopo  avergli 
espresso  l'impressione  profonda  che  avevano  fatto  in  lui  i 
maestri  del  Quattrocento,  concludeva  :  «  Mi  è  sembrato  di 
vederli  lavorare  col  soffio  e  in  ginocchio.  » 

In  questa  espressione  è  tutto  il  «  credo  »  artistico  del 
Trentacoste. 

Lavorare  in  ginocchio,  sotto  l'ascendente  spirituale  (non 
didascalico)  delle  nostre  grandi  tradizioni,  fu  ciò  che  serbò 
all'arte  del  Trentacoste  —  anche  in  periodi  di  barbarie  ma- 
terialistica e  di  dedizione  alle  estetiche  straniere  —  il  suo 
carattere  di  italianità  e  di  nobiltà.  Che  egli  non  si  sia  mosso 
da  quel  sentiero  —  nonostante  il  gracidare  di  tanti  rospi 
rivoluzionari  —  è  sopratutto  importante  e  meritevole. 

Lavorare  col  soffio,  —  più  che  con  la  ragione  ragio- 
nante —  col  soffio  contenuto  e  sapientemente  modulato, 
dell'anima,  e  ciò  che  ha  conservato  alla  sua  arte  —  nono- 
stante le  apparenze  di  uno  scusso  naturalismo  —  un  conte- 
nuto di  vera  spiritualità. 

Idealizzare  il  reale  e  render  concreto,  tangibile  l'ideale, 
sono  i  due  poli,  le  due  tendenze  che  dominano  e  si  alter- 
nano nell'arte  del  iNiaestro  e  che,  quando  arrivano  a  con- 
giungersi e  ad  armonizzarsi,  dan  luogo  ad  opere  che  si  chia- 
mano //  ciccaiolo,  Il  vasaio.  La  testa  di  vecchio,  La  faiinetta, 
nelle  quali  la  personalità  dell'artista  è  totalmente  assimilata, 
e  direi  quasi  dissimulata,  nella  evidenza  e  limpidezza  della 
bellezza  formale;  opere  che  non  hanno  tempo  —  classiche 
nel  senso  vero  della  parola. 

Di  questo  superlativo  obbiettivismo  le  targhette  espo- 
ste alla  «  Primaverile»  sono  come  i fiori  scempi,  ma,  perciò 
appunto,  più  puri  e  odorosi.  Mario  Tinti. 

Espone  opere  di  pittura 
224 


Gianni  VAGNETTI 

È  Horentino;  ha  24  anni.  Nel  1918  vinse  il  Concorso 
«  Stibbert  »  col  quadro  Dopo  il  bagno  che  fu  poi  acquistato 
per  la  Galleria  d'Arte  Moderna  di  Lima  (Perù). 

1.  Ritratto 

Domenico  VALINOTTI 

Nato  a  Torino  nel  1889,  ha  cominciato  a  dipingere  a  23 
anni,  senza  aver  avuto  maestri,  né  aver  frequentato  accade- 
mie. Dopo  qualche  anno,  sotto  la  guida  di  Leonardo  Bistolfi 
ha  avuto  la  gioia  di  vedere  apprezzate  le  sue  fatiche.  Ago- 
stino Bosia  lo  aiutò  fraternamente. 

Vinse  il  1°  premio  alla  Mostra  Regionale  d'arte  piemon- 
tese nei  921,  Ha  esposto  alla  Quadriennale  Torinese  del  1919 
e  (invitato)  alla  Biennale  Napoletana  del  1921^  a  quella  Ro- 
mana del  '920.  Opere  sue  si  trovano  al  Museo  di  Asti;  Cosi 
parlò  di  lui  Emilio  Zanzi  in  una  nota  sul  Momento  di  Torino: 
«  Domenico  Valinotti,  uno  dei  più  valenti  e  studiosi  giovani, 
l'interprete  secondo  noi  più  profondo  dei  fumosi  sobborghi 
delia  Torino  moderna,  l'estetizzatore  acutissimo  della  brut- 
tezza formidabile  dei  quartieri  e  delle  fabbriche  di  Dora, 
espone  due  quadri  di  paese,  in  gran  luce,  un  po'  violenti 
nei  verdi  e  nell'azzurro,  ma  saldi  esatti,  sapientissimi  di 
prospettiva  »• 

Dipìnti  a  olio. 

1.  Estate  5,  Prelo 

2.  Gli  orti  d'inverno        6.  La  barca 

3.  Il  mare  7.   Vallo 

k    II  pagliaio  8.  Il  fiume 

Paolo  VETRI 

Nato  in  Gastrogiovanni  prov.  di  (  altanisetta,il  2  febbraio 
1855,  fu  l'allievo  prediletto  di  Domenico  Morelli,  del  quale 
doveva  poi  divenire  il  genero   affettuoso. 

225  29 


È  un  pittore  di  rara  delicatezza.  La  sua  colorazione  è 
sempre  lieve  e  sobria  e  fine,  schiva  dalle  violenze  e  da 
grossolanità  cromatiche. 

Ama  i  soggetti  sacri  e  storici,  al  pari  del  suo  illustre 
maestro,  alla  memoria  del  quale  serba  uno  specialissimo 
culto,  fatto  di  venerazione  e  di  ammirazione. 

Dedica  la  sua  attività  quasi  completamente  alla  deco- 
razione, e  preferisce  la  pittura  a  fresco  nella  quale  ha  rag- 
gimita  una  compiuta  maestria. 

La  figurina  che  espone  alla  mostra  Primaverile  è  una 
deliziosa  aftermazione  del  suo  gusto,  della  sua  signorilità 
e  della  sua  probità  :  essa  basta  da  sola  a  rivelarci  in  lui  un 
vero  maestro. 

Federico  Petkiccione 


i.  Ritratto 


Lorenzo  VIANI 


È  nato  a  Viareggio  nel  1883.  La  prima  volta  espose  con 
successo  nella  Mostra  dell'Arte  Toscana  del  1902  indetta  a 
Firenze  dalla  società  di  Belle  Arti.  Nel  1906  espose  nella 
Internazionale  di  Milano,  eppoi  nel  1607  e  nel  1914  a  Venezia. 
Poi  andò  a  Parigi  dove  espose  alla  «  Gomédie  Humaine  »  di 
Giorgio  Petit,  che  era  allora— 1906— la  mostra  più  eccen- 
trica di  Parigi;  e  in  seguito  fu  accettato  al  «Salond'Automne», 
dove,  per  una  serie  di  opere  di  carattere  parigino,  gli  furono 
conferito  il  titolo  e  i  privilegi  di  «  sociétaire  ». 

La  Galleria  moderna  del  Castello  Sforzesco  a  Milano, 
la  Galleria  Moderna  di  Bologna,  la  Raccolta  dei  disegni  dei 
Moderni  alla  Galleria  degli  Uff'izi  posseggono  opere  di  lui. 
Ed  ha  collaborato  e  collabora  tuttora  coi  propri  disegni  a 
vari  giornali  e  riviste  in  Francia,  nel  Belgio,  in  Germania, 
in  Russia,  in  Inghilterra. 

Ma  studiato  un  po'  dappertutto  perchè  ha  molto  viag- 
giato, molto  anche  a  piedi.    Il  mare  e  i  marinai  sono  stati 

226 


i  suoi  studi  preferiti.  Non  ha  perso  mai  tempo,  neppure  alla 
guerra,  dove  fece  disegni  di  prigionieri  e  di  scene  e  loca- 
lità caratteristiche  su  tutto  il  fronte.  Abita  a  Viareggio, 
dove  studia  ed  interpreta  l' umanità  degli  umili,  dei  poveri, 
dei  caduti  e  dei  fanciulli. 

Leonardo  BìstoUì,  l'esimio  lirico  della  scultura,  cosi 
scrisse  del  Viani  in  occasione  di  una  mostra  individuale 
delle  sue  opere,  che  ebbe  luogo  in  Lucca  nel  Ì921  :  «...  E 
fu  il  dolore  e  fu  la  miseria  che  gli  aprirono  le  alte  fonti 
preziose  della  bellezza. 

Quando  lo  conobbi  io  gli  vidi  nel  volto  le  stigmate  di 
queste  forze  che  lo  avevano  conquistato,  che  soro  i  segni 
della  più  alta  nobiltà  umana.  E  quando  vidi  le  prime  opere 
sue,  io  sentii  che  la  bellezza  era  sulla  soglia  della  grande 
stamberga  che  a  lui  serviva  di  studio.  Ora  la  sua  anima  è 
qui  dinnanzi  a  voi,  degna  dell'ascesa  e  della  grazia;  ma 
forse  a  molti  di  voi,  un  poco  oscura  ancora,  ma  certo,  a  nes- 
suno di  voi,  indifferente. 

Perchè  in  ognuno  di  quei  rettangoli  di  cartone  invasi 
d'ombra  e  di  quei  lembi  di  tela  corruschi  di  vampe  remote  di 
colore,  è  appeso  un  brandello  della  sua  anima.  Molti  dei 
suoi  fantasmi  tragicamente,  eroicamente  grotteschi  vi  tur- 
bano forse  ancora  e  vi  respingono,  mentre  qualche  intima 
voce  in  fondo  al  cuore  vi  dice:  Guarda!  Pensate!  —  Molte 
delle  creature  con  cui  egli  ha  diviso  F  inerzia  estatica  della 
fame,  avevano  già  nei  loro  aspetti  umani  varcati  i  contorni 
in  cui  l'essere  umano  si  rappresenta  ai  vostri  occhi  e  al 
vostro  pensiero ,  esse  erano  già  gli  spettri  della  loro  fìsica 
realtà,  deformata  dallo  sforzo  incosciente  di  non  abbattersi 
su  se  stessa.  E  1  egli  non  poteva  rappresentarle  se  non  nei 
segni  irreali  della  loro  deformazione. 

E  a  proposito  del  quadro  i  «  Lebbrosi  »,  che  figura  anche 
in  questa  mostra,  il  Bistolfi    esprimeva  in  questi  termini  la 


227 


sua  profonda  aderenza  spirituale  e  artistica  alla  visione  del 
Viani  : 

Esso,  «z  Lebbrosi»,  evoca  una  tenebrosa  leggenda  me- 
dioevale in  cui  narrasi  che  i  colpiti  dalla  lebbra  nella  Città 
chiusa  nell'orribile  sgomento,  erano  portati  fuori  delle  mura 
e  abbandonali  alla  liberatrice  pietà  della  morte 

Spaventosa  tragedia  in  cui  sentiamj  fino  a  quali  abissi 
d'ombra  l'umana  famiglia  possa  precipitare.  '•]  l'anima  del- 
l'artis'a  ne  raccolse  veramente  la  leggendaria  grandezza 
colla  pietà  delle  vittime,  nel  poema  di  miseria  quasi  inenar- 
rabile, ma  che  egli  descrive  con  qualche  figura,  che  basta 
a  sollevarlo  a  questa  grandezza.  Guardate  le  due  donne  di 
cui  una  già  irrigidita  nella  stretta  della  morte  consola  di  un 
bacio  materno,  ultimo,  1'  altra,  che  prostrata  col  cadavere  del 
bimbo  sulle  ginocchia,  non  vuole,  essa  pure,  che  stringersi 
alla  morte.  Guardate  la  midre  che  ha  tra  le  braccia  il  bimbo 
e  che  guarda  in  alto,  sulle  mura,  le  genti  che  le  mandano 
il  disperato  saluto. 

Pur  nelle  scabre  asciutte  linee  della  figura  esposta  inte- 
ramente di  schiena,  voi  sentirete  il  suo  supremo  pianto 
d'angoscia. 

Il  segno  animatore  dell' immagine  è  cosi  rigidamente  e 
risolutamente  efficace  che  la  pittura  scompare.  E  io  vedo 
queste  figure  sotlrarsi  alla  loro  materia  e  sconfinare  dal- 
l'opera d'arte  per  isolarsi  nell'idea  e  dell'idea  animarsi, 
pur  nella  viva  fissità  monumentale. 

Leonardo   Bistolfi 

1.  I  Lebbrosi  {dipinto  agni-  Ventano  disegni 

sa  di  cartone  da  arazzo)  Sei  quadri  di  montagna 

Arturo  VILIGIARDI 

Nato  a  Siena  nel  Luglio  del  1869,  è  allievo  di  Mussini 
e  di  Maccari.  Può  dirsi  l'ultimo  rappresentante  di  quella 
gloriosa   scuola   senese  che,  oltre  ai  menzionati,  ebbe  sulle 

228 


sue  file  l'Aldi,  il  Gassioli,  il  Franchi...  Pittori  tutti  che  si  vol- 
sero, più  che  ai  lavori  di  cavalletto,  alle  vaste  composizioni, 
all'arte  sacra,  all'  affresco  :  continuavano  ancora  la  grande 
tradizione  italiana!  Viligiardi  è  oggi  uno  dei  pochi  affre- 
schisti che  rimangano  in  Italia.  Ha  dipinto  nella  cattedrale 
di  Chiusi,  nella  Basilica  romana  di  S.  Paolo,  in  S.  Maria  del 
Fiore  ed  ha  disegnato  cartoni  per  la  Cupola  del  Battistero 
fiorentino  di  S.  Giovanni.  Attualmente  conduce  a  termine 
le  decorazioni  del  palazzo  Chigi  Saracini  a  Siena^  ove  ha 
dipinto  a  buon  fresco,  nel  soffitto  del  salone  dei  concerti, 
un  quadro  grandioso:  «Il  ritorno  di  Montaperti  ».  E,  in- 
tanto^ insegna  al  R.  Istituto  di  Belle  Arti  della  sua  città,  di 
cui  è  Direttore. 

Disegnatore  ottimo  e  sicuro,  come  deve  essere  chi  col- 
tiva l'affresco,  espone  dei  tocchi  in  penna,  eseguiti  per  il 
volume  commemorativo  del  centenario  dantesco  '<  Dante  a 
Siena  ». 

N.  10   Disegni  a  penna 
(Vedute  di  Siena  e  dell'antico  stato  senese) 

Gennaro  VILLANI 

Nato  in  Napoli  il  4  ottobre  1885.  È  un  paesista  schietto  e 
pregevole,  un  fervido  studioso  del  vero,  che  riproduce  con 
foga  appassionata. 

Ha  al  suo  attivo  una  assidua  partecipazione  a  grandi 
mostre  italiane  e  straniere,  ove  ha  riportato  sempre  vivo 
successo  di  pubblico  e  di  critica. 

F.  P. 

1,  Terrazzo  a  Posillipo  (pastello) 

(Dipinti  a  olio) 

2.  Il  mare  a  Santa  Lucia     3.  Vecchio  mercato  di  Napoli 

229 


Giuseppe   \'INER 

E'  nato  nella  Versilia  ed  ha  studiato  a  Firenze.  Ha  sempre 
amato  schiettamente  l'arte  ed  ha  lavorato  con  fervore,  senza 
mai  preoccuparsi  di  guadagni,  né  di  onori  ufficiali.  Andato, 
per  forze  di  cose,  a  vivere  nella  campagna  di  Siena,  fu  at- 
tratto dilla  poesia  dei  lavori  campestri,  di  cui  La  Sementa^ 
il  quadro  esposto  alla  Primaverile,  sintetizza  un  aspetto  si- 
gnificativo. È  di  recente  ritornato  alla  sua  Versilia^  a  cui  fu 
volto  sempre  il  suo  ricordo  nostalgico,  innamorato  com'egli 
è  della  grandiosa  bellezza  di  quel  paesaggio  e  degli  aspetti 
solenni  e  rudi  delle  opere  nelle  cave  del  inarmo.  Sono  cjuesti 
aspetti  che  il  Viner  si  propone  di  celeb  are  con  le  sue  pit- 
ture, in  un  ci^'lo  d'opere,  la  prima  delle  quali  «L'oro  delle 
Almane  »  fu  accolto  in  varie  esposizioni  ed  ebbe  un  premio 
alla  Internazionale  di  Bruxelles. 

L  La  Sementa  folio) 

(Disegni  a  carbone) 

2.  Orfeo  cieco  S.  Donne  deliri   Versilia 

4.  Vecchio  cavalcatore. 

Giulio   Cesare   VINZIO 

Xato  a  Livorno  nel  1881.  Allievo  di  Giovanni  Fattori  e 
poi  di  sé  stesso,  si  rivelò  a  Firenze  nel  1900  col  quadro 
<i  Riposo,  i'  Xel  1901  già"  veniva  accettato  airinternazionale  di 
Monaco  (Baviera i.  Di  qui  l'ascenzione  del  Vinzio  fu  rapida. 
Espose  a  Firenze  più  volte,  a  Livorno  dove  S.  M.  il  Re  ac- 
quistò il  suo  bellissimo  quadro  <  Sole  Morente»,  e  pure  a 
Livorno  fu,  nel  seguente  anno,  premiato  con  medaglia  dal 
Ministro  dell'I.  P.  Xel  1903  fece  il  suo  primo  ingresso  alla 
Internazionale  «li  Venezia,  e  in  seguito  si  fece  apprezzare 
nelle  Biennali  di  .Milano  e  Roma.  Cesare  Vinzio  è  un  poeta 
della  campagna  e  della  luce;  egli  adora  i  crepuscoli  violetti, 
i  vesperi    dorali,   e  i  meriggi    abbaglianti   di  sole.  Giovanni 

230 


Fattori  si  vantava  d'avere  «scoperto»  quel  giovane  òo/zemzen 
che  già  dimostrava  tante  atlitiidini.  Oggi  egli  è  nella  piena 
maturità  della  sua  arte. 

[Dipinti  a   olio). 

1.  Bovi  al  ritorno  2.  Giornata  autunnale 

3.  Tacchini 

Dario  VITERBO 

È  nato  a  Firenze  il  25  gennaio  1890.  Compiuti  nella  sua 
città  natale  gli  studi  classici,  a  vent'anni  entrò  nell'Accade- 
mia di  Belle  Arti  e  in  due  anni  prese  il  diploma  della  scuola 
di  figura.  All'Accademia  aveva  studiato  pittura,  ma  uscito- 
ne si  die  a  fare  della  scultura,  che  sentiva  maggiormente 
rispondente  al  suo  temperamento  ed  espressiva  della  sua 
interiorità.  La  guerra  libica  dapprima,  eppoi  quella  euro- 
pea, lo  costrinsero  a  stare  lontano  dall'arte  più  di  sei  anni. 
Ma  non  fu  tempo  del  tutto  perduto,  giacché  sempre  fu  do- 
minato dall'amore  dell'  arte  e  dal  desiderio  di  ritornarvi. 
Ciò  che  avvenne  nel  1919.  La  Fiorentina  Primaverile  è  la 
seconda  esposizione  che  accoglie  opere  di  Viterbo,  avendo 
egli  esposto  una  prima  volta  alla  Secessione  romana  del  1914. 

Il  Viterbo  è  uno  spiritualista.  Dispregia  nella  scultura 
gli  sfoggi  della  sapienza  anatomica  e  la  «bella  forma», 
quando  non  sia  l'espressione  di  un'emozione.  L'arte  per  lui 
è  una  composizione  veramente  estetica  e  arbitraria,  ossia  la 
rivelazione  di  un'armonia  interiore.  L'anima  è  la  verità  es- 
senziale che  accomuna  gli  artisti  di  tutte  le  epoche.  Ciò  che 
solo  può  esprimere  la  spiritualità  dell'artista  scultore  è  se- 
condo il  Viterbo,  il  volume,  la  sua  armonia.  Tutta  l'aspira- 
zione dell'arte  del  Viterbo  è  di  ricercare  la  forma  e  l'ar- 
monia dei  volumi  più  proprie  ad  esprimere  il  suo  mondo 
interiore. 

1,  Finale  di  danza  greca  (legno) 
231 


(Marmo) 
2.  Riposo  tragico  3.  L'anima  fra  le  dita 

[Cera) 

A.  Sorriso  5.  Ritratto  di  Signora 

Dal  6  al  13:  Gioielli.  Sei  disegni  in  cornice 

Eugenio  VITI 

Eugenio  Viti  —  nato  in  Napoli,  il  28  giugno  1881  —  è 
concordemente  ritenuto,  fra  i  pittori  napoletani  di  non  ancor 
grige  chiome,  uno  fra  i  più  interessanti. 

La  sua  arte  si  fa  notare  per  la  nobile  serietà  di  intenti 
e  per  la  fervida  ricerca  di  originalità  che  la  informa. 

Licenziatosi  nel  '907  dall'Istituto  napoletano  di  Belle  Arti. 
Viti,  dopo  qualche  anno  di  prove  e  di  tentativi  e  dopo  avere 
organizzato  con  pochi  altri  colleRhi  una  notevolissima  Mostra 
Nazionale  Giovanile,  si  affermò  sicuramente  alla  Esposizione 
Internazionale  di  Bruxelles,  ove  un  suo  dipinto  venne  acqui- 
stato dal  Gomitato  Centrale. 

Da  allora  ha  partecipato  alacremente  a  ogni  movimento 
di  sano  rinnovamento  artistico.  La  sua  produzione  pittorica 
più  recente,  dal  gusto  simpaticamente  decorativo,  è  stata 
molto  apprezzata  alla  Prima  Biennale  Napolitana. 

Infatti  a  un  quadro  di  Eugenio  Viti  è  stato  conferito  in 
cotesta  mostra  il  primo  premio  in  danaro. 

Federico  Petriccione 
Dipinti  a  olio. 

1.  V  aurora  3.  Zingarella 

2.  Lontano  4^.  Roccia  delle  Sirene 

Geppino  volpe 

È  napoletano,  figlio  del  pittore  illustre  Vincenzo  Volpe, 
che   gli    fu    anche  maestro.  Giovanissimo,  essendo  nato  nel 
1903,  è  una  delle  più  alte  promesse  della  Scuola  napoletana. 
Tre  disegni 

232 


Vincenzo  VOLPE 

Vincenzo  Volpe,  nato  in  Grottaminarda,  prov.  di  Avellino, 
il  14  dicembre  1855,  è  stato  allievo  di  Domenico  Morelli.  Ne 
occupa  oggi  il  posto  all'Istituto  di  Belle  Arti  partenopeo, 
del  quale  è  presidente  e  professore  di  pittura. 

Artista  accurato  e  coscienzioso,  di  una  probità  e  di  una 
serietà  davvero  rare,  ha  una  solida  fama  come  pittore  «  di 
genere  »,  per  la  singolare  grazia  e  spigliatezza  delle  sue 
opere,  gaie  e  piacevoli,  di  una  colorazione  sobria  e  indo- 
vinata. 

Ama  gli  accordi  di  tinte  chiare.  Nella  sua  produzione 
pittorica  è  notevolissima  l'armonia  dei  bianchi,  raggiunta 
con  una  notevole  sapienza  e  sicurezza  di  tecnica. 

È  giustamente  molto  quotato  come  ritrattista,  per  la 
bella  forza  d'espressione  che  sa  dare  alle  figure  e  per  la 
sobria  signorilità  della  sua  armoniosa  arte  di  colorista. 

Federico  Petriccione. 

Dipinti  a  olio 

1.  Arabo  in  tono  bianco        4.  La  vecchia 

2.  Donna  con  il  ventaglio     5.   Vescovo 

3.  La  casa  bianca  6.  Donna  in  bianco 

Finn  WANDAHL 

E'  naia  a  Copenhagen  (Danimarca).  Studiò  con  Anders 
Bundgaard.  Vive  a  Settignano  presso  Firenze.     . 

1.  Statuetta   in  bronzo. 
Adolfo  WILDT 

Nacque  a  Milano  nel  1868  da  una  famiglia  povera  in  seno 

alla  quale  trovò  esempi  di  lavoro   e  di  forza   di    carattere. 

La  sua  vita  è   tutta  nella  sua  arte,  nel  progresso  di  essa, 

233  30 


nel  tormento  e  nella  lotta  per  conciuistare  forme  sempre  più 
pure  e  più  espressive. 

Adolfo  Vv'ildt  è  un  mistico,  anzi,  un  asceta  della  statuaria. 

Esiste  a  Milano  a  poclii  passi  da  c{uella  specie  d'immenso 
acquario  di  ansietà,  di  febbri,  di  piaceri  e  di  travagli  che  è  la 
(lalleria,  un  altro  immenso  vaso  architettonico  colmo  d'ombra 
e  di  silenzio,  oasi  di  sogno  e  di  meditazione  —  il  Duomo.  Nella 
(Galleria  abita  l'anima  della  moderna  città  tumultuosa:  nel 
Duomo  aleggia  l'anima  antica,  l'anima  mistica,  perenne,  di 
quella  Milano  alla  quale  nel  Medio-Evo  dalle  valli  dell'Adige 
la  gente  germanica,  costruttrice  delle  cattedrali  estollenti 
nei  cieli  nebbiosi  l'inno  corale  dei  cento  pinnacoli,  adduceva 
i  sogni  tristi  della  fantasia  nordica. 

L'arte  di  Wildt  è  come  uno  strano  fiore  nato  nella  pe- 
nombra fuor  d'ogni  tempo,  antica  e  insie»ne  moderna,  della 
cattedrale  milanese.  Il  suo  misticismo  piuttosto  che  alla 
concretezza  latina  della  fede  cattolica  sembra  rispondere 
alla  intransigenza  idealistica  di  quello  spirito  negatore 
strenuo  di  ogni  compromesso  con  la  realtà  cor})orea,  che 
mise  capo  al  Luteranismo. 

La  scultura  del  Wildt  è  contro  la  forma  fine  a  sé  stessa, 
contro  la  forma  schiava  della  materia  —  per  la  forma  astratta. 
L'originalità  di  questo  artista  singolarissimo  non  ha  le  sue 
radici  in  ricerche  esteriori  o  una  raffinata  cultura  estetica, 
ma  in  una  formazione  spirituale.  Le  sue  strenue  semplifi- 
cazioni di  piani  e  di  volumi  in  forme  sempre  più  assolute 
ed  espressive,  la  sua  ricerca  di  armonie  aventi  un  riferi- 
mento sempre  più  traslato,  sebbene  aderentissimo,  con  la 
natura  sensibile,  non  sono  atteggiamenti  intellettualmente  da 
lui  voluti  e  ricercati  per  crearsi  ciò  che  più  comunemente  si 
chiama  uno  stile,  ma  rispondono  esattemente  alle  necessità 
di  uno  spirito  fondamentalmente  idealista  e  mistico,  ane- 
lante verso  una  liberazione  dalle  apparenze  materiali. 

Questo  tormento  del  Wildt  per  conquistare  una  forma 
sempre  più  spiritualizzata,  è  lo  stesso  che  lo  induce  a  creare 

234 


dalla  materia  del  marmo  un  che  di  più  raro  e  di  più  no- 
bile, completamente  trasfigurato  e  spiritualizzato,  anch'esso, 
dalla  volontà  tenace  e  affettuosa  dell'uomo,  dalla  sua  carezza 
assidua  che  lo  leviga,  lo  affina,  lo  rende  lucido  e  polito  come 
un'onice,  come  un'avorio,  tenue  e  compatto  come  il  tessuto 
di  un  frutto. 

AìVArte  del  marmo  Adolfo  Y^ildt  ha  dedicato,  infatti,  un 
piccolo  trattato,  in  cui  egli  parla  di  tutti  i  segreti  e  i  minimi 
atti  del  lavorare  quella  materia,  con  la  sapienza  e  l'umiltà 
di  chi  sia  profondamente  convinto  dell'antico  adagio:  «Per 
aspera  ad  astra». 

È  da  cotesta  lotta  sempiterna  fra  l'uomo  corporeo  e  l'uomo 
divino,  fra  l'essenza  spirituale  e  il  mezzo  materiale  dell'arte 
che  scaturisce  l'espressione  tormentosa  dell'arte  Wildtiana. 
È  l'ascesi  della  plastica,  la  quale,  pur  vivendo  delle  forme 
e  nelle  forme,  vorrebbe  liberarsi  di  esse,  fino  a  divenire 
puro  spirito. 

E  il  cammino  di  questo  processo  estetico-spirituale  si 
svolge  con  una  coerenza  inflessibile.  Wildt,  partitosi  da 
semplificazioni  decorative  di  forme,  in  opere  che  egli  adesso 
ripudia,  è  giunto  ad  espressioni  di  un'astrattezza  quasi 
assoluta,  in  cui  la  forma  si  riduce  alla  semplicità  di  un  ge- 
roglifico, in  cui  la  plastica,  nelfestremo  affinarsi,  quasi  si 
annienta  per  divenire  non  altro  che  una  specie  di  em- 
blematica e  di  simbologia  del  trascendente. 

Sul  percorso  di  questa  ardua  parabola  s'incontrano  opere 
di  una  bellezza  saldamente  plastica,  nelle  quali  il  misticismo 
completamente  dominato  dal  senso  estetico  s'incarna  in 
forme  umane  emaciate  e  scarne^  potentemente  espressive, 
che  fan  pensare  alla  maniera  più  matura  di  Cosmé  Turi  — 
un*artista  italianissimo,  eppure  anch'egli  nutrito  «perii  ramii> 
di  spìriti  nordici,  con  la  cui  arte  tormentata  e  spasmodica 
quella  del  Wildt  presenta  qualche  analogia  stilistica. 

Adolfo  Wildt  è  insomma,  nel  nostro  tempo  afi'etto  di  ma- 
terialismo   estetico,    uno    dei   pochissimi    eletti   artisti   che 

235 


abbiano  inteso  la  scultura,  oltre  che  nelle  sue  possibilità 
decorative  ed  edonistiche,  come  un  linguaggio  capace  al 
pari  della  grande  musica  e  della  vera  poesia,  di  esprimere  il 
nostro  mondo  interiore. 

Mario  Tinti. 

/.  //  prigione  4,  L'Idiota 

2.  Un  rosario  MCMXV      5.  Cave  canem 

3.  Uomo  antico  6.  Maria 

Dieci  disegni  su  pergamena. 

Teodoro  WOLFF-FEREARI 

Ha  passato  di  poco  la  quarantina  ;  figlio  di  un  pittore 
tedesco  venezianizzato  e  di  madre  veneziana;  iratello  di 
Ermanno  Wolf -Ferrari  musicista  e  di  altri  due  virtuosi  della 
musica;  nato  a  Venezia,  studiò  pittura,  a  lungo, in  Germania; 
senti  da  giovane  l'influenza  romantica  di  Boecklin  ;  si  buttò 
poi  dietro  ai  secessionisti  prussiani  e  più  tardi  a  quelli  ba- 
varesi; quando  tornò  in  Italia,  a  Venezia  si  ricordava  ancora 
di  tutto  questo  e  non  nascondeva  neppure  una  infarinatura 
secessionistica  viennese.  Ma  il  contatto  con  la  natura  italiana, 
la  consuetudine  veneziana  di  vita  e  l'aspirazione  a  uscire  con 
tutta  sincerità  dalla  parentesi  di  imitazioni  in  cui  si  era 
ficcato,  l'hanno  redento.  E'  lavoratore  facile;  pittore  fresco 
e  piacevole  di  paesaggi  pieni  d'aria,  di  luci  e  di  festosi  toni 
verdi;  decoratore  abilissimo  e  ricco  di  risorse.  Capitanò  un 
gruppo  di  giovani  artisti,  con  i  quali  fece  le  mostre  collettive 
dell' «Aratro»  alla  Cà  Pesaro  di  Venezia  e  alla  prima  «Se- 
cessione Romana  »;  ha  esposto  abbondanti  collezioni  d'opere 
sue  in  Italia  e  all'estero,  segnatamente  in  Germania;  a  Cà 
Pesaro  fu  ripetutamente  uno  dei  commissari  più  attivi.  Oltre 
che  paesaggi  dal  vero,  dipinge  paesaggi  schiettamente  deco- 
rativi e  «nature  morte». 

G.  D. 

236 


Dipinto  a  olio 

1.  Verso  il  Mantello  3,  Verso  il  Pasabio 

2.  Mattina  a  S.  Zenone  del        4-.  Il  Monte  Tomba 
Grappa  5.  //  Monte  Grappa 

Ferrante  ZAMBINI 

E'  nato  a  Reggio  Emilia  nel  1878.  Studiò  col  prof.  Ciro 
Zironi,  nella  Scuola  di  disegno  per  gli  operai,  dove  la  strut- 
tura dell'insieme  e  il  senso  decorativo  della  figura  eran  te- 
nuti in  gran  conto.  Ottenuta  una  pensione  di  studio  dal  Co- 
mune della  sua  città  venne  a  stabilirsi  a  Firenze.  «Da  allora 
—  scrive  egli  di  sé  stesso  —  in  cospetto  dei  poemi  della 
bellezza  e  del  genio  decorativo  dell'arte  toscana^  rinvenni 
la  mia  vera  vocazione.  Frequentando  con  assiduità  la  Scuola 
libera  del  Nudo,  mi  dedicai  ai  motivi  di  genere  religioso  e 
biblico.  A  mia  insaputa  alcuni  miei  lavori  furono  accolti  in 
gallerie  di  Germania  e  di  Parigi  :  soltanto  qualche  anno 
dopo  con  mia  grande  sorpresa  fui  informato  del  fatto.  Fu 
allora  (1918)  che  a  cotesto  proposito  il  pittore  Giovanni  Co- 
stelli scrisse  un  articolo  sulla  rivista  «  Fiorentìa  Nova  » 
illustrando  la  mia  arte. 

1.  L'Asceta  (terracotta) 
Angelo  ZAMBONI 

Nato  a  Verona  nel  difficile  periodo  che  si  potrebbe  chia- 
mare, pei  tentativi  svoltisi,  di  transizione  e  di  trasforma- 
zione tra  la  porta  chiusa  dell'ultimo  ottocento  pittorico  e  la 
presente  rinascita,  verso  non  antiche  forme  anacronistiche 
dei  tempi,  ma  verso  qualche  cosa  che  si  può  definire  un 
nuovo  amore  verso  gli  uomini  e  le  cose  loro.  Angelo  Zam- 
boni, attraverso  una  prima  semplicità  idillica  di  paesaggio 
de'  suoi  primi  lavori  esposti  nel  '14  a  Eoma  e  a  Milano, 
dove  viva  preoccupazione  era  la  ricerca  d'una  intonazione 

237 


sua  particolare  e  'li  quella  cara  aria  che  è  la  prerogativa 
del  cielo  Veronese  cosi  schietto  anche  ne'  suoi  grandi  e  in 
parte  dimenticati  pittori  del  quattrocento;  attraverso  un 
altro  periodo  pseudo-luturista  che  se  ha  rappresentato  una 
battaglia  era  anche  un  ingorgo  una  crisi  della  sua  cosci-mza 
di  artista,  (vedi  esposizioni  di  Torino  e  di  Ga'  Pesaro  di  Ve- 
rona)  ora,  ritornato  ai  cari  colli  selvatici  e  aperti  che  aprono 
da  Verona  verso  la  piana,  raggiunge  un  convinto  e  riposato 
equilibrio  tra  il  colore  e  la  forma,  che  innamora  delle  de- 
scritte cose. . . 

Quella  sua  asciutta  personalità  di  pittore  lo  individua  e 
lo  distingue  tra  gli  altri  ])ieno  di  quella  felice  fede  che  lo 
riconduce  oggi  dove  infine  aveva,  con  tanta  soddisfazione 
per  noi  incominciato. 

Artista  robusto  anche  ne!  ritratto  (ne  espose  alcuni  nel- 
l'ultima Biennale  Veneziana,  192;»),  in  cui  si  è  rivelato  sa- 
piente disegnatore  e  costruttore  della  maschera  umana,  può, 
senza  dubbio  —  ventiseienne  —  considerarsi  uno  tra  i  mi- 
gliori ed  i  più  rappresentativi  di  queslo  ultimo  interessante 
e  curioso  decennio. 

Ugo  Zampieri. 

Dipinti  a   olio 

1.  Paese  d'inverno  2.  Mattino  di  primavera 

3.  Controluce 

Giuseppe   ZANCOLLI 

Giuseppe  Zancolli  ha  trtntaqnattro  anni  ed  è  nato  a 
Verona.  Artista  squisitamente  veneto,  ha  espresso  attraverso 
alla  sua  arte,  con  noie  di  una  sana  e  sagace  giocondità,  la 
chiassosa  bonarietà  dei  nostri  popolani.  Egli  esponeva  nella 
sua  città,  ancora  quattordicenne  e  tuttora  allievo  di  quella 
Accademia  di  Belle  Arti.  Ha  continuato  di  poi,  umile  e  infa- 
ticato, a  camminare  nell'arte,  non  di  rado  conciliandola,  per 
necessità,  con  il  lavoro.  Più  tardi  esponeva  ancora  a  Verona 

238 


ed  a  Genova.  Dal  1912  la  Biennale  Internazionale  di  Venezia 
à  ininterrottamente  accolto  le  opere  dello  Zancolli,  il  pittore 
de  La  Triade  e  de  La  Modella,  soavemente  intima  e  pic- 
cante, della  caustica  Signora  Maldicenza,  della  gioviale  dolce 
e  fanciuUona  Bonis  e  nella  «Bohème».  Dotato  di  quella 
particolare  sensibilità  satirica,  di  quello  spirito  mordace 
senza  acidità  che  si  direbbe  avesse  assunto  per  propria 
impresa  il  motto  liidere  non  laedere,  figurò  nel  dopo  guerra 
a  Venezia,  con  Le  Zitelle,  robusta  composidone  animata  di 
un  sottilissimo  spirito,  ma  la  sua  anima  irrefrenabilmente 
motteggiatrice,  talora  lievemente  pervasa  da  un'  ombra  di 
commossa  sentimentalità,  fa  dello  Zancolli  un  particolaris- 
simo ed  assai  delicato  sceneggiatore  del  Settecento.  Trine, 
parrucche  nei  giardini,  tro\ano,  in  una  infinità  dei  suoi 
acquerelli  intimità  armoniche,  malinconiche  e  trasparenti.  E 
pare  quasi  strano  che  dalla  stessa  anima  esplodano  quei 
guizzi  di  ciarliero  e  bonario  umorismo  che  dello  Zancolli 
fanno  l'autore  vivacissimo  il  Papà  del  gnocco,  la  tela  che  ha 
recentemente  vinto  il  premio  Veronese,  per  un  quadro  sto- 
rico, irrequieta  e  chiassosa  espressione  della  più  caratteri- 
stica festa  Veronese  dei  carnevali  del  secolo  XVIII. 

M.  V.  De  Luca. 

(Dipinti  a  olio) 

1.  Baute  3.  Ines 

2.  Piccole  mammine  4.  Giorni  tristi  di  Pierrot 

5.  Estate 

Giovanni  ZANNACCHINI 

Anche  questo  è  un  autodidatta  ed  un  innamorato  del- 
l'arte. 

Dedicatosi  quasi  completamente  al  disegno  (è  raro  che 
egli  abbandoni  l' incisione  per  la  pittura)  è  riuscito,  attra- 
verso   una   carriera   che  non   ha   conosciuto  soste,  a  farsi 

239 


rapidamente  un  nome  fra  i  cultori  più  esperti  e  più  appas- 
sionati dell'aristocratico  «  bianco  e  nero  ». 

Le  sue  xilografle  —  come  del  resto  le  litografìe  e  le  ac- 
queforti  —  rivelano,  nel  tratto  singolarmente  espressivo,  un 
fervido  ingegno  e  appaiono  come  la  sicura  manifestazion  e 
di  un  temperamento  di  primissimo  ordine  che  non  ha  dato 
però,  ancora  l'esatta  misura  del  suo  valore.  Attualmente, 
Zannacchini  lavora  attorno  ad  una  serie  di  interessan 
acqueforti  che  illustrano  Livorno  vecchia. 

Appartiene  al  «  gruppo  labronico  ». 

GumO    VlVARELLI 

(Acqueforti) 

1.  Vìa  Buontalenti  3.  Sai  Giovanni  Nepomoceno 

2.  Scali  del  Pesce  4.  Interno 

5.  //  leccio  al  Savolano 

(Litografie) 
6.  //  Mandraccio  7.  Al  Caffè 

(Xilografìe) 
8.  Serenità  9.  Bagnanti 

10.  Lungo  mare 

Vittorio  ZECCHIN 

E'  nato  a  Murano  ;  ha  poco^più  di  quarant'anni.  A  ve- 
derlo con  la  sua  zazzera  folta,  con  il  suo  barbone  biondo 
sembra  un  fauno  tedesco  impazzato.  E'  invece  timido,  inge- 
nuo come  una  fanciulla.  Ha  una  sensibilità  quasi  modesta 
di  artista  multiforme:  vetraio,  pittore,  tessitore,  decoratore, 
è  cresciuto  di  fama  lentamente  per  la  tenace  fiducia  dei 
pochi  amici  che  lo  incoraggiarono.  Cominciò  a  mandare  a 
Ca'  Pesaro,  a  Venezia,  certi  quadrettini  simbolici  di  Vergini 
esangui  e  di  Cristi  e  di  Madonne  ossute  e  allampanate  che 
suscitarono  l'ilarità  della  gente.  Aveva  vista  quella  roba  nel 

240 


Suo  Vivarini,  ma  l'aveva  dipinta  con  i  colori  con  i  quali  si 
facevano,  nelle  vetrerie,  le  miscele  per  le  murrine,  gli  smalti 
pei  mosaici.  In  quei  lontani  quadrettini  è  l'embiione  della 
sua  successiva  produzione.  Quando  dipinse  tele  immense, 
con  fantasie^ di  principesse  assire,  schiave  etiopi,  guerrieri 
neri^  su  fondi  d'oro,  tra  rivoli  di  argento  e  costellazioni  di 
pietre  preziose,  chi  non  sapeva  che  Klimt  era  andato  a  im- 
parare a  Murano  molte  cose,  lo  accusò  di  imitare  Klimt. 
Egli  distendeva,  invece,  sulle  sue  tele  in  tondini,  qua- 
drati, triangoli,  in  occhieggiamenti  le  superfici  pavone- 
sche  delle,  murrine,  disponendole  entro  figurazioni  fanta- 
stiche e  piatte  che  richiamavano  alla  memoria  i  cartoni  per 
invetriate.  Ma  la  pittura  lo  stancava;  e  i  colori,  e  gli  ori  e  gli 
argenti,  che  pur  costavano  molto  non  scintillavano  come  il 
vetro.  Allora  un  poco  l'abbandonò.  Si  dette  a  dipinger  vetri; 
poi  immaginò  quei  suoi  arazzi  trapunti  a  lana,  con  colori 
vivi  e  a  grandi  chiazze,  che  egli  improvvisava  indicando  le 
m  atasse  alle  operaie  e  disegnando,  sulle  canovacce,  con  le  ma- 
ni delle  sue  operaie  fedeli.  Poi  ideò  mobili,  che  per  comple- 
tare l'arredamento  di  stanze  suggestive,  si  intonassero  con  i 
suoi  vetri  e  le  sue  pitture  e  i  suoi  arazzi;  oggi  dà  anima,  in 
Mu  rano,  a  una  vetreria  e  a  una  bottega  d'arte  decorativa  varia 
e  incantevole,  donde  il  suo  nome  si  fa  strada  nel  mondo. 
Ma  a  chi  ritiene  di  scoprirlo  con  visite  frettolose,  parla  dei 
suoi  amici  che  gli  credettero  e  lo  incoraggiarono  quando  a 
Ca'  Pesaro  espose  le  Vergini  e  i  Cristi  e  le  Madonne  di  cui 
la  gente  rideva! 

Gino  Damerini 

1.  Lavoro  d'arte 
Oreste  ZUCCOLI 

di  Firenze. 

1,  Paese  {Vernice  mollej 

241 


Edita    Waltekowna    ZUR-MUEHLEN 

{Gruppo  «  Valori  Plastici  ») 

E'  nata  nelle  province  baltiche  della  Russia,  nel...  non 
insistiamo:  è  una  signora  e  la  furia  bolscevica  ha  disperso 
i  registri  dello  Stato  Civile.  Vinte  le  inevitabili  malevolenze 
della  famiglia,  la  signora  Zur-Muehlen,  all'età  di  ventun'anno, 
potè  finalmente  darsi  allo  studio  della  pittura  e,  per  seguire 
la  non  meno  inevitabile  corrente  migratoria  degli  artisti 
di  oggi,  si  rerò  a  Parigi.  Nella  capitale  di  Francia,  ella  non 
frequentò  accademie  o  scuole  di  sorta,  ma  fu  paga  dell'inti- 
mità che  trovò  nellaugusto  deposito  dell'arte  universale: 
il  Louvre.  Quindi,  la  signora  Wallarowna,  desiderosa  forse 
di  climi  più  metafisici,  si  condusse  nella  patria  di  Kant, 
dove  per  alcun  tempo  fu  assidua  allieva  di  quell'Accademia. 
Ma,  si  sa,  la  critica  della  ragion[pura  non  è  tale  da  soddi- 
sfare pienamente  uno  spirito  che  sospira  alla  completezza 
plastica,  però  la  nostra  pittrice,  dalla  lontana  Kònigsberg, 
trasvolò,  come  una  rondine  in  autunno,  a  Roma,  dov'essa 
vive  tuttavia^e  lavora.  Nel  primo  periodo  italiano,  cotesta 
giovine  artista  bàltica,  si  senti  come  abbacinata  dalla  dorata 
sontuosità  dell'ambiente,  onde  le  opere  di  quel  periodo 
appaiono  come  i  frutti  di  uno  slato  di  ebrietà  quasi  son- 
nambulica.  La  tragica  fase  della  guerra  la  tenne  in  un  greve 
sopore,  dal  quale  risorta. assieme  al  rifiorire  della  pace,  la 
signora  Zur-Muehlen,  con  forze  rinnovate  ritornò  alla  pit- 
tura, e,  .nulla  perdendo  del  suo  forte  istinto  e  delle  sue 
violenti  qualità  native,  seppe  indirizzarsi  per  una  via  di 
consolidamento  della  forma  e  degli  aspetti.  Frutto  di  que- 
sto trapasso  e  di  questo  lavoro  tenacissimo,  sono  le  opere 
qui  esposte,  nelle  quali  sono  da  rilevare  le  notevolissime 
qualità  di  stile,  un  tal  sentimento  castissimo  e  dolce  della 
natura  e  un  amore  umile  o  assieme  fiero  ai  gesti,  ai  movi- 
menti, alle  attitudini  degli  uomini,  degli  animali.  delFi  terra 
e    del   cielo.    L' es^  mpio    della    signora    Edita    Walterowna 

242 


Zur-Muehlen  ci  dà  sicuri  affidamenti  che  l'arte  plastica, 
trattata  dalle  donne,iSÌ  avvia  verso  sicuri  destini.  Maschi, 
inchinatevi  ! 

Alberto  Savinio 

(Lipinli  a  olio) 

1.  Ascensione  {1913J  4.  Tramontana  (i920) 

2.  Prospettiva  spaziale  (1913)  5.  Costa  Sole  (1920) 

3.  U  origine    della    cupola  6.  Montagne  (1920) 
{1913)  7.  Montagne  (1920) 

(Disegni.  1920) 
Lo  spazzino  comunale^  Il  suo  paese  nativo,  Il   soli- 
tario, Dolce  frutto.  Ricchezza  meridionale. 


NOTA 


Nomi  fuori  dell'  Indice  Alfabetico 


Opere  di  DOMENICO  BURATTI  Noie  Canavese  (Torino). 

1.  Il  babbo  stipettaio  3.  Un  monte 

2.  Studio  del  quadro  «  //  fi-        A.  Paesaggio  d'Alpe 
glìo  morto  »  5.  Veli  di  calura 

6.  Il  salcio 


243 


SILVESTRO  LEGA 


.La  Ciociara 


OTTAVIO  STEr^FENlNI 


òogni 


WP^"-' 


LIBERO  ANDREOTTI 


Signora  con  veniai^lio 


ANGIOLO  TOMMASI 


Vecchi  cenci 


EMILIO  GOLA 


ARRIGO   MINEREI 


//  Martire 


CORNELIO  PALMERINI 


"Più  lontano.. 
(Scultura  in  legno) 


CARLO  CORSI 


A  tavola 


UMBERTO  PRENCIPE 


Tristezza  Maremmana 


ELISABETTA  GHAPLIN 


Le  Sorelle 


FIORENTINO  GIANNETTI 


Super  naium  naturalis  amor 


ALFREDO  PROTTI 


La  prima  posa 


GARZIA  FIORESI 


//  soldato 


ANTONIO  MANCINI 


.//  Modello 


PRIMO  CONTI 


Gii.  colteti. 


LIBERO  ANDREOTTI 


"//  Pettine  spagnolo  „ 


EDMONDO  GORDIGIAN! 


Chiesetta  in  Monlai^n^ 


CARLO  SIVIERO 


Figura 
(giallo  e  rosa) 


BACCIO  MARIA  BAGCl 


U  Uragano 


i%^^'%^ 


'.^.^  »  cij/i^  iu — ,^ . 


GAETANO  BOCCHETTI 


Vuomo  della  questua 


FELICE  TOSALLI 


//  nunzio  di  Maratona 


Ai_n.obA 


ì.-iur\\y    r^jfiL 


San  Marco 


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ALFREDO  PROTTI 


Allo  specchio 


ANTONIO  D; SCOVOLO 


Ritratto  della  Sig.  Argia  Sarti 


VINCENZO  IROLLI 


Dopo  il  bagno 


GIOVANNI  ROMAGNOLI 


Bimbo  convalescente 


GUGLIELMO  PlZZIRANl 


Ritratto  del  piccolo  Notilo 


CAFIERO  FlLIPPELLl 


Babbo  ritarda! 


EMMA  BONAZZl 


Giovinezza 


BRUNO  BURATTINI 


Lo  specchio 


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MAR[0  REVIQLIONE 


Pastorale 


DOMENICO  CANDÌ  A 


L'uomo  dal  fiasco 


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GAETANO  SPINELLI 


Sul  prato 


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FERRUCCIO  PIZZANSLLl 


Vecchia  Toscana 


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VITTORIO  ZEGCHlNr 


Vaso  "Salomè,, 


GUIDO  FERRONl 


''Vita  umile,, 
(Pannello  centrale  del  trittice: 


CARLO  ALBERTO  PETFUCCI 


aUrciio  deli'avv.  D'Angelantonìo 


NICOLA  CILETTI 


"/  padroni. 


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PIO  SEMEGHINl 


P£€V2  di  Cadore 


GIANNINO  LAMBERTINI 


Putto  per  lampada 


GIOVANNI  COSTETTI 


//  Pizzicagnolo  preoccupato 


DARIO  VITERBO 


L'anima  fra  le  dita 


e;  JIEPPE  DE  SANCTIS 


Il  garofano  rosso 


NICOLAS  DE  CORSI 


Amalfi 


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AGOSTINO  BOSIA 


Ritratto  di  Leona-dc  BtstoUi 


ALFREDO  MULLER 


La  fuga 


RUGGERO  FOCARDI 


Dopo  la  pioggia 


RENATO  TOMASSl 


Adamo  ed  Eva 


ARTURO  CHECCHI 


Giovinetto 


NICOLA  D'ANTINO 


Fanciulla  al  Mare 


CARLO  CAINELLI 


Ritratto  di  un  nordico 


ALFREDO  BIAGINI 


Leda 


EVARISTO  BONCINELLI 


L'Idiota 


EMILIO  GOLA 


//  vecchio 


ANTONSLLO  MORONl 


;/  Mantello  rosro 


y^    .^CV'^sé^; 


Kt« 


r*. 


'-1 


ARRIGO  MINEREI 


La  vittoria 


GIORGIO  DE  CHIRICO 


Ritratto  del  pittore  colla  madre 


GIORGIO  MORANDI 


Natura  morta 


ARTURO  ;.:ARTINI 


Testa  di  Giovane 


EDITA  WALTEROWNA  ZUR  -  MUEHLEN 


Tramontana 


RICCARDO  FRANCALANGlA 


Lo  specchio 


ARMANDO  SPADINI 


Ritratto 


UGO  GIANNATTASIO 


//  bricco 


ARTURO  DAZZI 


Monumento  al  Ferroviere 


ARTURO  DAZZl 


Monumento  al  Ferroviere 

(dettaplio) 


GIUSEPPE  AMISANI 


Fanciulla 


NOTIZIE  UTILE 

AL  VISITATORE 
della  ''Fiorentina  Primaverile,, 


Nei  locali  dell'Esposizione 

e  nel  Parco  annesso,  servizio  di 

RISTORATORE 
BUFFET 
BAR 

SALA    DA    THÈ 

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VALORI  PLASTICI  esce  ogni  due  mesi  in  fascicoli 
di  32-U8  pagine  in  grande  formato  stampate  su  carta 
a  mano  con  copertina  a  due  colori.  Ogni  numero  con- 
tiene vari  saggi  di  estetica  intorno  ai  jroblemi  più 
vitali  che  agitano  l'attività  artistica  contemporanea, 
corroborati  da  una  serie  di  scritti  critici  relativi  ai 
fatti,  alle  opere  e  agli  artisti  di  maggior  rilievo..  Ma 
specialmente  preziosa  ed  utile  è  questa  rassegna  per 
la  sua  ricca  documentazione  grafica  consistente  in 
grandi  riprodu7Àoni  in  fototipia  delle  opere  dei  w.ag- 
glori  artisti  italiani  e  stranieri.  Esponente  delle  più 
profonde  aspirazioni  artistiche  del  nostro  tempo  e  rac- 
colta degli  artisti  e  scrittori  più  rappresentativi,  Va- 
lori Plastici  è  infine,  fra  tutte  le  riviste  d'arte  in  Eu- 
ropa; la  sola  che  risponda  alla  necessità  di  un'idea, 
la  sola  che  propugni  con  una  chiara  coscienza  della 
sua  funzione  la  ricostruzione  artistica  del  nostro 
tempo.  È  quindi  indispensabile  a  tutti  gli  artisti,  agli 
studiosi  e  cultori  d'arte,  mentre  è  anche  per  i  biblio- 
fUi  un  documento  degno  di  figurare  fra  le  migliori 
pubblicazioni  del  genere. 

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SOMMARIO: 
TESTO: 

ALBERTO  SAVINIO:  Primi  saggi  di  filosofia  delle  arti 
MAURICE  RAYNAL:  Il  Purismo  e  la  Logica. 
CARLO  CARRA:  Il  Purismo:  risposta  a  Ragnal 
OPINIONI  E  FATTI: 

GIORGIO  DE  CHIRICO:  La  mania  del  Seicento. 

CARLO  CARRA:  André  Derain. 

MAURICE  RAYNAL:  Ossip  Zadkine. 

CARLO  CARRA:  Ancora  della  monumentomania  italiana 

RIPRODUZIONI  : 
ARTURO  MARTINI:  La  pulzella  d'Orleans  (profilo). 
»  »  »  »  »         (di  fronte). 

»  »  »  »  »     (prof,  destro), 

»  »  Fecondità, 

»  »         Il  pastore. 

»  »  Donna  con  colomba. 

»  »  Testa  di  giovane  {di  fronte). 

»  »  »  »  (profilo). 

OSSIP  ZADKINE:  Il  bacio. 

»  »  Madre  e  figlio. 

»  »  Venere. 

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Con  questa  collezione,  divisa  in  serie  di  10  volumi  ciascuna, 
ci  proponiamo  di  presentare  ai  nostri  lettori  un  qiiadro  esseri- 
ziale  dell'arte  contemporanea  attraverso  l'opera  di  tutti  gli 
artisti  italiani  e  stranieri  la  cui  importanza  è  lecito  conside- 
rare fondamentale  al  di  fuori  di  ogni  pregiudizio  estetico  o  di 
scuola. 

Riprendiamo  in  esame,  su  rinnovate  basi  estetiche  e  cri- 
tiche, artisti  già  consacrati  dalla  fama:  ma  la  nostra  atten- 
zione si  rivolge  principalmente  ad  identificare  ed  a  valoriz- 
zare  l'opera  di  quelli  che,  ancora  ignoti,  offrono  nondimeno 
un  contributo  indispensabile  alla  conoscenza  integrale  delle 
reali  attività  e  tendenze  artistiche  dei  giorni  nostri. 

Ogni  volume  presenta  uno  o  più  artisti  sull'opera  dei  quali 
diamo  un  largo  ed  esauriente  saggio  critico  a  cura  dei  migliori 
scrittori  scelti  fra  i  nostri  collaboratori,  e  non  inferiore  alle 
24  pagine  di  testo. 

Ma  la  caratteristica  ed  il  pregio  di  questa  collezione,  sui 
quali  richiamiamo  l'intelligente  attenzione  dei  nostri  lettori, 
vogliono  concentrarsi  sulla  sua  documentazione  grafica;  poiché 
ogni  volume  offre,  attraverso  3^  riproduzioni  scelte  fra 
l'opera  totale  dell'artista  presentato,  non  solo  largo  materiale 
di  studio  ma  costituisce  per  la  finezza  e  la  originalità  del  prò- 
cesso  fototipico  che  o.bbiamo  prescelto,  un  modello  insuperabile 
nel^  suo  genere,  nonché  documento  prezioso  per  i  bibliofili. 

'  Ogni  monografia  è  stampata  su  carta  amano  espressamente 
fabbricata  dalle  Cartiere  Miliani  di  Fabbriano  e  rilegata  in 
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HENRI  ROUSSEAU 
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ARBEKGO  SOFFICI 

ALEX.  ARCHIPENKO' 

MEDARDO  ROSSO 
GEORGES  SEURAT 


testo    di      Maurice  Raynal 


Carlo  Corrà 

Theodor  Ddubler 
Rock  Grey 

Mario  B^'oglio 

Carlo  Carrà 
Maurice  Raynal 
Ardengo  Soffici 

Mario  Broglio 


PREZZI 


ZZI:  ì 

\    1 


volume  L,  7^50 
La  serie  completa  X.  60,00 


INVIARE  CARTOLINA    VAGLIA,  DIRETTA  ALL'AMMI- 
NISTRAZIONE  DI  "  VALORI  PLASTICI,, 
ROMA  -  10,  VIA  CIBO  MENOTTI  -  ROMA 

Si  spedisce  tavola  dì  Saggio,  Catalogo  e  Prospetti 
a  chiunque  ne  farà  richiesta  alla  nostra  Ammini' 
strazione. 


COLLEZLONE    ''IL 

La  nuova  collezione  ''Il  quadro  moderio  „  di  cui 
editiamo  la  prima  serie  di  10  tavole,  costituisce  non 
solo  una  novità  inattesa  per  l'Italia  ma  una  conquista 
insuperabile  nel  campo  delle  arti  fotomeccaniche.  Lo 
studioso  e  il  cultore  d'arte,  che  tanto  sacrificano 
alla  conoscenza  integrale  dell'opera  affilandosi  al 
parziale  ausilio  delle  riproduzioni  monocrome,  po- 
tranno trovare  nella  nostra  collezione  un  documento 
capace  di  sostituire  con  fedeltà  impeccabile  una  se- 
rie di  originali  preziosi  dei  quali,  superando  vitto- 
riosamente le  più  aspre  difficoltà  del  cr  >nì  itism>,  ch'è 
parte  essenziale  della  pittura  moderna,  viene  ripro- 
dotto il  valore  coloristico. 

L  intera  collezione  s  irà  consacrata  alla  riprodu- 
zione delle  opere  dei  maggiori  artisti  moier ni  di  tutti 
i  paesi.  Pertanto  dedichiamo  la  prima  serie  ai  pri- 
mitivi della  modernità  cominciando  dai  paesisti  fran- 
cesi del  1830.  Nelle  serie  seguenti  presenteremo  gli  ar- 
tisti successivi  offrendo  un  quadro  completo  dello 
sviluppo  dell'arte  moderna. 

L  artista,  il  collezionista,  l'amatore  e  lo  studioso 
d'arte  troveranno  nella  nostra  collezione  lo  strumento 
più potenteper  formarsi  unaconoscenza  fedele  delle  opere 
originali,  nonché  il  mezzo  più  economico  per  procurarsi 
una  piccola  collezione  di  quadri  moderni  in  facsimile. 
Il  formato  di  ogni  tavola  è  di  cm.  55x10. 


ÌUADRO  MODERNO,, 


Prima  Serie: 

Paesaggio 
Temporale 
Paesaggio 
Ballerina 

TI  pomeriggio  dei  fanciulli 
:      Lo  Zuavo  Millet 
L'ufficio  daziario 
Il  porto  di  La  Rochelle 
Velieri 
Paesaggio 

rjREZZI: 

LA  PRIMA  SERIE  DI  IO  TAVOLE  FORMATO  70X55, 
RACCOLTA  IN  SOLIDA  CARTELLA,  È  MESSA  IN 
VENDITA  AL  PREZZO  DI  LIRE  500,  OGNI  TAVO- 
LA SEPARATA  AL  PREZZO  DI  LIRE  60. 


COBOT: 

TROYON: 

DAUBIGNY: 

DFMAS: 

RENOIR: 

YAN-GOGH 

ROUSSEAU: 

SIGNAC: 

CPOSS: 

BERAIN: 


Il  pregio    artistico    della    Collezione  «  IL    QUADRO 
MODERNO  »  non  consente  la  vendita  presso  le  libre- 
rie. Il  pubblico  è  quindi   pregato  di   rivolgersi   diret- 
tamente aH'Ammiidstrazione  di  "  VALORI  PLASTICI „ 
ROMA  -  VIA  CIRO  MENOTTL  10  -  ROMA 


ÉDITION  POUR  UÉTR ANGER  DE 

VALORI    PLASTICI 

Le  Huccès  obtenu  par  notte  revue,  dèi  l'apparition  de  son 
premiere  numero,  dans  tous  les  centres  artistiques  et  littéraires 
de  l'Étranger,  et  le  désir  de  donner  à  nos  idées  une  plus  large 
diffusion,  nous  ont  amenés  à  faire  paraitre,  \en  méme  temps 
que  l'édition  italienne,  perfectionnée  et  agrandie,  une  édition 
spécialement  dentinée  à  l'Étranger  et  rédigée  en  langue  fran^aise. 

Cette  édition  ne  sera  mise  en  venie  en  Italie  chez  attcun  li- 
braire,  les  personnes  qui  désirent  s' y  abonner  ou  acheter  des 
numéros  séparés  soni  priées  d'adresser  un  mandai  à  l'admi- 
nistraiion  de  la  revue:  10,  Via  Ciro  Menotti  à.  Rome. 

ABBONNEMENT  ANNUEL  LIRE  40 

UN  NUMERO  SEPARÉ  LIRE 

EDIZIONI  QUASI  ESAURITE: 

GIOVANNI  FATTORI,  grande  album  di  24  riprodu- 
duzioni  in  fototipia  di  opere  inedite,  stampato  su 
carta  a  mano  finissima  e  riccamente  legato,  prefa- 
zione di  Ardengo  Soffici.  -  Prezzo  L.  20. 

lA  PRIMA  ANNATA  DI  "VALORI  PLASTICI,,  è  quasi 
esaurita.  Restano  ancora  15  collezioni  complete  che, 
riccamente  legate,  sono  messe  in  vendita  al  prezzo 
di  L.  100  ognuna. 

LA  SECONDA  ANNATA  DI  ''VALORI  PLASTICI,,  ric- 
camente rilegata  è  messa  in  oendita;  al  prezzo 
di  L.  óO  ognuna. 


GIORGIO  DE  CHIRICO:  19  tavole  in  fototipia   con  giudizi 

critici  di  Soffici  -  Apollinaire  -  Salmon  -  Marx  -  Papini  - 
Bianche.  L.  (i.OO. 

GILBERT  CLAVEL:  Espretsionl  d'Egitto  prefazione  e  tra- 
duzione di  Italo  Tavolato  L.  lO,00 

ROMANO  DAZZI:  Disegni  12  tavole  in  fototipia  con  prefa- 
zione di  Ugo  OJeUi  L.  10.00 


SMITHSONIAN  INSTITUTION  LIBRARIES 

Hill  Hill  Hill  II  III  imi  III  iiiiiiiii||i|iiiii|iiii 


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La  fiorentina  primaverile; 


STAMPATO   A   CURA   DELLA   CASA   EDITRICE 
d'arte  "valori    PLASTICI,,  -  ROMA